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Artland

 
Paesaggio con narrazioni.
Un approccio inglese allo spazio

Pietro Valle



[in english] Uno spazio asimmetrico, antigeometrico, attraversato da una molteplicità di direzioni intersecantesi; uno spazio cinetico che si dispiega con il movimento nel tempo, legato al corpo, alla percezione di chi lo attraversa; uno spazio che contiene molteplici durate e, alternativamente, rallenta o accelera la propria autorappresentazione; uno spazio diviso in più luoghi, ognuno dei quali dispiega una narrazione individuale; uno spazio che può cambiare aspetto al medesimo involucro, separando il significato dalla sua materializzazione; uno spazio caleidoscopico, ove lo sguardo si frammenta e riflette su successive figure, legate solo da una memoria additiva; uno spazio che inventa un'immagine della natura, rendendola iperreale, intensificata, materia modificata dalla rappresentazione e non distinta da essa.

Queste descrizioni ambientali sembrano procedere in direzioni opposte: da un lato parlano di percezione, di fisicità, di luogo; dall'altro rimuovono qualsiasi relazione a punti fissi: enunciano il movimento, la variazione, la possibilità del travestimento temporaneo. Esiste nell'esperienza dell'architettura contemporanea una nozione di ambiente capace di relazionare la percezione corporea e l'illusione della rappresentazione? Lo spazio trasparente e infinito del Modernismo, il più diffuso canone occidentale, ha da tempo smesso di contenere la diversità: la sua indifferente neutralità ha ceduto il posto al potere degli oggetti che lo hanno riempito e che ora straripano con le loro specificità. Gli oggetti sono, tuttavia, continuamente sostituiti dalla logica del consumismo e quindi tra forma stabile e continua alternanza deve esistere una rete di relazioni che dona alle figure una dimensione e una durata, anche se temporanea. È possibile controllare queste relazioni o, nella società dello spettacolo, siamo condannati a subire le immagini e la conseguente erosione dello spazio fisico? Sono riconoscibili, nella storia dell'architettura recente, linee di ricerca che hanno affrontato il tema dell'impermanenza senza rifugiarsi nella nostalgia del passato e senza celebrare ciecamente il progresso come hanno fatto le avanguardie storiche? Negli ultimi decenni la modernità è stata scandagliata da una storiografia libera dall'imperativo delle grandi narrazioni che avevano caratterizzato i manifesti del Novecento. Sono emerse più versioni del Moderno, scuole, linee interrotte, direzioni di ricerca non riconosciute che attraversano le vicende dell'architettura e della tecnologia. Nessuna di loro, tuttavia, ha affrontato il problema della forma instabile in modo esteso come la tradizione inglese.

Picturesque, Informal, Free-Style, Empirical: sono alcune delle parole che descrivono un certo approccio alla costruzione dello spazio tipicamente inglese. Esso trova alcune delle sue più riuscite espressioni nei Landscape Parks settecenteschi e nella casa unifamiliare Arts and Crafts dell'inizio del secolo scorso, due contesti apparentemente distanti ma in realtà legati da un unico sguardo progressista. Le caratteristiche di questo spazio assomigliano molto alle citate descrizioni ambientali: possono essere sintetizzate nel rifiuto di una forma architettonica conclusa e nella compresenza di ambienti diversi, ognuno dei quali è lasciato coesistere in un insieme complesso. Le relazioni che si instaurano tra le parti di questo microcosmo sono antigerarchiche, preferiscono dispiegarsi nell'attraversamento cinetico-temporale e sono quindi prive di punti fissi. Se per paesaggio intendiamo una forma rappresentativa capace di unificare la percezione di un territorio, allora l'approccio inglese allo spazio tratta qualsiasi ambiente come un paesaggio e ne accentua la pluralità dividendolo in episodi riconoscibili. L'universo frammentario del landscape inglese, capace di contenere più narrazioni e legato all'esperienza individuale, anticipa molti temi legati alla moltiplicazione dei linguaggi del contemporaneo, ma è difficile fissarlo in una formula riconoscibile. Esso attraversa segretamente il Novecento come un testo fantasma, sotteso a tutta l'evoluzione dell'architettura moderna ma poco rilevato nelle sue storie ufficiali, forse perché non legato a figure riconoscibili o allo sviluppo delle tecnologie, forse perché apparentemente indifferente a una coscienza sociale.

Eppure questa pragmatica antiforma, con la sua irriconoscibilità, pervade il presente molto più delle categorie critiche con cui siamo stati abituati a leggere l'architettura: essa ha addirittura oltrepassato le premesse del Moderno prima ancora che esso fosse canonizzato. Perché questa tradizione non è stata riconosciuta? Perché, allo stesso tempo, essa è così influente? Sono queste alcune delle domande che spingono a esplorare la diversità dell'architettura inglese e il suo parallelo impatto globale attraverso la diffusione del capitalismo, non a caso inventato in Gran Bretagna con la rivoluzione industriale e esportato poi in tutto il mondo.

Questa indagine non può, tuttavia, avvenire solo attraverso lo studio dei documenti e delle rappresentazioni, pur essendo il termine pittoresco legato alle immagini ed essendoci un ricco dibattito teorico legato ad esso. Non può crescere in modo sistematico perché i diversi contesti in cui si manifesta non sono accorpabili in classi e categorie. Non può astrarre regole generali, per via del profondo pragmatismo della cultura inglese e del suo legame con le situazioni specifiche. Non rimane quindi che percorrere alcuni luoghi conosciuti di questa tradizione e raccontare la dislocazione di qualsiasi centralità che essi provocano, l'esperienza del movimento presente in loro che rappresenta l'idea del cambiamento continuo. Successive approssimazioni a una definizione delle caratteristiche dello spazio nella tradizione inglese rimangono aperte, prive di un referente. Mostrano, tuttavia, che questo ambiente non è lo spazio infinito e modulare dell'architettura moderna, non ha profondità, non si smaterializza, è, anzi, tutto il contrario di quello che siamo abituati a riconoscere come segno del progresso. Appare chiuso, compartimentato, arcaico e, spesso, elitario. Eppure anch'esso parla di modernità, di frammentazione dell'esperienza, di dimensioni parallele, di mancanza di sistemi, ma lo fa senza una forma ideale, sia essa geometrica, tecnologica e, forse, neanche figurativa, in quanto accoglie e successivamente abbandona diverse rappresentazioni.

Il giardino, realtà d'invenzione senza uso, e l'universo domestico che articola le attività del quotidiano sono i due contesti in cui la tradizione inglese dispiega più chiaramente le qualità appena descritte. Perché gli inglesi hanno inventato un giardino naturale e una casa informale? Le ragioni sono molteplici e complesse, è impossibile analizzarle qui compiutamente. Si può, tuttavia, tentare di isolare alcuni momenti storici che aiutano a ricostruire la formazione di una percezione autoctona. Vi è innanzitutto la condizione isolana dell'Inghilterra, il suo isolamento che porta a uno sviluppo autonomo dalla cultura continentale e l'alternarsi di successive invasioni che portano influenze viste come esterne rispetto a un interno. L'Inghilterra si lega e si slega continuamente dall'Europa, non essendo collegata direttamente ad essa, e ne rilegge le forme in modo autonomo e originale, piegandole ai propri scopi. Vi è poi il profondo legame con il paesaggio presente sin dai primi insediamenti preistorici. In essi si dispiega per la prima volta una reciproca influenza tra la scoperta del territorio naturale e l'elaborazione di artifici che lo rendono percepibile, un tema che diventerà caratteristico nella Landscape Tradition.


[18 dicembre 2009]

Il gigante di Cerne Abbas, Dorset.


