sito + "/AREA=" + sezione + "/AAMSZ=" + misura + "/ACC_RANDOM=" + bumber + "/PAGEID=" + pageid + "'>"); document.write(""); |
home > allestimenti |
FOA:
Padiglione Britannico alla Biennale di Venezia Lucy Bullivant |
||||
Ottava
Mostra di Architettura della Biennale di Venezia. Il Padiglione Britannico
ha proposto, nei mesi scorsi, un interessante progetto di installazione
a cura di FOA. L'intervento, volto alla presentazione dell'opera sviluppata
dagli stessi architetti per il Port Terminal di Yokohama in Giappone,
si è distinto per una particolare capacità nella restituzione
visiva del progetto e per l'efficacia dell'impiego di tecnologie video.
Il pubblico ha potuto esplorare uno spazio immersivo all'interno del
quale i temi della ricerca di FOA sono stati dissecati e al contempo
mostrati nella loro unitarietà. Presso la galleria TN
Probe di Tokyo è aperta fino al 15 febbraio 2003 la mostra "Species:
FOA's phylogenesis" sul lavoro di Foreign Office Architects. Lucy Bullivant,
critico di architettura e curatore di esposizioni, ha incontrato per
ARCH'IT i progettisti e propone qui una lettura dell'intervento. [PG] |
||||
[in english] | "Come
ogni organizzazione complessa, una costruzione interessante contiene
in sé un'epica, una storia che è insita nell'organizzazione stessa della
materia", afferma FOA. Il progetto per l'International Port Terminal
di Yokohama, opera da 200 milioni di Euro, è il risultato di uno spettacolare
concorso internazionale vinto nel 1995 da FOA in gara con altre 665
proposte. Le vicende legate alla realizzazione del Port Terminal, completato
nel 2002 dopo 8 anni di lavori, possono dirsi "epiche" per diverse ragioni. |
[03jan2003] | ||
|
L'approccio
creativo usato da Farshid Moussavi e Alejandro Zaera-Polo, direttori
di FOA, nel condurre la progettazione del terminal di Yokohama e la
loro interpretazione del bando di concorso simboleggiano un punto di
svolta nell'architettura. Tra tutti i professionisti della sua generazione,
FOA possiede un fondamento teorico intensamente focalizzato e molto
innovativo alla base dei propri principi progettuali. |
|||
Fare architettura
è raccontare una storia. Tale "epica" non solo costituisce una sfida
quando diventa l'oggetto di una mostra d'architettura (specialmente
una mostra creata dagli stessi architetti) ma, affinché essa possa essere
ampiamente comprensibile, richiede che i temi più vasti che emergono
da un processo così intenso siano esaminati con attenzione. FOA ha avuto
la possibilità di realizzare la mostra per il progetto di Yokohama e
ha conseguito un ottimo risultato su diversi livelli. Per poco la Gran
Bretagna non ha vinto il premio che la Biennale di Venezia assegna al
migliore padiglione nazionale, quest'anno vinto dalla Danimarca. La
scelta della giuria, ricaduta sul maturo architetto Herman Hertzberger,
ha segnalato una soluzione sì sofisticata, ma che non raggiungeva lo
stesso livello di immaginazione e non forniva altrettanto ampie visioni.
