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AVATAR
ARCHITETTURA. Guest structures Loggia dei Lanzi
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Un paese (a)normale In un paese architettonicamente "normale" l'intervento di recinzione e protezione della statuaria della Loggia dei Lanzi realizzato dal gruppo di Nicola Santini in stretta collaborazione con Antonio Godoli (architetto alla Galleria degli Uffizi) rappresenterebbe una peculiare eccezione (o almeno l'atto iniziale) in un curriculum normalmente fatto di edifici nuovi, restauri, allestimenti. Gli architetti verrebbero immediatamente notati per la loro concretezza e originalità e la città non vedrebbe l'ora di dotarsi di un loro edificio permanente, o almeno di invitarli a importanti concorsi. In Italia, ovviamente, tutto questo non succede. La recinzione di piazza della Signoria rappresenta un'eccezione non perché effimera ma proprio perché realizzata (e realizzata bene), mentre il carattere temporaneo sembra essere diventata una specie condizione necessaria perché le istituzioni (soprintendenze, comuni eccetera) siano disposte ad accettare la presenza di un progetto di architettura contemporanea in un contesto centrale (e non solo). Detto questo, e spiegato quindi l'apprezzamento un po' "amaro", bisogna però riconoscere che il progetto e la realizzazione delle opere di "recinzione del cantiere di restauro delle statue della Loggia dei Lanzi" inducono anche a una serie di considerazioni specifiche, che hanno a che fare sia con la strategia dell'intervento sia con la sua "costruzione" e che ci permettono un po' più di ottimismo. La prima considerazione ha evidentemente a che fare con la qualità del committente, cioè con la disponibilità della Soprintendenza fiorentina a un'operazione che mettesse insieme alla rispondenza ai criteri di funzionalità e rispetto per l'opera da restaurare una qualche "forma" e una ricerca di qualità espressiva indipendente dalle esigenze dell'intervento sulle statue. È ovviamente una condizione di partenza per arrivare a un buon progetto, ma è allo stesso tempo una condizione che sulle "piazze" italiane non si verifica spesso. Nell'atteggiamento del committente c'è una evidente apertura alla qualità architettonica. Ma prima ancora c'è la capacità di capire che quella del restauro della Loggia dei Lanzi è l'occasione per un atto che non si esaurisce nella dolorosa sottrazione provvisoria di un "bene culturale" ma che riesce a compensarla con un nuovo frammento di qualità, un'aggiunta temporanea e preziosa al paesaggio urbano storico. La seconda considerazione è direttamente riferita alla qualità dell'intervento proposto. Vale a dire alla capacità di esprimersi bene con forme duttili e frammentate, come quelle imposte dalla disposizione delle statue, all'attitudine a piegare la scelta utilitaristica imposta dai committenti –i pannelli riutilizzabili– a un'invenzione architettonica tutt'altro che banale, all'invenzione semplice e risolutiva del sistema di alette a inclinazione variabile, che rende l'involucro sempre più trasparente mano a mano che lo sguardo sale verso la sommità dei gruppi statuari. Il progetto non è ovviamente estraneo alle tendenze architettoniche che vanno oggi per la maggiore, che insistono molto sull'uso di materiali leggeri e flessibili come il legno, che fanno della trasparenza un tema cruciale e distintivo, che riconoscono alle vibrazioni di luce la natura di un materiale primario del progetto. Ma la buona notizia non è naturalmente nel fatto che i progettisti sono "aggiornati" –cosa che diamo per scontata– ma nel loro sapersi appropriare in maniera originale ed efficiente di questi temi trasformandoli in una buona soluzione per piazza della Signoria. Le ultime considerazioni hanno forse un carattere più generale e si riferiscono al ruolo che l'architettura contemporanea può svolgere nel paesaggio delle nostre città – storiche o contemporanee che siano. Scontata infatti la sensazione di "amarezza" di cui si parlava all'inizio, bisogna però elaborarla e tramutarla in ragionamenti