Vale of White Horse, Uffington.


Vale of White Horse, Uffington, veduta del paesaggio dalla figura del cavallo.

Nel sud del Paese vi è una serie di siti preistorici ove sono presenti grandi rappresentazioni figurative iscritte sul terreno che trattano il territorio come un gigantesco tableau, un quadro alla scala geografica. Siti come il gigante di Cerne Abbas nel Dorset e il Vale of White Horse di Uffington nel Wiltshire sono stati descritti come antesignani della Land Art perché in essi natura e artificio si mescolano in modo inscindibile. Quest'overlay di rappresentazione e paesaggio non fa vedere solo le figure ma dispiega anche il luogo che le accoglie. Il gigante o il cavallo, visibili distintamente solo dal cielo, sono posti in siti panoramici da cui è possibile spaziare per chilometri sul territorio circostante lungo sentieri che un tempo legavano città lontane. Nel cercare un punto di vista per distinguere le figure, continuamente deformate dall'appiattimento prospettico e mutanti a seconda dell'orientamento, l'osservatore compie un percorso che gli dischiude il paesaggio circostante.

La figura incisa nel terreno non diventa quindi l'unico fulcro dell'attenzione, ma funge anche da indicatore, invita alla ricerca di una posizione per osservare il territorio in un complesso gioco di messa a fuoco. La percezione cinetico-temporale esperita camminando, irrappresentabile da un'immagine fissa, si ritrova in altri siti come il Maiden Castle vicino a Dorchester, dove sono presenti modificazioni del terreno per formare recinti difensivi. Qui, un intera collina è scolpita sul perimetro da quattro anelli di contrafforti verdi, giganteschi earthworks a scala territoriale.

 
Maiden Castle, Dorset. Veduta aerea.


Maiden Castle, Dorset. Circuito dei bastioni.

Dalla sommità lo sguardo spazia sul territorio a trecentosessanta gradi ma il percorso di risalita deve attraversare quattro avvallamenti continuamente curvati e profondi più di 15 metri per conquistare la cima. Quest'accesso dilazionato offre un'esperienza irripetibile, simile al trovarsi all'interno di un gorgo congelato o ai piedi di una duna infinita. Eppure il luogo rimane una collina coperta d'erba e abitata da greggi di pecore che pascolano tranquillamente sui suoi crinali. L'artificio si nasconde, si mimetizza. Dov'è il confine tra paesaggio naturale e l'intervento dell'uomo? È ovunque, polverizzato in ogni istante del cammino. (1)

Il Medioevo e il Rinascimento inglesi (se così si possono chiamare il periodo elisabettiano e giacobita) sviluppano in architettura il rapporto aperto tra rappresentazione e luogo già introdotto durante la preistoria nel dialogo tra figure e paesaggio. La cultura spontanea dell'empirismo sfocia nel pensiero filosofico di Hobbes e Locke che la sistematizzano: essa viene definita con termini quali antideale, antiassolutista, non legata a principi aprioristici ma a situazioni specifiche, alla percezione del momento, alla risposta a esigenze funzionali. In architettura, porta a dividere gli spazi secondo singole destinazioni senza preoccuparsi di racchiuderli in un insieme unitario e a non vedere i linguaggi figurativi come separati dai luoghi dove sono applicati. La particolare predisposizione inglese per risposte ad hoc predilige la forma aperta. Ecco quindi l'architettura occasionale e additiva dei castelli, dei palazzi medievali e delle corti dei primi colleges, organismi proteiformi che cambiano nel tempo accogliendo modifiche e aggiunte.


Robert Smyhtson, Hardwick Hall, Chesterfield, Derbyshire 1590.


Nicholas Hawksmoor, Christ Church, Spitalfields, Londra 1714-29.

Ecco perché le forme del Rinascimento e del Barocco, importate dalla Francia e dall'Italia dai Capomastri elisabettiani o dai primi architetti Inigo Jones, Philip Webb e Christopher Wren, si innestano su impianti distributivi aperti con soluzioni costruttive "gotiche". Questo porta a una dialettica tra la forma ideale e la funzione specifica di edifici che sono solo apparentemente Classici, ma in realtà presentano segrete discontinuità nel loro funzionalismo ante-litteram. Nei due secoli che vanno dal Cinquecento al Settecento emergono diverse forme architettoniche autoctone rivestite con linguaggi importati ma che non condividono quasi nulla con il razionalismo francese e italiano. Un esempio sono le residenze elisabettiane del capomastro Robert Smythson (1536-1614), straordinari esempi di architettura trasparente dove la sapienza costruttiva gotica incontra il linguaggio classico nel produrre case traforate da altissime finestre a reticolo che sembrano anticipare il curtain-wall. Un altro sono le reform churches erette dopo l'incendio di Londra del 1666 da Nicholas Hawksmoor (1661-1736), idiosincratici montaggi verticali di volumi primari ricchi di riferimenti esotici (si pensi alla ricostruzione del Mausoleo di Alicarnasso sulla guglia di St. George a Bloomsbury o la spira gotica di Christ Church a Spitalfields). (2)

È con la reazione alla Rivoluzione Industriale che questa coscienza informale è per la prima volta formalizzata in una teoria e in una pratica riconosciuta. Questo avviene con il dibattito sul Picturesque e con la pratica dell'Improvement per creare quello che viene chiamato il Landscape Garden. Nel momento in cui la rivoluzione agraria elimina il territorio libero con il fenomeno delle enclosures e cambia radicalmente la forma del paesaggio, la cultura inventa una natura primigenia da racchiudere in aree protette. Questa reazione nostalgica e compensatoria insegna a guardare al paesaggio e a cercare una sua forma da opporre all'organizzazione seriale della produzione. Mentre il territorio reale è sempre più artificiale, il giardino diventa più naturale, imitando il paesaggio preindustriale. Accanto alla campagna suddivisa e razionalizzata, i proprietari terrieri che capitalizzano sull'agricoltura industrializzata cercano rifugio in giardini d'invenzione ricreati sulle loro stesse terre e di dimensione sempre maggiore, fino a farli diventare dei veri e propri parchi-regione. La situazione ambientale ricostruita all'interno di essi, diventa, con una sorta di paradossale rovesciamento, un ambiguo significante della nuova proprietà capitalistica. Le stesse persone che operano la distruzione del paesaggio cercano di circoscriverne la perdita all'interno di un artificio ideale, un'imitazione dello stato di natura. (3)

  Se i giardini precedenti, di derivazione francese e italiana, erano basati su singole vedute assiali dalla casa padronale e sulla geometrizzazione della vegetazione, il giardino inglese settecentesco costruisce una serie di vedute multiple e oblique di brani di vegetazione informalmente arrangiati e composti per essere esperiti lungo il cammino. Questa natura cinetica delinea una serie successiva di quadri dove gli elementi spontanei e irregolari del paesaggio sono progressivamente messi a fuoco e poi smarriti, usando tecniche e accenti derivati dalla pittura seicentesca di Claude Le Lorrain, di Gaspard Poussin e Salvator Rosa. Accanto alla creazione del parco informale procede, infatti, un'elaborazione teorica che costruiva, per la prima volta nella storia, un'immagine per il paesaggio. Edmund Burke, nel suo Inquiry into the Origin of our ideas of the Sublime and the Beautiful del 1757, aveva inventato le categorie del Bello e del Sublime per valutare i fenomeni naturali, il reverendo William Gilpin, nei suoi Three Essays: on Picturesque Beauty, on Picturesque travel, on Sketching Landscape del 1792, vi aggiunge la categoria del Pittoresco.

