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Sicurezza cantieri: cosa è cambiato ad oltre un anno dal Dlgs 494/96

Molti e significativi sono stati i cambiamenti normativi avvenuti in oltre un anno di applicazione del Dlgs 494/96 relativo alle prescrizioni minime di salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei e mobili.

La tabella successiva permette di avere un quadro chiaro e coordinato di quelli che sono stati i perfezionamenti del dispositivo legislativo; viene descritto, infatti, il quadro cronologico delle circolari e delle leggi emanate dal marzo 1997, e direttamente od indirettamente inerenti la sicurezza nei cantieri.

Quadro cronologico

Marzo 1997

N.41/97

Circolare Ministero del Lavoro

     

Maggio 1997

N.73/97

Circolare Ministero del Lavoro

     

Dicembre 1997

 

Legge Parlamento (Comunitaria 95/97)

     

Dicembre 1997

L.449/97

Legge Parlamento (Collegato alla Finanziaria)

     

Marzo 1998

N.30/98

Circolare Ministero del Lavoro

     

Luglio 1998

Parere

Consiglio di Stato

     

Dicembre 1998

N.415/98

Legge Parlamento (Merloni ter)

Da questa successione, tre sono gli elementi chiave che si possono evidenziare:

  1. sono state emanate ben tre circolari ministeriali per chiarire i punti irrisolti del Dlgs; non sono però mai stati definiti i regolamenti tecnici necessari alla concreta applicazione del decreto;
  2. alla fine del '97, due elementi hanno incrociato la sicurezza cantieri; il primo – tuttora aperto ed irrisolto – riguarda la delega al Governo per apportare modifiche al Dlgs (Comunitaria 95/97); il secondo è l'introduzione dell'elemento sicurezza per ottenere lo sconto del 41% nei processi di riqualificazione delle abitazioni (L.449/97);
  3. l'uscita della cosiddetta "Merloni ter", che regolamenta e stabilizza la sicurezza dei cantieri all'interno delle procedure di appalto pubblico.

Per meglio completare e rendere più chiaro il quadro di sintesi dell'evoluzione normativa, le tabelle successive, ed i relativi commenti, sintetizzano ed esemplificano quali sono i contenuti degli atti più importanti e ed efficaci nell'opera di cambiamento normativo avvenuta in questo periodo.

CIRCOLARE MINISTERIALE N.41/97

 

Termini e scadenze relative al decreto 494/96.

 

Paragrafo 1°

Applicazione iniziale: data di effettiva entrata a regime delle disposizioni del decreto 494/96; identificazione delle procedure di affidamento progettuale.

   

Paragrafo 2°

Campo di applicazione: Identificazione delle tipologie lavorative che rientrano nelle disposizioni del decreto 494/96.

   

Paragrafo 3°

Destinatari: identificazione delle figure giuridiche a cui sono dirette le disposizioni del decreto 494/96.

   

Paragrafo 4°

Coordinamento con le altre norme: precisazioni legislative rispetto alla legge sugli appalti pubblici ("Merloni bis") e la validità delle disposizioni della legge "Antimafia" (L.55/90).

   

Paragrafo 5°

Disposizioni transitorie: definizione delle date temporali di effettiva entrata in vigore delle disposizioni transitorie del decreto 494/96; direttive per il rapporto informativo con l'organo di vigilanza.

E' questa la prima circolare emanata dal Ministero del Lavoro; essendo l'inizio di un processo applicativo, ma con molti altri procedimenti già in corso, la necessità primaria è stata quella di stabilire l'esatta data di entrata in vigore delle disposizioni di legge, soprattutto per determinare quali delle procedure attualmente in corso rientrassero o meno nelle more della legge.

Come sempre, il primo tentativo di chiarimento, non è stato molto efficace; non solo ha incontrato molte perplessità, ma è stato poi sostanzialmente rigettato dalla sentenza del Consiglio di Stato, che ne ha ampliato la portata (cfr. specifico paragrafo).

Infatti, la circolare ministeriale stabilisce nella data dell'affidamento dell'incarico di progettazione la soglia formale di cui bisogna tenere conto per sapere se il proprio cantiere rientra o meno nelle procedure del decreto.

Purtroppo questo non è assolutamente sufficiente; infatti, sebbene la disposizione potesse in qualche modo essere applicabile per quel che riguarda gli incarichi privati (basta una scrittura privata tra committente e progettista per l'affidamento di incarico, con data sicuramente antecedente alla presentazione del progetto alla Commissione edilizia comunale), non altrettanto si può dire per le procedure di appalto pubblico.

Questo perché il decreto 494/96, ponendo nella progettazione il cardine della prevenzione degli incidenti, richiede che il piano di sicurezza e coordinamento avvenga parallelamente alla "progettazione esecutiva", e non alla progettazione generica.

Questo inficia la circolare ministeriale; non basta per gli appalti pubblici formalizzare la data della progettazione come soglia, visto che esistono tre livelli di progettazione, di cui l'ultimo, è quello "esecutivo".

A riprova di questa carenza ministeriale è intervenuta la già citata sentenza della Corte di Cassazione, che ha accolto in pieno la diversa formulazione presentatagli dalla Regione Lazio, e specificando che le procedure di appalto ove, alla data del 24 marzo 1997 non fosse stata approvata la parte della progettazione esecutiva, debbano adeguarsi alle disposizioni della "direttiva cantieri".

Problema inverso si pone però per i lavori privati; per questi ultimi non esiste la dizione "esecutiva", essendo questo livello di dettaglio progettuale a discrezione della committenza.

Non esistono al momento dispositivi normativi che abbiano appianato la questione; è però indirizzo consolidato della giurisprudenza, per i contratti privati, assimilare alla fase esecutiva (quando non espressamente prevista) il dettaglio progettuale necessario per la presentazione del progetto alla Commissione edilizia comunale.

Esistono comunque ancora degli spazi di perfezionamento; nella bozza di decreto circolata nell'ultimo periodo (il decreto è quello richiesto dalla "Comunitaria 95/97"), quello che è l'orientamento prima accennato viene accolto nelle disposizioni di perfezionamento della "direttiva cantieri".

Un secondo elemento presente nella circolare 41/97 è quello del campo di applicazione del decreto 494/96.

E' questo uno degli elementi più controversi per alcuni settori, tanto da rendere necessaria anche una successiva circolare, per trattare con maggiore precisione il problema.

Il nodo di maggior rilievo è quello relativo agli impianti; in particolare, se gli interventi sugli impianti industriali debbano rientrare nei dispositivi del decreto 626/94 o in quelli della "direttiva cantieri".

Attualmente, si è consolidato l'indirizzo giurisprudenziale per cui gli interventi sugli impianti produttivi non rientrano nelle more del decreto 494/96.

Se però, si va ad analizzare con un po' più di raffinatezza quello che la circolare afferma, è facile notare che ci si trova di fronte ad una palese contraddizione, lessicale e normativa.

Vediamo qual è questa contraddizione.

La circolare ministeriale (questa e la successiva) affermano che non rientrano nelle disposizione della "direttiva cantieri" gli interventi che riguardano gli impianti produttivi, a meno che non facenti parte di uno specifico "cantiere edile e/o di genio civile".

Espressa con questa formulazione sembrerebbe tutto molto chiaro; purtroppo lo può essere per un giurista, ma non sicuramente per un tecnico.