complessi. Ragionamenti che ci obbligano oggi a cercare l'architettura non più solo nei seri e solidi edifici di cui si costruisce un paesaggio urbano. Nella maggior parte dei casi il nostro landscape of urbanization è in realtà già compiuto o tuttalpiù cresce con la massima indifferenza all'apporto degli architetti. L'architettura accetta allora tatticamente la sua "morte" provvisoria e rinasce nelle installazioni temporanee, nella progettazione delle superfici, nell'insistenza sul valore degli spazi pubblici. Ciò muta ovviamente il suo valore sociale rendendola da un lato un soggetto più debole e disarmato nella contrattazione con gli altri attori della costruzione della città, ma dall'altro ne esalta alcuni caratteri di libera ricerca, ne favorisce il dialogo con l'arte, la indirizza verso l'uso di materiali e forme che finora sembravano poco adatti a una corretta impostazione tettonica. Ovviamente tutto ciò non si realizza in un processo lineare e scontato in cui gli architetti debbano puramente ricamare arabeschi creativi intorno alla propria sconfitta. Avvezzi anch'essi alla "mossa del cavallo", devono battersi contro l'individualismo assoluto e il conservatorismo e rinnovare il loro strumentario disciplinare per riconquistare un ruolo nella costruzione dello spazio abitato e allo stesso tempo accettare i nuovi confini della natura architettonica, ibridarla consapevolmente con l'arte, col paesaggio, con i mezzi di comunicazione, con l'idea di presenza temporanea. Gioire quindi per la bella prova progettuale alla Loggia dei Lanzi e battersi allo stesso tempo perché venga portato a compimento il programma di nuovo ingresso di cui si sono dotati gli Uffizi attraverso la più limpida delle procedure, un concorso internazionale. Pippo Ciorra |
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Trasformazione costante
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NOTE : (1) Fachadas ambulantes, in "Quaderns" 224, Barcellona, 1999. Questo numero della rivista di architettura dell'ordine degli architetti di Barcellona, diretta da Manuel Gausa, è dedicato all'architettura effimera e temporanea. (2) Andamiajes, impermanencias latentes, in "Quaderns" 224, Barcellona, 1999. Una sezione intera della rivista analizza criticamente la problematica della presenza continua delle impalcature nella città contemporanea. La tesi degli autori è che il ponteggio e la superficie che ne deriva è un grande potenziale espressivo per sperimentazioni architettonico-visive di artisti, grafici, architetti. Queste grandi superfici, affermano gli autori, oltre che necessarie per il restauro e la manutenzione, anche felicemente "in sintonia con i tempi attuali per la loro flessibilità, trasformazione e smaterializzazione dell'architettura e, forse, per il loro desiderio di dislocazione in altre aree e ambiti di utilizzo." |
La città è sottoposta a trasformazioni continue. Gli edifici, le fontane, le sculture, come se fossero corpi viventi, vengono curati e le facciate subiscono azioni di restauro, maquillage o lifting, come volti umani, nel tentativo continuo di bloccare l'azione del tempo. La cura richiede attenzioni continue, così i cantieri sono elemento abituale dello spazio urbano. Grandi superfici verticali si trasformano temporaneamente in cartelloni pubblicitari e, come facciate ambulanti (1), si muovono da una parte a l'altra dell'edificio o della città. |
[10jul2002] | ||
Quando non è previsto l'utilizzo pubblicitario il risultato è la ripetizione dell'immagine stereotipata dell'impalcatura di tela verde o bianca. Si vedono apparire così, all'improvviso, contenitori semitrasparenti che lasciano intravedere il corpo dell'architettura rendendolo astratto e immateriale. Nei casi peggiori, cattive o pedanti riproduzioni dell'architettura in restauro o in costruzione campeggiano per anni in attesa della fine dei lavori. Perché non trasformare lo stereotipato in sperimentale? (2) Il carattere effimero, temporaneo e flessibile costituisce il terreno d'azione per installazioni precarie, in movimento, in continua mutazione. Perché non trasformare il semplice ponteggio e la banale tela verde in installazioni, ipersuperfici artistiche, architetture immateriali, decorazioni astratte, spazi temporanei, performance luminose? Invece di mortificare la città, perché non proporre inaspettate apparizioni, che sovrappongano alle strategie pubblicitarie programmi culturali sperimentali. |
