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Architetture

LOMBARDI, GENGHINI, SOLOMITA. Macchina Urbana. Nuovo polo di interscambio a Rimini



Per un nuovo "pittoresco" urbano

La tesi di laurea di Matteo Genghini, Andrea Lombardi e Pasquale Solomita non si limita a proporre una soluzione architettonicamente convincente per la nuova stazione ferroviaria di Rimini: come appare chiaramente già nel titolo della tesi –"Macchina urbana. Nuovo polo di interscambio a Rimini"– ciò che interessa i progettisti non è l'oggetto architettonico in sé bensì la possibilità di affrontare ad una scala risolutamente territoriale problemi finora irrisolti di relazione tra parti di città separate dalla ferrovia. Uno dei maggiori meriti dei progettisti è quello di aver associato la progettazione del manufatto ferroviario con una rigorosa analisi della condizione urbana, riuscendo in questo modo a riqualificare un'area che va ben oltre i confini della stazione ferroviaria.




Il progetto propone, infatti, di trasformare radicalmente l'identità dell'area ferroviaria, che da luogo di limite e cesura diventa spazio di relazione tra il centro storico e la "città di mare" di Rimini. Questa relazione tra le due parti di città viene costruita fisicamente da un grande parco che copre un lungo tratto della ferrovia formando una specie di "collina artificiale" nel cuore della quale sono ospitate alcune funzioni di servizio (parcheggi e centro sportivo). Questo parco, oltre a cancellare la barriera fisica della ferrovia, si collega in modo preciso con il sistema delle mura che prolunga intelligentemente per realizzare una passeggiata urbana fino al fronte marittimo. Con analoga precisione viene configurata la nuova Piazza della Stazione nel punto esatto dove la maglia degli isolati ottocenteschi segna un cambio di orientamento rispetto all'asse storico del decumano romano.

Il carattere esemplare di questo lavoro di tesi non si evidenzia solo nella qualità dei risultati progettuali raggiunti: esemplare è anche lo spirito di apertura culturale con il quale gli autori hanno affrontato il loro compito, cercando di sperimentare linguaggi architettonici per loro inusuali ma nello stesso tempo mantenendo un rigore costante nello studio approfondito dei contenuti funzionali. Come ogni buona tesi di laurea –e questo non solo in Italia– questo lavoro ha necessitato un lungo tempo di gestazione, e gli studenti hanno saputo inoltre sfruttare al meglio le occasioni positive offerte dalla Facoltà di architettura dell'Università di Ferrara di lavorare con docenti provenienti da diversi paesi europei: prima con me nel Laboratorio di sintesi dell'anno accademico 1998-99, successivamente con Ignacio Rubiño in un workshop a Brescia nella primavera del 1999. Dopo aver scelto di sviluppare il lavoro di tesi con relatori "esterni", insegnanti a Graz e Siviglia, gli studenti hanno chiesto ad Alessandro Bucci di agire nella veste di "correlatore" in modo da completare il lavoro di revisione presso la Facoltà di Ferrara. Questo modo di affidare la guida didattica del lavoro di tesi a più relatori ha portato ad un certo eclettismo delle scelte linguistiche, ma questo eclettismo non mi turba affatto. Penso al contrario che il lavoro progettuale sia rimasto eccessivamente prudente nell'esplorare contemporaneamente diversi linguaggi architettonici: trattandosi di tre diversi architetti e di diversi programmi associati con ben precisi tipi architettonici (la torre di uffici e residenze, il corpo in linea della Stazione, la "piastra" dei servizi), potrei infatti accettare volontieri una ben maggiore differenziazione nel carattere e nell'identità formale dei diversi edifici. Questa possibilità di sviluppo ulteriore del lavoro di tesi –immaginando per esempio una successiva fase di progettazione architettonica maggiormente approfondita e dettagliata– senza che venga diminuita la qualità del disegno urbano complessivo dimostra di nuovo la qualità del lavoro progettuale: è a tutti gli effetti un progetto "aperto", concepito come regola precisa di un "gioco" al quale potrebbero essere invitati a partecipare altri architetti, altri "autori" pronti ad usare altri linguaggi per dare concretezza e senso ad idee architettoniche in parte solo abbozzate.