Infatti, uno specialista che si trovasse di fronte a questa disposizione sarebbe portato a pensare: <per essere certi, controllo quale definizione fornisce l'Allegato I per quelli che la legge chiama lavori "edili o di genio civile">.

Scorrendo la dizione dell'Allegato, vengono definiti "edili o di genio civile" tutti i lavori di <costruzione, manutenzione, riparazione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali>.

Se dovessimo attenerci alla lettera della legge, basterebbe evidenziare i termini <manutenzione e riparazione di opere fisse in metallo o altri materiali> per capire come qualsiasi intervento su impianti produttivi può rientrare nella definizione, e quindi nel raggio normativo della "direttiva cantieri".

Contraddizione ancora più evidenziata se si prosegue la lettura dell'Allegato I; infatti, nella seconda parte, dello stesso vengono assimilati ai cantieri "edili o di genio civile" anche quelle attività relative alla <ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento, la riparazione, lo smantellamento, il consolidamento, il ripristino, il montaggio e lo smontaggio di impianti che comportano lavori di cui al comma 1 o all'Allegato II>.

Anche non volendo considerare il fatto per cui è ben difficile individuare un elenco di attività sugli impianti che non comportino lavorazioni <di cui al comma 1> (cioè quegli stessi che prima già rientravano nella dizione di lavori "edili o di genio civile">, rimane comunque difficile distinguere interventi su impianti industriali che non comportino <lavori che espongono i lavoratori a sostanze chimiche o biologiche che presentano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori oppure comportano un'esigenza legale di sorveglianza sanitaria; lavori con radiazioni ionizzanti che esigono la designazione di zone controllate o sorvegliate quali definite dalla vigente normativa in materia di protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti; lavori in prossimità di linee elettriche in tensione; lavori in pozzi, sterri sotterranei e gallerie; lavori comportanti l'impiego di esplosivi; lavori di montaggio o smontaggio di elementi prefabbricati pesanti>.

Non è quindi efficace il modo di esprimersi delle circolari; o viene chiaramente definita la non applicabilità del decreto 494/96 agli interventi sugli impianti produttivi (gli impianti civili vi rientrano indiscutibilmente), altrimenti cercare di trovare un distinguo tra gli interventi comportanti o meno lavori di "edili o di genio civile" diventa davvero una straordinaria battaglia legale a colpi di sofismi linguistici e di semantica.

Paragrafo penalmente di rilievo, è quello relativo ai destinatari delle disposizioni del decreto 494/96.

Il primo elemento disposto, è l'indifferenza al processo di frazionamento della realizzazione dell'opera; il committente resta sempre e comunque lo stesso (e quindi i relativi obblighi e sanzioni) anche se il suo cantiere subisce negli anni diverse fermate o modifiche in corso d'opera.

Questo tipo di "stabilità" esclude perciò che possano essere equiparati ai committenti i soggetti appaltatori dell'intera opera, compresi i raggruppamenti temporanei di imprese.

A conferma di questo indirizzo, la circolare, ma anche il decreto, esprimono chiaramente la necessità che il committente sia una "persona fisica" e non un soggetto legale.

Questo fa si che anche all'interno di qualsiasi organizzazione, sia pubblica che privata, debba essere espressamente designato uno specifico soggetto che svolga il ruolo di committente; senza questa designazione, un consiglio di amministrazione o un consiglio comunale, non potranno mai ricoprire i ruoli di questa carica.

A maggior chiarezza di questa disposizione, la circolare individua nei legittimi soggetti abilitati alla firma dei contratti di appalto per l'esecuzione dei lavori (quindi dirigenti o funzionari) coloro che possono più adeguatamente coprire questa carica.

E' però importante sottolineare come la circolare dia ulteriori chiarimenti in merito alle procedure di delega delle funzioni, soprattutto in rapporto a quanto disposto dal decreto 494/96 sull'introduzione della nuova figura del responsabile dei lavori.

Questi viene introdotto perché, nella pratica civilistica quotidiana, il committente non sempre è in grado di poter portare a termine i compiti che la normativa gli assegna.

Infatti, nel caso di diritto privato, sia la "signora Cesira" che l'imprenditore edile, possono delegare al responsabile dei lavori tutto il carico di obblighi che la sicurezza nel cantiere comporta.

Gli obblighi non sono però di natura tecnica, ma gestionale, dato che il responsabile dei lavori può essere designato chiunque, senza distinzione di categoria tecnica.

Al pari nel diritto privato, nella sfera pubblica, anche se il Sindaco di un comune svolgesse il ruolo di committente per gli appalti pubblici, operativamente non potrebbe che passare il testimone delle funzioni gestionali ad un suo dirigente, o ad un funzionario responsabile delle procedure.

E' bene comunque sottolineare che la nomina del responsabile dei lavoro non è un obbligo, ma una facilitazione per il committente; in caso di delega delle funzioni al responsabile dei lavori, al committente rimangono le responsabilità limitate per colpe "in eligendo" e "in controllando".

L'uso di questi due latinismi da parte della circolare è fatto per ribadire che gli obblighi del committente, in caso di nomina di un responsabile dei lavori, sono solo quelle relative alla scelta del soggetto più adeguato e capace allo svolgimento del ruolo e delle funzioni (in eligendo), ed alla verifica che questi stia effettivamente svolgendo compiti e obblighi a cui è delegato (in controllando).

Anche in questo caso, al pari delle funzioni di delega affrontata dalla giurisprudenza nel sistema di responsabilità del decreto 626/94, spostare compiti e ruoli da parte del committente, non esclude automaticamente lo stesso dall'attribuzione di precise penalità, anche per omissioni di azione.

Ulteriore elemento di discussione posto dalla circolare, ma smentito dalla sentenza della Corte di Cassazione, è quello relativo al coordinamento con le disposizioni normative di precedenti atti, tra cui la "Merloni ter" e la "Legge Antimafia".

Il dubbio interpretativo deriva dal contrasto che esiste tra le disposizioni del decreto 494/96 e quelle dell'art.18, punto 8, della legge 55/90; quest'ultimo prevede che siano le imprese a redigere il piano di sicurezza, al contrario di quanto disposto dalla "direttiva cantieri" che trasferisce invece l'obbligo ai committenti.

La circolare ministeriale, ritenendo giuridicamente più rilevante la "direttiva cantieri", afferma la non applicabilità delle norme della legge "antimafia".

In realtà, come ribadito dalla Corte, le due normative sono sempre valide, ed il loro uso varia a secondo la tipologia del cantiere.

Se infatti quest'ultimo rientra – come uomini/giorni – nelle more del decreto 494/96, allora l'obbligo del piano di sicurezza e coordinamento è dei committenti; al contrario, se il cantiere è di quelli al di sotto delle soglie 494/96, sarà obbligo delle imprese presentare il piano di sicurezza alla stazione appaltante.

Questo dualismo è stato comunque risolto dalla "Merloni ter"; nel paragrafo ad essa dedicato verrà evidenziato come questa abbia integrato le due disposizioni, chiarendo le posizioni e le obbligazioni sia dei committenti che delle imprese.

Ultimo, ma non meno importante dal punto di vista degli effetti pratici, è il paragrafo dedicato alle disposizioni transitorie dell'art.19 del decreto 494/96.

Anche per questo punti vi sono stati diversi cambiamenti contraddittori all'interno delle successive circolari.

Infatti, se in questa circolare ministeriale la figura professionale abilitata al regime transitorio è unicamente quella del direttore tecnico di cantiere (DTC), ossia il referente dell'impresa appaltatrice, nella successiva la norma viene ampliata anche ai direttori dei lavori (DL), ossia i referenti per la stazione appaltante.