Se la natura è l'archetipo dello sguardo per Gilpin, essa deve presentare la sua condizione primigenia con caratteristiche di varietà, irregolarità e ricchezza di accenti capaci di stimolare l'occhio. Non è quindi una natura per sé ma una realtà intensificata e rappresentabile che deve essere sempre riducibile a un'immagine. Il paesaggio del Pittoresco, pur costruendo una natura intoccata, è in realtà un supremo artificio, una rappresentazione che usa la vegetazione spontanea come materiale, sovrapponendo realtà e figurazione in una suprema anti-mimesi. Non è un caso che le aree-riserva paesaggistiche ricreate all'interno delle estates agrarie prendono il nome di Improvements: addizioni, miglioramenti, intensificazioni. I nuovi giardinieri (che da qui in poi saranno chiamati Improvers) operano infatti correggendo i siti con modifiche, aggiunte e rimozioni per estrapolare quell'immagine pittoresca che era potenzialmente presente, ma che solo loro sanno pre-vedere, quasi siano degli artisti che dipingono con alberi, colline e corsi d'acqua.



William Kent. Progetto per la collina di Chatsworth.

La natura ricreata contiene il tempo, non solo quello dell'attraversamento del giardino, ma la storia intera, in una ricerca dell'origine che posiziona i vari periodi stilistici in un paesaggio primigenio da cui sembra sorgere l'opera dell'uomo e verso cui tramonta la civiltà trasformandosi gradatamente in rovina naturale. I parchi paesaggistici assemblano molteplici spazi e monumenti storici in un universo racchiuso, una vera e propria riserva-collezione in cui gli oggetti sono più rappresentati che realmente presenti. I templi classici, i grotti, le capanne, le guglie gotiche, le finte rovine e le follies che punteggiano il parco, costruiscono, parallelamente al percorso spaziale, un cammino a ritroso nel tempo, un'esperienza che sovrappone estetica e naturalità. (4) È indubbio che, nel comporre i giardini, i primi progettisti dei parchi usano l'esperienza informale e additiva già presente nella tradizione gotica, rinascimentale e barocca inglese. Se gli esempi e le fonti sono classiche, la procedura è altamente empirica e impiega la veduta e lo schizzo come strumenti progettuali per costruire uno storyboard del percorso del giardino. È questa una realtà di rilievo per la composizione architettonica: il movimento e il tempo sono contemplati nell'attività di progettazione e iscritti nei luoghi.


Rousham, Oxfordshire, 1720-37. Pianta.


Rousham, Oxfordshire, 1720-37. Bowling Green.

Percorso e durata non sono qui, però, continui, ma divisi, moltiplicati, incrociati, orientati a includere la varietà in spazi autonomi, uniti a tratti ma, in realtà, compresenti fianco a fianco. William Kent (1685-1748), architetto e Charles Bridgeman (1690-1738), giardiniere reale, sono i più importanti autori della prima generazione di parchi paesaggistici. Una visita a Stowe (1715-45) nel Buckinghamshire (dove sono presenti successivi interventi che permettono un confronto temporale) ma, soprattutto, al più contenuto Rousham (1720-37) nell'Oxfordshire, dispiega tutta la complessità di quest'arte progettuale che non vuole essere racchiusa in una forma stabile. Diverse scale e profondità sono compresenti, in una sorta di sintesi di quello che di lì a pochi anni sarebbe stato diviso in parti. Horace Walpole sintetizzò l'invenzione di Kent nella distinzione di tre contesti: la fattoria ornata (ferme orneé) che trasforma l'edifico agrario in oggetto estetico, la foresta, regno del Pittoresco e il giardino che si connette a un parco, capace di aprire la casa all'estensione della natura. A Rousham, Kent aggiunge due ali gotiche a una residenza di campagna seicentesca e la trasforma in un vasto insediamento che ingloba parti di un monastero medievale. Il parco paesaggistico si pone a lato della casa padronale e questa conserva una porzione di giardino formale di fronte al suo ingresso. Kent e Bridgeman usano l'apertura di un prato, detto bowling green, per offrire la vista della campagna lontana tra due ali alberate.


Rousham, Oxfordshire, 1720-37.


Rousham, Oxfordshire 1720-37. Venus Vale di William Kent.

Il possesso della proprietà è qui riunito da uno sguardo panoramico originato nell'intimità della casa. Lo spaziare è accompagnato dal prato quasi esso fosse un trampolino visivo: termina, infatti, con un brusco declivio che nasconde alla vista della casa la parte informale del parco e il corso d'acqua che cinge la proprietà. Altri sguardi sulla proprietà esterna sono gestiti con l'ha-ha, una trincea invisibile che permette allo sguardo di oltrepassare i confini mentre forma, allo stesso tempo, una barriera fisica che esclude animali ed estranei. Si penetra nel bosco naturale deviando a lato dell'asse del bowling green e scendendo bruscamente lungo un declivio. L'area coperta dal parco è irregolare e caratterizzata da gruppi di alberi fitti che formano dei veri e propri tunnel. Tutti i percorsi sono curvilinei o non lineari, sono interrotti solamente da slarghi dove sono poste delle ricostruzioni di monumenti storici: il tempio, la piramide, il grotto, la Terrazza di Preneste. Queste strutture sono seminascoste in radure verdi ma sono posizionate a formare successive triangolazioni di vedute che si scoprono gradatamente creando diversi accoppiamenti tra i medesimi oggetti. Un'area terrazzata centrale presenta dei monumenti legati all'acqua -grotto, cascata, stagno ottagonale e fonte di Venere- che scendono verso il fiume richiamando la Villa Medici a Pratolino in Toscana.

 
Rousham, Oxfordshire 1720-37. La Terrazza di Preneste di William Kent.


Stowe, Buckinghamshire, 1715-45. Temple of British Worthies negli Elysian Fields di Kent e Bridgeman.

Stowe, Buckinghamshire 1715-45. Pianta.

La rete multipla di relazioni tra gli slarghi con le architetture, crea continui ritrovamenti dello stesso punto che fanno apparire il parco più vasto di quello che è realmente. Dopo che si sono attraversati i luoghi, si è riscoperto lo stesso edificio in vari percorsi e lo si è riferito alla distanza intercorsa, si scopre che lo spazio di Rousham è in realtà ridotto, quasi un giardino in miniatura. Il movimento nel parco non è quindi solo quello spazio-temporale della camminata ma è di ricostruzione mnemonica di un'unità da una molteplicità di frammenti. Rousham obbliga a smarrirsi in più modi per poi ritrovare il luogo e farlo proprio senza mai contemplarlo nella sua interezza. La visione eccentrica della campagna lontana dilata improvvisamente lo sguardo in determinati punti dei percorsi e offre fughe visive centrifughe rispetto alla rete interna del parco. I confini tra la campagna e la rappresentazione organizzata del parco sono elusi e quest'alternanza continua di perdita e ritrovamento rimane insuperata anche rispetto al più vasto Stowe dove Kent e Bridgeman sono responsabili della sola area centrale degli Elysian Fields. Mentre a Rousham si ricostruisce un unico luogo, a Stowe, oggetto di successivi ampliamenti, si ha l'impressione di attraversare diversi giardini, ognuno con dimensioni proprie. Ma anche questa è una possibile conseguenza del Landscape Park: la sua estensibilità che lascia i singoli punti intoccati, reinserendoli in nuove relazioni a distanza. Ogni luogo è, allo stesso tempo fisso e mobile, ha la sua identità ma può essere reinserito in una narrazione continuamente modificabile.




Stourhead, Wiltshire, 1740-60.


