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Architetture

*UNDERLABO -226. Métropole Créole



Il progetto per la creazione di un nuovo quartiere a St. Pierre, nell'isola di Réunion, è l'occasione per proporre un nuovo sistema di espansione delle città tropicali di derivazione coloniale. Il contesto sociale dell'isola è un campo di applicazione di particolare interesse, a causa delle numerose etnie che vi convivono, generando un melting pot culturale unico nel suo genere.

La soluzione proposta consiste in un'infrastrutturazione di base del territorio che consente uno standard urbano e igienico adeguato a una metropoli contemporanea, su cui si innesta un secondo livello basato sul concetto di autocostruzione, per rispondere alle specifiche esigenze culturali dei singoli, coinvolgendoli nel processo di 'produzione della città, e per ridurre il degrado dell'area e il sentimento di non appartenenza che la caratterizza.



ASPETTI CONCETTUALI. L'esito visibile del nostro operare si propone come una prefigurazione paradigmatica, l'espressione di un'idea sull'abitare e dell'abitare a St. Pierre. Questa premessa è traducibile come il desiderio di porre al centro ideale del nostro agire l'Uomo. In tale ottica produrre un esperimento progettuale all'isola di Réunion significa procedere entro le coordinate di un atteggiamento di apertura e di fascino per la complessità; la prima ci spinge ad abbandonare gli schematismi architettonici, le teorie preconfezionate, gli 'a priori' progettuali e ad accogliere il tema come una sfida per fare incontrare i diversi, gli opposti sino al limite del paradosso; la seconda ci allontana dal riduzionismo verso un approccio interpretativo che salva gli elementi di ricchezza e ordina quelli di caos, così da rifuggire la duplice natura dei processi omologativi: quella monotona della mancanza di differenze, e quella rumorosa dell'iperdifferenziazione superficiale. È tra queste coordinate che si precisa la ricerca del corretto rapporto ordine/dis-ordine quale nodo caratteristico del nostro esperimento progettuale: se l''uomo' di Réunion è il centro non lo emargineremo in blocchi d'appartamenti disposti disordinatamente e dispersivamente sui suoli disegnati da inconsistenti tracciati urbani, né tantomeno lo isoleremo (culturalmente) in un quartiere falsamente spontaneo e vernacolare di marca antiurbana.

[29jun2004]

Planivolumetrico dell'intervento.

Il nostro si pone come esperimento progettuale di carattere euristico, interpretativo, ed evidentemente propositivo, non rifugge la complessità, ma dalla complessità cerca di estrapolare quella varietà di condizioni ordinate in rapporti definiti che arricchiscono e rendono innovativa la risposta; questa risposta è essenzialmente una forma che produce nuovi assetti tra fattori sinergici e conflittuali del sistema insediativo presenti al momento dell'intervento. L'aspirazione è di operare una sintesi più appropriata della forma dell'abitare con il fine di migliorare la qualità della vita degli uomini che 'abitano' (non solo coloro che vi risiedono) il sito proprio dell'intervento, gli intorni locali e i sistemi globali. Ciò avverrebbe in quanto in una visione dinamica e complessa dei processi urbani la forma architettonico-urbana che consolida un contesto limitato retroagisce in un intorno più ampio coinvolgendo scale relazionali diverse. È in quest'ottica che una risposta paradigmatica e corretta alla Ravine Blanche promuoverebbe un processo virtuoso e dinamico di influenza e di concorrenza nei diversi settori urbani di St. Pierre.

Il pregio dell'esperimento progettuale risiede nella ricerca di chiarificazione piuttosto che di riduzione della complessità presente nella molteplicità di condizioni di riferimento del progetto e che il progetto pone in essere. La raffigurazione progettuale propone un'immagine urbana chiara, per questo rassicurante e promotrice di processi di identificazione collettiva, allo stesso tempo l'innovazione urbana non è elemento banalmente imposto dall'alto secondo mere logiche di profitto o di occupazione dei suoli per 'contenitori' sociali, ma innesca un processo di responsabilizzazione e di riscatto negli abitanti.



LOGICA DEL PROGETTO. Posto l'obiettivo di riqualificare l'area e i suoi intorni, l'intervento risponde con tre logiche principali rispetto ai livelli tra loro fortemente interferiti: morfologico-urbano, tipologico-architettonico, sociale-economico:

- ridisegno secondo una 'unità formale' dell'area al fine di reidentificarla come polarità rispetto al sistema urbano complessivo (scala urbana/territoriale)
- ridisegno differenziato dei suoi assetti locali per restituire identità e specificità alle singole parti (scala architettonica urbana);
- induzione di un principio di autocostruzione pianificata con lo scopo di personalizzare la 'cellula abitativa' secondo un'idea di flessibilità e riproduzione delle condizioni sociali ed economiche di emancipazione, di appropriazione e di autoidentificazione culturale.

