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The Cremaster Cycle. La cosmogonia genitale di Matthew Barney

Ada Venié



Matthew Barney presenta l'intero ciclo dei cinque video della saga Cremaster in un tour che tocca i maggiori musei d'arte mondiali. Genio visionario e prolifico inventore di metafore, l'artista americano ha saputo creare un ricchissimo universo di immagini con molteplici riferimenti e allusioni. Ada Venié visita l'esposizione al Musée de la Ville a Parigi e racconta il più spettacolare fenomeno mediatico dell'arte contemporanea degli ultimi anni.



    Dopo otto anni e cinque video-colossal, Matthew Barney presenta al mondo il suo Cremaster Cycle in un tour di due tappe europee (Museo Ludwig a Colonia, e Musée de la Ville a Parigi), che a febbraio approderà negli Stati Uniti per le celebrazioni finali al Solomon Guggenheim di New York.

Matthew Barney, in questi anni di calcolata assenza ed altrettanto mirate emersioni pubbliche, ha saputo creare attorno a sé un alone di generale curiosità che a ben vedere non si riscontrava dai tempi di Andy Warhol. Ora, con la visione di questa retrospettiva, è possibile valutare il peso effettivo di questo artista che, senza nulla togliere al suo talento imagista, certamente ha beneficiato di una macchina organizzativa che, grazie al sostegno finanziario di una potente gallerista (Barbara Gladstone), alla partecipazione a importanti manifestazioni (Biennale del 1993 e le edizioni 1992 e 2002 di Documenta/Kassel), all'avvallo di critici e curatori influenti, in pochi anni lo ha trasformato in un autentico fenomeno mediatico.

[03feb2003]

Cremaster 1. Coreografia fase 10. Disegno su foglio di schedario.

Il Cremaster Cycle, la saga epica del 'muscolo testicolare' (questa è la nota traduzione del termine) è suddiviso in cinque episodi che Barney ha voluto però non rispettassero l'uscita della loro progressione numerica, ma seguissero invece il seguente ordine: Cremaster 4 (1994), Cremaster 1 (1995), Cremaster 5 (1997), Cremaster 2 (1999), Cremaster 3 (2002). Certo non casualmente, la sequenza numerica 4-1-5-2-3 contiene un'evidente simmetria costruita attorno al numero cinque in posizione centrale, che risulta anche dalla somma delle coppie numeriche alla sua destra e sinistra. Ma il gioco delle combinazioni può ancora continuare e costruire piramidi o serie di coppie oppositive sempre sulla base del numero cinque, che oltretutto corrisponde alla classica pentapartizione in atti delle antiche tragedie greche.

  Come una grande metafora genitale, ma priva di intenzionalità sessuale, la Saga Cremaster risolve il suo racconto esclusivamente su base biologico-organica, e ad un livello di visionarietà allegorica corrispondono sempre riferimenti scientifici da trattato di andrologia. Non c'è traccia di erotismo o di sensualità, pur esplicitando sistematicamente questioni genital-cromosomiche che proiettano un universo ermafrodita, senza repulsioni per liquidi organici, orifizi e corpi cavernosi di qualsiasi natura.

Rimossi i simboli fallici e tutte le allusioni ad un livello di eroticità, Barney si concentra sulle alchimie scrotali, sulle oscure meccaniche di un muscolo involontario, il muscolo crimasterico, che agendo sulle contrazioni testicolari (avvicina le gonadi al corpo in base alla necessità di alzare la temperatura basale per la produzione di sperma), funziona da interruttore generale del meccanismo riproduttivo, e per questo scelto da Barney come elemento principe della sua opera video, vera cosmogonia genitale sui processi di affermazione sessuale.

 
Cremaster 4, Manx Manual, 1994-95. 1 di 5 disegni: Grafite, lacca e gelatina di petrolio su carta inserito in cornice di epoxy, Manx tartan e buste di plastica per protesi.

