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Allestimenti

Contenere l'eccesso

qart progetti



Presso la Stazione Leopolda di Firenze è aperta fino all'8 febbraio 2004 la mostra "EXCESS. Moda e underground negli anni '80". Lo studio qart progetti descrive per ARCH'IT il progetto di allestimento: un impianto sia fisico che concettuale che contiene qualsiasi eccesso edonistico e ogni ostentazione decorativa per presentare al pubblico proprio gli anni Ottanta, eccessivi per definizione. Uno spazio oscuro all'interno del quale una distesa di container -quasi una città alla Blade Runner che si comprende appieno solo dall'alto- rischiarati da pochi punti luminosi disvelano vetrine che illustrano quel contraddittorio decennio. [PG]



L'ingresso alla mostra avviene attraverso uno spazio filtro fortemente illuminato, un'anticamera in cui prepararsi a sprofondare nel 1980. Due container (in e out) rompono il muro nero ed avanzano verso il visitatore che così accede alla zona espositiva.

[02feb2004]

Foto di Carlo Fei.
Le tre sezioni principali della mostra -superbody, transbody e postbody- si sviluppano per temi:
superbody: empowerment, wonderwoman, structure, american gigolo, desire, edge, working girl, erotica, town & country, object of desire, gym fever;
transbody: london theatre, exhibitionism, nightclubbing, graffiti, icon, rap culture, identity, gender bender, total design;
postbody: wall street, domestic landscape, extreme styling, trompe l'oeil, decostruction, ethereal, dandy, decor, status symbol.



L'asse principale della mostra parte dal container "in", dove una gigantografia della veglia funebre per John Lennon dà l'inizio al viaggio proposto dai curatori all'interno degli anni ottanta; il percorso si conclude nello spazio neo eighties dove, dopo una pausa di riflessione e prima di ripercorrere a ritroso la visita, si può avere una visione di insieme dell'allestimento. La mostra ha due fruizioni distinte ed opposte: procedendo dall'ingresso tutti i container si presentano chiusi e integri, segnati da una barra rossa luminescente ed una grafica che ne presenta il titolo; voltandosi e tornando verso l'uscita scopriamo i variopinti contenuti e i luminosi interni di ogni scatola.

 

Foto di Carlo Fei.



 


Le due percezioni, perfettamente sintetizzate dal colpo d'occhio che si ha appena usciti dal container "in" e dall'affaccio dalla balconata creata nella sezione neo eighties, sottolineano le due scale di intervento: dapprima quella dello spazio vuoto della lunghissima navata della stazione Leopolda all'interno del quale i container, quasi volumi puri, vanno ad organizzare una geografia pulsante, e poi la scoperta dei contenuti che rivelano colori e suggestioni di volta in volta nuove.

 
 
Foto di Carlo Fei.

Sono utilizzati container di diverse dimensioni (10ft., 20ft., 40ft.): di ogni container è rispettata l'integrità per consentirne il riutilizzo.

Vera e propria icona modernista del WORLDWIDE, il container diventa forma e misura dello spazio, minimo comune denominatore di una nuova contaminata unità.

I 43 container usati per questa mostra sono stati noleggiati e l'8 febbraio torneranno al loro originale utilizzo.
Essi sono parte degli oltre 30 milioni che attualmente circolano nel mondo.
Il numero totale è in continua crescita anche se l'ottimizzazione del loro utilizzo attraverso sistemi di gestione informatizzata ha ridotto gli elevati regimi di produzione degli anni '80.

 


Scatole di ferro, le antenate degli attuali container, furono costruite negli USA alla fine degli anni '50, quando alcuni operatori dei trasporti pensarono a qualcosa che potesse costituire una piccola parte della stiva della nave, rimovibile dalla stessa e trasportabile sino a casa del ricevitore.