Un discorso a parte, tra i primi parchi, merita Stourhead (1740-60) nel Wiltshire, creato dal banchiere Henry Hoare il quale devia il corso di un fiume e crea un lago artificiale che invade un'intera valle. Un percorso irregolare ad anello tocca diverse stazioni poste lungo la sponda di uno specchio d'acqua con una progressione che ha un profondo significato allegorico. Il percorso inizia con la nascita nel tempio di Flora, attraversa le grotte dell'Ade, emerge dal buio per raggiungere il Pantheon e, passando per un arco di rocce vive che simboleggia la mortalità, ascende verso l'alto al Tempio di Apollo in cima a una collina. Tra sguardo e cammino circolare si creano dei distacchi che vengono colmati solo quando si arriva appresso a una specifica architettura. Questo avviene grazie a una sapiente gradazione dei gruppi d'alberi che, distanziati uno a uno, creano una continua alternanza tra visto e non visto. A Stourhead non ci sono le complesse triangolazioni di Rousham e Stowe, ma mai come qui si ha l'impressione di un mondo separato dalla realtà e completamente artificiale. La valle chiusa, il circuito che ritorna su se stesso, il bacino circoscritto da dighe abilmente dissimulate: sembra un percorso organizzato per attraversare una narrazione, un vero e proprio antesignano del theme park. (5)


Stourhead, Wiltshire 1740-60. Pianta.


Parco di Blenheim, Oxfordshire, 1764. Pianta.


Capability Brown, Parco di Blenheim, 1764.


Se questi tre parchi presentano una compresenza di diversi approcci al paesaggio, lo sviluppo dell'arte degli Improvements porta a selezionare un solo modo di gestire l'informalità. Responsabile di questa sintesi è Lancelot "Capability" Brown (1716-1783) che subentra a Stowe e inventa un sistema di successo che gli frutta la commissione di centinaia di parchi in pochi decenni, il più grande dei quali è quello della reggia di Blenheim, nell'Oxfordshire (1764). Brown nega la molteplicità di spazi dei primi giardini pittoreschi e la loro reciproca esclusività. Centrale nel suo approccio è il concetto di appropriation, la veduta con un singolo colpo d'occhio dell'estensione dell'intera proprietà, segno di ricchezza e di possesso. Brown dà una misura all'apertura verso l'orizzonte arrangiando gruppi d'alberi informalmente disposti (clumps) su un prato rasato che arretra verso l'infinito e arriva fino ai piedi della casa padronale senza la mediazione di giardini strutturati. L'orizzonte non è, però, libero ma circoscritto da una cintura d'alberi (belt) che segna il limite remoto della proprietà.

Un bacino d'acqua irregolare, forma un intermezzo che suddivide un primo, un secondo piano e uno sfondo. Uniforme apertura, gradazione della distanza e chiusura dell'orizzonte sono i tre marchi di fabbrica di Brown. Se da un lato egli riesce ad espandere l'approccio informale fino a farlo a diventare l'esclusivo linguaggio dei parchi inglesi, dall'altro il suo metodo è incentrato su uno spazio continuo quasi Barocco e altamente manipolatorio dell'ambiente naturale. Guardando le porzioni di Brown a Stowe, la sinuosa Grecian Valley e l'œ di fonte alla casa padronale palladiana, non si può non confrontarli con le parti di Kent e Bridgeman. Qui vi è una forzata ricerca di corridoi visivi che sfondano ogni barriera, lì vi era la creazione di microcosmi isolati in cui perdersi. In un certo senso, quello di Brown è un tradimento dei principi di varietà che caratterizzano la teorizzazione del paesaggio nel manuale di Gilpin e la sua realizzazione nei primi parchi di Kent. Non casualmente genera una reazione che è centrale per il dibattito del Pittoresco e che vede opposti due teorici (Uvedale Price e Richard Payne Knight) e un improver (Humphrey Repton) che cerca di difendere la pratica e le ragioni funzionali di Brown. Sia l'Essay on the Picturesque di Price sia The Landscape, a Didactic Poem di Knight, entrambi del 1794, difendono un concetto di Pittoresco come carattere informale esclusivo della natura contro ogni modificazione da parte dell'uomo. Il paesaggio sembra misurato sul suo grado di resistenza all'artificio, anche quello che più cerca di imitarne l'irregolarità.



Capability Brown, Bowood, Wiltshire, 1762.

Stowe, Buckinghamshire, 1715-45. La Grecian Valley di Capability Brownan valley.


Stowe, Buckinghamshire, 1715-45. Palladian Bridge e Gothic Temple.

Se, tuttavia, per Price il Pittoresco è un carattere oggettivo, ritrovabile nella campagna intoccata dalle enclosures, per Knight, con una significativa evoluzione, esso è una componente percettiva riportata al carattere della singola persona. An Analytical Enquiry into the Principles of Taste del 1805 di Knight segna il passaggio da una dimensione realista del paesaggio Pittoresco a uno psicologismo individualista che annuncia la stagione romantica. Il paesaggio non sembra più esistere se non nello sguardo di coloro che lo sanno osservare; la percezione, la costruzione della sua immagine sono riconosciuti come artefatto culturale e non come elemento oggettivo. (6) Se questo sviluppo provoca diverse interpretazioni del paesaggio nell'arte e nella poesia romantica, nella pratica del Landscape Gardening apre la strada a una sempre più complessa manipolazione dei luoghi da parte degli Improvers, divenuti ormai giardinieri professionisti. Essi si sentono ormai liberi di modificare i siti secondo il loro specifico carattere, svincolati da modelli unitari, anche da quello della natura originaria. L'inizio dell'Ottocento è, infatti, il momento storico in cui parco paesaggistico posto nella proprietà agraria, il sogno di una riserva di natura appartata, comincia a scomparire.

  Nel frattempo sorge il problema della gestione degli spazi verdi nell'insieme urbano con la nascita del parco pubblico e del giardino della casa borghese, ritagliati all'interno delle nuove suddivisioni fondiarie. I metodi compositivi che hanno sancito la varietà e l'informalità del Landscape Park si articolano per rispondere alla crescente democratizzazione del paesaggio, ma anche alla sua riduzione di scala. La figura chiave di questa evoluzione è Humphrey Repton (1752-1818), che impersona la transizione da una dimensione poetica del Pittoresco, a una pragmatica e funzionale. Le strategie di Capability Brown nel produrre parchi ampiamente accessibili e gestibili nella loro manutenzione grazie alla divisione degli alberi in gruppi discreti, sono difesi da Repton contro Price e Knight nei suoi Sketches and Hints on Landscape Gardening, sempre del 1794. In una successiva serie di libri, Repton enuncia chiaramente tutte le strategie progettuali che caratterizzano il Pittoresco con un'estrema chiarezza, operando una sorta di sintesi metodologica delle esperienze precedenti. Egli distingue l'arte del giardiniere da quella del pittore, cui era stato inizialmente associato, in almeno due cruciali punti. Il primo è che nel parco l'osservatore è continuamente in movimento e chi progetta non ha quindi il privilegio di determinare un punto di vista unico. L'altro è che la vegetazione cambia con le stagioni e cresce nel tempo per cui il giardiniere deve calibrare una modificazione i cui effetti non sono completamente controllabili.


Humphrey Repton, Tatton Park, Cheshire 1792, prima e dopo la trasformazione.