Parlare di "eclettismo" non è quindi né riduttivo, né peggiorativo, in quanto corrisponde alla condizione culturale nella quale vengono oggi elaborate proposte di progettazione a scala urbana. Anche se appare oggi del tutto persa l'illusione di controllare con un linguaggio architettonico unitario il progetto a scala urbana, non è invece del tutto scomparso il tentativo generoso di elaborare una specie di "linguaggio comune" per porre in relazione i diversi frammenti urbani. Emerge da alcuni anni la tendenza –evidente anche in questo progetto per Rimini– a spostare l'attenzione per la dimensione "urbana" dell'architettura dal singolo oggetto architettonico al sistema degli spazi aperti e al disegno del paesaggio: questo spostamento dall'oggetto singolo allo spazio di relazione tra oggetti è il risultato di un processo complesso di evoluzione che ha trovato in Italia un terreno estremamente fertile di sperimentazione, a proposito del quale andrebbero ricordati almeno gli "studi urbani" della Scuola veneziana di Aldo Rossi e Carlo Aymonino, ma anche i pionieristici progetti di Vittorio Gregotti di "architettura delle infrastrutture" tra i quali per esempio i progetti per l'area di Porta Garibaldi a Milano (1979) e per l'area dell'Esposizione Universale di Parigi (1983). In questa positiva tradizione italiana dell'"architettura a grande scala" si è costantemente cercato di superare l'abituale dicotomia tra le scienze del "regional and urban planing" e la progettazione architettonica del singolo oggetto: mentre nei progetti della Scuola rossiana era l'unitarietà del linguaggio architettonico che doveva garantire la relazione formale tra le diversi parti di città, nella cultura e sensibilità progettuale più recente è lo spazio aperto, e in senso ancora più generico il paesaggio urbano che diventa l'elemento da pensare prioritariamente come strumento di relazione tra le varie parti.

Il progetto di Rimini conferma quindi una tendenza culturale già in atto, che propone di affrontare temi di disegno urbano complessivo privilegiando le tecniche della progettazione degli spazi aperti. Esiste una profonda analogia concettuale tra quanto viene proposto per Rimini e quanto avveniva nella creazione di un parco inglese nel primo Settecento. Nel "parco all'inglese" lo spazio aperto veniva configurato per creare scene visive in continuo mutamento (principio della composizione "pittoresca"), arricchite dalla presenza degli oggetti architettonici (le fabriques) caratterizzati ognuno da un proprio linguaggio formale. Analogamente, nel progetto per Rimini viene proposta una composizione "pittoresca" (il grande Parco sopra la ferrovia) nella quale i singoli eventi architettonici possono costituire elementi qualificanti indipendentemente dal linguaggio architettonico utilizzato.

Come spesso accade quando le tesi di laurea sono concepite come autentico lavoro di ricerca, esiste una certa dimensione "utopica" in questo lavoro progettuale, in quanto non esistono tuttora gli strumenti politici e pianificatori per avviare una progettazione architettonica ed urbana ad una simile grande scala che privilegi anzitutto la dimensione architettonica dell'intervento. Anche se la tesi dimostra che esistono buone soluzioni per risolvere concretamente il delicato problema della stazione ferroviaria di Rimini e della relazione tra parti di città oggi del tutto separate, per dare qualità al sistema degli spazi aperti e per sviluppare nuove forme di mescolanza tra funzioni urbane, sappiamo che purtroppo in tutta Europa esistono pochissimi casi –tra cui quello di Euralille coordinato da Rem Koolhaas– dove la pianificazione di un'area ferroviaria è stato affrontata come occasione di progettazione architettonica a grande scala. Concludo quindi con l'augurio che la città di Rimini, la regione Emilia-Romagna e le Ferrovie dello Stato possano riconoscere in questo lavoro di tesi un'autentica occasione di ottenere qualità urbana ed architettonica se si avesse il coraggio di sperimentare nuovi modi e nuovi strumenti per pensare la relazione tra pianificazione territoriale, disegno urbano e progettazione architettonica.

Pierre-Alain Croset (preside della Facoltà di architettura del Politecnico di Graz)







Area di intervento.
INTRODUZIONE. Rimini è costituita da due grandi blocchi edificati che si riempiono e svuotano vicendevolmente al susseguirsi delle stagioni turistiche estive. Due polmoni che funzionano in alternanza per accogliere le attività principali di Rimini. In inverno, concentrata nella Rimini antica del centro storico e verso le colline sovrastanti, quindi dalla stazione-ferrovia verso l'entroterra, in estate addensata nella fascia costiera dove ingente quantità di vacanzieri difficilmente penetra al di là della linea ferroviaria se non per un breve giro nel centro storico.