 



Dopo anni di sperimentazione, all'inizio degli anni '70 gli operatori del settore decisero di unificare e standardizzare queste "scatole" nelle attuali dimensioni. Il successo dei container nel mondo fu immediato viste le economie che permettevano sia per l'armatore, in termini di tempi di carico e scarico, che per il ricevitore, in termini di movimentazione merci. Gli standard degli scali portuali italiani e mondiali si adeguarono all'utilizzo del container, dando vita alle prime realtà economiche del settore.

In Italia, i primi container sono stati prodotti a Firenze negli stabilimenti Longinotti e la società genovese Ideal Container è stata la prima società europea di noleggio. Oggi la maggior parte dei container si producono in Cina (circa due milioni all'anno) ed il loro costo è in continua riduzione. La vita media utile di un container è di 10 anni, sebbene al momento della dismissione da parte degli armatori o delle società di noleggio gli stessi vengono acquistati da società specializzate nella commercializzazione di container usati che, dopo una accurata revisione, li rimettono sul mercato come imballaggi a perdere, per essere utilizzati in forma anomala quale magazzini, depositi, case e talvolta pudiche scatole per l'allestimento di mostre.

In parte accessibili ed attraversabili, in parte chiusi a delimitare spazi espostivi, in parte utilizzati per organizzare retroproiezioni, i container sono stati allestiti utilizzando pochi materiali semplici e facilmente reperibili: vetro in lastre ed u-glass, cavi di acciaio, rete metallica, orsogrill e polistirolo espanso.



Soluzioni standard che attraverso variazioni minime sono state adattate alle diverse esigenze espositive ed espressive. Il vetro viene così utilizzato trasparente, biancolatte, serigrafato, riflettente, retroilluminato, a parete, a soffitto, a pavimento.


Foto di Carlo Fei.




  Anche per l'illuminazione sono state usate lampade standard reperibili presso qualunque service teatrale: superlucciole, lampade fluorescenti, tubi al neon, portalampade in ceramica.

Il rigore scabro dell'allestimento è mitigato dalle forme e dai colori degli abiti e degli oggetti. Nessuna concessione al glamour e alla stravaganza. Gli eccessi sono stati arginati e contenuti. È attraverso la coniugazione di pochi elementi standard adeguatamente variati che si sono ricreate le atmosfere adatte all'esposizione di abiti ed accessori, oggetti di design, opere d'arte e video installazioni. Il guardaroba dell'american gigolo è diventato il carousel di una laundry, le atmosfere sexy di nove settimane e mezzo sono diventate un vetro a strisce satinate su un controluce rosa, circoline al neon da cucina commentano il giappone postatomico, spioncini da portoncino a fingere un voyeristico peep show per le avanguardie inglesi, piume bianche in un ambiente rosso sangue per gender-bender, tulle da teatro per velare la donna eterea.


Foto di Carlo Fei.

 


Tra i container i parallelepipedi pesanti nell'aspetto ma leggeri nel peso sono gli elementi da spostare per sedersi.

I segnali luminosi rossi orientano nel paesaggio buio e animano l'oscurità della Stazione Leopolda.

qart progetti
qart@qart.it
 
 
EXCESS MODA E UNDERGROUND NEGLI ANNI '80

Stazione Leopolda
viale Fratelli Rosselli
Firenze
ITALY

ufficio stampa
tel: +39 055 3693251

dall'8 gennaio all'8 febbraio 2004

curatori: Maria Luisa Frisa e Stefano Tonchi
curatore per il design e l'architettura: Mario Lupano
curatore per NEO '80s: Peter De Potter
consulente per la moda femminile: Mariuccia Casadio
ricerca: Livia Corbò, Massimo Bertolaccini, Alba De Marinis, Angelo Teardo, Luca Trevisani
progetto: qart progetti
fashion installation: Kyle Bradfield
music consultant: Nicola Guiducci
guest consultants: Francesco Bonami e Giusi Ferré
con la collaborazione scientifica della Galleria del Costume di Palazzo Pitti

una mostra della FONDAZIONE PITTI IMMAGINE DISCOVERY
in occasione del 50°anniversario del Centro di Firenze per la Moda Italiana

 
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La sezione Allestimenti
è curata da
Paola Giaconia


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