Architetture

GRUPPO SUBURBIA, FINALDI RUSSO, PICCARDO. Innesti di paesaggi sospesi 917



Il concorso internazionale d’idee 'Paesaggi Costieri', aperto a studenti, laureati in architettura e ingegneria e architetti e ingegneri dei paesi dell’Unione Europea, è stato promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Legambiente e l’Associazione Civita con l’obiettivo di indagare forme e caratteri dei paesaggi costieri italiani, individuare progetti e percorsi di riqualificazione, dimostrare che queste zone non sono una risorsa ormai esaurita del territorio ma che possono rappresentare invece fattori di sviluppo e di qualità. Nella duplice veste di indagine architettonico-paesistica e fotografica, questa iniziativa ha interessato tre temi di grande attualità e di rilevanza nazionale, tre aree che sono oggi considerate marginali, caratterizzate da forme di abbandono e degrado tipiche delle diverse coste italiane, dove forte è l'attenzione da parte delle comunità locali, dove è fondamentale costruire consenso e creare le condizioni per il recupero: la Lanterna e il Porto Antico di Genova, le dune di Ardea, il lungomare di Punta Perotti a Bari.

Al termine dei lavori, la giuria, composta da Stefano Boeri, Alberto Clementi, Adriaan Geuze, Francesco Jodice, Andreas Kipar, Giampiero Marchesi, Bernardo Secchi, ha assegnato il 1° premio per “La Lanterna e il Porto Antico di Genova” al progetto Innesti di paesaggi sospesi 917, presentato dal gruppo Suburbia –Michele Moffa, Paolo Sacco, Andrea Santacroce, Mauro Smith–, Claudio Finaldi Russo e Emanuele Piccardo con la collaborazione di Maria Linda Di Giacomo Russo e Pier Paolo Rotondo.




[27jun2001]


Planovolumetrico.

INDAGINE DELLE FORME E DEI CARATTERI DEL PAESAGGIO COSTIERO. Il paesaggio costiero del porto di Genova mostra l’esito di due differenti processi di crescita apparentemente in contrastro tra loro: quello determinato dal porto -impianto per la distribuzione di beni e la circolazione di persone- e quello prodotto dalla città. Nel corso della loro formazione le due entità si sono contrapposte indurendo lo spazio di relazione e definendo un’area di frontiera, lungo la quale i due insiemi si sono attestati marcando una linea di reciproca difesa; il confine si è così progressivamente ispessito trasformandosi in uno spazio tendenzialmente infrastrutturale, luogo da attraversare definito dai sistemi di accesso e di passaggio, neutrali e necessari ad entrambi. 

Se nel tratto interessato dagli interventi delle recenti Colombiadi città e porto sono giunti ad una riconciliazione spaziale e di figura, lungo l’arco costiero dalla stazione Marittima alla Lanterna la distanza appare ancora notevole. Il sistema di relazioni trasversali dalla collina al mare, che nel corso del tempo ha saputo coniugare la qualità ambientale e percettiva con le esigenze funzionali dello spazio produttivo, appare progressivamente sempre più intasato da cordoni infrastrutturali che ne indeboliscono la portata (sopraelevata, ferrovia nazionale e metropolitana, viabilità di scorrimento cittadina, viabilità su più livelli ad uso portuale) Qui risulta prevalente la presenza di elementi lineari che si svolgono longitudinalmente all’arco costiero senza soluzione di continuità, assolvendo alla funzione escusiva di connettere il ponente ed il levante genovese, scavalcando il centro storico e dando accesso alle attività portuali.

Questi caratteri richiedono uno sforzo interpretativo volto a considerare il paesaggio coestiero non oggetto di una statica contemplazione estetica, ma come il prodotto di un processo dinamico di acquisizione di nuovi sguardi sulla e dalla città, di spazi dedicati a nuove pratiche urbane, in una prospettiva di più lungo periodo coerente con la strategia di sviluppo che la città ha tracciato.








Veduta del centro studi sul Mediterraneo.

Schemi interpretativi.
IL PERCORSO DI RIQUALIFICAZIONE. Ripensare lo spazio di frontiera significa, dunque, articolare il “territorio di mezzo” accogliendo i caratteri che provengono dai sistemi urbano e portuale, senza affermare il primato di una parte sull’altra, ma interpretandolo piuttosto come “zona franca” necessaria ad entrambi per continuare a svolgere il proprio ruolo. Il rispetto del valore rappresentato dalla qualità paesaggistica dell’anfiteatro urbano consente al massimo di soffermarsi su elementi piccoli e discreti. Per dirla con Wenders, “se perderemo la nostra memoria della città, dei luoghi che ce la fanno scoprire, smarriremo la nostra capacità di orientarci, cadremo vittime delle grandi dimensioni, di ciò che è inafferrabile, onnipotente. Dobbiamo batterci per conservare tutto ciò che è piccolo, che conferisce alle grandi cose una prospettiva da cui vederle […]. In una città, tutto ciò che è piccolo, vuoto, aperto è una sorta di batteria che ci permette di ricaricarci contro lo strapotere dei grandi complessi”.

