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Architetture

GIOVANNI VACCARINI. Nuovo cimitero di Ortona



IN VIAGGIO VERSO ORTONA. Forse quando incontriamo un edificio dovremmo solamente contemplarlo o lasciarci catturare dalle emozioni che l'architettura sa trasmettere, visto che l'architettura sa, nei suoi casi migliori, trasmettere vere emozioni. In fondo, l'approccio empatico ha una sua grande tradizione disciplinare e piena dignità e, inoltre, la sovrastrutturazione ideologica perenne che ha caratterizzato il dibattito italiano dagli anni Sessanta in poi, ha avuto senza dubbio conseguenze pratiche non propriamente edificanti.

[08jul2006]
Guidando verso sud mi dicevo tra me e me: più libertà, più scioltezza, più felicità, del resto l'ha detto anche Prodi che abbiamo diritto a un pochino di felicità ogni tanto... (perché solo un pochino non l'ho capito del tutto, ma meglio poco che niente, non è questo il contesto per discutere di politica) ripenso ad una celebre intervista a Oscar Niemeyer (uno che non si è mai accontentato di un pochino di felicità soltanto) in cui diceva sereno frasi tipo: "il movimento moderno è stata una parentesi interessante, ma anche noiosa, in fondo l'architettura è felicità, poesie, disegno, libertà, luce". Questa cosa che il Movimento Moderno fosse inscatolato come una parentesi mi ha sempre divertito molto, c'è tanta di quella libertà in queste parole e la libertà deve mettere sempre di buon umore.



Scorrono i chilometri mentre rincorro i pensieri che dialogano tra la necessità di un metodo per difendersi dalla forme completamente libere che stanno invadendo il mondo e la necessità di leggerezza che ben si addice al mondo reale. Un mondo reale che pare sempre più mondo reality, ma che dobbiamo sforzarci di capire visto che è il nostro terreno d'azione contemporaneo. Del resto, noi siamo postmoderni, siamo nati dopo il postmoderno, la Rimini di Tondelli (uno che sarebbe servito molto negli anni Novanta) è già alle spalle e bisogna andare avanti.

  Dalle parti di Ancona non posso non pensare che forse ha ragione Pippo Ciorra quando, come un mantra, ripete alla nostra generazione che siamo un attimo moralisti e che cerchiamo noiosamente regole invece di vivere la felice condizione del liberi tutti che la sua generazione ha faticosamente ottenuto dopo anni di lotte con i fantasmi del passato. Dall'altro lato continuo a pensare che non abbia nessun senso arrendersi all'ineluttabile del nulla come unica condizione possibile. Che la nostra società navighi nel nichilismo mi pare non servano più menti eccellenti per comprenderlo (noi siamo nati postmoderni, i Valori ci debbono far sorridere per statuto), ma questo niente è pur sempre un bellissimo campo di battaglia e in esso -e con esso- si può e deve confrontarsi. Insomma il problema, mentre metto un cd di Frank Zappa (uno che non solo non si è mai accontentato di pezzetti di felicità, ma è sempre andato nelle cose fino in fondo), è quanta serietà e rigore morale ci si debba mettere per essere liberi di muoversi tra le cose anche quando queste non possono più essere portatrici di significati e valori.


Inquadramento territoriale.

Vedo il cartello con le prossime aree di servizio e la scritta San Benedetto e mi pare che di serietà c'è ne voglia molta, molta di più di quella che ha e sta mettendo in campo la generazione degli splendidi quarantenni di morettiana memoria. Non è e non deve essere uno scontro generazionale, troppo banale, troppo strategicamente inutile (anche se ci sarà da discutere visto che le cattedre, le riviste, le poltrone, gli incarichi ora ce l'hanno loro e pare non mostrino nessuna voglia di aiutare chi viene dopo e ripetano sempre un "per noi nessuno ha fatto niente..." che, detto tra noi, assomiglia assai al non affittare una casa a un algerino visto che in Belgio gli italiani erano trattati malissimo... ma di questo sarà da parlare in altri contesti). Mentre Zappa attacca I'm not satisfied penso ancora che non è e non deve essere uno scontro generazionale, ma è ora che si cominci a parlare di come cambiare alcune dinamiche di questo Paese.

Ecco che ci risiamo, pensare, lavorare con la testa, con le regole, riflettere sul metodo... ma non dovevamo essere leggeri, liberi, non stavamo cercando della felicità... uno che cerca pezzi di felicità sul Conero si fermerebbe a mangiare. Sì, è corretto fermarsi ed io esco dall'autostrada e devio per Sirolo per una meta importante: Da Silvio con la sua strepitosa vista e una cucina degna di essa mi pare una risposta molto politica (di lotta e di governo mi verrebbe da dire) al quel diritto ad un pochino di felicità.

