Architetture

APsT ARCHITETTURA. Il ponte della scienza



…esiste un'ebbrezza che ci viene dalle materie
rudimentali in quanto sono ricche di segni….
ritorniamo all'origini dell'umanità,
ai tempi, cioè,in cui i segni avevano 
il sopravvento sul contenuto esplicito.

Marcel Proust


[20apr2001]
L'ex area industriale del quartiere Ostiense, racchiusa tra il fiume Tevere e la via Ostiense, connotata dalla presenza dei grandi impianti industriali dismessi, appare come una grande "lacuna" all'interno del tessuto edilizio della città consolidata. La lacerazione edilizia è resa ancora più evidente dallo stato di abbandono nel quale versano gli edifici degli stabilimenti del gas. Progettare un ponte in quel luogo significava, innanzitutto, ristabilire il legame con il resto dei quartieri circostanti (Marconi, Ostiense, Testaccio), ricucire uno strappo provocato dall'arresto del tempo.

Il ponte metafora del collegamento, dell'unire, si pone come mezzo attraverso il quale tentare una "ricucitura" con le due parti della città, ma soprattutto con il tempo perduto. Il rapporto con il luogo viene, infatti, istituito mediante l'individuazione di corrispondenze atte a rivelare una percezione emotiva, un carattere, una presenza anziché un riferimento più o meno diretto. L'intenzione alla base della concezione del progetto è quella di cercare di preservare e rendere evidente questo carattere negato, obliato. L'idea che il tempo si sia fermato e che quest'area custodisca un tempo "altro" da quello che si vive quotidianamente, attribuisce notevole interesse e valore al progetto del ponte della Scienza.

L'unicum risulta essere proprio la possibilità di ritrovare un tempo all'interno dei tanti tempi storici della città di Roma. Il ponte, quindi, simbolicamente e fisicamente è il mezzo per colmare la lacuna e ritrovare il legame con il tempo che si credeva perduto. Ritrovare il tempo perduto attraverso il tempo ritrovato nella sensazione del tempo presente. L'ex area industriale del gasometro appare essere come una sorta di monumento al tempo che non all'archeologia industriale. Le materie del luogo sono state la materia del progetto. La materia custodisce i segni del tempo perduto e solo attraverso di essa è possibile cortocircuitare il senso del tempo presente verso un tempo passato, "esiste un'ebbrezza che ci viene dalle materie rudimentali in quanto sono ricche di segni… ritorniamo all'origini dell'umanità, ai tempi, cioè, in cui i segni avevano il sopravvento sul contenuto esplicito" (Marcel Proust). La materia scabra, rotta, consunta, evoca un'unità latente di senso e segno al quale il progetto aspira. L'essenza del ponte, la sua necessità interna deriva proprio dalla ricerca di questa verità, diretta verso il futuro e non verso il passato.



La strategia del progetto del ponte, mediante la concezione di una struttura portante "scarnificata" sin nei minimi termini, appesa ad un filo, vuole testimoniare non un atto d'intelligenza bensì una violenza subita che ci toglie la calma e ci induce a alla ricerca di un significato che ristabilisca una condizione di equilibrio che procede per opposizioni e corrispondenze. L'interpretazione di questi segni, della loro realtà noumenica è come un alfabeto senza fine. L'obiettivo è quello della risemantizzazione della forma architettonica attraverso un vocabolario di dissonanze che sottolineano la complessità percettiva e costruttiva. Questa metodologia diacronica ed asimmetrica viene applicato dalla scala urbana a quella di progetto fin nei dettagli. Sull'argine della riva Marconi, infatti, è stata prevista una riqualificazione attraverso una semplice "carteratura" dei muraglioni con lastre di c.a. faccia vista solcate da fessure che alloggiano vasche di verde ed arbusti. La riva Marconi è stata pensata come luogo del "camminare", del correre, dell'andare in bici, in quanto segmento di un percorso, in buona parte realizzato, che va dal mare sin su a nord di Roma.



Mentre la riva Ostiense, è stata pensata come luogo dello "stare", dell'incontro, in quanto approdo naturale verso il fiume del futuro museo della Scienza. L'argine, infatti, è stato pensato con percorsi e spazi di sosta, dove poter ammirare l'habitat naturale del fiume Tevere. Alla scala del ponte, questa strategia ci ha indotto a pensare gli attacchi del ponte (puntoni, pile, stampelle) in maniera asimmetrica, l'impalcato stesso, come richiesto dal bando diviso in due aree differenti e disuguali per dimensioni e materiali (corsia carrabile in c.a. e percorso pedonale in legno). Emerge, così, dal disegno qualcosa che possiamo chiamare "scrittura", che descrive il racconto del tempo interno al luogo, al progetto.