Non solo la mostra di FOA esplora i temi molteplici ma consistenti del
proprio lavoro, ma lo fa esaltando al massimo le possibilità del mezzo
impiegato. |
||||
All'inizio
del 2002 FOA ha vinto un concorso a inviti per una mostra che, commissionata
e organizzata dal British Council per il Padiglione Britannico presso
l'VIII Biennale di Architettura di Venezia (8 settembre-3 novembre 2003),
esplorasse i vari aspetti del progetto di Yokohama. |
||||
Benché
la Biennale diretta da Deyan Sudjic fosse nel complesso una rassegna
internazionale, intitolata Next, di edifici in corso di realizzazione,
FOA ha deciso di non ricadere nella logica espositiva dell'Arsenale,
presentando il progetto di Yokohama in maniera convenzionale con modelli
tridimensionali, ma piuttosto di "dissecare" -come hanno detto i progettisti
stessi- il loro recente edificio (che al momento dell'inaugurazione
della Biennale nel settembre 2002 soltanto pochi critici di architettura
avevano avuto occasione di conoscere) e dare il via a una discussione
sull'architettura che mettesse al centro della questione una serie di
temi fondamentali per la realizzazione del progetto di Yokohama e gli
elementi caratterizzanti della sua progettazione. Ed è proprio questa
considerazione di una serie di principi più vasti che caratterizza le
intenzioni di FOA per il padiglione della Biennale rispetto al concetto
generale di Next. |
||||
Il
bando, che richiedeva la realizzazione di un'installazione rispondente
alle caratteristiche del luogo, ha offerto a FOA la possibilità di trasformare
i cinque ambienti del Padiglione impiegando i mezzi preferiti. FOA ha
deciso così di creare uno spazio oscuro (in cui fosse presente solo
luce blu) il quale, data la successione delle stanze esistenti, assume
le sembianze di un labirinto. Ognuna delle cinque stanze è dedicata
e sviluppa un aspetto specifico del progetto: Landscape, Borderlessness,
Growth, Complexity, Tools and Technology. |
||||
Questi
temi cristallizzano i temi fondamentali del progetto di FOA: l'idea
di basare l'organizzazione su diagrammi di circolazione, l'ibridazione
tra il parco e l'edificio, tra la struttura e il paesaggio. Un "vero
spazio concluso dotato di una topografia" all'interno del quale l'edificio
diviene un terreno continuo, la cui superficie si ripiega su se stessa.
La scelta dei materiali ha consentito a FOA di creare un edificio che
fosse poroso, senza veri e propri confini definiti tra spazio interno
ed esterno. FOA riconfigura la natura circoscritta di un edificio destinato
ai trasporti e modifica le caratteristiche di linearità di una struttura
portuale per dar luogo a un qualcosa che possiede caratteristiche spaziali
molteplici, derivanti dalla variabilità dei percorsi; i progettisti
ricercano inoltre una compenetrazione tra forma e assenza di forma interrogandosi
sulle caratteristiche "inerti" della materia, riferendosi alla mobilità
immateriale e al contempo alla natura disegnata del mare. |
||||
La
performance spaziale è molteplice nelle sue funzioni e fornisce un'interpretazione
del programma che è meno predefinita di quanto l'architettura abbia
cercato di essere nel passato. Tutto questo determina l'avvicinamento
di FOA alla struttura che coinvolge qui diversi elementi, sia orizzontali
che verticali, e consiste in collegamenti longitudinali che si succedono
in forma di rampe. Parte integrante di un insieme complesso, la struttura
diventa un sistema di circolazione e influenza direttamente la definizione
spaziale. FOA lavora su processi indeterminati di concezione degli edifici,
piuttosto che su progetti finalizzati a soluzioni predefinite. Per questo
la realizzazione del Port Terminal di Yokohama è stata condotta non
utilizzando i tradizionali metodi di costruzione "wet-site", bensì con
un sistema su misura, più simile a quello utilizzato nella cantieristica
navale, con profilati d'acciaio prefabbricati (realizzati in Corea),
trasportati via mare e posizionati con l'utilizzo di gru. Ciò ha anche
consentito a FOA di riflettere su aspetti quali l'evoluzione della topografia
continua dell'edificio. Si è preferito impiegare una pavimentazione
in legno, la cui geometria superficiale è più rispondente alla struttura
dell'edificio, piuttosto che l'asfalto o la gomma che erano stati scelti
in una prima fase. Questa configurazione geometrica è stata rivisitata
diverse volte per consentire il soddisfacimento del maggior numero di
requisiti, e il processo della sua ridefinizione è durato per tutta
la fase di costruzione. Foto: Valerie Bennet. Per dare sostanza alla mostra FOA non ha impiegato mezzi di tipo tradizionale, come avviene per esempio con l'esibizione di modelli, ma si è avvalso piuttosto del forte impatto della tecnologia delle proiezioni, sponsorizzate da NEC UK, che hanno permesso di esplorare in maniera esaustiva le caratteristiche tecniche e le possibilità di visualizzazione. Questo in particolare è servito per evidenziare il salto in avanti prodotto dal progetto di Yokohama. |