Benché questa estensione non porti nessun effettivo cambiamento all'interno delle norme per la sicurezza nei cantieri, rimane comunque una forte perplessità sui criteri per cui è stato concesso l'allargamento delle disposizioni transitorie.

Se per i DTC, sempre presenti nei cantieri a dirigere le operazioni lavorative, è comunque possibile ipotizzare una loro conoscenza della legislazione sulla sicurezza (non fosse altro per le numerose multe che vengono inflitte dagli ispettori ASL in visita ai luoghi di lavoro), ben diversa è l'impressione relativamente alle attività svolte dai DL.

Sebbene le disposizioni della "Merloni bis" attribuiscano ai DL anche le funzioni di verifica dell'applicazione del piano di sicurezza, nella realtà quotidiana degli appalti pubblici non solo è ben difficile individuare soggetti che abbiano effettivamente svolto questa funzione, ma addirittura qualcuno che fosse pur lontanamente a conoscenza dell'esistenza delle norme e della loro applicabilità tecnica alle operazioni lavorative.

Nonostante questa perplessità, la circolare concentra la sua attenzione – e quindi gli effetti operativi - sulle date temporali.

Definisce infatti i quattro anni di effettivo svolgimento delle attività richiesti dalla legge come antecedenti all'entrata in vigore della "direttiva cantieri", mentre la consegna degli attestati che comprovino l'effettivo svolgimento di questi ruoli all'organo di vigilanza può avvenire anche successivamente alla data del 27 marzo 1997 (comunque prima dell'accettazione degli incarichi di coordinatore per la fase progettuale o per la fase esecutiva).

Infine, nel caso di cantieri distribuiti sul territorio regionale o nazionale, l'organo di sorveglianza a cui deve essere inviata la documentazione è quello in cui il coordinatore ha il domicilio.

Affrontiamo ora i contenuti della circolare ministeriale successiva, la N.73/97; anche in questo caso le disposizioni della stessa verranno coordinate sia con quelle della precedente, che con le altre legislazioni più recenti come la "Merloni ter".

CIRCOLARE MINISTERIALE N.73/97

 

Ulteriori chiarimenti rispetto alla precedente circolare n.41/97

 

Paragrafo 1°

Disposizioni transitorie per i Direttori dei Lavori: ampliamento delle disposizioni transitorie dell'art.19 anche alle figure dei Direttori dei Lavori.

   

Paragrafo 2°

Trasmissione dei piani di sicurezza: obbligo del committente di trasmettere i piani di sicurezza e coordinamento alle imprese inviate alla presentazione delle offerte.

   

Paragrafo 3°

Responsabilità dei dirigenti: trasposizione degli obblighi e delle sanzioni ai dirigenti in caso precisa delega di ruolo e di competenza.

   

Paragrafo 4°

Presenza non contemporanea di imprese: chiarimento relativo alle disposizioni dell'art.3, comma 3, lettera a), in cui si definisce come unica l'ipotesi di più imprese per la soglia di 100 uomini/giorni.

   

Paragrafo 5°

Cantieri con minimo 20 uomini/giorno: chiarimento relativo alle disposizioni dell'art.11, comma 1, lettera a), definendo come valida l'ipotesi della soglia dei "20 lavoratori per tutti e trenta i giorni lavorativi".

   

Paragrafo 6°

Chiarimenti relativi alle disposizioni del decreto 626/94

Ad evidenziare la caratteristica di contraddittorietà presente nelle circolari ministeriali, vi è l'inizio della stessa che riprende la chiusura della precedente, ampliandone la portata.

Dispone infatti, come prima anticipato, l'estensione dei benefici transitori dell'art.19 del decreto 494/96 anche ai Direttori dei Lavori, ovverossia ai referenti della stazione appaltante.

Non vi sono particolari motivi per approfondire questa indicazione amministrativa, se non le perplessità sulle motivazioni, così come espresso nell'ultimo capoverso del commento alla precedente circolare.

Nel secondo paragrafo la circolare tratta un ulteriore elemento amministrativo: la consegna dei piani di sicurezza alle imprese.

Erano stati espressi molti dubbi sull'obbligatorietà, da parte del committente, di trasmettere i piani di sicurezza e coordinamento alle imprese, non tanto per motivazioni tecniche, quanto perché la "direttiva cantieri" lo richiedeva esplicitamente solo per i piani generali, e non per quelli di coordinamento.

La circolare elimina ogni perplessità evidenziando come nella dizione letteraria della legge la presentazione dell'offerta sia temporalmente successiva alla redazione del piano di coordinamento; conseguentemente, essendo il piano di sicurezza e coordinamento una delle basi tecniche su cui formulare l'offerta (è comprensivo anche dei costi per la sicurezza), questo deve inevitabilmente essere inviato o messo a disposizione di tutte le imprese che accetteranno di partecipare alla gara.

Tra le varie precisazioni procedurali che la circolare affronta, due di un certo spessore operativo sono contenute nei paragrafi tre e quattro.

Nel primo dei due paragrafi, in riferimento agli articoli 9 e 22 del decreto 494/96, viene trattata la delicata materia della delega ai dirigenti in funzione degli obblighi e delle sanzioni dei datori di lavoro appaltatori; la circolare specifica che, in assenza di precisa disposizione normativa che vieti la delegabilità di questi obblighi, le sanzioni relative sono da potersi applicare anche ai dirigenti aziendali quando sia stata formalizzata una specifica delega mansionaria.

Nel secondo paragrafo invece, viene toccato un argomento molto dibattuto, ma che ad una lettura "alta" della norma appare sicuramente insignificante ed irragionevole.

Infatti, uno dei casi in cui il committente è obbligato alla nomina dei coordinatori ed alla redazione del piano di sicurezza e coordinamento, è quello in cui il cantiere superi i 100 uomini /giorni, ma in presenza di più imprese, anche se la presenza di queste non è contemporanea.

La mancanza di una virgola tra la frase <più imprese> e la successiva <anche se non contemporanea>, ha fatto accreditare a molti esperti di diritto la possibile esistenza di due casi:

come casistica di applicazione dell'obbligo di redazione del piano.

Il dubbio appare immediatamente di scarso valore.

Sia giuridicamente perchè, come precisa la circolare, il decreto 494/96 prevede solo un caso di applicazione delle sanzioni nel caso dei 100 u/gg, e quindi deve considerarsi il caso come unico.

Ma anche e soprattutto perché, come avviene nella normalità dei tantissimi cantieri, la dinamica dei lavori può subire molte interruzioni per svariate cause (penali, contrattuali, logistiche, economiche, etc.); conseguentemente, il caso più frequente è quello relativo ad un unico cantiere, ma con una presenza frazionata delle imprese che partecipano al processo costruttivo.

Da questa necessità discende l'opportunità di precisare che il calcolo degli uomini/giorni deve avvenire indipendentemente dal frazionamento operativo del cantiere stesso.

A conclusione di una circolare con precisazioni di rara incongruenza, si pone il paragrafo quinto, quando analizza il caso dell'ipotesi di soglia dei cantieri con una modalità operativa che preveda la presenza contemporanea di più di 20 lavoratori per tutti i 30 giorni lavorativi.