MATERIALI E FINITURE. I materiali, o meglio la materia scelta per la realizzazione dell'opera, è il "cemento-armato", precompresso nella struttura della trave d'impalcato. Le finiture rispettano il materiale strutturale e lo analizzano nella sua costituzione complessa di calcestruzzo e ferro, questa volta però, rivolgendo all'esterno la narrazione drammatica dell'acciaio inciso sulla tela ruvida del cemento a faccia vista. L'acciaio delle finiture è il corten, scelto per ragioni pratiche di resistenza agli agenti atmosferici. L'estradosso dell'impalcato è realizzato in semplice battuto di cemento eseguito tra guide di acciaio, che oltre a sottolineare il disegno dell'intradosso, (nervature della soletta e funi di sostegno), si dispongono in un disegno disteso, meno intricato, orizzontale che dichiara l'attraversamento, il viaggio. Anche i puntoni esprimendo un identico ragionamento sulla materia si scarnificano nella parte inferiore, a contatto con la sponda in un intreccio fitto e indecifrabile che si radica alla terra. Altri elementi di finitura, sono; la corsia pedonale dell'impalcato è sottolineata con una fasciatura in tavolato di legno di teak, i parapetti, realizzati in acciaio e rete metallica, che ospitano al di sotto dei corrimano un dispositivo illuminante continuo al neon. L'alloggiamento degli impianti è predisposto continuo per tutta la lunghezza del ponte sul lato opposto della corsia pedonale, e distribuisce l'utenza di luce acqua e gas, per eventuali allestimenti in occasioni di manifestazioni.



DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA. Il Ponte delle Scienze nasce dall'unione di due concetti strutturali: quello della trave a sbalzo da un triangolo, la cosiddetta 'stampella', e quello della trave sostenuta da una fune sospesa. Il ponte, di lunghezza complessiva pari a 142 m, è costituito da due stampelle, ad una distanza di 100 m l'una dall'altra, che fungono da appoggi sulle rive del fiume e forniscono vincolo deformabile all'intera struttura; le due stampelle sono dotate di uno sbalzo di luce differente, su una stampella di 30 m e sull'altra di 15 m. I due sbalzi asimmetrici, dai vertici dei triangoli delle stampelle verso l'alveo, consentono di ridurre la distanza fra le due rive a soli 36 m. Su questa distanza vengono tese delle funi, successivamente poste in tensione, che trovano vincolo sulle mensole delle stampelle e sono predisposte, sulla luce di 36 m rimasta libera nel mezzo del ponte, ad accogliere una soletta nervata precompressa. Questa risulta dunque vincolata su una serie di appoggi a carrello, puntiformi rispetto alle dimensioni del ponte, disposti lungo la linea di sviluppo delle funi stesse. Tali appoggi sono realizzati mediante apposite nervature trasversali che fuoriescono dalla soletta nervata e vanno ad innestarsi nelle funi. Le funi trovano vincolo di ancoraggio sulle stampelle, esattamente in corrispondenza delle pile: in tal modo, il carico della travata centrale viene trasportato, mediante le funi, direttamente sulle pile, riducendo le sollecitazioni di flessione.





Le tre unità strutturali risultanti sono così facilmente individuabili e singolarmente caratterizzate, sia nel funzionamento strutturale che nella geometria che nelle modalità costruttive. La prima stampella, sulla sponda ovest, è alta 8.2 m ed ha lunghezza pari a 63 m, compreso lo sbalzo di 30 m verso l'alveo, mentre la seconda, sulla sponda est, è alta 5.8 m ed ha lunghezza di 42 m, compreso lo sbalzo di 15 m verso l'alveo. Le stampelle vengono realizzate con la tecnica a sbalzo gettando conci successivi in opera, mentre la travata centrale viene realizzata a piè d'opera e successivamente fatta scorrere in posizione sulle funi centrali mediante carro-varo. La trave centrale, effettuata la tesatura delle funi, viene successivamente solidarizzata mediante la soletta, alle stampelle laterali, al fine di resistere adeguatamente alle azioni orizzontali.



L'impalcato è costituito, nelle due stampelle laterali, da una sezione cellulare a sezione variabile con nervature di 20 cm di spessore e solette di 15 cm. La larghezza dell'impalcato è costante per tutta la lunghezza ed è pari a 10.2 m. Su questa larghezza trova posto una fascia di larghezza 6.0 m, posizionata lateralmente rispetto all'asse del ponte, su cui in futuro potrà avvenire il transito di due colonne di veicoli di 2a categoria. La quota dell'intradosso dell'impalcato è sempre superiore alla quota minima di 15 m prescritta nel bando. Le pile, che costituiscono uno dei lati del triangolo della stampella, sono costituite da quattro elementi lineari, inclinati di circa 40° verso l'alveo, e disposti in maniera da offrire un vincolo adeguatamente rigido nei confronti delle azioni trasversali.