Tutti questi obbiettivi funzionano a scale di relazione differenti mutando la tradizionale considerazione univoca dello spazio abitato e coinvolgendolo in una visione dinamica e processuale. L'esito dell'esperimento progettuale è concettualizzabile nel nome dell'isola che ospita il nostro intervento: Réunion.


Sezione urbana.

Réunion significa storicamente e tanto più dovrebbe significare oggi simbolicamente l'incontro delle differenze salvaguardate nelle loro reciproche identità in un''unica isola'. Réunion è la nostra 'cifra' progettuale come reintegrazione e accostamento delle differenze. Rappresenta l'incontro di razze, religioni e culture diverse sotto il segno di un 'dominio' (francese). Quale sia il senso di questo dominio, è una questione alla quale il progetto è chiamato a rispondere. Dominio oggi deve significare responsabilità. Tale principio di responsabilità dovrebbe concretarsi, rispetto al nostro campo di osservazione, nel:

- mantenere ed integrare le condizioni positive di differenze multiculturali e multietniche presenti sull'isola, riconoscendo e favorendo la costruzione di una cultura locale supportata da una visione globale che la collochi 'nel mondo' e al passo coi tempi;
- stimolare un rapporto vitale dal punto di vista culturale, sociale ed economico degli abitanti con il proprio territorio, dei cittadini con le proprie istituzioni



RÉUNION URBANA, RÉUNION ARCHITETTONICA. Dal punto di vista urbano così come da quello architettonico il progetto si esprime paradigmaticamente nel principio della 'connessione'; la sua 'figura' di riferimento simbolico è il ponte. Per trasposizione semantica è un 'ponte' il 'nuovo Boulevard', sezione virtuale del corpo urbano, che collega la piazza della chiesa alla nuova 'piazza sul mare' mutando il rapporto dell'intera città con il mare e conferendo un nuovo ruolo urbano alla piazza della chiesa, in rapporto bilanciato e 'bipolare' rispettò all'importante piazza-giardino del municipio a Est.


Sezione architettonica dell'edificio a ponte.

Secondo la stessa logica sono 'ponti' i dispositivi architettonici, mutuati nel loro principio costruttivo dalla Maison Domino, studiati in questo progetto per ospitare la residenza, le attività artigianali e commerciali e che si dispongono trasversalmente al Boulevard per connettere il nuovo progetto al suo intorno immediato nel comparto Nord dell'area di intervento. Questi edifici esprimono l'incontro di sistemi costruttivi 'forti' e importati dall''alto' (l'architettura degli impianti, dei pilastri rivestiti di casseri di bambù 'a perdere' e dei solai in calcestruzzo armato a vista) e i sistemi costruttivi 'dal basso' legati al principio dell'autocostruzione pianificata e controllata da supervisor competenti che garantiscano i requisiti tecnologici e sanitari (le cellule abitative).


Prospetto dell'edificio a ponte.

Le architetture dei pilastri e dei solai in aggetto 'ospitano' e conferiscono un ordine urbano alle aggregazioni domestiche quasi libere e autocostruite, senza privarle di una potenziale ricchezza poetica e consentendo l'identificazione del cittadino con la propria casa riconoscibile a distanza già dai suoli urbani.

È inoltre una reinvenzione tipologica che permette grande flessibilità. Tre di questi edifici sorpassano in quota il Boulevard come veri ponti abitati e nel senso dell'asse mare-chiesa si costituiscono come fornici che demarcano una successione di soglie alla scala urbana arricchendo la composizione spaziale di questa parte di città. Dalle premesse agli obiettivi primari, l'integrazione delle differenti scale di relazione è una linea guida fondante dell'esperimento. Per seguire tale concezione si è prodotto un disegno urbano unico ma composto di parti differenti e scomponibili, sensibili ai differenti suoli ed attori del mercato urbano degli investitori, quindi un disegno urbano aperto a tempistiche d'applicazione dettate dalle disponibilità finanziarie.



SULL'AUTOCOSTRUZIONE. Dalle esperienze più positive considerate dalla letteratura sociologica fondamentale sull'autocostruzione, riferimento importante del nostro esperimento progettuale, si delineano due temi fondamentali:

- l'idea del coinvolgimento. L'abitante non è colui che deve essere alloggiato, ma deve gestire il senso di appropriazione nei confronti della propria abitazione;
- la rimessa in discussione dei criteri che definiscono la qualità abitativa, che dipende da diverse situazioni sociali, da abitudini e da fattori da valutare di volta in volta.