Il dubbio interpretativo legato a questa dizione è relativo al discernimento per cui si voglia intendere:

1 – un cantiere che per 30 giorni consecutivi di lavoro abbia al suo interno una presenza contemporanea di un numero di lavoratori superiori a 20;

2 – un cantiere che, seppur superiore ai 30 giorni, possa ipotizzare al suo interno la presenza contemporanea di più di 20 uomini, anche se per un solo giorno.

La circolare, senza paventare alcun dubbio, indica la prima come l'interpretazione più corretta.

In realtà, a ben discernere, la prima ipotesi appare del tutto infondata.

Per capire questo basta rileggere attentamente la frase della legge: […] cantieri in cui la durata presunta dei lavori e' superiore a 30 giorni lavorativi e in cui sono occupati contemporaneamente piu' di 20 lavoratori; […].

Infatti, quando la soglia minima di persone presenti in un cantiere debba ritenersi di 20 uomini in tutti e 30 i giorni lavorativi, il calcolo degli uomini giorno porta ad un cantiere di 600 u/gg; conseguentemente, anche con la presenza di una sola impresa, saremo ben dentro le disposizioni della "direttiva cantieri", dato che questa formula una soglia più bassa, di 500 u/gg.

Non avrebbe perciò senso una nuova soglia che abbia un valore superiore a quello di altre già definite dal decreto stesso.

Ma è assolutamente impensabile ritenere valida la prima ipotesi anche per una semplice considerazione operativa sul perché questa fattispecie dispositiva per la sicurezza.

E' palese a tutti che i cantieri temporanei e mobili sono entità di difficile definizione, e che hanno al loro interno una molteplicità di casi e di tipologie.

La necessità della sicurezza nei lavori edili e/o di genio civile non nasce però dalle dimensioni fisiche del cantiere, ma dalla complessità legata alla difficoltà di coordinare le numerosissime imprese che, con tempi e ruoli diversi, intervengono all'interno del processo costruttivo dell'opera.

Il fine della "direttiva cantieri" non è perciò quello di determinare solo le soglie, ma di porre l'accento sulla complessità del coordinamento; che ha il suo punto di maggior difficoltà quando vi sia una forte sovrapposizione di lavoratori ed imprese in uno spazio temporale e fisico ristretto.

Se questa è la logica base del decreto 494/96, allora diventa evidente che il punto dolens per la sicurezza in un cantiere non sono i supposti 600 u/gg, ma il fatto che si preveda un affollamento di 20 uomini in un giorno.

Un esempio per meglio chiarire il concetto.

Si può avere un cantiere che per tutta la sua durata non presenterà più di due o tre lavoratori contemporanei al suo interno, entrambi facenti parte della stessa ditta; se ipotizziamo una sua durata di una quarantina di giorni operativi, questo cantiere non supererà mai la soglia dei 500 u/gg.

Ma la sicurezza diviene urgente quando, per motivi tecnologici o organizzativi, in un solo giorno, nel cantiere vi sia la presenza di più di 20 uomini.

E' solo in quel caso che diviene necessaria la predisposizione preventiva di un piano di sicurezza e coordinamento; per evitare che il quel giorno di "grande traffico" il rischio di incidente sia amplificato oltre il necessario.

Conseguentemente, l'obiettivo della legge non potrà che essere quello di ritenere pericolosa la compresenza di molti lavoratori in un range temporale ristretto, e non invece, come ritiene la circolare ministeriale, quello di stabilire una soglia dimensionale, per altro incongrua con le sue stesse disposizioni.

Ultima in ordine di tempo, ma non meno importante, è la circolare 30/98; vediamo nel dettaglio le sue disposizioni.

CIRCOLARE MINISTERIALE N.30/98

 

Ulteriori chiarimenti relativamente al decreto 494/96 e 626/94.

 

Paragrafo 1°

Definizione di impianti: restrizione dell'applicazione del decreto 494/96 ai soli impianti tecnologici asserviti ad opere edili e/o di genio civile, ma non ai sistemi di produzione industriale, agricola e dei servizi (Allegati I, parte 2°).

   

Paragrafo 2°

Lavori con personale dipendente: non applicabilità del decreto 494/96 in caso di lavori svolti con solo personale dipendente (il riferimento diventa il decreto 626/94).

   

Paragrafo 3°

Attività di sistemazione forestale: definizione delle tipologie dei lavori di sistemazione forestale; decreto 494/96 applicabile solo a quelle attività assimilabili ai cantieri edili e/o opere civili.

   

Paragrafo 4°

Obblighi a carico del committente: correlazione diretta tra l'obbligo di nomina dei coordinatori per le fasi progettuali ed esecutive e la redazione dei piani di sicurezza e coordinamento e/o generali; delimitazione delle responsabilità del committente e degli appaltatori; validità delle disposizioni della legge "antimafia" (L.55/90).

   

Paragrafo 5°

Disposizioni temporanee: definizione, per le disposizioni dell'art.19, dell'obbligo di svolgere il corso di 60 ore entro il 21/03/2000.

   

Paragrafo 6°

Linee elettriche in tensione: esclusione dei cavi isolati o interrati dalle disposizioni dell'Allegato II, parte 4°.

   

Paragrafo 7°

Piani di sicurezza e le norme antecedenti: limitazione delle sanzioni alle sole disposizioni delle leggi sulla sicurezza sul lavoro, anche se contenute nel piano di sicurezza e coordinamento (si violano le prime non il piano).

   

Paragrafo 8°

Sanzioni: estensione al decreto 494/96, ma sino al 31/12/97, delle disposizioni del decreto legge 67/97, e relativo al raddoppio dei tempi di adeguamento alle disposizioni della ASL, dimezzamento del valore economico delle sanzioni collegate.

Il primo paragrafo di questa circolare affronta nuovamente il problema dei cantieri relativi agli impianti industriali, agricoli e dei servizi; il tema è stato già trattato precedentemente.

Basta sottolineare come la circolare esprima la non compatibilità delle disposizioni del decreto 494/96 con quei cantieri che vengano effettuati in aree produttive, delegando le responsabilità a quanto disposto dall'art.7 del decreto 626/94 e successive modifiche.

Sempre in termini di applicazione del 626/94, il secondo paragrafo della circolare derime la questione di cantieri in cui il committente sia lo stesso datore di lavoro.

In questo caso, se il personale che interviene nel cantiere è unicamente quello dipendente dalla ditta stessa, non si applicheranno le disposizioni della "direttiva cantieri".

Ulteriori precisazioni sul ruolo e le responsabilità del committente vengono dal paragrafo 4.

In primo luogo si afferma la connessione diretta – anche se non esplicitata dal decreto 494/96 - tra l'obbligo di nominare i coordinatori in fase progettuale ed in quella esecutiva, e la relativa redazione del piano di sicurezza e coordinamento.

In un cantiere che invece non rientri all'interno della "direttiva cantieri" il committente non ha nessun obbligo.

In caso poi di committente che è anche datore di lavoro, e di affidamento ad un altro appaltatore di una parte del suo cantiere, non si vengono a creare le condizioni per l'applicazione del decreto 494/96, ma solo quelle del 626/94, relativamente all'articolo 7 (collaborazione e reciproca informazione).

Così come confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato, e sempre nell'ipotesi precedentemente descritta, l'appaltatore dovrà rifarsi alle disposizioni della legge antimafia (L.55/90), che si ritiene comunque ancora in vigore ed applicabile (ipotesi regolata dalla L.415/98, "Merloni ter").

