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La geologia di Emilio Ambasz

Elena Carlini



Emilio Ambasz, nato in Argentina nel 1943, ha studiato alla Princeton University dove ha conseguito la laurea in architettura; dal 1970 al 1976 è stato curatore del dipartimento di architettura e design del Museum of Modern Art di New York; il suo lavoro è stato esibito in numerose mostre personali negli Stati Uniti, in Europa e in estremo oriente. Ambasz ha insegnato in varie università e ricevuto moltissimi riconoscimenti e premi nel campo della progettazione architettonica, del design industriale e della grafica; attualmente ha sedi operative a Bologna e New York. Elena Carlini presenta Monument Towers, il progetto che Ambasz ha recentemente sviluppato per Phoenix, Arizona.




Emilio Ambasz è un personaggio poliedrico e ironico, un "impresario fantastico" che dall'inimmaginabile ti conduce nel mondo del possibile e del reale; è un artefice che ti sorprende costantemente per la sua abilità nel trasformare i rituali sociali di lavoro, svago e vita della città contemporanea in occasioni per ridefinire l'ambiente urbano, il paesaggio, lo spazio pubblico e quello fisico dell'individuo. Ambasz è un progettista che muta le consuetudini e le sedimentazioni culturali dei suoi contemporanei "infiltrando" il sistema con elementi che oscillano dall'invisibile al monumentale: dall'aura di potenza emanata da un motore per camion dipinto di nero, reso compatto ed essenziale nel peso e nella forma (N14 Cummins Diesel Engine, 1982) al complesso cristallino del San Antonio Botanical Center in Texas (1982); dal contenitore trasparente (Aqua Dove Mineral Water Bottle, 1987) alla opaca e granitica torre a uffici a Phoenix (1998). Ambasz è sempre stato un creatore di sistemi innovativi e un propulsore di tendenze culturali, a questo proposito si possono ricordare alcune delle mostre ideate quand'era curatore della sezione di architettura e design del Museum of Modern Art di New York: Italy the New Domestic Landscape, nel 1972, la prima grande selezione che fece conoscere il design italiano all'estero; Il Progetto per un Taxi o ancora L'architettura di Luis Barragan mostra del 1976 sull'opera dell'architetto messicano.

[06apr2003]
Osservando l'operare di Ambasz si coglie un mondo che oscilla tra tecnologia d'avanguardia, elementi surreali e una poetica del fantastico intrisa di guizzi provocatori. L'universo creativo di questo designer argentino, newyorkese, italiano, planetario è vicino alle narrazioni poetiche di autori latinoamericani come Julio Cortazar o Octavio Paz, all'apparentemente placida ma provocatoria visione di Magritte, all'assolutezza dei pittori metafisici. Emilio Ambasz reinventa l'universo creando complessi urbani che emergono come vulcani di cristallo, architetture che sono paesaggi naturali e giardini che divengono meccanismi artificiali della città. Un recente progetto dimostra ancora una volta l'originalità delle proposte spaziali e urbanistiche di Ambasz: Monument Towers a Phoenix in Arizona è una torre a uffici progettata nel 1998 e di imminente realizzazione. Il complesso architettonico è situato nel centro cittadino che, come molti downtown statunitensi, è costituito da grandi edifici molti dei quali coincidono con l'isolato urbano, divenendo quindi il minimo comune denominatore dell'espansione della città.

L'insieme delle Monument Towers progettate da Ambasz ha una conformazione geometrica che rinvia inequivocabilmente alla geologia e alla stratigrafia, è un monolite opaco privo di ogni evidente elemento strutturale essendo completamente rivestito da louvers (alette frangisole) variamente orientabili che le conferiscono una sorta di costante vibrazione visiva che si contrappone alla solidità dell'intera massa; la funzione delle alette è quella di deviare i raggi solari, proteggendo gli spazi interni dell'edificio racchiusi nel vetro, al fine di ridurre l'accumulo di calore e quindi la climatizzazione artificiale della torre.