La questione introdotta consente di ripensare parti consistenti del territorio, sia urbano che portuale, e rappresenta uno spunto di riflessione importante per la ricerca: la crescita economica e fisica del sistema porto appare sempre più incompatibile con il retroterra urbanizzato se gli effetti positivi generati dalla presenza dello scalo non si riflettono in un reale mutamento delle condizioni economiche e degli assetti spaziali della città. Questa condizione rende l’area strategica per la definizione del progetto più rappresentativo di Genova nella prospettiva del ruolo di Città Europea della Cultura.

Appare appropriato, alla luce di quanto detto, immaginare la coesistenza di realtà differenti in uno spazio comune, piuttosto che forzare la ricerca di una continuità funzionale; l’alternarsi ciclico dei tempi del porto e di quelli della città rappresenta un’occasione concreta per ridefinire il carattere dello spazio condiviso della frontiera, attraverso l’individuazione degli elementi costitutivi propri di questo territorio

La complessità spaziale del luogo può essere reinterpretata considerando i diversi piani su cui si articola il rapporto tra città e porto e le moteplici trasversalità in grado di restituire la percezione degli elementi che compongono il paesaggio. Affermare il valore della trasversalità significa ridefinire l’insieme delle visioni che costruiscono la prospettiva inedita di cui riappropriarsi.






Vedute prospettiche del porto antico di Genova.



DA PALAZZO REALE AL PONTE DORIA. Il percorso pedonale si avvia dal centro storico per scendere verso il porto attraverso le corti ed il mercato coperto. Giunto nella nuova Piazza per l’università, il percorso si relaziona agli spazi della vecchia darsena e ai silos di Ponte Parodi, creando una serie di spazi pubblici attrezzati. Da qui prosegue all’interno del’edificio dell’ex stazione marittima, sfruttando la loggia posta a quota +8 per collegarsi al Ponte Doria attraverso un passaggio sopraelevato.

DA PONTE DORIA AL PONTE COLOMBO. Cogliendo l’opportunità offerta dalla potenziale dismissione di una parte del parco ferroviario di S. Limbania, si realizza una struttura “sospesa” tra città e porto. La stazione metropolitana di via Buozzi e quella ferroviaria del parco di S. Limbania consentono di configuare un nodo di interscambio posto in relazione alla città ed al porto attraverso un percorso prevalentemente interrato che, sfruttando il dislivello, organizza nuove attività (sala cinematografica, auditorium, bar, discoteca, sala espositiva, attrezzature commerciali, parcheggio interrato). Tale sistema forma alla quota di via Buozzi un’unica piastra pedonale che ospita una serie di attività all’aperto, abitabile e fruibile in diverse fasce orarie. I collegamenti verticali, a loro volta, sono concepiti come attrezzature a sé stanti che ospitano librerie e locali per esposizioni temporanee, oltre a punti di ristoro e bar.

DAL TERMINAL TRAGHETTI ALLA LANTERNA. Il percorso che segue le tracce del dislivello verso il porto, giunto sotto la collina della Lanterna, si spinge su di essa con un passaggio sospeso recuperando quota + 17. La collina della Lanterna viene intesa come un piccolo parco attrezzato che recupera il suo tragitto storico e riqualifica le aree degli antichi bastioni come giardini–belvedere. L’operazione più significativa prevede l’abbattimento di due edifici, uno a quota +35 che libera uno dei piazzali del fortino cinquecentesco, l’altro a quota +17 che ci consente la costruzione di un piccolo edificio destinato a sale espositive (circa 200 mq) ed un audutorium (circa 100 posti). Tali funzioni danno maggior consistenza alla fattibilità di un percorso urbano che si disimpegna in aree fortemente condizionate dalla presenza del porto.
LA PROPOSTA. Il progetto riqualifica il tratto dell’arco portuale che va dalla Stazione Marittima alla Lanterna attraverso un sistema di relazioni in grado di cogliere la densità degli avvenimenti che qui si manifestano. Il percorso si costruisce come operazione di .“montaggio.” dei diversi elementi esistenti, sottraendoli alla loro ambigua appartenenza per attribuire loro una identità precisa. Così l’edificio della dogana a ponte Parodi lascia il posto ad un nuovo spazio pubblico a servizio del sistema museale, all’interno dei magazzini Caffa e Metellino, ed alla facoltà di Economia e Commercio; la villa Doria Principe ritrova una nuova continuità fisica con il nodo d’interscambio di Principe, da un lato, e gli spazi al di sotto della via Buozzi dall’altro; qui ha inizio un itinerario sospeso che, intercettando la nuova Stazione Traghetti, recupera le apprezzabili qualità percettive che un tempo appartenevano al colle di Promontorio ed alla passeggiata sui bastioni.

Partendo da una lettura descrittiva degli elementi costruiti, della geografia dei luoghi, della misura dei fatti contingenti, si cerca di individuare le condizioni per stabilire “regole di derivazione”. Sembra evidente che tra le ripide colline della città di Genova ed il porto sia difficile ritrovare degli elementi naturali. La compressione della fascia tra il mare e gli appennini ha condizionato la costruzione del paesaggio della costa ligure che però, anche in condizioni limite, come quella rappresentata dall’attacco porto-città, ci permette di scoprire una forte resistenza dei luoghi alla degenerazione. Sono luoghi di lunga durata che mantengo vive le loro potenzialità al di là delle funzioni.




