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Architetture

NOX. D-Tower



BRANDING URBANO

La D-Tower, scultura luminescente alta 12 metri, è la prima di una serie di 5 torri-simbolo che saranno poste in corrispondenza degli accessi della città di Doetinchem.
NOX, in collaborazione con l'artista olandese Q.S. Serafijn, il gruppo V2_Lab e lo studio Vision Machine (che si è occupato del processo di prototipazione-produzione dell'opera), non ha solo ideato l'elemento architettonico, ma lo ha anche inserito in un circuito mediatico che lo rende catalizzatore della città o meglio ripetitore ed amplificatore degli umori della città.
Il progetto non si esaurisce unicamente nella produzione di forma (Architettura? Oggetto? Scultura?), ma anche e soprattutto nella sua trasmissione attraverso un sito web e nella sua interazione con un questionario accessibile a diversi gruppi di persone.

[13oct2004]


Sul sito (http://www.d-toren.nl/site) sono raccolte le risposte degli abitanti della cittadina olandese ad una serie di domande formulate da Q.S. Serafijn attraverso le quali l'artista rileva l'umore o meglio il profilo topo-etnografico (come gli autori stessi amano definirlo) della popolazione, poi tradotto in 4 colori: verde-odio, rosso-amore, blu-felicità e giallo-paura. La torre cangiante al crepuscolo vira così le sue tonalità cromatiche traslando il sondaggio virtuale in un messaggio urbano.
La luminescenza è ottenuta grazie a 12 grandi lampade, localizzate laddove i fusi si aprono nella ampia calotta; i 20 LED, di cui ciascun corpo illuminante è composto, ne permettono la mutazione di colore.
Nella D-Tower si materializza quello che nel gennaio del 2000 Paul Virilio aveva preconizzato per il nostro futuro. Questo piccolo biomorfo oggetto (di arredo urbano?) rappresenta la sintesi di quella che egli stesso allora definì la stereorealtà.
Una realtà in cui "i bassi, l'ottica geometrica della piccola scala, quella dell'immediatezza" (gli spostamenti), "si combinano con gli acuti dell'ottica ondulatoria di grande scala, quella delle telecomunicazioni." (1) (le trasmissioni, l'istantaneità, il live).
L'oggetto-statico, la torre appunto, sottolinea una realtà urbana percorsa e conosciuta, acquisendo il valore di sistema di orientamento e rappresentando l'elemento fisico di riferimento. L'oggetto-dinamico, o meglio reso dinamico dal variare della luminescenza, trasmette immagini di una virtualità latente, riproducendo simultaneamente gli stati d'animo di persone dislocate in punti differenti del territorio.





Il processo di astrazione della realtà (tradotta in pochi colori primari), coincide con quello di estrazione dei dati della statistica; in questo caso sarebbe più opportuno parlare di statartistica, poiché i contorni del calcolo scientifico appaiono sfumati, ammorbiditi e filtrati dall'approccio artistico. In ogni caso la D-Tower rappresenta un esperimento significativo in quel processo di traduzione che da Geddes in poi ha cercato di combinare l'astrazione di dati statistici con la loro rappresentazione fisica e che sempre più sembra essere fonte di ispirazione e trovare risposte ed applicazioni in alcune ricerche architettoniche contemporanee (dalla METACITY-DATATOWN di MVRDV alle architetture diagrammatiche di Sejima).

Proprio nel reperimento delle informazioni e nella loro traduzione in fenomeni tangibili (o meglio visibili) la D-Tower sembra essere il primo passo in un campo ancora inedito per NOX. Sia nel Fresh Water Pavillon che nella recente Son-O-House, azione e reazione conoscono la stessa unità di tempo e di luogo (il pubblico è invitato a percorrere l'edificio e a stimolare così dei sensori che producono modificazioni -se non del- nell'edificio stesso); nella D-Tower azione e reazione sono dislocate in punti diversi sia spazialmente (l'una nella realtà virtuale, l'altra nella realtà tangibile) che temporalmente (l'una nella simultaneità della rete, l'altra nel tempo reale della città).







