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Architetture

GIOVANNI D'AMBROSIO. Casa Bournias



"Se riflettiamo, ci accorgiamo che solo le grandi metropoli possono vantare architetture tecnologicamente avanzate e costose, alleviando così la vita dei loro abitanti con ogni tipo di comodità. Ma il resto? Il resto del mondo rispetto a quel 2,5% circa rappresentato dalle grandi metropoli?". Le parole di Giovanni D'Ambrosio sono riferite alle architetture "altre" rispetto quelle ipertecnologiche della società occidentale, quelle che devono rispondere a "...necessità basiche, vicine al comfort del nostro corpo ed ai valori della vita di tutti i giorni" e le cui forme "si modellano con il clima dei luoghi: un tetto sarà più basso dove piove molto e un muro più spesso dove fa più caldo e sarà fatto di terra per scaricare al suolo il calore accumulato durante il giorno". In quest'ottica, i progetti di D'Ambrosio non possono essere che "pezzi al servizio dell'uomo", la cui trasformazione in architettura avviene attraverso la consapevolezza che solo instaurando un rapporto proficuo con lo spazio si può arrivare a realizzare un qualcosa che vada oltre la semplice perfezione funzionale ed estetica. La volontà di instaurare un rapporto architettonico con lo spazio è, indubbiamente, una scelta di cui ciascun progettista conosce le insidie. Si tratta, infatti, di un rapporto che rende palese il modo in cui l'architetto "sente" lo spazio e il modo in cui riesce a trasmetterci un tale sentire.

[29jul2004]






Nelle sue architetture, Giovanni D'Ambrosio ha chiaramente espresso la capacità di "sentire lo spazio" attraverso i materiali usati. Niente di nuovo se dietro questo sentire non ci fosse la sensibilità di cercare costantemente l'interazione tra materiali, luogo e agenti atmosferici, il tutto in relazione all'uomo. La casa Bournias è un esempio eccellente di come si possa lavorare l'architettura rispetto le esigenze dei fruitori, creando sinergia tra essi, la tecnologia, la funzione e "il sentire lo spazio" del progettista. Siamo molto vicini al concetto di "organico" secondo quanto inteso da Rudolf Steiner: l'architettura costruita a Bali fornisce ai suoi utenti gli strumenti necessari per affrontare la vita di quel preciso luogo, e lo fa senza potere prescindere dalle specifiche condizioni climatiche. D'Ambrosio progetta seguendo il divenire degli agenti atmosferici, consapevole che la natura dei luoghi interagisce costantemente con essi e che, dunque, anche l'architettura non possa evitare di conviverci. Il più è trasformare questa convivenza in rapporto attivo, quasi d'interscambio. È proprio inverando questo concetto base che, nella casa Bournias, non è più possibile fare distinzione tra gli elementi funzionali e quelli di svago: ne è dimostrazione la funzione tecnologica che assumono piscina e tetto della casa, in una sorta di interscambio funzionale con gli agenti atmosferici. L'aria calda del vento, raffreddata dalla piscina, viene incanalata tra le due falde inclinate del tetto dove, riscaldata dal sole, tende a salire, lasciando freschi e ventilando costantemente gli interni dell'abitazione.





Senza dubbio, quello che più colpisce al primo sguardo è il perfetto inserimento del costruito nell'ambiente naturale, ma non certo semplicemente per l'uso della pietra e del legno. Difatti, la facilità con cui si tende spesso a parlare d'integrazione con la natura solo perché si usano materiali naturali, in D'Ambrosio è fuori luogo, in quanto il concetto d'integrazione va assolutamente oltre, coinvolgendo, quale protagonista principale, proprio lo "spazio". Vediamo. L'irregolarità della natura viene rigenerata da quella dell'architettura costruita e ciò avviene nonostante quest'ultima non sia composta da linee curve che, sempre nell'immaginario collettivo, vengono identificate quali atte all'inserimento del costruito in contesti naturali. Abbastanza poco indicativo è cercare di leggere la villa dai disegni di pianta: l'architettura di D'Ambrosio è difatti assolutamente quadridimensionale, nel senso che non se ne può avere piena consapevolezza se non la si percorre, soprattutto considerando che, sviluppandosi su più livelli, consente di vivere il dinamismo spaziale in moltissime direzioni.





