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VALERIO OLGIATI. Das gelbe haus



Una corretta presentazione di questo intervento di risanamento e trasformazione strutturale dell'edificio denominato "das gelbe haus" (premio per la migliore architettura svizzera 1999, assegnato dalla rivista "Hochparterre" e dal programma televisivo 10 vor 10) situato nella piccola cittadina svizzera di Flims, nel cantone dei Grigioni, per essere esaustiva, deve necessariamente tenere conto del ruolo e dell'importanza ricoperti nella vicenda da Rudolph Olgiati (1910-1995), proprietario del fabbricato originario ed importante architetto locale.



Nell'anno della sua morte infatti, egli lascia la proprietà dell'edificio alla municipalità di Flims vincolando però ogni intervento successivo sul fabbricato all'uso del colore bianco (dalle fondamenta al tetto); non si tratta di certo di una scelta arbitraria, ma di un vero e proprio codice linguistico che è rintracciabile in tutti gli edifici costruiti da Olgiati nella cittadina, massicci ed invariabilmente bianchi.

[06nov2003]









Il progetto di riconversione dell'edificio in centro culturale avviato nel 1995 (a pochi mesi dalla morte del padre) viene affidato all'allora quarantenne figlio dell'architetto grigionese, Valerio Olgiati, il quale muoverà da questi vincoli e presupposti iniziali, per realizzare un'opera il cui linguaggio è al tempo stesso innovativo e radicale. Dell'edificio originario vengono mantenute unicamente le pareti perimetrali esterne in pietra, sottoposte ad un ulteriore lavoro di rifinitura per mezzo di martello, ed infine dipinte con un unico strato di calce bianca.



Il restauro ed il riuso si realizzano, in questo caso, per mezzo di un intervento dal forte carattere scultoreo, perseguito attraverso la tecnica del levare piuttosto che del giustapporre: l'architetto scava la superficie del tempo recuperando al presente solo determinati episodi del corpo architettonico.

L'interno è stato completamente svuotato, la nuova struttura dei solai diventa equivalente per tutti i piani, ed è costituita da quattro fasci di travi diversamente orientate ed assemblate in modo da rendere fortemente astratto il disegno delle piante (Olgiati ha condotto degli studi sulla pittura di Paul Klee). Il collegamento tra le travi ed il pilastro portante in legno è volutamente casuale ed asimmetrico e assume, all'ultimo piano, un carattere volutamente scultoreo. Qui esso si congiunge alla trave piegata ed incontra il colmo del tetto così da contrastare le spinte orizzontali.







Tutto questo concorre a determinare uno spazio interno del tutto differente da quello originario (destinato ad uso abitativo). Uno spazio in grado di richiamare alla memoria dell'osservatore le tipiche forme dei granai dell'Engadina oppure gli ampi spazi dei vecchi arsenali (riferimenti, questi, caratterizzanti in generale l'architettura di Rudolph Olgiati).

Si tratta di un originale approccio al tema del riuso, un approccio che non permette la trasfigurazione degli elementi preesistenti all'interno di un vocabolario formale contemporaneo e alla moda ma, paradossalmente, sceglie di riferirsi a forme archetipiche proprie delle più antiche architetture rurali dei Grigioni, reinterpretandole in chiave astratta.






Il tempo vissuto e trascorso, rappresentato dalla dura pietra, ruvida e sbozzata, appartiene inesorabilmente al passato ma viene consegnato al futuro (perdurare) in parte inalterato.
Allo stesso tempo, invece, la rimozione, lo scarto, la lacuna, (tutti volontariamente perseguiti) vengono proposti attraverso la superficie liscia e regolare del calcestruzzo faccia a vista (l'aggetto del tetto, il portico, i balconi, le persiane).

Attualmente il centro culturale ospita un'interessante installazione, Flims eine Gefühlskulisse. Realizzata appositamente per l'edificio di Valerio Olgiati dal cineasta Svizzero Daniel Shmid, essa analizza il rapporto emozionale che lega tempo ed immagini (foto e film di famiglia), al luogo che, così, si trasforma da località turistica a fabbrica dei sogni.

Carlo Prati
mail@carloprati.com
Una precedente versione dell'intervento di Carlo Prati è apparsa sulla rivista dell'ANCE "l'Industria delle Costruzioni", numero 373, settembre-ottobre 2003 (Trasformazione/Riqualificazione).
Carlo Prati (1971) si laurea in architettura nel 1999, dal 2000 è dottorando in composizione architettonica presso la Facoltà di Architettura "L. Quaroni". di Roma: Nello stesso anno si costituisce il gruppo Base_1 di cui fa parte, svolge attività di ricerca sulla progettazione con Cecilia Anselmi.Collabora con il bimestrale "Industria delle costruzioni" ed attualmente si occupa costantemente della gestione e della progettazione di una propria piattaforma web.

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