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Architetture

GRUPPO GHIGOS. Loco-Emotiva



Prima di tutto vogliamo spendere qualche parola circa il motto scelto: emblematico e non casuale l'accostamento di questi due termini, LOCO-EMOTIVA, che richiamano la tematica di fondo di tutto il progetto, (uno spazio per la stazione, uno spazio che però non solo si snoda e si configura attorno alla ferrovia, ma che proprio a partire da essa ricava senso e significato) e contemporaneamente alludono, attraverso una citazione imprecisa e comunque efficace al latino, ad uno stato d'animo, alla percezione di un "luogo emotivo" – carattere che vuole contraddistinguere tutti gli spazi ipotizzati.

[16aug2002]


Il fulcro di questo progetto sta nel rapporto tra passato, presente e futuro. Abbiategrasso presenta infatti, specie nell'area considerata, una serie di STRATIFICAZIONI STORICHE di grande rilevanza: non solo il Castello, ma anche le antiche mura, probabilmente in parte esistenti seppur interrate, il ponte già in fase di recupero ed il fossato che circonda il borgo primitivo; andare ad agire su questo territorio non poteva dire che doversi confrontare con tali preesistenze, in nessun modo ignorabili. A fronte dei numerosi atteggiamenti che si sarebbero potuti tenere nei loro confronti, di cui il più semplice sarebbe stato quello di agire conservandole ed esaltandole, indirizzando i propri sforzi esclusivamente in questa direzione, noi abbiamo scelto una strada un po' diversa, tendente cioè a rivalutare non solo il PASSATO, bensì anche PRESENTE e FUTURO. Al rispetto per la STORIA e per le sue testimonianze associamo, infatti, anche un forte riguardo verso le dinamiche socio-spaziali della CONTEMPORANEITA'; così all'atteggiamento estremamente conservativo tenuto nei confronti di ogni preesistenza corrisponde

Sogno l'interno e l'esterno, il sopra e il sotto, il qui e là, oggi e domani. E interno, esterno, sopra e sotto, qui là, domani si mescolano, si intrecciano, si dissolvono. Questo sollevarsi dei confini è la via che conduce all'essenziale.
Jean Arp

un progetto ipogeo, quindi mimetico, particolarmente complesso, mutevole e dinamico. L'obiettivo è quello di rispettare l'intorno senza per questo dover rinunciare ad esprimersi come uomini ed architetti della contemporaneità; ed in tal senso affermiamo di non aver voluto rendere la città "un museo di se stesso", ma un ORGANISMO VIVO e VIVIBILE.

Il gruppo Ghigos nasce nel ottobre del 1998 per iniziativa di Davide Crippa, Pierluigi Gelosa e Evaristo Iori dall'esigenza di un luogo di confronto, è dalla necessità di crescere provando a fare. Proprio dalla necessità di un confronto forte e continuo nasce l'idea di un gruppo che è -e vuole restare- aperto, perché già deriva da culture e idee differenti; per questo ci poniamo con la massima apertura verso partecipazioni e collaborazioni. Una cosa sola è richiesta a coloro che vogliono partecipare alla nostra avventura: la volontà e la forza di essere pronti a mettersi in discussione, di accettare la possibilità di essere "spiazzati" proprio nelle convinzioni più radicate. Troppo facile adagiarsi precocemente in uno stile, troppo semplice parlare solamente con persone che in fondo la pensano come te, troppo inutile evitare le occasioni di autocritica. Siamo convinti che senza confronto non ci sia crescita, e solo chi è già morto ha smesso di crescere.