I tempi si allungano, ma a far bene le cose i tempi si allungano sempre e siccome Pippo Ciorra è una persona intelligente ha le sue bravi ragioni a vedere del moralismo in alcuni nostri atteggiamenti... io a tavola sono moralista e rigoroso per davvero per esempio. Silvio propone a sorpresa un piatto che si trova solo in certi posti in Abruzzo e siccome è in Abruzzo che sono diretto non si poteva mancare l'assaggio della Trippa di pesce, un delizioso insieme di frattaglie di Rana Pescatrice che vengono ripulite a strascico direttamente in mare.









Arriverò a Ortona che già tramonta, ma va bene anche così, anzi le luci della sera colorano i rivestimenti di pietra e alterano le tinte pastello degli intonaci. Sono ad Ortona per vedere il progetto di Vaccarini per l'ampliamento del cimitero. Quando Giovanni mi ha spedito le foto, questo mi ha colpito subito, non solo perché mi pareva un'opera matura, solida, certamente contemporanea, ma perché mi è sembrata scarnificata dalla retorica del nuovo che ha avvolto molta architettura di questi anni (diciamoci la verità: in Italia esiste eccome l'atteggiamento del "una volta che mi fanno fare qualcosa ci metto dentro tutto quello che sto pensando da anni"). Un'opera che in foto mi pareva sintomo di una fase successiva in cui la ricerca non abdicava, ma allo stesso tempo, trovava la normalità del fare le cose che da tanto si stava auspicando e che mi ha chiamato a vederla dal vivo.

Un viaggio brevissimo ma utile assai, non solo perché ho visto anche l'Ospedale di Terni di Pastor che se fosse costruito in Olanda sarebbe meta di pellegrinaggi di tutti i post koolhaasiani, ma soprattutto perché la prima impressione del cimitero è stata veritiera. Il progetto per l'ampliamento del cimitero è davvero intenso, semplice, potente per come si piazza nel contesto e nel paesaggio, ma allo stesso tempo ha una sua poetica delicatezza che si confà perfettamente a un luogo di silenzio e memoria.









La mattina dopo visito il vicino cimitero dei soldati canadesi morti per liberare Ortona dall'occupazione nazifascista e penso alla stranezza di morire a vent'anni in Abruzzo per uno di Edmonton e a quanto più rispetto bisognerebbe metterci con la storia. Questo luogo di grandissima poesia, semplicità e rigore mostra davvero un equilibrio possibile tra la necessità di lasciarsi andare ad un certo oblio e della serietà che richiede questo esercizio. Tra queste lapidi tutte uguali con sopra nomi stranieri è molto chiaro quanto rispetto ci voglia a parlare di storia, di memoria, a quanto non possa uscire nulla dalla retorica e dalla volgarità di certe parole imperanti, della politica dell'attacco frontale continuo, dalla De Filippi che spiega come sia la vita a una mandria di giovani che hanno smarrito l'anima, di un paese che ha smarrito l'anima.

Il progetto è molto semplice. Dei corpi di fabbrica filiformi si aprono sul paesaggio rompendo anche il recinto e un grande pettine organizza lo spazio permettendo al visitatore di inquadrare il bellissimo paesaggio di Ortona. Il muro che circonda il cimitero si apre in diversi punti per lasciare la vista del mare che rinviene con forza da sotto la collina. Le forme dell'architettura sono molto semplici, nette, decise, il rivestimento in pietra molto sobrio e serio e viene interrotto da parti intonacate che corrispondono ai punti in cui i volumi si spaccano per lasciarci vedere il paesaggio fuori dal cimitero facendo vedere la sezione del taglio.








Prospetti, sezione e pianta a quota +12.

Ci sarebbe da dire che Vaccarini ha realizzato questo lavoro con il consorzio Progetti & Finanza, che è un esperimento riuscitissimo di dialogo pubblico-privato, che ha messo in luce procedure nuove e necessarie per modificare il settore architettura in Italia che palesano con i risultati la loro auspicabilità. Ma oggi non è tempo per parlare di burocrazia, di battaglie, di metodi, è una bellissima giornata di sole, il mare luccica sotto di noi, la luce taglia i volumi ed è tempo di lasciar parlare l'architettura senza appesantire il tutto di ulteriori significati.