Per assorbire queste sovrapposizioni temporali (personali, stagionali, epocali), Repton introduce uno straordinario metodo di rappresentazione delle modificazioni che apporta ai luoghi. Il suo Red Book presenta per uno specifico sito una veduta della sua condizione attuale e, rovesciando le due ali del foglio, la versione modificata dal progetto, con una sorta di cambio di scena che fa intravedere quello che è potenzialmente insito in esso. Repton è tra i primi a formalizzare l'idea di modificazione partendo dagli specifici caratteri del sito e l'importanza del fattore cinetico-temporale come strumento di gradazione del paesaggio, due temi progettuali non basati su sistemi formali assoluti bensì sulla ricerca del luogo come unica fonte di verità. Questa attenzione di Repton per il qui e ora non è casuale: egli è chiamato a operare nel caos della nuova centralità urbana con i primi parchi pubblici, e deve inventare un sistema per dissimulare gli angusti limiti dei primi giardini borghesi. In questi contesti non liberi e, soprattutto, non completamente controllabili, Repton reintroduce il confine al giardino, delle porzioni formalizzate per esso e, soprattutto, la divisione in sottospazi specializzati che nascondono la promiscuità con altre proprietà.


Humphrey Repton, Ashridge, Hertfordshire 1811.
Nel fare ciò, da un lato supera i principi del Pittoresco come linguaggio naturale del giardino e, dall'altro, formalizza la compresenza di più spazi con diversi caratteri, riconfermando una tendenza tipica della percezione empirica inglese a rispondere ad ogni funzione con uno specifico ambiente. In un singolo parco di dimensioni limitate come quello di Ashridge nell'Hertfordshire, Repton propone quindici diversi tipi di giardini, da quello geometrico a quello informale, da quello a tema esotico a quello imitativo del territorio agrario. Questo tour de force trasforma la proprietà in una sorta di caleidoscopio del mondo reale ed esso è ora incorporato in brani del giardino stesso, non più in singole architetture poste in un'imitazione della natura primigenia come avveniva nei primi parchi settecenteschi. Se lì la natura conteneva la storia, ora essa è diventata un camaleonte capace di trasformarsi in più storie. Il giardino, come il gabinetto delle curiosità, è diventato una collezione, un enciclopedia, un museo dove vige, come diceva Valery, la vertigine della mescolanza. (7)


John Claudius Loudon, villino suburbano con giardino 1836.

L'opera di Repton si situa in un momento storico che vede anche l'integrazione dei principi del Pittoresco all'interno dell'architettura stessa e il suo connubio con l'eclettismo stilistico. John Nash (1752-1835) è il protagonista di questa evoluzione e, non a caso opera insieme a Repton nel piano per lo sviluppo di Regent's Park a Londra (1811-13) dove, in un'operazione speculativa di alto livello, introduce dei villini informalmente disposti in un nuovo parco paesaggistico bordato da un anello di terraces a schiera con vista sul verde. La stessa Regent Street che continua il principio del parco all'interno della città, è pianificata come una sequenza di vedute urbane che si dischiudono su un percorso continuamente curvato. Il fattore sorpresa del parco è incorporato in edifici diversi che trasformano la nuova strada in "un'estemporaneità, una sequenza pittoresca di incidenti architettonici, modellata dal caso e dalle opportunità offerte dall'incerta disposizione dei lotti fondiari nella suddivisione speculativa" come l'ha definita John Summerson. (8)


John Nash, Cottages a Blaise Hamlet, 1811.
Se Nash offre immagini sempre nuove alla passeggiata nel centro di Londra, in campagna, egli trasforma la villa borghese in cottage: un oggetto Pittoresco a scala ridotta, artisticamente disposto sullo sfondo del giardino e che vede l'integrazione di diversi stili. Il castello gotico, la casa di campagna italiana, la fattoria vernacolare inglese, il tempio Moghul si intrecciano nelle geniali elaborazioni di Nash che non sono solo stilistiche ma anche distributive. Nash è conscio delle nuove esigenze di rappresentanza della borghesia urbana ed è capace di distillare l'essenza della sua immagine composita con impianti funzionali di dimensioni economicamente accessibili a più classi. Il suo esempio innesca un periodo di pubblicazioni di manuali con diversi modelli di case da imitare. Il cottage diventa così una sorta di gioco architettonico, un kit di componenti stilistici da rimontare liberamente in infinite combinazioni e inserito in un parco paesaggistico concentrato in uno spazio ridotto. L'adattamento della complessità della casa padronale nel piccolo cottage suburbano di Nash e la conseguente riduzione del giardino con la sua suddivisione in aree tematiche da parte di Repton costituiscono uno dei più geniali contributi della cultura inglese, che ha ispirato la creazione delle estates speculative urbane organizzate attorno a un parco, la nascita della città giardino, lo sviluppo di tutta la tradizione suburbana americana e la locale rivoluzione domestica durante il periodo Vittoriano e Edoardiano.


Casa a schiera con livelli sfalsati, Londra 1880. Piante.
Roger Dixon e Stefan Muthesius, nel loro Victorian Architecture, ricordano che la fortuna del Pittoresco non risiede nella paradigmaticità dei primi parchi settecenteschi, ma nella diffusione dei suoi principi in architettura e urbanistica nel corso dell'Ottocento fino ad influenzare la progettazione alla scala più ridotta, addirittura quella di una modesta casa a schiera. Anche all'interno di un involucro rigido, gli sfalsamenti delle pareti e delle aperture, l'asimmetria dei volumi e degli sporti, creano una dinamica architettonica che anima i pochi spazi presenti. (9) Durante l'epoca Vittoriana i giardini sono articolati in aree tematiche caratterizzate da diversi stili e periodi a un tale livello che diventano, come nel caso di Biddulph Grange nel Staffordshire (1840-61), dei veri e propri parchi a tema che sembrano riassumere in sé tutte le culture esotiche che compongono il nascente impero britannico. Il giardino borghese segue l'articolazione della casa in aree discrete, pensate come parti indipendenti. La divisione non è solo stilistica ma segue precise esigenze funzionali e rappresentative. Nel giardino, come nella casa, il quotidiano è diviso in molteplici funzioni ad ognuna delle quali è assegnato uno spazio specifico. La vita borghese è incorniciata da diversi tableaux tematici (come in una tassonomia positivista) nonché dall'attraversamento di soglie che rendono possibile la loro indipendenza in un universo ristretto. La divisione serve, infatti, ad espandere i confini di proprietà sempre più ristrette attraverso la frammentazione della percezione. Il giardino diviene così il paradigma della rivoluzione domestica che trasforma la casa inglese durante l'Ottocento raggiungendo il suo apice nel cosiddetto free-style del periodo Arts and Crafts all'inizio del Novecento.

Il Pittoresco in architettura non è solo un vestito stilistico cangiante per articolare un'immagine esterna, ma un'organizzazione che parte dalla singola stanza per costituire un sistema aperto di relazioni multiple. L'opera di promozione del giardino di John Claudius Loudon (1783-1843) attraverso le riviste popolari e il suo The Suburban Gardener and Villa Companion del 1836, è fondamentale per relazionare i singoli ambienti della casa alle parti del giardino, stabilendo una corrispondenza reciproca tra i due ambienti. Nella pianta di un villino localizzato in un giardino, Loudon consiglia di posizionare l'edificio sul bordo della proprietà in modo da ottenere una veduta in profondità che poi suddivide in più parti con distanze diverse, legandole ai singoli ambienti della casa. Se il salotto, la drawing room, ha la vista su tutto il giardino, la dining room si apre su uno spazio esterno laterale ridotto e la breakfast room su un giardino di fiori ottagonale diviso in aree dai diversi colori. La domesticità non si arresta ai confini della casa ma crea (e, allo stesso tempo, è influenzata da) un proprio spazio esterno.