Ancora una volta, e come sempre nei casi di processi di tipo topologico, la debolezza risiede nella cristallizzazione della forma in oggetto costruito (un tema che già Kiesler, nella sua Endless House, tentò di risolvere senza arrivare mai a soluzione).
La torre combatte la dicotomia tra (parafrasando proprio Lars Spuybroek) architettura ed edificio; dove per edificio si intende una entità immobile e statica e per architettura una nuova realtà liquida ed attiva. (2)
Il problema sembra risiedere proprio nel nuovo ambiente in cui questo tipo di ricerca si muove: come anche Massumi afferma: "Il virtuale dà la forma, ma esso non ne ha. Il virtuale è impercettibile. (...) Un edificio è più concreto." (3).
Così l'architettura figlia del processo si affanna a dichiarare il suo (apparente) meta-morfismo, servendosi spesso di allegorie biomorfe; salvo poi riparare "il guasto" affidandosi ad equilibrismi illuminotecnici che ne mimino il proprio ciclo vitale, rincorrendo l'effetto-movimento. Ci basta? È Deluze ad affermare che "L'architettura è una distribuzione di luce prima che una concretizzazione di forma." (4). Ma ci sembra che in questo senso la ricerca (Lynn, Nox, Novak, Oosterhuis...) debba ancora chiarire alcuni aspetti o acquisire strumenti nuovi per superare la dicotomia processo-edificio ovvero deformazione-forma. Infatti sia la luminescenza che l'esperienza (applicati all'architettura) appaiono ancora solo apparati a copertura di una forma tangibile fintamente metamorfica.

Al lungo e spesso laborioso processo di genesi della forma si deve però tributare il merito di sollecitare nuovi esperimenti nel campo della costruzione. Si accorciano le distanze tra oggetto di design e architettura, tra processo di produzione e fasi di costruzione, le tecniche di prototipizzazione vengono usate per realizzare un oggetto unico, ma infinitamente ripetibile.



La D-tower, in resina, è costituita da 19 parti prodotte in officina e successivamente assemblate. Per la sua realizzazione sono state impiegate macchine stereolitografiche di grandi dimensioni attraverso le quali si sono ottenute forme dalla geometria complessa in poliuretano espanso. Su di esse si è proceduto ad una laminatura di resina epossidica e fibra di vetro per uno spessore di 4mm. Le leggerissime calotte così ottenute sono state poi saldate lungo le costolature perimetrali (vera struttura della torre); dopo l'assemblaggio in situ, catene metalliche hanno contribuito all'irrigidimento dell'intero sistema.
Il risultato (Architettura? Oggetto? Scultura?) è una torre-cuore pulsante nella città che sembra avviarsi alla scompaginazioni dei punti cardine della tettonica. In realtà la sua matrice (non solo formale) sembra risiedere nelle passate sperimentazioni architettoniche. Lo stesso Lars Spuybroek, ritiene ispiratori della propria metodologia i complessi studi che Gaudì intraprese per la realizzazione della Sagrada Familia. La nuova Torre inoltre dimostra più di una similitudine con lo stile gotico: non solo per le ardite sperimentazioni strutturali, ma anche per una comune esperienza sul virtuale. La Cattedrale di Chartres è effettivamente un lavoro di virtualità (un fenomeno di effetti speciali e luce), ed il gotico si rivela come un problema di passaggio dal reale al virtuale per il mezzo della religione. (5)

La D-tower (Architettura? Oggetto? Scultura?) dissacra però il sentimento religioso in una più laica economia del prodotto: rivendica nel processo di produzione la sua natura di "merce", e come nel branding acquisisce significati e simboli sottintesi, trasmette un senso di appartenenza a chi entri o solo sfiori il suo circuito mediatico, sostituendo o meglio mixando la comunità urbana alla web community. Essa rappresenta un sistema assolutamente nuovo ed avveniristico per trasmettere (ed il termine non è qui usato casualmente) il senso di appartenenza e di affezione ad un luogo, pur riuscendo a trascenderlo fisicamente.
Un campo interessante, ma nel quale è necessario addentrarsi con cautela e riflettere con attenzione.
Virilio, nel 2000, fu infatti fermo nel sostenere l'esigenza di una ecologia temporale che tutelasse l'integrità psicologica dell'umanità, diffidando della derealizzazione, (catastrofica sul piano psicologico) e ancora incoraggiò a ribellarsi all'ideologia della democrazia virtuale affinché non si sostituisse il sondaggio al voto, la democrazia rappresentativa a quella di opinione.... (6)

Anna Cornaro
anna.cornaro@tin.it
NOTE:

1. P. Virilio, "Verso il XXI secolo. Dieci ostacoli da superare", Domus, n. 822, 2000, p. 4.
2. A. Ruby, Where space gets lost. Interview Andreas Ruby with Lars Spuybroek, http://framework.v2.nl/archive/archive/node/text/default.xslt/nodenr-70173
3. B. Massumi, "Sensing theVirtual, Building the Insensibile", Architectural Design, n.133, 1998, p. 20.
4. G. Deleuze, Foucault, Minnesota Press (University of Minnesota), Minneapolis, 1986, p. 57.
5. cfr. P. Virilio, "We may be Entering an Electronic Gothic Era", Architectural Design, n.136, 1998, p. 60.
6. Cfr. P. Virilio, "Verso il XXI secolo...", op. cit. p. 5.

> D-TOWER
> DESK PROTO GALLERY
> RUBY: WHERE SPACE GETS LOST

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Lars Spuybroek
"NOX"
Thames & Hudson, 2004
pp392, $49.95 $33.97


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