Sempre nell'ambito dei chiarimenti procedurali, la circolare specifica che i possessori dei requisiti definiti dall'art.19 del decreto 494/96, e abilitati allo svolgimento delle funzioni di coordinatore, debbano svolgere il previsto corso di 60 ore entro e non oltre il 21 marzo 2000.

Dal punto di vista dei chiarimenti tecnici invece, la circolare esplicita che le linee in tensione indicate nell'Allegato II, punto 4 del decreto 494/96, non debbano essere intese come anche quelle interrate, o i cavi isolati in generale.

Sempre relativamente all'applicabilità di normative precedenti, oltre alle disposizioni della legge antimafia, la circolare affronta il problema relativo a specifiche disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento riferite però a precedenti, ma ancora valide, leggi sulla sicurezza (547/55., 164/56, etc.)

In particolare, la domanda posta da molti tecnici e da molti giuristi era relativa al livello di sanzionabilità di un non rispetto delle richieste del piano; deve essere sanzionato il solo disattendimento della disposizione già prevista da una precedente legge, o anche quello di non aver seguito le indicazioni del piano di sicurezza?

La risposta della circolare è molto chiara: solo per quello che è il non rispetto della legge, ma non del piano.

Questa indicazione semplificatoria introduce però una riflessione ben più profonda, che attiene non tanto agli aspetti giuridici, ma soprattutto a quelli tecnici e disciplinari.

Infatti, una delle terribili caratteristiche dei piani di sicurezza e coordinamento è quella di essere "voluminosi"; causa di questa eccedenza cartacea è la pedante riproposizione di disposizioni di piano che fanno però riferimento a quanto già previsto dalle precedenti leggi.

Ci si trova così di fronte ad enormi piani che, se depurati dalle prolisse citazioni delle leggi antecedenti il decreto 494/96, risultano essere dei contenitori vuoti, privi di qualsiasi reale indicazione.

E questo è assolutamente contrario alla filosofia tecnica della "direttiva cantieri".

Non a caso infatti, al termine piano di sicurezza, è stata aggiunta la parola coordinamento; questo perché è proprio la sovrapposizione tra diverse lavorazioni in uno stesso spazio a provocare il maggior numero di incidenti.

Il piano dovrebbe allora essere snello, ma concentrato sulla programmazione del cantiere e sui rischi integrati delle lavorazioni, ed in presenza di più imprese contemporanee soprattutto.

E' auspicabile allora che le indicazioni della circolare aiutino i professionisti chiamati a redigere i piani ad evitare l'inutile spreco di carta, a causa della mera "cacofonia" tecnica e normativa, di cose che le imprese ed i tecnici già da oltre trent'anni dovrebbero applicare.

Riportiamo infine la sintesi delle disposizioni del Consiglio di stato in merito alle questioni poste dalla Regione Lazio, e relative sia alla vigenza delle disposizioni della legge antimafia, sia alla applicabilità del decreto 494/96 anche alle gare di appalto pubblico che, alla data del 24 marzo 1997, non avessero ancora completato o approvato il livello esecutivo della progettazione.

Per questa sentenza non è necessario fare ulteriori commenti, dato che questi temi sono stati già ampiamente trattati nei paragrafi precedenti, coordinando le disposizioni delle circolari ministeriali con quelli del Consiglio di Stato.

"CONSIGLIO DI STATO" (1° LUGLIO 1998)

   

Parte Prima

Abrogazione tacita art.18, comma 8, L.55/90: precisazione in merito alle disposizioni dell'art.18, comma 8 della legge 55/90 ("Antimafia") sulla predisposizione del piano di sicurezza da parte degli appaltatori; parere positivo sulla validità delle norme, ma solo nel caso in cui l'appalto sia con soglie inferiori a quelle previste dal decreto 494/96.

   

Parte seconda

Applicazione iniziale: parere favorevole in merito all'applicazione delle disposizioni del decreto 494/96 anche a quelle procedure di appalto pubblico in cui l'incarico di progettazione sia stato affidato precedentemente alla data del 24 marzo 1997, ma per i quali fosse ancora in corso l'elaborazione della fase esecutiva della progettazione, o che, in caso di bando di gara, la lavorazione in oggetto non sia stata ancora assegnata.

Trattiamo infine, la novità più rilevante per la sicurezza nell'ambito degli appalti pubblici: la legge "Merloni ter" (415/98).

Prima di iniziare un analisi più dettagliata, vediamo in sintesi quali sono le principali disposizioni di questa recente legge.

"MERLONI TER" (L.415/98)

Art.4

Comma 16 lettera a)

Osservatorio dei lavori pubblici: compito di raccogliere ed elaborare dati sull'impiego della manodopera e delle relative norme di sicurezza.

   

Art.7

Comma 4

Adeguamento funzionalità P.A.: emanazione di regolamento attuativo che coordina i compiti del responsabile del procedimento con quelle dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione.

   

Art.16

Comma 7

Oneri di progettazione: i costi della progettazione della sicurezza sono computati all'interno dei finanziamenti attribuiti alla singola opera.

   

Art.17

Comma 14-bis

Attività progettazione e direzione lavori: i corrispettivi dei coordinatori per la sicurezza (progettazione ed esecuzione) sono calcolati su base decreto Min. Giustizia e Min. Lavoro.

   

Art.18

Comma 2-bis

Incentivi e spese progettazione: quota del 10% dello stanziamento in cui includere le spese di progettazione dei piani di sicurezza e coordinamento e/o generali.

   

Art.31

Comma 1

Regolamento: entro sei mesi regolamento sui contenuti dei piani di sicurezza, coordinato con le disposizioni del Dlgs 494/96.

   

Art.31

Comma 1-bis

Piani di sicurezza: norme per la presentazione da parte delle imprese di integrazioni, piani sostituitivi, piani operativi al piano di sicurezza e coordinamento.

   

Art.31

Comma 2

Norme: piano di sicurezza parte dell'appalto; annullamento in caso di continua inosservanza; costi della sicurezza vincolati e non ribassabili; ruolo del coordinatore e del direttore tecnico di cantiere.

   

Art.31

Comma 2-bis

Integrazioni: possibilità per le imprese di integrare il piano di sicurezza e coordinamento, anche in corso d'opera o in caso di carenze del piano.

   

Art.31

Comma 3

Annullamento: annullamento dell'appalto in caso di assenza del piano di sicurezza e coordinamento e/o degli altri piani integrativi e/o sostitutivi.

   

Art.31

Comma 4

Rappresentanze: regole per la costituzione delle rappresentanze sindacali aaziendali all'interno del cantiere.

   

Art.31

Comma 5

Equiparazioni: definizione di concessionario che esegue l'opera con propria organizzazione al pari di appaltatore.

Per la sicurezza nei cantieri la "Merloni-ter", recentemente approvata, traccia nuove ed importanti linee operative, andando a consolidare ulteriormente il percorso iniziato con il recepimento della "Direttiva Cantieri" (Dlgs 494/96).

Vediamo allora quali sono le principali novità introdotte.

Innanzitutto proprio il coordinamento con la "Direttiva Cantieri" è il primo elemento di particolare rilevanza. Infatti, lo stato dell'arte nella legislazione nazionale vedeva il recepimento della direttiva europea sulla salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei e mobili senza che questa avesse alcun coordinamento con le disposizioni italiane all'epoca vigenti per quel che riguardava sia gli appalti pubblici che le opere private.

Ad esempio, uno dei nodi molto importanti della "Direttiva Cantieri" (recepita con il Dlgs 494/96) è la formalizzazione del costo degli apprestamenti per la sicurezza del cantiere, vincolando questo capitale economico per escluderlo dal ribasso della procedura d'asta.