La radicale specializzazione dei singoli ambienti fino al punto da instaurare una sorta di simbolica corrispondenza rappresentativa tra spazi e azioni domestiche, il lasciare le relazioni tra le stanze aperte in modo che la casa nel suo insieme rimanga una sorta di aggregato non-finito, la scoperta degli ambienti come scatole magiche che si schiudono impreviste attraverso la loro tematizzazione, la dilatazione spaziale dell'interno della casa attraverso un'attenta gradazione dei percorsi e la creazione di un ritardo nella percezione delle relazioni tra diversi ambienti: sono questi alcuni aspetti della English House ottocentesca, in particolare della casa unifamiliare di campagna. Se quest'articolazione nasce da necessità funzionali e di rappresentanza dei diversi gruppi che abitano la casa (proprietari, ospiti, servitù), essa non ha nulla dell'art de la distribution che segna il parallelo sviluppo del palazzo o dell'appartamento borghese nell'Europa continentale e in Francia in particolare.


Richard Norman Shaw, Adcote, Shropshire, 1875.

Mentre lì si sviluppano strategie lineari come l'enfilade e il parallelo corridoio per la servitù che accedono entrambi alla stessa stanza, nulla di tutto ciò avviene in Inghilterra dove non sembra esistere divisione tra spazi serventi e spazi serviti e si passa tra le stanze attraverso altri sottoambienti tematizzati in una complessa gerarchia di soglie e gradazioni.

  Mentre in Francia o in Germania le stanze, come nella tradizione razionale rinascimentale, hanno tutte la stessa forma e sono, semmai, caratterizzate dal décor interno, in Inghilterra le stanze per diverse funzioni hanno dimensioni e altezze diverse con vari gradi di illuminazione e apertura verso l'esterno. In esse troviamo sottospazi come il bow-window, la nicchia del camino o il recinto della sitting area, vere e proprie stanze nelle stanze che accolgono dislivelli, cambi in altezza, molteplici rivestimenti all'interno dello stesso ambiente. È come se la casa diventasse essa stessa un paesaggio artificiale da scoprire, da attraversare, una regione con diverse orografie, vegetazioni, densità. (10) Partendo dalla singola stanza, gli architetti della rivoluzione domestica creano imprevedibili aggregazioni planimetriche che sembrano poter crescere con successive aggiunte. Il confine della casa diventa labile mentre le gerarchie tra gli spazi interni rimangono ferree. Esse non sono, tuttavia, bloccate da assi o direzioni prevalenti che uniscono più ambienti. Il movimento all'interno della casa, la distribuzione, è continuamente interrotta, cambia direzione, è asimmetrica, compie percorsi circolari e non diretti. Tutti gli accorgimenti sperimentati nel parco paesaggistico riemergono nel percorso all'interno della casa che sembra quasi staccare o ritardare l'accesso alle stanze. L'effetto di graduale scoperta è funzionale a ottenere un effetto di dilatazione spaziale presunta e ricostruita post-factum da una sommatoria di percezioni parziali, proprio come a Rousham.


H.M. Baille Scott, Blackwell, Westmoreland, 1897-1900.

Richard Norman Shaw, Leyes Wood, Sussex 1868, veduta.


Richard Norman Shaw, Leyes Wood, Sussex, 1868. Pianta.

Quest'articolazione in pianta può presentare più sezioni per le varie stanze, ma è anche inscrivibile in involucri edilizi di forma e linguaggio diverso. La libertà della casa inglese non è attribuibile a uno stile unitario. Non è vero che il periodo Arts and Crafts di William Morris, Philip Webb, W.R. Lethaby, C.R. Ashbee, M.H. Baille-Scott e C.F.A. Voysey, con il suo specifico linguaggio, sia l'unica materializzazione della libertà domestica. Le geniali anticipazioni di John Soane nei suoi interni neoclassici dell'inizio ottocento, di Richard Norman Shaw in stile Tudor o Queen Anne degli anni Sessanta, come pure gli epigoni eclettici di Edwin Lutyens nei primi decenni del Novecento, dimostrano come questa libertà non sia stilistica ma spaziale e distributiva. Un medesimo atteggiamento lega, ad esempio, due castelli medievali ricostruiti come Downton Castle nell'Hertfordshire del citato Richard Payne Knight del 1774-78 e Castle Drogo nel Devon di Lutyens del 1912-25, distanti tra loro più di un secolo e mezzo. Il primo ha un involucro in stile Gotico ma cela un interno Neoclassico con un salone a forma di Pantheon, il secondo è una villa modernista travestita da maniero normanno. Entrambi entrano e fuoriescono dal loro ruolo rappresentativo, incuranti delle discontinuità spaziali che si vengono a creare e sfruttandole, anzi, per alloggiare delle stanze negli interstizi tra diverse strutture. Questa libertà progettuale si innesta su una tradizione pragmatica e rappresentativa che immagina l'abitare come un viaggio che si trasferisce in diverse stazioni tematiche nel suo trascorrere il tempo. Ogni episodio spaziale avvolge come un guscio protettivo quasi esistesse a sé, ma il muoversi dall'uno all'altro ricrea un virtuale esterno dove ricercare la propria posizione perché essa non è mai data aprioristicamente.


Edwin Lutyens, Papillon Hall, Market Harborough 1902-3. Pianta.


Edwin Lutyens, Deanery Garden, Sonning 1901-2. Salone.



Edwin Lutyens, Castle Drogo, Devon, 1912-25.

Se il giardino informale influenza il modo di muoversi all'interno della casa, l'aggregato di stanze ritorna al giardino con una sequenza di piattaforme esterne il cui carattere è sempre meno affidato agli stili storici e sempre più ottenuto con un uso formale e coloristico della vegetazione stessa. La coppia Edwin Lutyens architetto (1869-1944) e Gertude Jekyll paesaggista (1843-1932), in una successiva serie di ville dagli stili diversi, inventa all'inizio del Novecento la tradizione del Flower Garden inglese con un approccio formale che organizza recinti tematici caratterizzati da diversi colori e uniti da linee d'acqua di chiara ispirazione orientale. Le piante degli esterni delle ville di Lutyens espandono gli ambienti interni proiettandoli ognuno su un giardino recintato diverso.


Lutyens e Jekyll, Deanery Garden, Sonning, 1901-2. Pianta generale.

L'attraversamento dei diversi spazi esterni compone una sorta di doppio della casa e ognuno di loro organizza uno sguardo diverso sull'intero insediamento casa-giardino, il quale non è mai visto come scisso. Casi di adattamento di luoghi preesistenti come i giardini di Hestercombe nel Somerset (1912) permettono a Lutyens e Jekyll di affiancare una nuova sequenza di terrazzamenti trattati a verde a un parco paesaggistico settecentesco e a un giardino Vittoriano, componendo una sorta di sintesi della storia del Landscape Garden. I nuovi dislivelli sono suddivisi in recinti floreali ricchi di contrappunti coloristici e di riflessi d'acqua. Tutti i muri di contenimento, le pavimentazioni e le scalinate sono caratterizzate dall'uso della pietra a spacco che ammorbidisce i confini geometrici in un pattern di straordinaria sensibilità. (11)


Richard Payne Knight, Downton Castle, Herefordshire, 1774-78.


Edwin Lutyens, Castle Drogo, Devon, 1912-25. Testata e cappella.


Lutyens e Jekyll, Hestercombe Gardens, Somerset, 1912. West Water Garden.


Lutyens e Jekyll, Hestercombe Gardens, Somerset, 1912. Pianta.

Lutyens e Jekyll, Hestercombe Gardens, Somerset, 1912. The Great Plat.