(3) Ibidem. Il master post laurea "Architettura, arte e spazio effimero" all'Università Politecnica di Catalogna, a Barcellona, ha proposto il ponteggio di cantiere e la facciata cieca di risulta come luoghi di sperimentazione. |
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I nuovi involucri ambulanti si trasformano continuamente, costruendosi e smontandosi con rapidità per occupare, in configurazioni sempre variate e secondo un criterio di dislocazione continua, gli spazi della città in trasformazione. Una sovrapposizione di layers programmatici sarebbe auspicabile. "Concetti come la flessibilità, la simultaneità di usi e di programmi, il riciclaggio di spazi e strutture esistenti o la giustapposizione di un programma culturale ad un altro tipo di programma già esistente (imprenditoriale, commerciale, amministrativo, ecc.) potrebbero aiutare a determinare questi nuovi luoghi in modo molto più interdisciplinare".
(3) Nicola Santini mail@avatar-architettura.it |
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Il progetto del cantiere Nell'occasione di un così importante evento come quello del restauro della statuaria della Loggia, importante non solo per il contesto e per il valore dei marmi ma anche per il fatto che l'operazione si è svolta unitariamente sulle statue in un tempo non di molto superiore a un anno, non poteva restare senza speciale controllo l'assetto e la forma del cantiere. |
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L'Ufficio di tutela ha avvertito la doverosa esigenza di porre ogni possibile attenzione a tutte quelle infrastrutture di servizio necessarie per allestire i vari singoli cantieri sotto la loggia, individuando un medesimo linguaggio formale che esprimesse proprio la concezione unitaria dell'intervento. La consulenza dello studio Avatar di Nicola Santini e Pier Paolo Taddei, già impegnato fra l'altro in ricerche di landscape urbano, oltre che in progettazioni museali, ha portato alla realizzazione di originali involucri semitrasparenti dove le superfici di recinzione appaiono appunto vibratili a causa delle lamelle a persiane che le compongono. Il sistema di alettature deriva dalla ragione funzionale di disporre, all'interno del vano chiuso, della luce naturale diffusa da tutte le direzioni e in particolare in corrispondenza delle sculture. Per questo motivo l'inclinazione delle persiane non è costante ma varia dal basso verso l'alto, partendo quasi verticali alla base per arrivare alla sommità in posizione orizzontale. La scatola lignea – in larice naturale che ha preso tonalità differenti col passare del tempo – più compatta alla base si stempera nella sua consistenza, assumendo un aspetto quasi trasparente nella parte alta. Le costruzioni di legno per molti mesi hanno fatto parte del paesaggio urbano, come scatole magiche all'interno delle quali entrava di giorno la luce naturale necessaria ai restauratori e che si accendevano e brillavano di luce propria la notte, a significare tutta la preziosità del loro contenuto. Antonio Godoli (Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino) |
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AVATAR ARCHITETTURA. Guest structures
Loggia dei Lanzi |
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Progetto: Nicola Santini (Avatar Architettura, Santini Taddei) Antonio Godoli (Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino) Collaboratori: Anna Musiari Andrea Vannini Committente: Soprintendenza Beni Artistici e Storici di Firenze Friends of Florence Ubicazione: Firenze, piazza della Signoria, Loggia dei Lanzi Costo dell'opera: lire 250.000.000 Cronologia: progetto: 2000 realizzazione: 2001 smontaggio: 2002 |
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