Oggi, dopo un periodo in cui Rimini č stata impegnata a contenere un momento involutivo, si parla di mantenimento e di provvedimenti atti al riequilibrio territoriale e del tessuto urbano, di salvaguardia e recupero dei valori ambientali. I margini per quest'opera di rielaborazione non sono molto ampi, ma i tempi sono maturi per un'operazione di riequilibrio dei valori delle due cittą, l'una residenziale-invernale, l'altra balneare-estiva, per reimpostare uno scambio di servizi e utilitą proficui ad entrambe le realtą.



[24oct2002]

Planimetria del progetto.


Planimetria, dettaglio.

STATO DI FATTO. L'area è situata esattamente a ridosso delle mura cittadine e verso il mare. L'estensione che oggi compete all'utilizzo riservato delle FFSS è circa come metà del centro storico, stiamo parlando cioè di una superficie enorme, ora destinata alle più svariate e non vincolanti attività. L'intenzione delle Ferrovie dello Stato è quello di mitigare l'importanza della stazione di Rimini, spostando il settore comando in altra sede di maggior entità, si tratta quindi di una vera e propria riconversione dell'area, alla quale l'amministrazione pensa come possibile shopping-mall veloce e limitato.



IL PROGETTO. Il programma prevede la ricucitura o comunque un collegamento di tipo estensivo fra le due città che costituiscono Rimini. L'area della ferrovia funge come separazione netta fra le due, e di contro è l'unica porzione di territorio che può metterle in relazione continua e/o puntuale. L'intenzione è quella di relazionare le due parti attraverso un collegamento misto di tipo estensivo (tramite un tappeto verde che si appoggia su tutta l'area ferroviaria) e puntuale (attraverso l'edificio ponte della stazione). L'impossibilità di unificare due aree talmente diverse, con attività, mobilità, caratteri e relazioni che non possono essere paragonate, lascia spazio ad un'area filtro che funge appunto da collegamento e soprattutto da interscambio fra tutti i flussi di mobilità della città. Diviene, cioè, un enorme polo di passaggio fra le diverse scale di mobilità del turismo e della vita di tutti i giorni. Infatti, il progetto prevede la ricostruzione della stazione FFSS, la creazione di 4500 posti auto per parcheggio temporaneo e per la vendita a terzi, la fermata veloce degli autobus e dei tram urbani ed extraurbani, l'appoggio alla mobilità dei taxi e la concentrazione dei flussi pedonali che dalla città storica portano al litorale e viceversa. La "cattura" di tale mobilità viene accentuata con la creazione del centro commerciale che, prendendo spunto dalle ipotesi dell'Amministrazione, porta a caratterizzare un'area che ha bisogno di trovare un suo spazio nella classificazione funzionale della gente.


Vista della piazza.




Interno della stazione.

Ulteriori residenze sono predisposte e pensate sul lato nord-ovest dell'area, con le funzioni di ricucire e compenetrare due facciate prima tanto diverse e di ospitare tipologie di abitazione nuove, andando a concludere la tradizione dei villini della zona di Marina centro. Il sistema di torri, comprendendo anche il grattacielo esistente, andrà a qualificare, con un carattere maggiormente "europeo", lo skyline della città che si porrà come occasione di percezione degli spazi e delle distanze. Segno forte del luogo che diverrà il nuovo polo di interscambio fra le mobilità, la cultura e la produzione di Rimini, finalmente raccogliendo ed organizzando le grandi potenzialità che la città metteva a disposizione.



PROGRAMMA REALE. L'area di intervento si cura di tre importanti edifici e di uno strato vario e moltiplicato di percorsi di connessione. Due livelli che si intersecano e si sormontano, a loro volta creati da livelli che contengono internamente funzioni diverse a seconda della disposizione altimetrica. Il disegno in planimetria conta dei rapporti che si vengono a creare fra gli spazi aperti, così come fra pareti edificate e piazze, oppure fra piazze rialzate e patii ipogei e fra piazze coperte e pareti verticali. Rapporti che si possono ritrovare lungo tutto il percorso dell'area ferroviaria, dalle residenze ai tre edifici più importanti, fino ad arrivare ai servizi allo stadio ed ai percorsi pedonali immersi nel verde.


Vista notturna della stazione.