La commistione di tradizione e libertà della casa inglese sono teorizzate per la prima volta da un libro che è centrale per lo sviluppo dell'architettura moderna: Das Englische Haus, scritto dall'architetto attaché dell'ambasciata tedesca a Londra Hermann Muthesius nel 1903. Ci voleva uno sguardo straniero, estraneo, per cogliere tutta l'originalità della casa inglese. Muthesius individua nell'invenzione della privacy, la fonte della divisione, e corrispondente articolazione, della casa e del giardino inglese. Scrive "...e dunque la stanza inglese è come una gabbia, in cui l'occupante è completamente separato dalla stanza limitrofa. Gli inglesi scuotono la testa alla vista della planimetria di un edificio continentale con le sue continue porte passanti e gli anditi generici. In tale casa si sentirebbero come seduti per strada, vedrebbero ciò come un'interferenza a uno dei loro bisogni più cospicui, il desiderio di privacy...". La casa inglese dunque crea lo spazio domestico, indirizzato al singolo individuo, alle sue azioni. Le parti pubbliche sono mediate, riportate alla micro-collettività del nucleo famigliare, l'esterno è chiuso fuori. La casa, attraverso il suo funzionalismo esasperato, diventa come un vestito a misura per il suo utente e quest'articolazione appare a Muthesius come un segno del progresso, una liberazione dall'imperativo delle forme assolute, degli stili, delle convenzioni sociali imposte. (12)

  Nel suo idealismo, Muthesius astrae delle norme generali dalla casa inglese e le importa nell'Europa continentale. Celebra più il funzionalismo domestico e meno l'informalità compositiva o la libertà stilistica. Muthesius difende, anzi, la rivoluzione Arts and Crafts: l'ossessione per il prodotto artigianale sincero è da lui contrapposta allo storicismo con una forzatura ideologica che nega il sostanziale eclettismo linguistico della tradizione inglese. Das Englische Haus diventa uno dei contributi che influenza maggiormente il dibattito del Werkbund tedesco ma l'interruzione di questo con la Prima Guerra Mondiale, blocca la diffusione delle idee di Muthesius. Da qui inizia un curioso divorzio tra l'evoluzione dell'architettura moderna centroeuropea, presunta progressista, e quella domestica inglese che, pur avendola influenzata, viene relegata nell'alveo del tradizionale per essere rimasta legata ai linguaggi storici. La sostanziale indifferenza stilistica del pragmatismo inglese, il suo adottare uno specifico linguaggio per ogni spazio, sono agli antipodi dello spazio trasparente del Modernismo, dell'astrazione geometrica, del primato delle tecniche, tutte forme che sono lette come invasive di quella privacy britannica capace di ritagliare più spazi nello stesso spazio.


Mies van der Rohe, Villa in mattoni, 1924.


W.E. Nesfield, Cloverly Hall, Shropshire, 1862.
Ci sono profonde analogie tra alcuni progetti modernisti e la libertà delle case inglesi pubblicate da Muthesius: le planimetrie delle prime ville di Mies van der Rohe, ad esempio, rimandano alle case additive pubblicate su Das Englische Haus nel contrappunto dei loro successivi spazi proiettati verso l'esterno. La somiglianza è, tuttavia, solo nella figura planimetrica: Mies si avvale di un linguaggio astratto unitario e prefigura uno spazio continuo e trasparente; la casa inglese ha invece al suo interno più linguaggi e più spazi chiusi irriducibili tra loro. Più vicina all'originale spirito inglese, è la lettura di Adolf Loos nelle sue ville viennesi d'inizio Novecento. Con il suo Raumplan (pianta spaziale), Loos traduce in forme astratte la flessibilità distributiva della casa inglese ma non sottopone gli ambienti all'ordine di un unico spazio. Crea, invece, una sequenza di nicchie, sottospazi e dislivelli nelle transizioni tra le stanze, sottolineandoli con rivestimenti in pietra o legno che traducono in un'asciutta forma materica la figuratività eclettica dell'English Free Style. Il rimando di Loos a una sorta di paesaggio interno con più livelli ha notevoli influenze sullo sviluppo del Modernismo ma esso non è mai letto come una forma di frammentazione dello spazio, ma come una fase intermedia del progresso verso il plan libre di Le Corbusier, ancora avvolta in forme costruttive tradizionali. (13)


Adolf Loos, Villa Muller, Praga, 1930.
  La tradizione pittoresca e la rivoluzione domestica inglesi sono state citate come fasi di formazione di uno spirito moderno dalla storiografia ufficiale di Pevsner e Giedion, ma sono state analizzate nella loro componente spaziale solo negli ultimi decenni. Con la morte delle grandi narrazioni del progresso tecnologico, il Postmoderno ha riscoperto il Pittoresco ma lo ha prevalentemente legato all'eclettismo stilistico. In Complexity and Contradiction in Architecture, Robert Venturi cita Soane, Lutyens e il free style dell'Arts and Crafts, ma riduce l'architettura inglese a un gioco stilistico ignorando il rapporto spazio-linguaggio. (14) Più efficace è invece la lettura della Land Art degli anni Sessanta-Settanta che riscopre le strategie del Landscape Park settecentesco riconoscendo il fondamentale contributo dato da esso nel promuovere una lettura cinetica-temporale dello spazio. Nozioni di percezione in movimento, di parallasse, di illusioni ottiche, di memoria additiva, di orografia artificiale e d'impiego del paesaggio come materiale figurativo abbondano negli scritti e nella pratica di Robert Smithson, Robert Morris, Richard Serra, Michael Heizer e Walter De Maria. (15)

  Due artisti inglesi, Richard Long e Amish Fulton, usano addirittura il camminare nel paesaggio come materiale artistico, documentando i loro attraversamenti del territorio naturale e marcando il terreno con segni archetipici che rimandano ai siti preistorici di Cerne Abbas, Uffington e Maiden Castle. Nella Land Art, lo spazio paesaggistico si prefigura come irriducibile alla singola immagine ed è, semmai, articolato da successivi spiazzamenti innescati da opere artistiche a scala territoriale che coinvolgono la presenza fisica delle spettatore. In esse, come nel parco settecentesco, un confine ultimo non è mai dato e lo spazio si apre continuamente verso un altrove che simboleggia l'orizzonte aperto dell'arte. L'artificio si fa apparato per una continua proiezione dei luoghi reali e quest'esperienza artistica rimane, forse, l'evoluzione più fedele delle strategie del Pittoresco nella contemporaneità perché improntata sulle relazioni tra spazio, materia e rappresentazione e mai su forme prefissate.

Nell'architettura dello stesso periodo, due sono i personaggi che traggono maggiore impiego dalla rilettura della compresenza di spazi paralleli della tradizione informale inglese. Essi sono legati alla cultura insediativa degli Stati Uniti e questo mostra come la rivoluzione domestica inglese abbia profondamente influenzato l'architettura americana, trovando qui un territorio meno condizionato da gerarchie sociali dove esprimersi liberamente. Frank O. Gehry, nelle sue prime case californiane, tratta l'ambiente domestico come un aggregato informale di involucri edilizi semplici, quasi delle scatole, ognuna delle quali ha un linguaggio proprio.


Frank Gehry, Familian House, Santa Monica, 1978.
Questo avviene sia negli interni (si pensi ai dislivelli della casa di Ron Davis del 1971) sia nell'insieme (negli insediamenti additivi nelle case degli anni Settanta-Ottanta). Rem Koolhaas, nella teoria della congestione urbana esposta in Delirious New York, riconosce nei grattacieli americani un'eredità dell'informalità inglese, mostrando come mondi tematico-spaziali differenti possano convivere fianco a fianco in un unico contenitore verticale. (16) In entrambi gli autori è perseguita una legge della contiguità dei diversi senza una forma spaziale unitaria come legante.