Sulle due strutture a stampella laterali, la precompressione viene applicata mediante cavi in acciaio armonico, mentre si prevede di realizzare la travata centrale con precompressione esterna impiegando cavi in fibra di carbonio (FRP). Tale materiale ha la proprietà di non essere sensibile alla corrosione ed è quindi particolarmente idoneo negli interventi di precompressione esterna in ambienti moderatamente aggressivi, quale è quello considerato. Per quanto riguarda le strutture di fondazione, stanti le notoriamente scarse caratteristiche meccaniche del terreno sulle sponde del Tevere fino ad una profondità di circa 35-40 m, si era inizialmente perseguita la soluzione di una fondazione su pali che si intestassero sul basamento che rinviene ad una profondità di circa 40 m. Questa soluzione, dopo essere stata attentamente valutata, è stata scartata poiché la struttura del ponte, che risulta particolarmente spingente a causa dell'inclinazione delle pile, applica forze di taglio eccessivamente elevate, che possono essere opportunamente assorbite unicamente da un struttura molto rigida. Pertanto, le strutture di fondazione sono costituite da paratie di dimensioni 120x240x240 cm, che si intestano ad una profondità di 40 m, disposte a formare un cassone rigido dotato di 5 nervature nella direzione longitudinale del ponte, atte ad assorbire le elevate forze di taglio in fondazione.



FASI COSTRUTTIVE. La costruzione dell'opera prevede la realizzazione delle paratie di fondazione costituite da pannelli modulari di dimensioni 120x240x240 cm. Lo scavo verrà realizzato tramite benne, impiegando fanghi bentonitici in pressione. Particolare cura dovrà essere posta ad individuare la presenza di eventuali lenti ghiaiose in profondità. La fase successiva prevedrà la realizzazione delle armature ed il getto delle spalle e delle pile inclinate verso l'alveo, nonché la realizzazione in opera dell'impalcato compreso fra spalle e pila. Le parti di impalcato a mensola verranno realizzate col sistema di avanzamento a sbalzo, impiegando la tradizionale attrezzatura a cestello scorrevole, che consente di effettuare il getto dei singoli conci in successione (vedi Figura esplicativa) al ritmo di un concio ogni due settimane.

I conci avranno ognuno lunghezza pari a 3 m. Sono dunque previsti 10 conci per lo sbalzo maggiore e 5 per il minore. Prima del getto, il concio precedente, già sufficientemente indurito, verrà bloccato con cavi di precompressione tipo Dywidag. Questi cavi sono ancorati in corrispondenza delle nervature del cassone di impalcato. A fianco di essi, nella soletta, troveranno sede i cavi per la precompressione dei conci successivi. Con tale metodo, la struttura portante cresce a sbalzo senza armature di sostegno, dalla pila fino alla lunghezza dello sbalzo. In tale procedimento verranno impiegate barre d'acciaio, giuntate con manicotti filettati. La tesatura avviene tramite martinetto idraulico.

La fase successiva al completamento degli sbalzi prevede la messa in posizione delle funi in FRP di supporto della travata centrale a soletta nervata ed il successivo posizionamento in mezzeria tramite carro-varo della travata stessa, costruita e precompressa a piè d'opera. Particolare cura dovrà essere posta nell'inserimento delle funi all'interno degli alloggiamenti predisposti nei bulbi inferiori delle nervature. Dopo tale operazione, si procede alla tesatura delle funi trasferendo gradualmente il carico della travata dal carro-varo soprastante alle funi sottostanti. Completata questa fase, si procederà alla solidarizzazione della soletta fra la travata centrale e gli sbalzi laterali.

Tale sistema costruttivo consente di evitare qualsiasi interazione con il fiume durante la fase di cantierizzazione, per cui si prevede che tutto il processo costruttivo dell'opera non inciderà sul normale esercizio sia del fiume sia delle zone interessate dalla costruzione. Uniche ripercussioni saranno possibili per la pista ciclabile situata sulla sponda est, per la quale sarà necessario prevedere un percorso alternativo.

APsT architettura
apst@mclink.it
APsT architettura. Il ponte della scienza 

Vincitore del concorso internazionale Due ponti pedonali sul Tevere bandito dal Comune di Roma nel 2000.
progetto: APsT architettura (Gianluca Androletti, Maximiliano Pintore, Stefano Tonucci) 
struttura: Giorgio Monti
analisi dei costi: Mauro Minciotti




Gianluca Andreoletti (Roma 15.06.1965), Maximiliano Pintore (Roma 05.09.1967), Stefano Tonucci (Roma 11.06.1967) hanno fondato APsT architettura nel 1998. Hanno partecipato a diversi concorsi internazionali, tra cui quello per la "Sarajevo Concert Hall" (finalisti), "Helsinki Music Centre", "Due ponti pedonali sul Tevere", "Ponte della Scienza" (primo premio), quello per la trasformazione dell'area di San Lorenzo a Roma (primo premio ex-aequo, gruppo Zevi). Il loro interesse progettuale si costruisce attorno alle qualità percettive e sensoriali della materia.
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