Il tappeto verde che farà da collina artificiale alla città non è altro che uno sviluppo di bande che collegano le due parti opposte della ferrovia, richiamando la funzione di comunicazione. Questo tappeto si adagia e nasconde tre piani di parcheggio per automobili, che contano di circa 4500 posti, la maggior parte dei quali sarà destinata all'uso temporaneo, e una parte ceduta in affitto stagionale o pluriennale. I tre ingressi al parcheggio sono posti lungo via Roma che, coi suoi ampi spazi, permette una buona manovrabilità di entrata-uscita. L'interno del parcheggio, che si sviluppa su tre piani di cui uno interrato e uno a livello stradale, permette la circolazione libera su tutta la superficie, scompartita e suddivisa per fasce a seconda dell'utilizzazione prevalente, come può esserlo quella sportiva, quella di scambio gomma-ferro, quella dello svago. Dai tre piani di parcheggio si risale in superficie tramite scale ed ascensori posti alle distanze normative le une dalle altre, esse fungono sia da risalite che da chioschi di servizio al parco. Altri piccoli spazi coperti, presenti sulla superficie verde, fungono da servizio ai flussi pedonali dando caratteri diversi alle bande verdi.


Esploso assonometrico.

Osservando il disegno del progetto si nota come importante sia il rapporto fra le piazze e fra tutti gli spazi aperti, perché il programma è nato e si è sviluppato attraverso la sovrapposizione di aree libere e di spazi di collegamento anch'essi aperti. Gli edifici, nonostante la loro prerogativa di volumi chiusi e funzionali, sono in realtà loro stessi costituiti da piazze coperte o scoperte a seconda del livello in cui ci si trova, e alcune delle loro coperture fungono da piazze sulle quali la torre si espone. Per questo viene a mancare il senso di copertura, sostituito da un valore più interagente di piazza sulla quale appunto le torri hanno un diretto affaccio. L'edificio-stazione si divide in tre livelli funzionali che ne caratterizzano, almeno in parte, i prospetti. Il piano a livello zero, è quello di passaggio dei treni ed è praticamente vuoto se non per la fascia che si affaccia verso il centro storico (quella, cioè, che funzionalmente accoglie il flusso pedonale e viario attorno alla ferrovia). In questa fascia sono presenti piccoli negozi di servizio al passeggio e le uscite di sicurezza per l'intero edificio, oltre all'ingresso autonomo per la torre residenziale. Il piano a livello otto, quello che maggiormente caratterizza l'edificio, dove è situata la stazione e la biglietteria dei treni, con le discese ai binari e tutti i servizi necessari ai turisti di passaggio e a tutti i clienti. Il piano a livello quindici, in cui è concentrato il vero e proprio centro commerciale: area completamente libera alla circolazione attorno ai blocchi negozi e alla corte interna, che si relaziona alla torre residenziale e come area di sosta per lo snack-bar.

La torre residenziale, insieme alla torre per uffici e al grattacielo già presente, forma un sistema di osservatori con la duplice funzione di guardare la città e di essere da essa stessa individuato come punto di riferimento. Riferimento che è valido sia per il traffico veicolare cittadino attorno alle mura, sia al traffico autostradale o comunque nazionale, oltre che a chi proviene dal mare per attraccare alla nuova darsena o lungo il canale. L'edificio per residenze è composto al suo interno da tante scatole funzionali, l'ambiente palestra, gli uffici – servizi ai primi piani, il reparto residenziale e quello ludico della piscina.


Stazione, pianta +0.00.


Stazione, pianta +9.00.


Stazione, pianta +15.00.


Sezione, dettaglio.


Prospetti.

Con l'accesso autonomo, ai piedi della torre, l'edificio acquista una sua propria identità, accentuata dalla forzata posizione all'estremo della scatola stazione. La torre per uffici, invece, assume una logica più convenzionale, con la stratificazione per piani di un quantitativo di metri quadri di uffici. La parte interessante è la base dell'edificio, che si allunga e diventa la vera piazza della torre.


Plastico.

Qui è contenuto il cinema che, già presente nell'area è, in effetti, spostato di poche decine di metri dal sito originale. Per accedere ai vari piani, che hanno caratteri e orari di funzionamento diversi, sono state pensate due vie distinte e opposte d'ingresso. Quella per gli uffici, autonoma e suddivisa in due blocchi, accessibile sia da sotto l'edificio che dal primo piede d'appoggio della torre, e quella per il cinema (doppia per l'entrata e per l'uscita), accolta nei due piedi d'appoggio. L'edificio accoglie i servizi del Dopo Lavoro Ferroviario, la mensa, la banca e la posta presenti oggi nell'area.