Purtroppo questo non era tecnicamente possibile perché nelle disposizioni della precedente "Merloni bis" non esistevano specifiche norme sul tema, per cui si chiedeva ai progettisti di calcolare un valore che sarebbe stato poi misconosciuto nelle fasi di aggiudicazione al ribasso.

La "Merloni ter" invece, all'art.31 comma 2 vincola espressamente il costo della sicurezza, e lo esclude dal processo di offerta delle imprese, al fine di garantire la necessaria copertura economica per la reale cantierabilità degli apprestamenti di sicurezza e coordinamento.

Ancora un esempio a dimostrate il vuoto che la "Merloni ter" è andata a riempire.

Le disposizioni del Dlgs 494/96 prevedono che il Piano di sicurezza e coordinamento (PSC) debba essere sviluppato parallelamente al "progetto esecutivo"; tutto questo risulta perfetto se si rimane nell'ambito degli appalti pubblici, dove il progetto esecutivo è la terza e conclusiva fase delle procedura amministrativa.

Non altrettanto purtroppo accade sia per quelle tipologie di appalti che non rientrano nelle more del Dlgs 494/96, ne tantomeno per quelle opere private (ad esempio la villetta della "signora Cesira"), dove è ben difficile trovare un libero professionista che presenti un "progetto esecutivo" alla Commissione tecnica comunale per l'ottenimento della licenza edilizia.

Fortunatamente, almeno per quel che riguarda gli appalti pubblici, la "Merloni ter", copre il vuoto delle opere che non rientrano nella "Direttiva Cantieri" (art.31 commi 2 e 3), prevedendo comunque la predisposizione di un piano di sicurezza suppletivo da parte delle imprese in caso di non necessità legislativa del Piano di sicurezza e coordinamento.

Se queste sono alcune delle principali contraddizioni che la "Merloni ter" risana, molte ed altrettanto importanti sono le altre novità che introduce.

Come primo elemento la strutturazione dei costi e delle procedure di progettazione per la sicurezza all'interno delle procedure finanziarie e amministrative degli appalti.

Infatti, seppur molto sommessamente, negli articoli 4, 7, 16, 17 e 18 la "Merloni-ter" colloca la sicurezza all'interno dei passaggi operativi dell'osservatorio nazionale sugli appalti, nelle procedure per l'adeguamento delle funzionalità dell'amministrazione pubblica, nei piani finanziari per gli oneri e gli incentivi per la progettazione della sicurezza (cfr. tabella riassuntiva).

Sono questi elementi fondamentali per stabilizzare il "fattore sicurezza" all'interno delle normali procedure di appalto pubblico.

Innanzitutto per l'attribuzione delle funzioni di verifica dell'efficacia dell'applicazione della sicurezza nei cantieri pubblici; avere un osservatorio pubblico che nel suo ruolo di monitoraggi dell'efficacia e dell'efficienza delle commesse pubbliche controlli anche i livelli di reale sicurezza applicata negli stessi è un salto qualitativo non indifferente.

Non solo per aver "sdoganato" la sicurezza dal suo ruolo di cenerentola all'interno dei processi costruttivi, ma anche perché una "lista nera" degli incidenti, dei costi che questi comportano, e delle responsabilità dei soggetti che li hanno causati, è un parametro fondamentale per poter fare un'accurata preselezione delle imprese, e di tutti coloro che mostrino le migliori performance in termini di qualità organizzativa e, conseguentemente, di effettiva sicurezza.

Inoltre, di particolare importanza è l'art.7 comma 4, che introduce nuove procedure per l'adeguamento delle funzioni della Pubblica Amministrazione.

Infatti, se pur in attesa dei tanto agoniati regolamenti attuativi, viene disciplinata la competenza dei responsabili del procedimento in relazione a quella delle figure dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione, così come previsto dal Dlgs 494/96.

A conferma della "concreta" stabilizzazione della sicurezza all'interno dei procedimenti amministrativi viene poi l'art.16 comma 7, in cui gli oneri della progettazione per la sicurezza sono inseriti all'interno dell'identica procedura con cui vengono definiti i costi della progettazione dell'intera opera.

Inoltre, all'interno di questi oneri, sono incluse anche tutte le spese per lo svolgimento delle indagini preliminari, comprese le analisi necessarie alla verifica di alcuni parametri della sicurezza come rumore, inquinamento, l'individuazione delle reti tecnologiche e infrastrutturali, i rischi di incendio ed espolosione.

A conferma di questa impostazione, l'art.18 comma 2bis, specifica con chiarezza che gli oneri necessari per la progettazione e la presenza in cantiere rientrano all'interno della fatidica quota del 10%, su cui potranno vertere anche le scelte dell'Ente pubblico in termini di incentivi dei propri dipendenti coinvolti nel procedimento di appalto.

Si viene così a creare il presupposto per cui la prevenzione degli incidenti non è più rallentata dai procedimenti amministrativi e finanziari, ma ne diventa essa stessa uno dei parametri per la loro elaborazione e gestione.

Molte novità poi dal versante tecnico.

Anche in questo caso, così come accennato precedentemente, il primo fattore operativo è il coordinamento con il Dlgs 494/94.

Infatti, la "Merloni-ter", all'art.31 comma 1 prevede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del testo legislativo, l'emanazione di uno specifico regolamento in materia di piani di sicurezza, cioè dei suoi contenuti.

Questa richiesta era presente anche nel precedente testo della Merloni-bis, ma all'epoca non era stata ancora recepita la direttiva 52/97/Cee.

Anche all'art.12 del Dlgs 494/96 è contenuta la medesima richiesta di regolamento sui contenuti dei piani di sicurezza e coordinamento e di quelli generali; è quindi auspicabile che questo regolamento dichiari esplicitamente di coprire entrambi le richieste, in modo da non creare duplicazioni o, ancor peggio, sovrapposizioni.

Inoltre, ancora una volta l'Associazione Ambiente e Lavoro pone attenzione ai livelli qualitativi dei contenuti dei piani.

Non basta solo elencare gli elaborati tecnici necessari, ma diventa strategicamente fondamentale far compiere ai progettisti il salto di qualità sulla progettazione, ovverossia sul sistema di coordinamento tra le fasi di cantiere e le prescrizioni operative necessarie a ridurre i rischi derivanti dalla sovrapposizione e/o dalla interferenza tra le stesse.

Per chi opera da tempo all'interno della sicurezza nell'edilizia e nei cantieri è ben diffusa la consapevolezza di come, sino ad ora, i piani di sicurezza non sono stati altro che una grossa montagna di carta, prodotta da specifici software che, a singola fase lavorativa prevista, sfornavano arcinote schede di sicurezza in cui venivano riportate generiche indicazioni delle leggi precedenti come la 547 e 164.

Ci si trova di fronte a enormi enciclopedie che, non solo non è assolutamente possibile leggere, ma che non fanno altro che riportare quello che da oltre quarant'anni le leggi già hanno disposto.

Diventa invece fondamentale evitare di concentrare lo sforzo dei progettisti unicamente sulle "singole" fasi lavorative ma, come già previsto dal Dlgs 494/96, lavorare proprio sul coordinamento tra i soggetti operanti nel cantiere (non è un caso infatti che i professionisti della sicurezza non vengono definiti "progettisti", ma "coordinatori nella fase di progettazione").