    

Cremaster 2, Korihor, 1999. Matthew Barney è Gary Gilmore. Stampa fotografica.
  In Cremaster 4, il primo episodio della serie, Matthew Barney enunciava i suoi precetti estetici, ed il gioco delle sue identità si articolava fra quella di un satiro-ballerino di tip-tap e la pecora Loughton, curioso animale a 4 corna, che realmente pascola sulle alture dell'isola di Man (set del video), dove testimonia di antiche leggende celtiche sulla sua natura divina. Buone parte del film è occupata dal parallelo fra due ambienti interno/esterno entro cui si esprime la tensione di forze antagoniste nella loro ricerca di dominio finale. Anche i faticosi avanzamenti di Barney all'interno di uno stretto tunnel di sostanze organiche o la singolare sfida tra due sidecar giallo-blu altro non sono che le visionarie traduzioni di un codice andrologico, che in questo modo visualizza la perigliosa lotta fra gameti verso la conquista dell'equilibrio ormonale.

 
Cremaster 1, Green Lounge Manual, 1995. 1 di 2 stampe fotografiche in cornice di plastica autolubrificante.

 In Cremaster 1, pur ruotando sugli stessi temi, Barney sceglie una partitura da musical anni '40, ambientata però in uno stadio di football, le cui coreografie di danza vengono affidate alla curiosa stocastica di un lancio di chicchi d'uva o di perle ad opera di una modella-demiurgo, all'interno in un ambiente fetale bianco-monocromo.

 

Cremaster 5. Foto di produzione.


Cremaster 5, her Giant, 1997. Matthew Barney è her Giant. C-print in cornice di acrilico.


Cremaster 2. The Executioner's Step, 1999. C-print.

In Cremaster 5 a fare da quinta scenografica è la città di Budapest, che diede i natali al mago Houdini, deuteragonista ricorrente nei video di Barney in qualità di creatura sovrumana, degna di una posizione nel multiforme Olimpo dell'artista, in cui si trovano affiancati indistintamente: divinità celtiche e miti greci, emblemi della cultura popolare, campioni dello sport e icone dello star system. Altri set di questo film sono il ponte sul Danubio, le suggestive terme dello Storico Hotel Gellért, il Teatro barocco dell'Opera di Stato, dove una fascinosa Regina delle Catene (Ursula Andress) canta il suo amore tragico per il tenebroso Magician-Barney-Houdini. Seduta su un trono costellato di orifizi, The Queen of Chain osserva sotto i suoi piedi il regno di acque sotterranee popolate da ninfee dagli occhi a mandorla e da un imperioso Nettuno-Barney che da quegli abissi risponde alla simmetria delle azioni aeree della Diva (ancora Barney), la cui faticosa performance sul proscenio fallisce tragicamente come del resto ogni azione di questo quinto Cremaster, che sembra riguardare da vicino il dramma della caduta, l'eterna condizione di sconfitta che segna il destino degli uomini.


Cremaster 1. Coreografia fase 1. Fotogramma dal video.

 Cremaster 2 è decisamente il più intenso e ricco di tensione visiva. La storia è ricavata da un fatto di cronaca nera e si articola come una ballata mortifera attorno all'omicidio di un mormone benzinaio per mano del killer psicopatico, Gary Gilmore poi condannato a morte dalla giustizia americana. Barney si interessa a questo omicidio e volendo sottrarre il suo oscuro protagonista alle maglie della frenologia, gli costruisce una complessa genealogia che lo fa discendere dal mago Houdini, e giustifica la sua patologia come una sindrome regressiva che contiene uno stato di neutralità fra bene e male, e per traslato una condizione di indifferenziazione sessuale tra identità maschile e femminile. Secondo l'ormai noto parallelo con la vita intrauterina del feto, la sindrome dell'assassino Gilmore esplicita un tipico stadio della gestazione, in cui la formazione delle gonadi può andare incontro a fenomeni di regressione o presentare caratteri di ambiguità ermafrodita. Non c'è limite alla visionarietà di Barney, che in questo racconto produce immagini memorabili, instaurando paralleli con il mondo delle api, con la brutalità di icone Dead Metal, con paesaggi sublimi di ghiacciai e laghi salati. Il racconto inoltre procede secondo continui flashback che servono a ricostruire episodi di vita passata dell'assassino Gilmore ed al contempo contengono il viaggio profondo in una dimensione psichica di pura atemporalità inconscia.