In questo, sia Gehry sia Koolhaas, hanno intuito che lo spazio Pittoresco è diverso da quello Organico o Espressionista. Per quanto nelle loro architetture sia perseguita l'informalità, essa non deve essere necessariamente espressa: la libertà spaziale va oltre la propria immagine. Non c'è ricerca di figure che assomiglino alla natura o, attraverso la loro irregolarità, simboleggino la libertà dal more geometrico. C'è invece la ricerca delle condizioni che rendano più forme spaziali compresenti senza che esse siano incorporate in un linguaggio riconoscibile. La libertà compositiva del free-style inglese può anche essere inclusa in un perimetro definito ed espressa con un linguaggio architettonico unitario: essa si nasconde all'interno di questi limiti lasciando, tuttavia, aperte le condizioni per la compresenza di ambienti diversi con una sorta di processo di autoframmentazione dello spazio. Se nella scuola organica-espressionista della Germania e dei Paesi Scandinavi c'è la ricerca di una simbologia naturalistica, qui c'è una vera e propria antiforma irriducibile a una singola rappresentazione. Forse è anche questo il motivo perché questa tradizione scorre come un fiume sotterraneo. Essa è molto più radicale delle avanguardie, costrette a dichiararsi attraverso manifesti o figure comunicabili. Qui c'è invece una libertà progettuale indifferente all'espressione e capace di assumerne più di una. Questo tipo di approccio all'architettura non è riconducibile alla sola analisi compositiva della planimetria di progetto, né a quella linguistica degli stili e neppure a quella tettonica, visto che assume diverse forme costruttive. Solo una disanima dell'articolazione delle funzioni, della distribuzione delle figure e dell'esperienza spazio-temporale dello specifico sito possono rendere conto di questi palinsesti spaziali.


Tony Fretton, The Red House, Chelsea, Londra, 2001.
Forse è proprio questo il motivo per cui alcune delle più interessanti proposte dell'architettura inglese recente, poste al di fuori dell'High-Tech e del pastiche storicista promosso dal Principe Carlo, sono state sottovalutate nella loro provocatoria libertà. Già nei decenni scorsi, i montaggi architettonici di James Stirling sono transitati con indifferenza attraverso successive scuole e -ismi che hanno cercato di classificarli. Anche oggi, attraverso le sofisticate asimmetrie degli edifici di Tony Fretton, Caruso & St. John, Maccreanor-Lavington e altri, l'architettura inglese continua a produrre singoli casi di spiazzamento paesaggistico. Viste alla luce della tradizione che si è tentato di individuare, queste strutture costituiscono delle oasi di complessità e di resistenza al alla banalizzazione dell'architettura. Da un altro punto di vista, questo approccio camaleontico e pragmatico, attraverso l'influenza della cultura anglosassone, è forse più diffuso di quanto si pensi nella costruzione dello spazio occidentale. Esso è l'espressione più articolata della separazione tra significante e significato nel mondo dell'alienazione capitalistica, della capacità di trasformare ogni realtà spaziale in un messaggio comunicabile e della possibilità di lasciare le relazioni aperte tra diverse individualità in modo da renderle continuamente sostituibili. L'antiforma da un lato è strumento dell'irrealtà comunicativa, dall'altro ha profondi legami con l'esperienza fisica e temporale dei luoghi. Rendendoli cangianti ha reso possibile l'infinita permutabilità dello spazio fisico. L'origine del parco nella natura era un pretesto, gli obiettivi molto più ampi.

Pietro Valle
pietrovalle@hotmail.com


NOTE:

1. Su questo tema vedi: Graham Clark, Prehistoric England, Londra 1962.
2. Sull'architettura inglese dal Cinquecento all'Ottocento, il testo canonico rimane John Summerson, Architecture in Britain 1530-1830, Londra 1853. Vedi inoltre Mark Girouard, Robert Smythson and the Elizabethan Country House, New Haven 1983 e Kerry Downes, Hawksmoor, Londra 1969.
3. Sull'origine del parco paesaggistico e sulle teorie del Pittoresco vedi i capitoli "The State and Estate of Nature" pp. 11-14 e "Theories of the Picturesque" pp. 64-70 in Ann Bermingham, Landscape and Ideology, San Francisco 1986.
4. Sul rapporto del parco con il tempo e la storia vedi Jean Starobinsky, "The Assembled Universe", pp. 194-96 in The Invention of Liberty 1700-1789, Parigi 1964.
5. Tra le migliori descrizioni dei primi parchi paesaggistici vi è il classico di Geoffrey e Susan Jellicoe, The Landscape of Man, Londra 1975. Vedi in particolare il capitolo "The English School", pp.232-47. Vi è poi il più recente L'Architettura dei Giardini dell'Occidente, dal Rinascimento al Novecento, a cura di Monique Mosser e Georges Teyssot, Milano 1990.
6. Su questo tema vedi l'antologia di scritti di Nikolaus Pevsner, Studies in Art, Architecture and Design vol. I, Londra 1962 e in particolare i tre capitoli "Richard Payne Knight" pp. 109-25, "Uvedale Price" pp. 127-137 e "Humphrey Repton" pp. 139-155.
7. Su Repton vedi Alessandra Ponte, "Paesaggi Artificiali, il caso di Humphrey Repton" in Lotus International 52, 1986, pp. 53-71.
8. John Summerson, Architecture in Britain 1530-1830, cit. p. 484.
9. Roger Dixon e Stefan Muthesius, Victorian Architecture, Londra 1978
10. Su questo tema vedi il bellissimo saggio di Robin Evans, "Figures, Doors and Passages" (1978) in Translations From Drawings to Buildings and Other Essays, Londra 1996, pp. 55-70.
11. Gertrude Jekyll illustra le sue teorie in Colour in the Flower Garden, Londra 1908. Su Lutyens, la migliore pubblicazione rimane la ristampa di Lawrence Weaver, Houses and Gardens by E.L. Lutyens, Londra 1913 (ristampa 1981) che raccoglie le pubblicazioni delle ville dell'architetto sulla rivista Country Life.
12. Hermann Muthesius, Das Englische Haus, Berlino 1903, ristampa inglese, The English House, con un'introduzione di Dennis Sharp e una premessa di Julius Posener, New York 1987.
13. Su questo tema, uno dei testi recenti più interessanti è Max Risselada, Raumplan to Plan Libre, Adolf Loos and Le Corbusier 1919-1930, Rotterdam-New York 1988 poiché cita l'influenza dell'English Free Style sullo sviluppo dello spazio modernista.
14. Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture, New Haven 1966.
15. Degli innumerevoli testi dei protagonisti della Land Art, basti qui citare Robert Smithson, "Frederic Law Olmsted and the Dialectical Landscape" in The Writings of Robert Smithson (a cura di Nancy Holt), New York 1979, pp. 109-120 che cita Price, Knight e tutto il dibattito del Pittoresco. Un'analisi della presenza del Pittoresco nell'arte degli anni Sessanta-Settanta, e in particolare nell'opera di Richard Serra, è in Yve-Alain Bois, "A Picturesque Stroll around Clara-Clara" su October 29, 1984, pp. 32-62.
16. Rem Koolhaas, Delirious New York, A Retroactive Manifesto for Manhattan, New York 1978.
Questo saggio nasce da un interesse nell'architettura inglese sviluppato nel corso degli anni e approfondito con diversi viaggi, l'ultimo dei quali si è svolto nell'estate 2009. Ringrazio tutti coloro incontrati in questa occasione che hanno discusso le tesi qui presentate, in particolare Tony Fretton, Robert Kennett, Francesca Medioli e Kester Rattenbury. [PV]

la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


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