Ecco allora che diventa di particolare importanza che il regolamento che dovrà essere emanato - per quel che riguarda i contenuti dei piani - "costringa" i progettisti a programmare le fasi di lavoro del cantiere come base strategica per la prevenzione degli incidenti; richiedendo ad esempio le analisi delle fasi con le tecniche di WBS (Work Breackdown Structure), la definizione del cronogramma del cantiere con le tecniche di GANTT, GANTT modificato e PERT, la valutazione dei rischi e le relative prescrizioni operative di coordinamento con LAYOUT di sintesi e valutazione dell'uso delle strutture comuni del cantiere.

Non sarà sicuramente facile superare in poco tempo molti anni di buio totale nel versante culturale della progettazione e della sicurezza.

Il regolamento però, benchè solo un atto tecnico-amministrativo, può svolgere un ruolo fondamentale nel cambiamento scientifico ed operativo dei nostri tecnici, perché renderebbe il processo di cambiamento della progettazione non una eccezione, ma una "normalità" all'interno dei tanti ambiti degli appalti pubblici.

I commi successivi dell'art.31 completano, riordinano e rendono maggiormente strutturali - oltre che operative - le procedure della sicurezza nei cantieri pubblici, anticipate dalla "Direttiva Cantieri".

Innanzitutto il nodo fondamentale: gli oneri della sicurezza previsti all'interno dei piani sono bloccati e non più soggetti a ribasso d'asta.

E' questa una delle novità di maggior rilievo per la sicurezza all'interno della "Merloni-ter".

Fortemente voluta e caldeggiata anche dall'Associazione Ambiente e Lavoro, è sicuramente una procedura nuova e di non facile applicazione, ma determinante per il rilievo che porta nella pratica costruttiva.

Infatti, la prassi non scritta ma da tutti conosciuta, ha portato spesso a dare percentuali generiche dell'incidenza dei costi della sicurezza sul processo costruttivo.

Questo ha permesso poi, grazie al sistema dei ribassi d'asta, di poter effettivamente scendere sulle offerte, quasi sempre azzerando il fattore costi sicurezza.

E' ovvio che questa prassi non poteva che dare vantaggi economici, ma nega di fatto qualsiasi possibilità di effettiva applicazione delle norme di sicurezza, visto che gli importi economici ad essa destinati vengono sostanzialmente azzerati.

La "Merloni-ter" invece non solo vincola gli oneri della sicurezza previsti nella progettazione preliminare, escludendoli dal ribasso, ma anche e soprattutto ne chiede esplicita evidenziazione delle procedura di bando di gara.

Non sarà sicuramente facile applicare una procedura univoca per stima dei costi; ma questo limite deriva da una carenza tecnico-culturale del nostro sistema, non da una distorsione di mercato.

Ad esempio, a titolo esemplificativo, si possono individuare tre condizioni tipo per la valutazione dei costi:

  1. Il costo della sicurezza non è riconducibile alle voci di capitolato e computo.
    Questa condizione si verifica quando il Piano di sicurezza e coordinamento ha espressamente richiesto alcune funzioni relative alla sicurezza del cantiere la cui tipologia non rientra all'interno delle normali voci dei materiali o delle fasi lavorative presenti nei capitolati d'appalto o nei computi metrici (ad esempio sorveglianza del cantiere, indagini preliminari, mezzi di soccorso, etc.).
    In questo caso, il costo va computato ed inserito nella specifica voce del Piano.
  2. Il costo della sicurezza è compreso all'interno dei costi del capitolato e del computo.
    In questo caso, il Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ha adeguatamente verificato che i costi delle voci e delle funzioni presenti nel capitolato d'appalto e nel computo metrico siano anche comprensive degli apprestamenti di sicurezza, e non solo di materiale e manodopera.
    Nello specifico capitolo del Piano, vanno riportate solo quelle voci (ed il loro riferimento identificativo del capitolato o del computo) al cui interno i costi della sicurezza sono internalizzati o comunque individuabili nella composizione analitica del prezziario.
  3. Il costo della sicurezza non è compreso all'interno dei costi del capitolato e del computo.
    In questo caso, il Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ha verificato che i costi delle voci e delle funzioni presenti nel capitolato d'appalto e nel computo metrico non sono comprensive degli apprestamenti di sicurezza.
    Nello specifico capitolo del Piano, vanno riportate quelle voci non comprensive dei costi della sicurezza, ed accanto aggiunto il valore delle opere necessarie a garantire l'esecuzione in sicurezza.

Possono essere individuate anche altre tipologie operative per la valutazione dei costi; questo però non è un limite delle ipotesi precedenti, ma dimostra come in realtà basta spingere la ricerca e la conoscenza tecnica verso lo specifico settore per poter colmare il vuoto sino ad ora esistente.

E' quindi auspicabile che questo elemento non venga colto come un'ulteriore limitazione all'agire delle imprese, ma come una nuova sfida nel processo di sempre maggiore qualità, elemento che permea fortemente le disposizioni della nuova legge.

A dare sempre maggiore rilevanza alle procedure di sicurezza, e quindi una loro maggiore stabilità applicativa, è sempre il comma 2 dell'art.31.

Nella parte iniziale ed in quella finale, infatti, si indica che:

1 - i piani di sicurezza formano parte integrante del contratto di appalto o di concessione;

2 - le gravi o ripetute violazioni dei piani da parte dell'appaltatore o del concessionario costituiscono causa di risoluzione del contratto.

Nel primo punto si afferma quindi la strutturalità della prevenzione degli incidenti all'interno delle procedure di appalto pubblico; nel secondo invece ne viene sancita la forza applicativa in quanto, le violazioni alle norme, sono catalogate all'interno delle motivazioni che possono tranquillamente portare alla recessione del contratto.

Inoltre, al comma 3 si specifica che, tutti quegli appalti o concessioni stipulate dopo l'entrata in vigore del regolamento di cui prima, ma privi dei piani di sicurezza, sono considerati automaticamente nulli.

La sicurezza quindi non può più considerarsi estranea alle procedure pubbliche; una speranza parallela è che finalmente, dopo questa ufficializzazione, le università italiane si decideranno, all'interno della loro autonomia didattica, ad istituire i corsi all'interno di lauree e diplomi.

E' impensabile applicare la sicurezza quando nemmeno i tecnici del settore hanno mai sentito parlare di questa nel loro processo di formazione universitaria!

Molti altri sono, ancora, i punti di chiarimento nella procedura che la "Merloni-ter" introduce.

Innanzitutto l'obbligo della redazione del Piano di sicurezza e di coordinamento.

Questo infatti, non solo è necessario perchè richiesto delle disposizioni del Dlgs 494/96 (il famoso fattore "uomini/giorno"), ma viene praticamente reso sempre necessario, dato che la lettera b) del comma 1-bis prevede la presentazione di un piano sostitutivo (da parte dell'aggiudicatore o del concessionario entro trenta giorni dall'aggiudicazione) anche quando l'appalto non rientri all'interno della casistica prevista dalla "Direttiva Cantieri".

Questo significa, in sostanza, che la prevenzione, almeno nel settore pubblico, non sottostà a meri calcoli di durata e grandezza del cantiere; diventerà invece necessaria in qualunque procedura operativa, sia per la stazione appaltante che per l'aggiudicatario.

E' questo un elemento molto importante al fine di evitare che molto tempo si possa perdere nell'elaborazione tecnica o giuridica degli "uomini/giorno", al fine di comprendere se il proprio appalto rientra o meno nelle more di legge.