Assumendo come nostra la tesi di P. Virilio

La materia ha tre dimensioni: non soltanto quelle della geometria, ben note a tutti, ma altre tre dimensioni che potremmo definire come massa, energia ed informazione.
P. Virilio

riteniamo che sia un dovere per il progettista moderno scegliere di rapportarsi contemporaneamente con tutte queste dimensioni – senza privilegiarne una a scapito delle altre, pur nella peculiarità delle risposte fornibili ai singoli problemi che ogni sito presenta. In particolare riteniamo che non ci si possa esimere dal confronto con una società che è sempre più digitale; un tale confronto non deve però ritenersi vincolante né limitativo, perché vogliamo considerare la suddetta RIVOLUZIONE DIGITALE per quelle che sono le sue (molte) potenzialità ed esclusivamente per i vantaggi che essa può offrire. In tale ottica per noi l'immagine –icona della modernità– cambia ruolo

L'immagine non è più semplicemente un materiale concettuale, ma diventa anche un materiale costruttivo.
P. Virilio

e sempre più facilmente possiamo credere e sperare

Video non significa io vedo, ma io volo.
N. J. Paik

Confidiamo dunque nelle conquiste del presente e nelle prospettive che sembra aprire il domani per "volare" anche noi, attraverso progetti in grado di migliorare concretamente, a partire però dall'oggi, il nostro paesaggio urbano.





Lo scopo è sempre e solo quello di regalare nuovi e piacevoli spazi alla città, nuove emozioni e nuove libertà ai suoi abitanti, senza rinnegare le tracce di un passato senza dubbio importante, ma nemmeno perdendosi in aridi quanto astratti esercizi formali; questi ultimi sono infatti troppo spesso volti a giustificare scelte che in realtà non aiutano a migliorare il volto urbano – e questo crediamo essere il compito precipuo di un architetto: PENSARE ED AGIRE PER LA GENTE. L'ancorarsi profondamente all'oggi significa dunque per noi esaltare le prerogative di quelle tecnologie più d'avanguardia, nel massimo rispetto di un passato da conservare, da valorizzare e da cui trarre insegnamenti – ma non su cui adagiarsi. La stessa FERROVIA, alla luce di queste considerazioni, si pone come un forte segno (anch'esso storico se rapportato ad un società che non è più quella industriale, ma già quella informatico-digitale) con cui relazionarsi, retaggio di un passato che, sebbene più vicino, non si deve per questo considerare meno degno di essere tutelato e valorizzato. Anzi, se pensiamo a quanto la ferrovia ha rappresentato in questi ultimi due secoli

Con la costruzione della ferrovia anche il tempo subisce un'improvvisa accelerazione; le distanze si accorciano e la vita e i costumi della gente cambiano repentinamente.
P. Zanini

si comprende l'importanza che tale elemento ha assunto in passato e tuttora riveste nelle nostre città: per Abbiategrasso le mura, il castello, il fossato, ma appunto anche la ferrovia, si pongono come enormi RISORSE, evidenti beni da valorizzare. Nell'area analizzata sembra, dunque, effettivamente materializzarsi la previsione di M. Foucault

Viviamo nell'era del simultaneo, della giustapposizione, del vicino e del lontano, del fianco a fianco e del disperso.
M. Foucault

Questa frase ci pare più che mai adeguata, perché riesce ad interpretare al meglio la COMPLESSITÀ dalla città contemporanea ed oltretutto perché il limite ed il confine –come storicamente l'area di progetto si è configurata ed è sempre stata interpretata– sono proprio i luoghi dove queste "giustapposizioni", queste antinomie, si manifestano concretamente e si rivelano più compiutamente.

L'atteggiamento che abbiamo assunto è stato dunque quello di usare un linguaggio moderno per confrontarci con tutti quegli elementi storici –di una storia vicina o lontana– degni di rilevanza, trasformandoli DA VINCOLI AD OCCASIONI per progettare uno spazio piacevole e, perché no, anche divertente.









La "MODERNITÀ" si esprime nella proposta attraverso vari elementi puntuali: pensiamo ai CRISTALLI DI VETRO polifunzionali ed "intelligenti", allo SCHERMO DIGITALE, che configura una sorta di "muro futuribile", posto non in contrapposizione ma in un'ostentata relazione con le mura storiche – in modo che queste stesse risultino enfatizzate nel loro ruolo di preesistenza. Pensiamo poi ai vari giochi luminosi che vanno a definire sempre nuovi ed inaspettati spazi, configurando a volte delle vere e proprie "ARCHITETTURE DI LUCE"; pensiamo infine all'uso di un simbolo della modernità –rivisto e corretto, cioè reinterpretato in chiave giocosa, ma che comunque rimane emblema del nostro tempo– quale è lo PNEUMATICO dell'automobile.

