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Martino Coppes, trasformazioni inverosimili

Pietro Valle



Con la serie e-motion, l'artista italo-svizzero Martino Coppes mette in corto circuito realtà e rappresentazione con una ricerca fotografica e costruttiva basata sull'inverosimile. Il lavoro, visibile attualmente da LIPANJEPUNTIN artecontemporanea a Trieste, è introdotto da un breve testo dell'artista e da un commento di Pietro Valle.



Nella realizzazione di queste immagini ho seguito il mio iter costruttivo abituale utilizzando materiali di recupero e piccoli oggetti d'uso quotidiano. Intagliando il polietilene ho ricercato delle forme aerodinamiche sempre più assottigliate che in seguito ho sospeso in un fondale dai colori variabili. Retroilluminando la costruzione con delle luci sagomate, sono giunto alla ripresa analogica dell'ambientazione. (...)

[12may2003]
Successivamente ho precisato e strutturato le visualizzazioni digitalmente nella sequenza e-motion. Se i modelli della serie dei Punti Cardinali (un'altra opera dell'artista N.d.R.) si orientano in una dimensione spaziale terrestre, quelli della serie U.A.P (Un Attimo Prima) si dirigono nelle profondità dell'universo. Idealmente giungono in prossimità di un buco nero, visualizzando la zona di confine (punto di non ritorno) della dimensione spazio-temporale percorsa (spazio conosciuto). Nelle fotografie i modelli appaiono già protesi, allungati, attratti dal campo gravitazionale. Forse, all'imbocco del buco nero, hanno già iniziato il loro processo di trasformazione.

  Con l'animazione e-motion ho cercato di immaginarmi le sorti di uno di essi (U.A.P III). Mi immagino questa anomalia dello spazio-tempo come un passaggio per accedere a regioni cosmiche altrimenti inaccessibili. Il buco nero come un cunicolo aperto, una sorta di tromba di grammofono rivolta verso altri universi paralleli al nostro: la materia ingoiata da un buco nero verrebbe condotta attraverso di esso per essere espulsa altrove da un buco bianco.

Tra le varie ipotesi che configurano i moti di un buco nero l'interpretazione dell'evoluzione in un buco bianco è quella che mi prefiguro: uno stadio generatore in cui, nell'accezione dell'origine biologica della forma immaginata, verrebbe alla luce una nuova entità cosmica.


Martino Coppes



Martino Coppes è un curioso costruttore di paesaggi probabili ma mai assolutamente certi. Da anni l'artista italo-svizzero lavora con resine, plastiche e materiali di scarto per creare delle orografie fantastiche che poi fotografa popolandole (a volte) di figure umane che le attraversano.
























Martino Coppes, e-motion.
I luoghi che ne risultano, non assomigliano a nulla di riconoscibile ma presentano echi delle rappresentazioni romantiche di formazioni naturali eccezionali (vengono in mente i ghiacci nel naufragio di Caspar David Friedrich o gli attraversamenti alpini del giovane J.M.W. Turner), di pianeti fantascientifici costruiti in studio (sia quelli cheap di Ed Wood che le produzioni Kolossal come Dune) richiamando addirittura i viaggi al centro del corpo umano in altrettante produzioni sci-fi degli anni '50 e '60 (con le nostre interiora che diventano paesaggi d'avventura).








Martino Coppes,
U.A.P (Un Attimo Prima).

Inutile chiedersi cosa ritraggono queste fotografie: tutto è possibile, nessuna ipotesi può essere scartata. Vale piuttosto la pena riflettere sul rapporto tra realtà e rappresentazione prodotto dal procedimento di Coppes. Nell'arte degli anni '90 e dell'epoca digitale, la fotografia ha perso qualsiasi rapporto di verosimiglianza con la realtà esterna. Essa non fissa più un istante di un mondo fisico di fronte a sé (come si illudeva Barthes trent'anni fa ne La Camera Chiara) ma è spesso immagine virtuale autonoma, costruita con procedimenti immateriali o perlomeno con un rapporto con la realtà in cui quest'ultima serve l'immagine (con la costruzione di scenografie da fotografare) e non viceversa. In questa direzione vanno lette i materiali di Coppes, entità fisiche che innescano un processo di inverosimiglianza: non quindi frammenti di plastiche o oggetti di scarto rappresentati per quello che sono (o composti in una natura morta come nell'estetica della composizione astratta modernista) ma proiettati verso una totale alterità. Essi, infatti, non perdono completamente contatto con il mondo fisico, proponendosi come paesaggi o entità organiche differenti ma caratterizzate da una decisa consistenza, un orientamento e una forza gravitazionale. In questo, assumono quasi il ruolo di modelli in scala, di realtà riprodotta. Quale scala e quale realtà tuttavia? Coppes non le definisce mai compiutamente e lascia aperte molteplici presenze simultanee: microscopica e territoriale, minerale e soffice, organica e artificiale. Nel fare ciò innesca una miriade di proiezioni possibili tra fisicità, immagine e rappresentazione. Non esistono più un'origine e delle derivazioni ma una rete rizomatica di scambi tra realtà e rappresentazione dove i ruoli sono continuamente invertiti.

La dinamicità proiettiva del processo di Coppes trova nella serie U.A.P. (Un Attimo Prima) e nell'animazione e-motion, un punto di arrivo dove l'artista non si limita più a fissare ambienti ma simula un processo in fieri, una trasformazione dagli esiti imprevisti. Sospesa in un flusso gravitazionale, una forma vagamente organica, è sottoposta a una sollecitazione che ne deforma le fattezze. Sembrerebbe una metamorfosi ma non ci sono configurazioni definitive né si sa se le immagini documentino una porzione temporale o il tutto. A un estremo vi è la forma che fluttua sullo sfondo iridescente, all'altro vi è la sua implosione in un buco nero che la inghiotte. Anche qui, fissarsi sui riferimenti visivi è infruttuoso. Con questo lavoro, Coppes è forse giunto a creare un'analogia del processo di deformazione dei concetti di realtà e rappresentazione presente nel suo lavoro. Non ci sono punti o concetti fissi ma una dinamica probabile in continuo movimento: realtà, rappresentazione, materialità, immagine, costruzione, progetto e simulazione entrano tutti in corto circuito. Forse è questa "l'origine biologica della forma immaginata" di cui parla l'artista, un processo che passa anche attraverso il gioco di tagliare il polietilene e di scattare fotografie di qualcosa cui non si vuole che l'immagine corrisponda.

Pietro Valle
pietrovalle@hotmail.com

la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


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