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Architetture

RUSSI, PIRACCINI. FLOODS



Si intende "l'indeterminazione come un certo stato della sospensione del significato preciso dell'oggetto, prodotto dello spostamento dei limiti in cui si iscrive". Sono "quegli episodi in cui si mettono in discussione i limiti disciplinari e la costruzione del significato del oggetto architettonico".
Yago Conde



FLOODS. LA MOSTRA. Come suggerisce il titolo, la mostra d'arte contemporanea FLOODS, tenuta nella chiesa di Sant'Agostino a Bergamo nel marzo 2007, esplora il tema dell'inondazione, della contaminazione degli spazi fisici e mentali, legati all'esperienza quotidiana. Dieci artisti internazionali sono stati invitati a proporre delle letture personali del tema, uniti da un denominatore comune - l'acqua.

FLOODS. IL CONCETTO. L'allestimento della mostra, affidato agli architetti Nicola Russi e Maria Chiara Piraccini, lavora anch'esso con il tema dell'inondazione. Il progetto è concepito come un'ONDA che sommerge la chiesa e media lo spazio della liturgia con lo spazio individuale di ogni istallazione.

[23apr2007]

Plastico di studio.


Schemi.

DESCRIZIONE DEGLI AUTORI. "L'impianto è determinato da una sequenza di piani trasversali che creano sei stanze, in alcuni casi aperte a integrarsi con la spazialità della chiesa. Un percorso sinuoso attraversa gli ambienti, scartando sempre la visione frontale della chiesa e alludendo alla fluidità, tema unificante della mostra. I pannelli hanno una progressione di altezze differenti sui due lati, che rende visibile l'intera sequenza in un crescendo. L'effetto è enfatizzato dall'illuminazione di neon collocati a terra negli spazi fra una stanza e l'altra, lasciati a vista."

SURPLUS. Secondo Theodor Adorno, una qualsiasi costruzione architettonica non deve essere solo funzionale, ma deve avere un surplus che provvede l'occasione per un rimando di significato, di parole (speechlessness).


Schemi.


La progressione dei pannelli in rapporto alla struttura della chiesa.

PROVVISORIO. L'allestimento oscilla tra un'istallazione d'arte ed un manufatto architettonico per una strana combinazione della sua forma e della sua posizione. Costruito da un discreto numero di pareti verticali, che con il bordo superiore tracciano una superficie immaginaria a doppia curvatura, l'allestimento appare come il diagramma del movimento a cui aspira, ma che di fatto non possiede. Rimane poeticamente sospeso nella tensione verso l'essere ONDA. Questa non compiutezza congenita si riflette anche nelle fattezze apparentemente provvisorie dell'installazione: le pareti non s'incontrano mai, non si toccano, lasciano a vista le sue parti costruttive. I montanti in alluminio dei pannelli in cartongesso, le luci neon a terra si intravedono nei momenti di passaggio da una stanza all'altra, ricordando dei residui del cantiere, accuratamente dimenticati nelle fessure.

L'ambiente della chiesa, concepito come un esterno, s'insinua negli interstizi tra le pareti e rende ambiguo il rapporto tra dentro e fuori.

 
 
La porta d'ingresso e l'abside.

"PRENDERE LE DISTANZE". Il progetto costruisce il territorio -dell'arte- all'interno della chiesa, delimitando delle stanze per l'esposizione delle istallazioni, ed instaurando un dialogo ritmico con le cappelle laterali e con la struttura della copertura. Ma la sua scelta territorializzante più forte è quella di rimanere in una posizione decentrata, lasciando davanti a sé un grande VUOTO, considerato parte dell'istallazione al pari del pieno. Questo VUOTO costruisce la distanza critica, indispensabile per la visione del progetto nella sua integrità e per il riconoscimento della sua unità formale. Quando ci si avvicina, l'ONDA si scompone in superfici e si dissolve nella luce. Ritorna ad essere uno spazio espositivo neutro per esibire altri progetti.

"...la delimitazione di un territorio è dimensionale, ma non è una misura, è un ritmo. Conserva il carattere più generale del ritmo, quello d'iscriversi sul piano diverso dal piano delle azioni [...] Il fattore territorializzante deve essere cercato [...] nel divenir-espressivo del ritmo, cioè nell'emergenza delle qualità proprie. Possiamo chiamare Arte questo divenire, questa emergenza? Il territorio sarebbe l'effetto dell'arte."
Deleuze, Guattari, Mille Piani


Pianta.


Sezioni e prospetti.

SERIALITÀ E RIPETIZIONE. Si potrebbe dire che l'ambiguità tra l'indefinizione formale dell'allestimento e la sua potenziale completezza è risultato di una costruzione quasi cinematografica. Come nota Peggy Phelan, alla base delle tecnologie legate alle arti fotografiche ed al cinema, c'è una complessa negoziazione con la ripetizione. Fotografia e video producono una narrazione visiva per mezzo della ripetizione della stessa immagine, la cui morte è determinata della fine della vita visuale di ogni frame. (Jean Luc Godard ha definito il cinema come "la morte 24 volte al secondo".) Gli occhi sono meno veloci delle camere. Caricati dal peso della memoria, possono ritenere l'immagine dopo la sua scomparsa dal campo visivo e ricostruire la continuità dell'esperienza reale.


Vista dall'ingresso.


Il percorso tra le stanze.


Vista laterale della quarta stanza aperta sulla cappella.


Vista laterale della seconda stanza aperta sulla cappella.


Intercapedine tra la prima e la seconda stanza.