Da questo continuo incrociarsi di passato, presente e futuro scaturisce un concetto-chiave che ritorna in tutto il progetto: l'INTERFACCIA. Il tentativo è stato quello di osservare e progettare uno spazio di confine...

Quello strano spazio che si trova "tra" le cose, quello che mettendo in contatto separa o, forse, separando mette in contatto persone, culture, identità e spazi tra loro differenti.
P. Zanini

Ogni progetto di interfaccia che abbiamo ipotizzato vuole dunque cercare di "connettere", pur non collegando, due o più elementi differenti: vuole creare una comunicazione tra quello che succede sopra e sotto, prima e dopo.

Concretamente si pongono come interfacce i già citati cristalli di vetro, che organizzano lo spazio sotterraneo della stazione ma emergono anche in superficie, che si materializzano attraverso lastre trasparenti, ma sono anche in grado, all'evenienza, di tradursi in segnalazioni luminose per gli utenti della stazione. Cristalli che diventano supporti espositivi, (nella zona appositamente riservata all'arte ad un estremo dell'edificio ipogeo); altri che accolgono alberi (che svettano da una quota inferiore a quella del parco, ma poi possono rimanere con tutte le fronde nello spazio interrato come anche possono emergere nel verde soprastante, andando ad arricchire il profilo del landscape); cristalli che infine fungono da collegamento, vera e propria via di comunicazione tra livelli differenti, andando a contenere spesso quegli elementi di risalita che connettono la banchina della stazione con il soprastante parco.







Una seconda interfaccia è costituita da quel segno luminoso che spicca marcando un percorso nel verde, segno che non a caso è costituito da lame di luce "tratteggiate", visto che vuole porsi come "TRACCIA" delle sottostanti mura.





Una terza interfaccia si riscontra nel PERCORSO VIABILISTICO, che si snoda tanto nel soprasuolo quanto nel sottosuolo, per comparire a volte inaspettatamente e per brevi tratti nel parco, testimonianza di una presenza forte eppure celata sotto la superficie verde. Infine, anche la scelta di porre una SEQUENZA DI CANNOCCHIALI a disposizione del pubblico sull'edificio (conservato) dell'attuale stazione, può ritenersi un'interfaccia: essi relazionano un prima (i reperti s
torici che inquadrano) ed un dopo (il presente che vive l'osservatore), un dentro (rispetto alla cerchia delle antiche mura, al cui interno ancora sono contenute le più interessanti "fughe visive") ed un fuori (lo spazio dell'utente, del turista, di chi, provenendo dall'esterno,giunge a questa soglia da cui può godere della vista dell'antico borgo).

La descrizione e lo sviluppo del progetto tramite interfacce deriva anche da un discorso storico

Dalla palizzata allo schermo televisivo, passando attraverso le recinzioni di pietra del bastione, la superficie – limite non ha smesso di registrare trasformazioni, percettibili o impercettibili, l'ultima delle quali è costituita probabilmente dall'interfaccia
P. Virilio



Chi voleva affermare la propria contemporaneità di progettista non poteva che interagire con tale elemento, dunque. Oltretutto nel caso dell'area di progetto il tema del RECINTO, divenuto poi CONFINE, era facilmente applicabile al segno individuato dalle mura ed al solco definito dal fossato, ed ancora il percorso dei binari viene da molti interpretato come una moderna SOGLIA: il substrato era dunque ricco per progettare un'INTERFACCIA che fosse consona al contesto.

In linea con tutto questo discorso il progetto potrebbe essere descritto mediante termini quali confronto, interazione, stratificazione: la forma urbana, quindi, non è più resa manifesta da una qualsiasi linea di demarcazione, "da una divisione tra il qui e l'altrove", ma in primo luogo diventa "programmazione dell'uso del tempo" – e proprio nello studio della TEMPORALITA' URBANA si sono sviluppati gran parte dei nostri ragionamenti.

Un altro macrotema di riferimento riguarda quell'attenzione particolare che abbiamo rivolto verso una categoria di utenti di solito trascurata nei progetti per le stazioni: i bambini; abbiamo considerato le loro esigenze ed i loro sogni, ed attraverso loro abbiamo introdotto il tema del GIOCO, della FANTASIA che permette di reinterpretare funzionalmente gli oggetti anche più diversi –dalle comuni gomme fino a dei vecchi binari– facendone scoprire nuove ed inaspettate valenze.