Monument Towers è assimilabile a una grande roccia spezzata lungo un piano verticale che l'attraversa in maniera irregolare, la frattura geologica ha portato alla separazione di due entità rimaste vicine tra loro a formare un canyon oscuro e silenzioso nel cuore della cocente regione della Sun Belt americana dove si trova Phoenix, produttivamente e climaticamente legata al sole. Il canyon è uno spazio pedonale pubblico che diviene elemento di transizione tra l'abbagliante metropoli esterna alle torri e il cuore protetto della nuova cavità urbana dove si trovano gli atri d'accesso agli uffici.


Planimetria.


La "roccia" di Ambasz ha una planimetria quadrangolare che è attraversata diagonalmente dal canyon, quasi un vuoto lasciato da un fulmine che potrebbe aver colpito il monolite. Anche i lati esterni dell'edificio sono scalfiti irregolarmente e ogni incisione nella superficie del prisma si rivela una soglia d'accesso agli spazi direzionali e commerciali del piano terra e agli atri del grattacielo.



La configurazione planimetrica e l'articolazione tridimensionale dell'edificio sono complesse ma equilibrate, consentendo la realizzazione di spazi flessibili destinati a locatari diversi; questi ultimi possono usufruire ad esempio di atri a doppia altezza che si aprono sulla strada-canyon oppure s'innestano tra loro alternandosi ai vari livelli delle torri offrendo sia aree per la reception sia giardini d'inverno "ad alta quota".


Pianta piano terra.


Pianta piano ammezzato.

Pianta dell'ottavo piano.

Le torri disegnate da Ambasz derivano il loro nome da una delle più spettacolari conformazioni geologiche del sudovest degli Stati Uniti: la Monument Valley, una zona desertica caratterizzata dalla presenza di alcuni gruppi rocciosi che sono divenuti il simbolo stesso del continente nordamericano attraverso le descrizioni della narrativa d'avventura o l'iconografia cinematografica dei film western.

Non a caso anche la grafica pubblicitaria delle sigarette Marlboro, sinonimo stesso del made in USA, adotta l'emblema del cow-boy la cui silhouette si staglia sullo sfondo di una Monument Valley al tramonto. Ambasz non guarda a quest'aspetto romantico della Valley bensì all'incredibile dialogo spaziale che s'instaura tra la linea d'orizzonte e queste rocce isolate, assimilabili a steli dalla geometria decisa e dal colore rosso violento quando colpite dal sole. La configurazione spigolosa delle due torri è quella che si avvicina maggiormente alle "vere" rocce dell'Arizona o dello Utah, mentre il canyon d'ingresso rimanda anche a fenditure che si trovano nelle montagne della Death Valley californiana. Le torri di Ambasz nella loro configurazione esterna non seguono una geometria ortogonale ma rimandano piuttosto ai frattali mentre gli ambienti interni presentano un'articolazione spaziale flessibile che garantisce l'autonomia organizzativa dei futuri locatari offrendo loro piani liberi ma punteggiati da spazi innovativi, posizionati tra il nucleo centrale dell'edificio e la "corazza" esterna; spazi che oscillano tra l'hortus conclusus e il giardino pensile.


Sezione.
Ambasz ha progettato una "montagna" che emerge nel downtown di Phoenix per la sua intrinseca anti-architettonicità e per la determinazione anarchica di non voler apparire un grattacielo. Il canyon che attraversa diagonalmente le Monument Towers mette in crisi la regolarità geometrica dei blocchi urbani ad esso adiacenti poiché è uno spazio pubblico che consente di attraversare l'isolato e non solo di costeggiarlo. Da questo punto di vista esse rimandano a un altro significativo complesso architettonico del sud: il Pennzoil Place a Houston, Texas, progettato da Philip Johnson e John Burgee nel 1972. Pennzoil Place è costituito da una planimetria rettangolare sezionata da una linea che crea due torri trapezoidali di vetro scuro "slittate" in direzioni opposte sul medesimo asse e separate da un fine taglio di luce. Le sommità delle due torri scendono con angolo acuto verso il perimetro dell'isolato conferendo al complesso una monumentalità e una linearità geometrica che rimandano alle opere tridimensionali di artisti minimalisti come Tony Smith o Ronald Bladen.

Le torri di Phoenix sono opache, color grigio alluminio, quasi nere a seconda della luce, sono la geologia architettonica del ventunesimo secolo.

Elena Carlini
elenacarlini@hotmail.com
> EMILIO AMBASZ & ASSOCIATES

la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


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