Vista dei ballatoi urbani e simulazione delle cellule abitative autocostruite.


Vista della copertura praticabile.

È necessario affrontare il problema abitativo secondo nuovi criteri soprattutto nelle situazioni territoriali e sociali più degradate: non più una produzione esclusivamente sottomessa alle competenze dello Stato, ma un lavoro la cui responsabilità è affidata anche all'utente. Lo scopo è trovare soluzioni in funzione dei bisogni abitativi, avvalendosi della collaborazione degli interessati. Alla base di tutto c'è l'idea di contrastare le politiche abitative welfaristiche, in cui il problema principale è ridotto a una questione quantitativa di produzione di alloggi. Il coinvolgimento degli abitanti è una questione di appropriatezza e appropriazione, quindi di coerenza del significato dell'abitazione in riferimento ai bisogni e al senso di possesso sentito dall'abitante.


Inserimento urbano sulla via principale di accesso.

I principi che in qualche modo rappresentano la distanza rispetto alla tradizione del mass-housing sono:

- principio metodologico. La strategia di intervento va riferita anche all'azione degli abitanti, intesi come attori del progetto abitativo;
- modello di azione. L'azione viene costruita mettendo in risalto il suo carattere locale, le logiche di self-reliance per ottenere un incremento di accesso abitativo e l'adeguatezza del prodotto;
- ridefinizione del ruolo dello Stato. Nell'ottica dell'auto-produzione e auto-organizzazione gli organi specialistici e burocratici devono occuparsi di sostenere e promuovere, dimenticando il ruolo di unici produttori di abitazioni calate dall'alto.


Inserimento urbano sulla piazza della chiesa.

L'efficacia di queste metodologie è garantita da diversi fattori. Il principio base è il rapporto di contrattualità tra l'utente e l'istituzione, che si manifesta sempre in forme diverse. Inoltre la partecipazione degli abitanti serve a restituire loro fiducia e a svilupparne il senso di appropriazione per la casa e il quartiere, riducendo drasticamente il degrado urbano. Obiettivo del progetto è sviluppare la capacità dei futuri residenti, a basso reddito, di assicurare la manutenzione e il miglioramento delle abitazioni e, se ben gestito, può addirittura sfociare in programmi di formazione professionale. Costruirsi la casa per imparare un mestiere e combattere la disoccupazione.

È importante evidenziare che, al contrario del mass-housing tradizionale, si agisce secondo logiche anti-assistenzialiste, instaurando un carattere dialogico-concertativo tra utente e istituzione.



TECNOLOGIA. L'aspetto tecnologico del progetto è stato inteso come ricerca dell'appropriatezza del grado di artificialità dell'innovazione architettonica proposta rispetto alle condizioni economiche e produttive del contesto. Più specificamente rispetto alle parti degli edifici ideati si è perseguito un criterio di corrispondenza e di coerenza dei differenti modelli tecnologici utilizzati alle differenti funzioni. Ne scaturisce un'architettura a tecnologia mista:

- tecnologie che seguono i modelli metropolitani sono applicate alla struttura solai/pilastri, agli impianti, agli spazi commerciali e sociali, in generale a tutti gli spazi pubblici e semipubblici;
- tecnologie più 'povere' di carattere artigianale e più specificamente locale costistuiscono il principio dell'autocostruzione e dell'autofinizione.

L'integrarsi di tecnologie così apparentemente incompatibili in un impianto (organismo) unitario è il segno caratteristico dell'architettura proposta.

*underlabo -226
info@underlabo.it
*UNDERLABO -226. Métropole Créole

Progetto elaborato in occasione del concorso Europandom, nel 1999.

progetto:
*underlabo -226

capi progetto:
Gabriele Pranzo-Zaccaria, Luca Salmoiraghi

progettisti esterni:
Alessandro Bianchi, Emiliano Paura

luogo di progetto:
St. Pierre, isola di Réunion, Oceano Indiano

data:
1999
*underlabo -226. Come la sigla alfanumerica evoca, quattro sono i concetti che caratterizzano il nostro team:
- 'under' indica che i nostri spazi sono ipogei e sottolinea il nostro atteggiamento under-statement;
- 'labo' ricorda l'idea di laboratorio multidisciplinare che lega tutti i giovani progettisti del gruppo;
- '-226': ironia della sorte, il nostro ambiente lavorativo si trova esattamente a 226 cm sotto terra, altezza del modulor lecorbusiano ma negativa;
- ultimo ma non per ultimo, visto che precede la nostra sigla, '*', l'asterisco che ci accompagna e ci ricorda la voglia di essere il punto di riferimento per tutti i soggetti della commessa, ponendo l'Architettura al centro del processo progettuale.
> *UNDERLABO -226

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