||||
Foto: Valerie Bennet. |
Foto: Valerie Bennet. Le proiezioni -sono stati usati cinque proiettori NEC, quattro MT1050 e tre FT1150 muniti di lenti- hanno dato vita a uno strumento molto evocativo che non solo ha consentito di mostrare un contenuto (diagrammi e fotografie di Yokohama), ma è stato un attore immateriale nei confronti dello spazio fisico all'interno del quale si così è svolto un dialogo tra i temi scelti da FOA. Il progetto di Yokohama è stato innanzitutto un lavoro su "come si può giocare e forzare i limiti". La possibilità di modificare i fasci di luce che interagivano con la natura fisica dell'ambiente ha permesso una serie fluttuante e appropriata di narrazioni spaziali. In tal modo, FOA ha potuto "distinguere ma anche mettere insieme le varie stanze", dando luogo a "una sorta di continuità di spazi oscurati e immersivi nei quali le pareti apparivano in continuo cambiamento" a seconda delle proiezioni. Questo concetto si adatta perfettamente all'esplorazione della crescita di un edificio attraverso la presentazione delle sue innumerevoli fasi progettuali. L'esperienza spaziale della mostra ha dispiegato la sua identità -un'identità non immobile, come invece sono molte mostre di architettura, ma in trasformazione tra diversi stati d'essere. |
|||
LANDSCAPE
ha a che fare con le condizioni geologiche degli spazi naturali utilizzati
dalle persone secondo una serie illimitata di modalità. Il paesaggio
artificiale del progetto di Yokohama è il risultato dell'intuizione
progettuale e della considerazione delle condizioni fisiche del luogo
come spazio dotato di una "flessibilità limitata". Qui tre proiettori
sincronizzati sono posizionati su tre pareti in modo che la "linea dell'orizzonte
si muova su e giù come se il cielo stesso fosse in movimento. Ciò destabilizza
la percezione dello spazio", spiega FOA. BORDERLESSNESS si riferisce contemporaneamente alla condizione emergente di mancanza di confini, alle caratteristiche di nomadismo delle attività e delle esperienze degli architetti, al valore simbolico e storico del luogo -dal momento che il Paese è stato aperto alle imbarcazioni straniere nel 1858. Proiezioni di particolari angolature sono state diffuse sulle pareti di questa sezione della mostra. GROWTH è la descrizione scelta per spiegare l'evoluzione dell'edificio, i suoi parallelismi con la natura in relazione ai principi progettuali originari di FOA e le successive informazioni introdotte nel suo sviluppo. Questa sezione riguarda i cambiamenti dello spazio in relazione alla sua crescita. I processi naturali costituiscono un riferimento importante per l'architettura di FOA, tanto che lo studio ha utilizzato animazioni di piante e altri elementi naturali e artificiali in evoluzione, facendoli diventare direttamente oggetto dell'esposizione: "la cornice non ha importanza". COMPLEXITY ha a che fare con la risoluzione di caratteristiche e elementi esterni -derivati dal bando stesso- e dalla crescita della struttura. In questa stanza le proiezioni hanno quindi introdotto un'appropriata metafora spaziale: una figura, ovale o tonda, che non cercasse di relazionarsi con l'intorno, qualcosa che non fosse fatto su misura per quel luogo. TOOLS AND TECHNOLOGY sono i mezzi con cui l'edificio può essere progettato e realizzato. Questo avviene sostanzialmente attraverso un processo di adeguamento piuttosto che tecniche standardizzate, e personalizzate sulle necessità individuali. Questa sezione mostra alcune soluzioni sviluppate su misura e con molta competenza da FOA. Qui le proiezioni offrono il meglio di sé. Lucy Bullivant |
||||
Lucy Bullivant è critico di architettura, autore e curatore di mostre con base a Londra. Scrive regolarmente per il Financial Times, Tate magazine, Archis e Indesign. La traduzione italiana dell'articolo è di Paola Giaconia. | ||||
Padiglione
Britannico alla 8a. Biennale di Venezia |
||||
luogo: Giardini, Venezia, Italia committente: British Council progettista: FOA bando: installazione nel padiglione Britannico relativa all'opera di FOA realizzazione: luglio 2002 Yokohama International Port Terminal luogo: Yokohama, Japan client: Port Authority, City of Yokohama progettista: FOA bando: 48.000 mq per 53.000 passeggeri all'anno, di cui: - 17.000 mq per il Domestic and International Cruise Terminal comprendente check-in, smistamento bagagli, dogana e ufficio immigrazione, amministrazione - 13.000 mq di spazi per lo svago comprensivi di spazio conferenze negozi, ristoranti e sala polivalente - 18.000 mq di infrastrutture comprendenti parcheggio pubblico, area per l'arrivo e la partenza dei passeggeri, parcheggio dei pullman realizzazione: maggio 2002 |
||||
La
sezione Allestimenti laboratorio
|