Architetture

STEFANO ANTONELLO E THOMAS BISIANI. Mediapack: prototipo di trasmettitore urbano




CONCETTO. Le nuove tecnologie offrono la possibilità di una diversa fruizione degli spazi, mutano gli usi e ridefiniscono le abitudini. La peculiarità dei sistemi integrati è quella di avere la possibilità, da ogni punto dello spazio costruito (o della rete), di inviare i comandi e nel contempo ricevere le informazioni provenienti dall'intero sistema. Da ogni ambiente si possono impostare situazioni che coinvolgono la struttura nel suo complesso: scenari di illuminazione, movimenti, regolazioni e controllo dei carichi elettrici possono essere determinati separatamente o con un unico evento. Lo stesso processo che investe e rinnova gli edifici può essere rivolto alle città, che si stanno dotando di reti di fibre ottiche per il trasferimento dei dati, reti che possono emergere e offrire connessione anche negli spazi aperti, ad uso di allestimenti temporanei.



[02aug2001]





L'elemento che dona al sistema le sue caratteristiche di ubiquità e pervasività è il cavo di connessione. Al bus sono collegati in maniera indifferenziata tutti i dispositivi installati, che sono da esso alimentati e messi in comunicazione. In ogni punto dell'edificio in cui arriva il bus è possibile realizzare nuove funzioni, o variare nel tempo quelle esistenti, senza modificare la struttura fisica dell'impianto. I dispositivi di regolazione si distinguono in due famiglie: dispositivi di comando ed attuatori.

MEDIAPACK altro non è se non uno di questi attuatori e svolge la funzione di interfaccia fra individuo e rete. A differenza del personal computer si colloca, in forma di piccolo padiglione temporaneo, nell'ambito urbano, nel quale riveste una funzione specifica: produrre spettacoli di immagini da offrire al pubblico. Scenari luminosi che possono esaurirsi al suo interno oppure coinvolgere, con la proiezione di luci sui corpi edilizi circostanti, porzioni di città. Il suo ruolo quindi non è la semplice trasposizione in ambito informatico della cabina telefonica, cioè una sorta di pod attraverso il quale l'utente può caricare e scaricare dati ad uso personale, ma uno strumento di proiezione a distanza per una comunicazione personale-pubblica, che investe la comunità urbana e i suoi spazi tradizionali, in modo del tutto reversibile.

MEDIAPACK diventa così una architettura effimera in grado di produrre "anomalie", come le definisce Michael Sorkin in un recente intervento sulla tematizzazione della città, ovvero "incidenti nella città", innocui ma imprevedibili, capaci produrre nuove visioni e nuovi spazi all'interno del contesto urbano, e non in alternativa ad esso.



TomA2 nasce a Venezia nel 1998 come gruppo aperto di progettazione per iniziativa di Michele Adami (Verona, 1974), Stefano Antonello (Castelfranco Veneto, 1974) e Thomas Bisiani (Trieste, 1974). Nel 2000 è stato premiato al concorso Stuttgarter Pavillon 3 (S. Antonello, T. Bisiani, C. Zanchetta) e ha ricevuto la Menzione d'Onore della Biennale di Venezia per il progetto Ecologia della Paura (S. Antonello, T. Bisiani), vincitore del concorso Città: Terzo Millennio ed esposto alla VII Mostra Internazionale di Architettura. Alla stessa mostra tomA2 ha partecipato con il contributo progettuale Reti Esibite (M. Adami, T. Bisiani, S. Pauletto) al video Corderie e Cavi, presso il padiglione USA. Il progetto Alì dagli occhi azzurri, realizzato da S. Antonello, G. Biasi, T. Bisiani, C. Zaccaria, S. Zanardi ha ricevuto la menzione d'onore al concorso Laboratorioboario, indetto dal gruppo Stalker. Nel 2001 il progetto Mediapack (S. Antonello, T. Bisiani) è stato selezionato per partecipare alla X Biennale dei Giovani Artisti d'Europa e del Mediterraneo (Sarajevo, 17-31 luglio 2001) e ha partecipato alla mostra Caos e Comunicazione a Milano (Palazzo dell'Arengario).
MODELLO. La luce è la sostanza con cui si costruisce lo spazio concreto, vivificando la materia, ma grazie alle potenzialità della fibra ottica diventa anche veicolo di trasferimento di una informazione definitivamente sublimata, simbolo di una territorialità nomade, sradicata, che si condensa solo istantaneamente in luoghi costruiti, nei bagliori di una proiezione. Uno spazio virtuale può corrispondere indifferentemente ad un simulacro digitale ma anche all'accumulazione fisica o alla giustapposizione di frammenti di realtà fisica: il concetto di virtualità risiede in questo caso nel plusvalore concettuale di cui si carica l'oggetto architettonico.

MEDIAPACK è un trasmettitore di informazioni modulate in segnali luminosi, uno strumento per comunicare attraverso immagini che diventano impalpabile contenitore di uno spazio da consumare. È un involucro avvolgente che riceve e trasmette la luce, e con essa produce virtualmente spazi sempre nuovi, ricevendo informazioni elettroniche che trasforma in esperienze visive. È un oggetto in grado di interagire con l'ambiente che lo accoglie, di modificare il contesto in cui si colloca con la proiezione di immagini che, attraversando la sua superficie, vanno a posarsi irregolarmente su tutto ciò che lo circonda. Per questo, più della complessità o dell'articolazione della struttura, il nodo concettuale del progetto è lo sviluppo di un modello digitale del comportamento luminoso. L'analisi luminosa e il calcolo della radiosity sono il vero argomento di indagine: la simulazione delle condizioni di illuminazione restituisce la vera essenza del progetto, e ne costituisce l'inedita forma di rappresentazione.












PROGETTO. Il padiglione è costituito da pochi semplici elementi che si montano a secco, rendendolo facilmente trasportabile: un basamento realizzato con putrelle su cui vengono imbullonate due lamiere grecate incrociate (che sorreggono il pavimento e irrigidiscono la struttura) e un profilo di acciaio a spirale, che tende un involucro di teflon permeabile alla luce, in grado di consentire l'illuminazione interna da parte della luce solare o la proiezione dall'interno, visibile da fuori, sulla superficie stessa del rivestimento. Al centro del padiglione un muro modulare attrezzabile può servire da supporto a materiali cartacei o pannelli, oppure essere rivestito da una membrana gonfiabile sulla quale proiettare dall'interno. La struttura del muro prevede infatti che i pannelli di rivestimento possano essere collocati in posizione orizzontale per sorreggere strumenti che, collegati attraverso la cavità della parete e del pavimento alla rete elettrica e a dispositivi di controllo remoti, proiettino immagini sulla membrana o sull'involucro esterno. Il padiglione assume così configurazioni di luce diverse a seconda che l'evento preveda una proiezione o una mostra all'interno piuttosto che una proiezione fruibile dall'esterno, a seconda che sia la luce solare ad illuminare l'interno o i proiettori ad animare il padiglione con luci e colori in orari notturni.







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