Giovanni Damiani
gdamiani@architecture.it
 
Il cimitero è uno dei luoghi della memoria collettiva in cui sono custoditi i segni dello scorrere degli eventi, passeggiare in questi luoghi riporta tutte le nostre fatiche ad una dimensione sempre misera a confronto con lo scorrere del tempo. Il cimitero di Ortona, da questo punto di vista, si carica di ulteriore potenza evocativa nel ricordarci le migliaia di vittime dell'ultimo conflitto mondiale. Ortona è stato uno degli ultimi baluardi difensivi dell'armata tedesca che si ritirava a nord sotto la pressione degli alleati che avanzavano; la città ha pagato un prezzo altissimo di vittime ed è stata quasi completamente distrutta. Poco distante, il cimitero di guerra canadese con la sua semplicità evocativa è dirompente, anche nel visitatore più distratto (nella mia memoria un sensazione simile è paragonabile soltanto al cimitero dei caduti per la catastrofe del Vajont).

Come nella città dei vivi, il sedimentarsi degli interventi di ampliamento del recinto sacro del cimitero ha rispecchiato le vicende delle epoche di appartenenza. È difficile ritrovare un "disegno" negli ampliamenti degli ultimi decenni, né nelle regole insediative, né nelle ragioni dei singoli manufatti; probabilmente ciò riflette l'incertezza e lo scollamento culturale che si è vissuto durante quello che grossolanamente possiamo definire come l'epoca "dell'industrializzazione di massa".

L'area di intervento è l'ultima porzione di suolo a disposizione per l'ampliamento del cimitero. Posizionata all'estremo nord del perimetro cimiteriale si trova sul crinale di un colle che guarda verso il mare; un panorama di straordinaria bellezza e suggestione.

L'idea di progetto è quella di strutturare un sistema insediativo che si faccia carico di questa duplice condizione:
- terminale dell'impianto cimiteriale (una sorta di testata contrapposta all'ingresso principale)
- elemento del/sul paesaggio (che, dunque, dialoghi con questa presenza ambientale molto forte).

Il progetto tenta di dare risposta ai due enunciati principali attraverso alcuni dispositivi:
- LA GEOMETRIA. La struttura insediativa riprende le geometrie dell'impianto storico del cimitero, ne definisce un dialogo a distanza fatto di allineamenti, adiacenze, punti di collimazione.
Il risultato è un impianto sostanzialmente a pettine in cui delle "dita" (i corpi di fabbrica) utilizzano nel loro disporsi un graticcio di allineamenti (un codice a barre) che dialoga con l'impianto del cimitero;
- IL PAESAGGIO. I corpi di fabbrica filiformi si aprono sul paesaggio scardinando anche uno dei componenti canonici del sistema cimiteriale: il recinto. La forza della presenza paesaggistica apre il muro di cinta in scaglie che inquadrano il paesaggio; il mare diventa uno degli elementi di dialogo dell'architettura, la muratura, tagliata, è alla costante ricerca di punti di vista, di affacci;
- IL DECLIVIO. il sito in pendenza ha informato una organizzazione su due livelli raggiungibili alle due quote principali del progetto. I corpi di fabbrica si pongono come degli elementi di cucitura dei vari salti di quota;
- I MATERIALI. I materiali del progetto sono essenzialmente due : il rivestimento in pietra e l'intonaco. I corpi di fabbrica sono pensati come dei volumi monolitici "tagliati" da geometrie che come traccianti invisibili producono tagli e lacerazioni; i volumi sono rivestiti in pietra, le sezioni lasciate scoperte dai "tagli" sono in intonaco bianco.
Il rivestimento è realizzato con una pietra grezza con forti variazioni cromatiche, l'idea è quella di una moltitudine di pixel. Il suo è un uso "scarno", le fughe tra i vari ricorsi sono state lasciate aperte per rivelare la teoria di fili che si inseguono ed intrecciano e che talvolta creano delle fessure che governano le altezza degli elementi di chiusura disegnandone il partito architettonico.

Giovanni Vaccarini
giovannivaccarini@tin.it
GIOVANNI VACCARINI. Nuovo cimitero di Ortona



luogo:
Ortona (CH)

committente:
Amministratore Comunale di Ortona

progetto:
arch. Giovanni Vaccarini

collaboratori:
Berardo Matalucci, Cosimino Casterini

impresa esecutrice:
Di Ferdinando costruzioni

concessionario ed esecutore:
consorzio Progetti & Finanza

dati dimensionali:
280 loculi
109 cappelle (1090 loculi laterali)
superficie lotto: 3600 mq
superfici realizzata: 1300 mq

cronologia:
progetto: gennaio-maggio 2005
inizio lavori: giugno 2005
ultimazione: marzo 2006

costo:
1.470.000,00 euro
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