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Dialogo di scena

Pietro Valle



L'allestimento ideato da Roberto Serino per la mostra dei materiali di scena di Mimmo Paladino per l'opera "Tancredi" di Gioacchino Rossini, creato originalmente nel foyer del Teatro San Carlo di Napoli, approda ora nella loggia dell'antica pescheria a Pesaro. Un'originale collaborazione e 'contaminazione' tra il lavoro dell'architetto e quello dell'artista che produce una struttura mobile, frammentaria e discorsiva. Pietro Valle visita entrambe le mostre e racconta il dialogo tra i due creatori.



Roberto Serino e Mimmo Paladino hanno intrapreso una collaborazione basata sulla tensione dialettica tra un'apparente distinzione dei ruoli dell'architetto e dell'artista e la successiva interazione di operazioni spaziali compiute da entrambi nelle quali le due discipline si incontrano con esiti sorprendenti. Le fasi del progetto, della realizzazione e dell'installazione vengono dilatate in più momenti producendo una progressione fluida caratterizzata da scarti e continue interferenze. Numerose assonanze tra gli involucri spaziali e le opere artistiche emergono, scompaiono e poi riaffiorano traslate senza dichiarare una conclusione univoca.

[04aug2002]


L'architettura cerca di offrire una perimetrazione ai diversi mezzi espressivi utilizzati dall'artista e, facendo ciò, riconosce che non esiste un formato unico ma è importante moltiplicare le modalità di fruizione da proporre. L'artista usa l'architettura come campo d'azione non indifferente da occupare, come supporto da marcare, ma anche come strumento percettivo per evidenziare le diverse qualità spaziali delle sue opere in relazione agli ambienti discontinui propostigli dall'architetto. In questa conversazione aperta non esiste confusione tra i ruoli, l'intervento di Serino rimane comunque distinto da quello di Paladino, ma tra architettura e arte si stabilisce un'interazione profonda in cui ognuna diventa strumento critico di lettura dell'altra andando ben oltre all'indifferente neutralità che caratterizza molte occasioni espositive dell'arte contemporanea.

Se oggi molti artisti invadono il campo dell'architettura con installazioni di grandi dimensioni e i progettisti adottano il linguaggio delle arti visive (vedi i recenti recuperi del Minimalismo e della Land Art), Serino e Paladino rimangono fedeli ognuno al proprio mestiere e, anzi, mostrano che l'interdisciplinarità può nascere dall'interazione tra le differenze e non dall'assunzione di ruoli altrui. Negli ultimi anni i due, entrambi originari di Benevento e profondamente legati alla cultura dell'Italia del Sud, hanno realizzato il bellissimo Hortus Conclusus posto lungo le mura della città Sannita e collaborato al progetto per una chiesa a Gibellina, due architetture che strutturano la presenza di elementi figurativi all'interno di recinti-paesaggi attraverso molteplici aperture. Ora giunge l'allestimento dei materiali di scena di Paladino per l'opera "Tancredi" di Rossini che Serino ha predisposto lo scorso aprile nel foyer del neoclassico Teatro San Carlo di Napoli e che è recentemente approdato all'antica pescheria di Pesaro, un'occasione per riprendere il dialogo con un intervento temporaneo caratterizzato da una maggiore leggerezza.


Roberto Serino. Allestimento dei materiali di scena di Mimmo Paladino per l'opera in tre atti Tancredi, di Gioacchino Rossini. Pesaro, Antica pescheria.