La fantasia è legata alla capacità continua di modificare quegli elementi che appaiono, viceversa, immutabili
P. Zanini





Questo volgersi verso il mondo dell'infanzia è diventato in realtà, per noi, l'occasione per affrontare problematiche più vaste: il pretesto per considerare e rispondere alle esigenze più profonde anche degli adulti, nella convinzione che dare spazio alle necessità dei più piccoli possa influire utilmente sullo spazio dell'intera città.

Progettare un parco ha significato quindi regalare uno spazio aperto, libero e creativo, alla popolazione; considerando anche la carenza sistematica di aree verdi nelle città contemporanee questa ci è sembrata un priorità: proponiamo una "RIVINCITA VERDE", al cui interno in realtà si privilegiano lo spazio della pausa, del divertimento, della libertà. Non a caso abbiamo definito il progetto per il parcheggio interrato col termine più corretto di "PARK-EGGIO"!

La questione dello spazio aperto è una questione di confini. Il tempo comincia a dare una determinata personalità ai luoghi quando questi non sono usati nel modo per cui erano stati concepiti. Per esempio quando i bambini cominciano a servirsi delle banchine di carico e scarico come di campi di gioco, o gli adulti ad appropriarsi dei parcheggi sulla 14ma Avenue per farne dei luoghi di incontro.
R. Sennett

Per quest'area verde non abbiamo dunque voluto proporre funzioni predefinite o percorsi rigidi, questo per consentire la massima autonomia e stimolare la più accentuata LIBERTÀ nell'uso e nell'appropriazione dello spazio.

Non dare idee già fatte ma dare un metodo perché ognuno si costruisca da sé il proprio modo di fare, di produrre spazio, di costruire oggetti, di osservare il mondo e capirlo
B. Munari

Per concludere, lo spazio vero e proprio della stazione, costituito dalle banchine e dagli spazi polifunzionali ad esse adiacenti, (uffici, biglietteria, deposito, sala d'attesa, aree commerciali e di ristoro, spazio espositivo…) si configura attraverso vari percorsi dedicati che si snodano a quote sempre diverse, fino a –10 m. L'idea di fondo è semplice, ma in questo suo svilupparsi in modo sempre così diverso ed imprevedibile raggiunge un'elevata COMPLESSITÀ, che soprattutto nelle piante rende il progetto faticosamente leggibile. In realtà i singoli edifici hanno dimensioni contenute né particolarmente intricate, e tutto si delinea semplicemente a partire da questi percorsi, incrociando di tanto in tanto dei cristalli polivalenti, in un continuo procedere tra aree diverse, prospettive inaspettate, scorci fugaci o inattese dilatazione della banchina, a quote continuamente variabili. Per questo parliamo di "UN'ARCHITETTURA DEI PERCORSI", mutevole ed instabile; luogo di transito per eccellenza, in cui i diversi utenti si incrociano definendo una sorta di "labirinto sociale", che diventa anche LUOGO DI CONDIVISIONE, spazio di aggregazione, area del passaggio ma anche della sosta. Così, ad esempio, nello spazio espositivo permanente l'arte diventa pretesto ed occasione per favorire il rilassamento, gli incontri, la socialità o la riflessione, comunque sempre nell'ottica di sfruttare i tempi d'attesa e coinvolgere nelle esposizioni proposte sia il pendolare indaffarato che il passante distratto – che forse non troverebbero altra occasione per godere di queste mostre se non così, avendole "a portata di mano" quotidianamente.

Vai alla deriva. Permettiti di vagare senza meta. Esplora i dintorni. Comincia da un punto qualunque.
B. Mau

Barbara Di Prete (Gruppo Ghigos)
info@ghigos.com


GRUPPO GHIGOS. Loco-Emotiva

Il progetto ha partecipato al concorso Mobilità, turismo, cultura: tre luoghi per Abbiategrasso indetto dall'associazione Ascom, ottenendo una menzione.
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