Matteo Genghini
ma-ma@katamail.com

Andrea Lombardi
andrea_arch@yahoo.it

Pasquale Solomita
p.solomita@libero.it

La neutralità come paesaggio

Una città alla ricerca di una nuova identità, che non sia solo legata agli stereotipi del turismo di massa che si consuma in una stagione. Un luogo di transito crocevia di storia e profonda spaccatura nel tessuto riminese. Un’area ai margini del centro storico, autentico vuoto urbano in attesa di una nuova ridefinizione. Le ambizioni di una città si scontrano a volte con l’inadeguatezza delle sue strutture e con gli anacronismi avuti in eredità da un passato di grande lustro non ancora sbocciato in un futuro all’altezza delle aspettative. Rimini è in bilico tra un’attrazione del mare che le ha dato la fama di capitale italiana delle vacanze e sviluppo terrestre a favore di un’economia meno soggetta alla stagionalità, fatta di produzione e terziario. Nel mezzo le contraddizioni di una scelta ancora a metà che rifiuta implicitamente la perfetta integrazione tra questi due aspetti. Raggiungere il mare dalla città è difficile, la linea ferroviaria taglia, parallelamente alla costa, il tessuto urbano separando il centro storico dall’espansione costiera. Percorrere il lungomare verso nord significa ritrovarsi ad un punto morto.


Per il turista alla ricerca di una giornata di sole significa spesso rimanere scottato da questo sole all’interno dell’auto alla ricerca di un parcheggio. A volte però le situazioni difficili nascondono grandi potenzialità ed una stazione ferroviaria può divenire il luogo all’interno del quale possono trovare soluzione una serie di problematiche apparentemente slegate tra di loro. Le connessioni col territorio, i collegamenti della città col mare, l’introduzione di servizi strettamente legati alla realtà urbana, tutto questo trova spazio nel progetto proposto. La nuova stazione ferroviaria si sostituisce all’esistente andando ad occupare anche le aree dimesse limitrofe.

L’edificio è un grande parallelepipedo di forma regolare che sfrutta la logica dei differenti livelli per smistare in modo indipendente il traffico ferroviario rispetto alle altre funzioni introdotte. Non si giunge più in stazione solo per transitare ma anche per stare dal momento che rappresentano parte integrante del complesso anche un centro commerciale, uffici e sale conferenze. Il livello stradale attuale viene in gran parte pedonalizzato mentre la funzione connettiva tra città e mare è demandata ad un grande parco che, come una collina artificiale scavalca la linea ferroviaria e insinuandosi nel costruito ricrea continuità urbana. Così come la ferrovia fa parte di una trama di percorsi a scala territoriale, così il parco si lega al sistema di verde preesistente e di progetto all’interno della città di Rimini. Immersi nel verde muovi impianti sportivi e nuove abitazioni sottolineano la riappropriazione del luogo da parte della città.

La nuova stazione diviene inoltre un modo di interscambio tra i flussi veicolari dal momento che il parto sulla collina nasconde al suo interno un grande parcheggio a servizio del lungomare. Tutto questo viene realizzato apparentemente senza architettura o meglio con un’architettura che pur trasformando in maniera così incisiva la realtà non si impone per la sua forma ma per i suoi contenuti. La neutralità diviene metodo di lavoro e gli edifici, anche di grandi dimensioni divengono quinte urbane al pari di muri, filari d’alberi, linee costiere. L’architettura si appropria dei segni del paesaggio per costruire una nuova realtà, un nuovo paesaggio urbano che sia contemporaneamente un ponte steso a collegare mare e città, città e territorio, turisti ed abitanti secondo una logica per niente bucolica ma profondamente moderna. I riferimenti sono quasi tutti mutuati dalle esperienze di architetti urbanisti e paesaggisti olandesi e tedeschi quali MVRDV, West 8, Koolhaas, Feldmeier e Wrede con un occhio di riguardo alle rigorose forme plastiche e all’uso innovativo dei materiali di alcuni architetti svizzeri quali Peter Zumthor ed Herzog & De Meuron.

Alessandro Bucci
LOMBARDI, GENGHINI, SOLOMITA. Macchina Urbana. Nuovo polo di interscambio a Rimini



Tesi di laurea in progettazione architettonica di Andrea Lombardi, Matteo Genghini, Pasquale Solomita, sostenuta presso la facoltà di Architettura di Ferrara nel marzo 2001, relatori Pierre-Alain Croset (preside facoltà di Architettura di Graz), Ignacio Rubino (ETSA, facoltà di architettura Siviglia), Alessandro Bucci (FAF, Facoltà di Architettura di Ferrara).

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