In entrambi questi grandi spazi longitudinali (un salone e una loggia), l'architetto ha organizzato una sequenza lineare di telai costruiti in tubolare quadrato e lastre di ferro nero trattati semplicemente a cera (quasi un non-finito). Ogni segmento spaziale ha forma e dimensione distinte ed è individuabile anche se nessuna gerarchia apparente emerge tra elementi contigui. I diversi telai propongono una tensione tra linguaggio astratto (l'orditura geometrica trasparente, quasi metafisica) e rimandi a figure riconoscibili (gli involucri creati attraverso la piegatura delle lastre) compresenti all'interno della stessa unità. Molteplici supporti per opere di tipo diverso sono presenti in ognuno di essi, offrendo più orientamenti percettivi. Ciò invita a un'esplorazione da diversi punti di vista, evidenziando non solo l'esposizione ma anche gli spazi esistenti sul ritmo delle cui aperture è stato adattato il passo dei telai. Varie analogie emergono dalla visione degli elementi espositivi e dall'arrangiamento delle opere di Paladino al loro interno. Come nel manuale di zoologia fantastica di borgesiana memoria, una tassonomia di possibili metamorfosi tra opere e supporti si sviluppa lungo la sequenza lineare. (1)

NOTE:

(1) Il riferimento è a Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero, Manuale di Zoologia Fantastica, Torino 1962 ma anche alla lettura del concetto di tassonomia in Borges in Michel Foucault, Le Parole e le Cose, Milano 1967.




Pesaro, Antica pescheria.

Troviamo, tra le altre presenze, un tavolino con le gambe asimmetriche che sale le scale e sorregge un coccodrillo in cammino, una sequenza di gradini che proteggono nella penombra oggetti posti al loro interno mentre e ne supportano altri sopra, un tunnel a sezione triangolare che forma un leggio coi suoi piani, una bacheca di vetro posta obliquamente il cui retro è uno scrittoio segnato da tratti bianchi, un involucro piramidale aperto per tre quarti che sorregge all'interno una serie di mani metalliche appese ed è traforato per far intravedere dei piccoli disegni sul dorso, una torre verticale che sostiene alcune teste su diversi ripiani, disegni appesi a mezz'aria e una figurina sullo sfondo di un grande riquadro, un letto a castello su cui riposano due dormienti, un foglio piegato tenuto in equilibrio da una freccia che pende da un filo a piombo al suo interno, un tavolo con disegni appoggiati sopra e due scatole che nascondono volti che affiorano dal loro interno, una scala di legno tenuta sospesa verticalmente con delle figure sui terminali superiori. Più in là, in un piccolo spazio circolare, delle lastre metalliche piegate disegnano una casa che emerge da una concrezione rocciosa sottostante. Al suo interno una fuga di scale conduce nei suoi recessi: scrigno, reliquiario, tomba, metafora dell'origine geologica dell'architettura napoletana: tutto è leggibile in questa come nelle altre installazioni.


Questa carovana di frammenti è stata pensata da Serino per evidenziare diversi materiali presenti nel lavoro scenico di Paladino e scelti per andare in mostra: disegni, bozzetti, sculture e oggetti di varie dimensioni. Poi l'artista si è innamorato dell'allestimento ed ha voluto intervenire su di esso disegnando sui piani con il gesso, modificando la posizione di alcuni suoi pezzi e portandone di nuovi. L'architettura non si è quindi relazionata solo a un lavoro artistico già compiuto ma ha provocato una nuova installazione, innescando una catena di reazioni che ha portato all'evoluzione del ruolo spaziale dei telai. L'allestimento delle scene è diventato così lo scenario dell'allestimento, un'azione continua in cui architetto e artista dialogano attraverso un processo in fieri, dove la relazione tra opere e ambiente è sempre mobile e non sembra fissarsi in configurazioni stabili. In questo senso l'architettura dell'allestimento del Tancredi è veramente porosa nel senso con cui Benjamin descriveva l'ambiente costruito napoletano quando diceva che "A tutto si lascia lo spazio per divenire teatro di nuove costellazioni mai viste prima. Si evita il definitivo, il codificato. Nessuna situazione, così com'è, sembra pensata per sempre, nessuna forma impone così e non altrimenti". (2)

(2) Walter Benjamin, "Napoli" in Immagini di Città, Torino, p. 57 (articolo pubblicato insieme ad Asja Lacis originariamente sul Frankfurter Zeitung, LXX, 19 Agosto 1925).