In realtà, le piante si può viverle tridimensionalmente in quanto i livelli sfalsati consentono di guardare dall'alto in basso e viceversa, lasciando trasparire la distribuzione degli spazi e, soprattutto, la loro compenetrazione. La scala esterna in pietra ci porta direttamente sulla passerella che corre tra l'intradosso delle falde e l'area abitativa, ed è da questo percorso che possiamo comprendere la compenetrazione tra gli spazi che compongono l'architettura: un assemblaggio per parti che, teoricamente, potremmo smontare pezzo per pezzo, tanto netta è la definizione dei singoli elementi. La falda inclinata del tetto è incastrata nei pilastri che ne formano la maglia strutturale, disposti rispetto uno schema ortogonale evidente solo percorrendo proprio la passerella da dove si vedono spuntare dalle masse di pietra che formano gli spazi abitativi chiusi, quelle masse che annullano alla base la presenza della griglia, facendone così perdere la cadenza regolare, che ne è il presupposto.





Leggendo l'architettura della casa si comprende quanto l'uso dell'angolo retto sia centrale, soprattutto perché è lavorato secondo più concetti: il tetto inclinato è di certo una lastra bidimensionale ad angolo retto, così come ad angolo retto sono le masse tridimensionali in pietra, il tutto in una sinergia di forze che lascia esprimere alla bidimensionalità e alla tridimensionalità la potenzialità di potere convivere nella quadridimensionalità. La vista frontale del prospetto ci permette di comprendere bene il concetto: le falde (lastre) sono entrambe presenti grazie al loro posizionamento inclinato, annullando così il loro ruolo di elemento di chiusura della costruzione, soprattutto se consideriamo che possiamo avere percezione visiva anche dell'intradosso, ovvero di un elemento che normalmente è all'interno; sotto le lastre/falde, le masse in pietra sembrano fluttuare libere, lasciando tra di esse aree di penetrazione verso l'interno, la cui profondità è evidenziata dalla volumetria delle stesse masse.

Il rapporto tra lastre e masse è costante, da ogni punto di vista si osservi l'architettura, anche dal suddetto prospetto frontale: in questo caso, la vista frontale, solitamente piatta, e dunque statica, è fondamentale per cogliere la compenetrazione spaziale, che è poi il più forte legame con l'ambiente circostante a livello spaziale, ovvero una continuità interno/esterno non dettata esclusivamente dalla mancanza di elementi che li separano, bensì dal dinamismo quadridimensionale che si continua a vivere una volta entrati nella casa. Siamo oltre la scomposizione della scatola e alla tridimensionalità antiprospettica, perché non vi è né uno slittamento di lastre né spazio interno che esplode verso l'esterno. La Bournias è semplicemente un flusso continuo di spazio, la cui genesi sta nella compenetrazione tra i singoli elementi, e di essi con l'intorno.



Chi si aspetta di trovare riferimenti naif dettati dal luogo (Bali) resta di certo deluso perché l'uso dei materiali e dei colori è fortemente orientato a scandire la pulizia delle linee architettoniche, esplicando così la perfetta consapevolezza di uno spazio che trova sì genesi nelle funzioni, ma che rimarca soprattutto la mancanza del rapporto meramente biunivoco e funzionale tra le parti dell'architettura (tetto=riparare; muri=dividere; finestre=illuminare), il luogo che l'accoglie e l'uomo che la vive. E naif non è nemmeno il rapporto che viene instaurato con le maestranze locali che, per quanto non saprebbero costruire una casa interattiva o un grattacielo, sono assolutamente in grado di cogliere l'idea di spazio del progettista, conferendole valore aggiunto lavorando i materiali al massimo delle loro potenzialità, sapendo bene come essi vanno trattati e, poi, vissuti. Non è casuale che, come dice D'Ambrosio, essi "...al 90% sbagliano quello che si dice loro di fare: non è però un vero e proprio errore se è vero che loro ci vogliono mettere un po' del loro modo di fare". Con la partecipazione attiva delle maestranze, è pienamente raggiunto l'obiettivo di trasformare in linguaggio architettonico il linguaggio del luogo, che è poi la linea di ricerca di D'Ambrosio, avvalorata dalla nomination del Premio Aga Khan avuta con il Kindergarten, una costruzione i cui contenuti possono essere assimilati proprio alla Bournias.

Paolo Ferrara
pglf@antithesi.info
GIOVANNI D'AMBROSIO. Casa Bournias

luogo:
Kerobokan, Bali, Indonesia

committente:
famiglia Bournias

progetto e realizzazione:
2001

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