Schizzi di progetto.



IPOTESI DI RIASSETTO FUNZIONALE. Le ipotesi riguardano la realizzazione di attrezzature ricreative e per il tempo libero in grado di attribuire a questi luoghi la connotazione di “spazi dello stare”, spazi privilegiati di osservazione dei valori del porto e della città. Sfruttando i flussi generati dall’attività portuale e dalla presenza delle principali vie d’accesso alla città, si immagina la realizzazione di nuove centralità di livello metropolitano. Alla continuità longitudinale si contrappongono tre ambienti che interpretano in maniera di volta in volta differente il tema del salto di quota e la connessione trasversale tra gli edifici più significativi, affidando al verde (sistema dei giardini tematici) il ruolo di materia connettiva. Piccoli giardini saturano gli spazi interstiziali tra la strada urbana, quella portuale, la sopraelevata, la ferrovia; spazi di transizione che sottolineano l’attraversamento della frontiera.

L’idea è quella di innestare un percorso, nuove funzioni e spazi vivibili tra le cose, in grado di rigenerare l’ambiente naturale/artificiale, che tentino una rivitalizzazione dall’interno, che cerchino di riconnettere i brandelli di verde che, superstiti, reagiscono inerti. Osservando e misurando metodicamente tutto quello che può servire a tale scopo, si utilizza ciò che si trova. Tutti gli elementi hanno una loro posizione, un tracciato, un’orientamento che viene interpretato: la soprelevata ed il ritmo dei piloni che scandiscono la vista verso il porto, la villa Doria Principe che con la sua corte di prato e alberi disegna l’apertura prospettica verso mare, il parco di villa Rosazza che scende verso il mare e viene interrotto bruscamente dalla ferrovia.
Il Gruppo Suburbia si forma nel 1999 per studiare la città ed il territorio contemporaneo. Ognuno dei quattro membri del gruppo ha approfondito la ricerca sullo strumento del progetto urbano come chiave d'intervento per una realtà complessa, approcciando ambiti disciplinari diversi e complementari, dall'urbanistica degli aspetti economico-finanziari. Dopo le lauree, avvenute tra il 1996 ed il 1998 con tesi in progettazione urbana a conclusione di un percorso di studi che ha visto alternarsi periodi di riflessione teorica a momenti di esperienza nella pratica progettuale, la volontà di proseguire la ricerca collettiva ha dato luogo alla fusione delle individualità nel gruppo di lavoro che ha scelto il proprio nome a sottolineare la condizione di suburbanità nella quale il progetto si esplica, caduti nella condizione metropolitana i tradizionali riferimenti derivanti dalla chiara dicotomia città/territorio. Nel settembre 2000 si uniscono al gruppo due architetti progettisti, e si amplia la rete dei consulenti esterni e dei collaboratori, arrivando, nel maggio 2001, a costituirsi in associazione professionale. Attualmente sono impegnati nella gestione del Programma d’Inziziativa Comunitaria Urban II della città di Caserta per la rivitalizzazione delle zone urbane in crisi.

Claudio Finaldi Russo (Napoli, 1966). Laureato in architettura a Napoli nel 1995 consegue nel maggio 2001 il titolo di dottore di ricerca in Progettazione Urbana presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Svolge in maniera continuativa attività professionale e di ricerca nei campi della progettazione urbana ed urbanistica collaborando stabilmente con l’architetto Alberto Ferlenga presso l’Università di Napoli. E' vincitore nel 1996 di una borsa di studio bandita dall'Autorità portuale di Genova e dall'Università degli studi di Genova per la formazione del piano regolatore portuale: partecipa, in seguito a ciò, per due anni ai lavori dell'Agenzia del Piano, curando in particolare le problematiche connesse alle aree portuali destinate al traffico passeggeri e crocieristico Collabora tra il 1997 ed il 1998 al progetto preliminare per l'area passeggeri del Porto di Napoli.

Emanuele Piccardo (Genova, 1972). Architetto e fotografo ha al suo attivo numerose iniziative legate alla divulgazione della fotografia, e alla realizzazione di campagne fotografiche sul territorio, particolarmente attento al tema del paesaggio e della visione urbana:cinema,architettura e fotografia. Si occupa di architettura e new media, dal 2000 è collaboratore della rivista digitale di architettura ARCH’IT, realizza il video sull’esposizione di architettura “Mutations” a cura di S. Boeri, R. Koolhaas e S. Kwinter, che viene proiettato su Rai Sat Art. Sue opere sono conservate presso la Bibliotheque Nationale de France a Parigi.

> GRUPPO SUBURBIA
> CONCORSI
> ARCHITETTURE

per partecipare alla rubrica architetture
scrivete alla redazione di Arch'it
redazione@architettura.it


laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete








© Copyright DADA architetti associati
Contents provided by iMage