(3) Roberto Serino, "A Margine del Progetto di Allestimento Ideato da Roberto Serino dei Materiali di Scena di Mimmo Paladino per l'Opera in Tre Atti 'Tancredi' di Gioacchino Rossini" in Paladino Scene per Tancredi a cura del Teatro San Carlo di Napoli e della MN Metropolitana di Napoli SpA, Napoli 2002.



Serino, in un breve testo che accompagna la mostra, parla di uno studiolo per descrivere l'architettura dell'allestimento. (3) Il riferimento alle strutture-microcosmo piene di libri e oggetti che appaiono nei quadri rinascimentali è stimolante, soprattutto perché esse non devono essere viste come degli spazi che delimitano.



Roberto Serino. Allestimento dei materiali di scena di Mimmo Paladino per l'opera in tre atti Tancredi, di Gioacchino Rossini. Napoli, Teatro San Carlo.


Si aprono, infatti, in più direzioni: verso coloro che li occupano e verso lo spettatore che li guarda dal di fuori. Come i telai di Serino, essi sono "libri sferici" supportati da strutture che devono essere necessariamente trasparenti per introiettare l'universo in un abitacolo e parallelamente esibire la ricchezza raccolta verso l'esterno. Questa reversibilità spaziale è ben visibile in mostra nella disposizione delle opere: l'allestimento le assorbe e le proietta contemporaneamente, entrambe le opzioni sono possibili e l'analogia dello studiolo rivela così la sua duplicità. Alcune opere sono racchiuse in bacheche, telai, nicchie che le nascondono come se fossero personaggi che sbirciano il mondo esterno da un luogo protetto. In altri casi sono sospese a mezz'aria o catapultate fuori, offrendo quasi una metafora dell'attore proiettato verso il pubblico sulla nuda piattaforma del palcoscenico.


(4) Una possibile analogia potrebbe essere stabilita tre i telai di Serino e i progetti di John Hejduk, scenari urbani abitati da molteplici architetture mobili e senza dimora. Su questo tema vedi Anthony Vidler, "Vagabond Architecture" in The Architectural Uncanny, Essays in the Modern Unhomely, Cambridge, pp. 207-217.
Certi lavori sembrano appoggiati temporaneamente come le due dormienti sul letto a castello o sono a terra e l'architettura ne diviene una semplice copertura. Se non esiste una condizione unica del vedere, visitare la mostra implica la ricerca di un punto di vista tra molteplici opzioni. Vuol dire anche che quest'architettura è profondamente instabile, non vi si può soffermare e questa è l'altra analogia che sembra emergere dalla visione dell'allestimento. Sorretti da esili supporti, i telai di Serino ricordano palafitte, portantine, baldacchini, edifici nomadi senza fissa dimora, pronti ad essere portati via. Parlano forse di una condizione d'impermanenza dell'abitare contemporaneo (ben espressa dal non potere abitare stabilmente, delle opere di Paladino, in essi). (4)


Napoli, Teatro San Carlo.
Tuttavia qui, in un ambiente teatrale e in una loggia pubblica, più che di alienazione c'è forse un'atmosfera di festa, una sorta di carnevale dove la celebrazione è occasione per sovvertire le regole dell'ordine costituito e le architetture non devono rispondere alle esigenze della permanenza ma assumono maschere diverse. Torniamo così al teatro, occasione del lavoro scenico, della mostra, luogo dell'allestimento ed ora elemento incorporato nello scenario mobile di Serino che si spera abbia ulteriori occasioni per invadere il mondo esterno componendo un'enigmatica processione.

Pietro Valle
pietrovalle@hotmail.com
NOTA:

la mostra di Mimmo Paladino con l'allestimento di Roberto Serino, curata da Ludovico Pratesi, rimarrà aperta alla loggia dell'Antica Pescheria di Pesaro fino al 1 settembre 2002.
> ARTLAND

la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


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