La progressione delle intercapedini in rapporto alla struttura della chiesa.

Il susseguirsi dei piani di FLOODS, leggermente diversi uno dall'altro, ricordano una sequenza cinematografica rallentata. Questa sequenza è definita da tutte le immagini possibili dell'oggetto (ONDA), mentre la sua continuità è garantita sia dall'esperienza, quella di percorrere l'enfilade degli spazi espositivi seguendo il percorso sinuoso tracciato dagli autori, sia dalla memoria.

RITMO. Nel recente testo Atlas of Novel Tectonics, gli architetti Reiser ed Umemoto sostengono che un'architettura notevole richiede anzitutto la considerazione degli effetti -prima dell'introduzione di una storia-, e la costruzione di una ripetizione complessa. Prendendo spunto da un saggio di E.A. Poe (On Composition) e dai testi di Deleuze, loro suggeriscono che il progetto debba iniziare da un mood, un ritmo ed un ritornello. La narrazione viene acquisita più tardi. Infatti nel comporre Il Corvo, Poe ha avuto l'idea del ritmico "nevermore" prima della storia tormentata del protagonista. La variazione continua all'interno del ritornello è un modo di modulare la durata dell'effetto. Il nevermore, sostengono gli autori, è un'oscillazione di un diagramma. Il nevermore di FLOODS è il ritmo dell'allestimento, modulato dalle variazioni della dimensione degli ambienti espositivi o dall'alternarsi dei loro affacci, mentre l'acqua ne costruisce la narrazione.

ANCORA RITMO. "Come nel saggio di Freud sugli incubi, o sulla comica ripetiZione dello slapstick, il contenuto della narrazione è arbitrario. Potrebbe essere qualcosa di assolutamente banale. È la velocità o la lentezza della sua ripetizione a produrre lo spavento o la risata."
Reiser Umemoto, Atlas of Novel Tectonics

"ANESATTO, MA RIGOROSO". Rimanendo con gli stessi autori, qualche pagina più avanti si fa un altro ragionamento pertinente, sulla geometria in Deleuze. Secondo il filosofo francese, esistono tre tipi di geometrie –quella esatta, correlata alla scienza ufficiale, quella inesatta, frutto di un errore o di un'approssimazione generica della geometria esatta e, infine, quella anesatta, che corrisponde alla scienza vaga o nomadica.

 

Il percorso dall'ingresso.


Il percorso tra le stanze.

Gli architetti americani interpretano la geometria anesatta come un nesso tra la realtà materiale degli oggetti ed il mondo ideale della geometria ufficiale, o, meglio, come una deformazione della forma ideale dalla pressione delle forze fisiche. Questa tesi meccanicistica gli serve per legittimare la battaglia contro la griglia cartesiana a favore del mondo fluido delle intensità, che però è posto come una scelta formale a priori, e preclude l'esistenza delle cose vaghe di per sé, dell'esprit des corps sostenuto da Deleuze.

L
'allestimento di FLOODS solidifica le proiezioni del diagramma di un'onda ideale. Non intende riprodurre una forma fluida, come si potesse fare con una superficie continua. Ne mantiene solo la determinazione -la tensione-, in questo è anesatta.

CONTESTO. Come si è detto prima la chiesa è pensata dagli architetti come un esterno rispetto all'istallazione. Ne costituisce il contesto, con il quale si confronta sempre. La struttura della chiesa diventa la fonte del ritmo, reinterpretato e deformato in base alle necessità proprie dell'esposizione. Anche il VUOTO viene costantemente negoziato tra l'allestimento e la chiesa. Il continuo confrontarsi rispetto a una realtà spaziale esterna all'opera, riscatta il progetto dal rischio di autoreferenzialità.

CALMA PIATTA. Il vero nomade, secondo Deleuze, è colui che non si muove mai, ma produce mille spostamenti intorno. Anche l'ONDA è ferma, non solo come oggetto (il che è ovvio) ma anche come forma, perché in fondo non è dinamica. Possiede un ritmo lento. È calma e leggermente sfocata. Intanto proprio per questa sua strana indeterminatezza (indeterminazione?), costringe le persone a muoversi attorno ed a rileggere tutte le sue immagini possibili.

Ekaterina Golovatyuk
RUSSI, PIRACCINI. FLOODS

progettisti:
Nicola Russi, Chiara Piraccini
con Ippolito Pastellini Lavarelli

curatori della mostra:
Gianluca Ranzi, Giovanna Brambilla, Sara Mazzocchi

luogo:
Chiesa di Sant'Agostino, Bergamo

importo lavori:
25.000 euro

materiali:
cartongesso: 1200 mq

impresa esecutrice:
Cogedil, Azzano San Paolo, Bergamo

fotografie:
Giovanni De Francesco e Alberto Mazza
Nicola Russi (Milano, 1976) ha studiato architettura a Milano e Delft; frequenta il Dottorato di Ricerca in Architettura, Urbanistica, Conservazione dei luoghi dell'abitare e del paesaggio al Politecnico di Milano; svolge attività didattica presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano e la I Facoltà d'Architettura del Politecnico di Torino; Ha collaborato con Frank Augustin Studio (Berlino), Studio Macchi Cassia (Milano), Metrogramma (Milano) e con il gruppo di ricerca di Milano "infra 1" e "infra 2" sul tema "Infrastrutture e forme insediative", dal quale è nato il libro XMilano di cui è stato editor; nel 2006 ha aperto uno studio di architettura e urbanistica a Milano.

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