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STEFANO NICCOLI E CHIARA REMORINI. La Casa degli Architetti



Un lotto triangolare, in una zona fiorentina densamente urbanizzata e di delicato equilibrio, è stato protagonista di un concorso per la realizzazione della Casa degli Architetti, che ha dato occasione a Firenze di poter far convergere le attenzioni di molti verso quest'area abbandonata da anni. Le dimensioni dettate dal concorso raggiungevano un massimo di 650 mq totali comprendenti la Sede del locale Ordine degli Architetti, la Sede della Fondazione Professione Architetto, una Sala polivalente per incontri per 100 persone e locali commerciali (bar e libreria), il tutto all'interno di un lotto modesto e quasi angusto. Si tratta dunque di un piccolo gesto progettuale il quale ha però assorbito da subito le aspettative di una riqualificazione che potesse portare nel quartiere nuova linfa espressiva, comunicativa e relazionale, una sorta di evento per un luogo troppo sovente lasciato andare a se stesso. Stefano Niccoli e Chiara Remorini sono i vincitori del concorso che ha avuto esito agli inizi di luglio di quest'anno, realizzando un'opera meritevole di aver saputo interpretare le necessità indispensabili al tema in oggetto e che ha portato la commissione a esprimere un giudizio di questo tipo: "È il progetto che presenta il maggior equilibrio tra le varie esigenze evidenziate nel bando e che rimane nei limiti della scala che le funzioni in progetto impongono, evidenziando un impegno architettonico misurato ma deciso e personale, miscelando i segni della contemporaneità e quelli della tradizione dell'architettura moderna fiorentina."

[18aug2004]


L'intervento che i due giovani architetti hanno proposto è basato su di una attenta conoscenza del luogo, trasformando i vincoli del bando e le esigenze territoriali in progetto, cercando di risolvere tutte le componenti come essi stessi dichiarano dicendo "Chi conosce il lotto sa che questo spigolo è di importanza fondamentale. L'interrogativo, quando ci troviamo a progettare, anche e soprattutto in ambiti diversi da quelli che conosciamo, è se abbiamo saputo analizzare. Se siamo riusciti a comprendere a fondo quello che il luogo richiedeva". Dunque il luogo suggerisce come procedere, dà l'input che poi diventa personale per una sua definizione, il che lo differenzia da chi presume il progetto definito ciecamente dall'ambiente con la sola motivazione di doverlo tirar fuori.






È stata così avviata una analisi dei fattori basilari alla stesura del progetto, riscontrando la necessità, nel lotto, di andare ad edificare (allo scopo di completare il tessuto circostante) ed allo stesso tempo di scoprire un pubblico utilizzo con l'intenzione di far emergere una identità collettiva che potesse con esso identificarsi. Difatti, sebbene inizialmente il problema principale poteva sembrare quello di ricompattare il tessuto urbano tramite la ricostruzione dell'angolo, il progetto si è indirizzato verso problematiche più sociologiche, dando peso a quanto un'operazione del genere avrebbe potuto influenzare le abitudini degli abitanti del quartiere, cercando di trovare un punto di incontro con le esigenze del luogo. In questo progetto è riconoscibile la volontà di considerare anzitutto la necessità di dover alzare il volume dell'edificio per poter usufruire al meglio del piano di calpestio con la funzione di piazza, lasciando al piano terra solo le funzioni più strettamente legate ad un utilizzo pubblico (come il bar e la piccola biblioteca) oltre che naturalmente all'accesso agli uffici dei piani superiori. Anche l'uso della sala polivalente vuole proporsi come autonoma rispetto a quella dell'Ordine degli Architetti: questo spiega la passerella che istituisce il legame tra i due elementi volumetrici separati (congiungendo la biblioteca con l'accesso alla sala polivalente), dando modo di organizzare eventi non legati strettamente agli spazi riservati all'Ordine.

La volontà è quella di ricostruire, senza proseguirle passivamente, le cortine murarie esistenti cui conferire un valore aggiunto necessario, dettato dalla collocazione su una delle arterie principali; inoltre, la forma a spicchio del lotto fa sì che l'edificio si imponga simbolicamente come spartitraffico, dunque conquistando un'ottima visibilità. Le due facciate hanno costituzioni ben differenti tra loro: quella su via Corridoni riprende le pareti intonacate degli edifici esistenti tramutandone il linguaggio, come accade con l'utilizzo delle aperture che perseguono con continuità la ricerca del rapporto con l'accesso viario principale, rimarcando quanto già avviene nell'ingresso dell'edificio, il quale segue parallelamente l'andamento stradale (inoltre la paratia ha funzione di richiamo per il pubblico di potenziali eventi, come sfondo ideale per segnalazioni). In contrapposizione, l'altra facciata polarizza l'attenzione tramite una cortina vetrata in soluzione unitaria, cercando di mascherare i livelli dei solai, apparendo come una teca di cristallo aggrappata al grande muro curvo. Si nega così l'esistenza di facciate principali e secondarie, cercando figurazioni volutamente in contrasto tra loro così da caratterizzare i diversi ambiti della costruzione. Il progetto diventa così avamposto per la nuova architettura in un luogo in fase di rinnovamento, delineando nuove centralità per una nuova dimensione urbana.

Cristian Gentile
cristiangentile@tiscali.it




STEFANO NICCOLI E CHIARA REMORINI. La Casa degli Architetti

Progetto vincitore del concorso "La Casa degli Architetti, un progetto per la nuova sede dell'Ordine degli Architetti e della Fondazione Professione Architetto", bandito dall'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della provincia di Firenze (giuria: Riccardo Bartoloni - Presidente, Luigi Scrima, Mario Preti, Maurizio Talocchini, Stefania Collese) e concluso nel giugno 2004.

progettisti:
Stefano Niccoli (capogruppo), Chiara Remorini

localizzazione del progetto:
angolo via Filippo Corridoni e via Carlo Pisacane, Firenze

dimensioni massime dell'edificio:
650 mq

costo massimo dell'edificio:
750.000 euro

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