La prevenzione e la tecnica di sicurezza vanno comunque fatte, sia per un fatto di civiltà, che il più concreto peso economico ed operativo che le morti nel cantiere portano con se.

Ancora, proprio per formalizzare il fatto che il rapporto tra progettisti della sicurezza ed imprese non deve essere un rapporto conflittuale, la "Merloni-ter" ribadisce che, entro trenta giorni dall'aggiudicazione, e comunque prima della consegna dei lavori, le imprese possono e devono:

a - Presentare eventuali proposte integrative al piano;

b - Presentare un piano di sicurezza (di dettaglio e complementare al piano principale) per quanto riguarda le proprie scelte autonome relativamente all'organizzazione del cantiere ed all'esecuzione dei lavori;

c - In corso d'opera e prima dell'esecuzione dei lavori, le imprese esecutrici possono presentare al coordinatore in fase di esecuzione proposte di modifiche od integrazioni al piano di sicurezza, sia per adeguare i contenuti dello stesso alle tecnologie dell'impresa, sia per "coprire" eventuali insufficienza del piano.

Questi ultimi punti sono molto delicati.

Infatti, se bene interpretati nella logica della prevenzione e della collaborazione qualificante, quello delineato dai punti precedenti può essere letto come un interessante processo di dialogo e costruzione tra imprese e stazione appaltante per la progettazione e l'esecuzione in sicurezza.

Se invece interpretato malignamente, possono questi divenire gli strumenti normativi attraverso i quali svuotare di contenuti e di efficacia i piani di sicurezza.

Questo perchè il coordinatore in fase di progettazione, sapendo che successivamente le imprese potranno "integrare" gli elaborati iniziali, può essere gioco facile costruire degli scatoloni vuoti per farli poi riempire da chi dovrebbe invece rispettarli.

Proprio perché la cultura progettuale del settore è, nel nostro paese molto scarsa, lo scoraggiamento operativo dei nuovi tecnici formati dalla "Direttiva Cantieri" si manifesta quando debbono valutare lo svolgimento operativo del cantiere ed i possibili rischi derivanti dalla sovrapposizione delle fasi lavorative senza conoscere le caratteristiche tecniche della impresa(e) che vinceranno l'appalto.

Conseguentemente, invece di concentrarsi sulle tecniche di stima e programmazione, o sulle procedure di coordinamento preventivo, si divincolano dalle proprie responsabilità lasciando all'impresa vincitrice il compito di adeguare e completare il piano; in sostanza il contenitore vuoto di cui prima.

E' invece fondamentale precisare che nelle altre prassi europee il dialogo e l'integrazione tra coordinatore della sicurezza e impresa vincitrice non solo è amministrativamente possibile, ma addirittura auspicato.

Questo proprio perché, chi effettivamente conosce la sicurezza, sa che non è necessaria una profonda conoscenza dei particolari tecnici delle imprese che parteciperanno per fare un piano efficace; basta ragionare sulle procedure tecniche che ormai sono consolidate da oltre cinquant'anni di edilizia ed infrastrutture del nostro paese (e non solo) per poter sapere quali sono i "nodi" critici dello svolgimento di un cantiere e delle possibili soluzioni per prevenire i possibili incidenti mortali, tanto frequenti nei nostri luoghi di lavoro.

E' auspicabile che tutti i soggetti in gioco mettano a frutto costruttivamente questo percorso di dialogo e confronto, e non lo usino invece per rinforzare il detto "fatta la legge, gabbato il santo".

Stessa interpretazione biunivoca (positiva/negativa) può essere fatta per l'ultimo paragrafo del comma 2.

Infatti, in questa ultima parte si specifica che il direttore di cantiere ed il coordinatore per la sicurezza, all'interno delle proprie competenze, vigilano sull'osservanza dei piani di sicurezza.

Innanzitutto la prima distinzione: si ritiene che il termine "direttore di cantiere" possa essere interpretato come il "Direttore tecnico di cantiere" (DTC), cioè il responsabile dell'impresa, e non il Direttore dei lavori (DL).

Questo perché sia il coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva non è un ispettore della USL, e quindi i suoi compiti non ricalcano il "controllo normativo", ma il coordinamento effettivo del cantiere e delle innumerevoli imprese e soggetti autonomi che vi entrano.

Essendo simile la situazione giuridica per il Direttore tecnico di cantiere (non per il Direttore dei Lavori), è proprio a quest'ultimo, in quanto responsabile del personale dell'impresa, che viene chiesto di far rispettare il piano di sicurezza.

Non quindi in forma "ispettiva" della USL, ma in forma di qualità organizzativa della sua stessa impresa, nelle modalità di esecuzione del lavoro.

Può questa osservazione sembrare un sofisma.

In realtà è particolarmente importante per non far ispessire la cultura della "paura del controllo" che esiste nei confronti degli ispettori.

Infatti, molto spesso, il coordinatore in fase di esecuzione viene paragonato al ruolo ed alle competenze degli ispettori di vigilanza delle ASL: questo non ha alcun fondamento.

Sia perché il tecnico è chiamato "coordinatore" e non "ispettore" o "direttore della sicurezza", sia perché la legge non gli attribuisce nessun compito di vigilanza.

Questo significa che il coordinatore ha il fondamentale compito non tanto di verificare l'effettiva attuazione del piano di sicurezza (c'è l'ASL per fare questo), ma di svolgere il compito più difficile per la realtà italiana: mettere d'accordo, coordinare ed organizzare le numerosissime figure aziendali e artigianali.

Questo perchè oltre il 30% degli incidenti mortali avvenuti in cantiere deriva da cause di mancato coordinamento tra diversi soggetti che in tempi diversi e modalità diverse sono intervenuti nei processi operativi, ottenendo interferenze o sovrapposizioni che hanno purtroppo portato a esiti fatali.

Per evitare questo non sono necessari grandi apprestamenti di sicurezza o notevoli oneri economici, ma un più banale "dialogo" tecnico-operativo tra le imprese, le ditte e gli artigiani che a vario titolo sono coinvolti nel sistema costruttivo.

E' quindi fondamentale che la sicurezza, e dunque il coordinatore nell'esecuzione, venga vista come figura organizzativa mirata a migliorare la qualità del processo produttivo, in cui la collaborazione e la reciproca fiducia diventino elementi strutturali e non frenanti nella vita dei cantieri.

Da segnalare infine il comma 4 dell'art.31, in cui vengono definiti i criteri per la nomina delle rappresentanze sindacali aziendali, ed il comma 4-bis, in cui la figura del concessionario è equiparata a quella dell'appaltatore.

Questo contribuisce a non poco chiarire l'annosa diatriba della sicurezza applicabile alle procedure di concessione.

Come tutte le leggi appena approvate, dibattiti e confronti sulle interpretazioni costituiranno il percorso inevitabile per la loro applicazione.

Certi che le disposizioni della Merloni-ter contribuiranno a rendere più stabile la sicurezza all'interno dei cantieri, l'Associazione Ambiente e Lavoro si impegna - come suo solito - a seguire l'evoluzione normativa e ad informare rapidamente ed incessantemente sulle novità che di volta in volta si andranno a sviluppare.

E' infatti fondamentale, per raggiungere i risultati qualitativi sperati, che tutti i soggetti a vario titolo coinvolti partecipino attivamente alla costruzione non più di un castello di favole ed attese mancate, ma ad un nuovo sistema "europeo" dell'agire dell'amministrazione pubblica, così come definito della "Merloni-ter".

 


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