Cremaster 4, The Loughton Candidate, 1994. Matthew Barney è il Loughton Candidate. C-print.


Cremaster 3, Entered Apprentice, 2002. Matthew Barney è l'Entered Apprentice. C-print.


Cremaster 3, Hiram Abiff, 2002. Richard Serra è Hiram Abiff. C-print.
In Cremaster 3 l'ambiente è quello del Chrysler Building di New York, grattacielo Decò dai lussureggianti marmi moreschi. Qui Barney instaura un parallelo tra la macchina architettonica di quell'edificio e la gerarchia della loggia massonica la cui struttura piramidale determina i ruoli e le relazioni fra i protagonisti del film. Come un gangster movie, il racconto prende il suo avvio proprio dalle cronache newyorkesi degli anni '30 segnate dal crollo della borsa, dal proibizionismo, dalle guerre tra clan malavitosi, e dal proliferare di logge massoniche e sette esoteriche che qui vengono simbolicamente chiamate a raduno nel tempio-Chrysler, dove l'Entered Apprentice-Barney sta per compiere un atto di hybris contro quella rigida gerarchia massonica. Tutti questi elementi di verticalità contengono anche un implicito aspetto scultoreo, oltretutto sottolineato dal cameo di Richard Serra, nei duplici panni di se stesso (replica una performance del 1969, ma questa volta anziché piombo fuso, scaglia vaselina) e del 'The Architect'/Hiram Abiff, mitico costruttore del tempio di Salomone, secondo il racconto biblico depositario di ogni sapere scientifico. In questo intricato gioco di metafore Barney/aspirante massone, deve espiare il suo colpevole affronto verso l'autorità, prima subendo l'umiliazione fisica della rottura dei denti, e poi recuperando la propria verginità superando una serie di prove atletiche. Scenario di questi riti espiatori è il museo Guggenheim, trasformato in studio televisivo o forse in surreale stadio olimpico dove tra ballerine e cheer-leaders, The Entered Apprentice compirà il singolare pentathlon (è ancora 5 il numero ricorrente, come 5 erano le discipline olimpiche nei giochi ateniesi) che nella cosmogonia 'gonadica' di Barney corrisponde alla graduale discesa testicolare verso lo stadio finale di maturità sessuale.

In mostra oltre alla proiezione dei video esiste naturalmente anche un percorso di sale che ricreano l'universo Cremaster attraverso le testimonianze dalle scenografie originali dei cinque film. Tuttavia è proprio questo l'aspetto più debole della retrospettiva, in cui tutti questi materiali (sculture, disegni, fotografie) finiscono per essere solo malinconiche vestigia di imprese concluse altrove e che solo all'interno dei video, nel buio della sala cinematografica trovano la loro collocazione naturale.

Cosa farà Matthew Barney dopo questa estenuante impresa video? Speriamo che il suo talento non segua le metafore genitali a cui ci ha abituati: scesi i testicoli e fattosi adulto, potrebbe ritrovarsi già alle prese con la senilità artistica.

Ada Venié
adavenie@hotmail.com

Le immagini pubblicate in questa pagina sono tratte dal catalogo Matthew Barney: the CREMASTER Cycle, a cura di Nancy Spector, ©2002 The Solomon R. Guggenheim Foundation. Tutti i lavori di Matthew Barney ©2002 Matthew Barney.
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la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


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