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Books Review

Event Cities 2





Bernard Tschumi
"event cities 2"
MIT Press 
USA 2001
pp692, $35.00

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Vari episodi hanno scandito, come in un film a puntate, il programma teorico di Bernard Tschumi. Verificata l'assenza di luoghi attuali dove far confluire un pensiero analitico, a partire dalla fine degli anni Settanta, scritti, libri, saggi e manifesti d'architettura sono tornati a far parte dei modi di espressione di alcuni architetti impegnati a revisionare il pensiero contemporaneo e le sue forme: Venturi, Hejduk, Koohlaas, Eisenman, Tschumi, Holl nella tradizione dei precedenti maestri usano documenti teorici per divulgare le loro idee e i loro progetti. Architetti americani e "americani" nel senso che con il paese più potente del globo hanno relazioni profonde e impegni di vario tipo e con il quale sono debitori dei loro trionfi.

La cultura degli Stati Uniti, le sue risorse economiche, gli sviluppi e le garanzie di commercializzazione di ogni tipo di prodotto, garantiscono l'immediato successo, da "best-sellers", a ogni intervento scritto degli autori più rappresentativi del panorama architettonico degli ultimi anni. L'analogia col cinema è evidente. Ogni film americano da decenni sbaraglia quelli di altri paesi, ponendosi l'obiettivo di identificarsi come l'evento dell'anno. Quasi come un noto regista a cui non sono preclusi i trucchi della migliore finzione cinematografica hollywodiana, anche Tschumi mette in scena i suoi capolavori, allontanandosi drasticamente dai primi esperimenti teorici esposti su Oppositions, in "Architectural Manifestos" (1978), fino a "The Manhattan Transcripts" (1981) dove l'azzardo sperimentale connotava maggiore originalità, e non solo nella veste grafica.

I modi non sono tanto diversi dalle sequenze delle sagre di Guerre Stellari o di Rambo e Rocky. "Event Cities 2" esce a soli sei anni di distanza da "Event Cities" (sottointolato Praxis) per continuare solo apparentemente il racconto di una straordinaria ricerca sugli oggetti architettonici, sulle sue regole compositive e relazionali, sullo scontro con il contesto urbano, all'interno di modi del tutto diversi rispetto a tradizioni ormai aggrappate a modelli ampiamente superati: su tutti la critica di Tschumi alle letture post-moderniste e neo-razionaliste della metropoli del ventesimo secolo per concentrare la ricerca su grammatiche di scomposizione e alterazione della sintassi architettonica.

Come viene anticipato nell'introduzione, "Event-Cities 2 è una documentazione di progetti urbani disegnati per il 21°secolo". Per questo allora, non si tratta banalmente del seguito della precedente antologia, ma di una interna e personale rivisitazione delle tecniche operative del progetto, in parte distanti dalle esperienze trascorse, quasi si trattasse di un personale trapasso autobiografico, da pioniere ed esponente di un imprecisato decostruttivismo al ruolo di sperimentatore di paradossi urbani. I progetti non sono più esempi, ma modelli teorici di riferimento necessari a codificare nuovi contesti, sfondi o scene dove ambientare le proprie storie. Non a caso rispetto al primo volume, mutano le classificazioni date ai gruppi dei lavori. E il cambiamento è sintomatico di una diversa presa di posizione nei confronti della realtà, dove ogni singolo progetto cercava di lasciare un segno più o meno incisivo sul territorio.

Se in "Event Cities" la catalogazione seguiva criteri riferiti ad ambiti più precisi di lettura diretta dei grandi temi dell'architettura metropolitana (Planning Strategies, Architectural Urbanism, Urban Architecture, Transient Events), nel secondo libro a guidare la scelta sono argomenti più astratti, quasi di ermeneutica, interni all'oggetto architettonico stesso piuttosto che di relazioni contestuali: Space Event Movement, Vectors, Vois and Solids, Activators, Envelopes denotano con estrema lucidità la fine di ogni possibile tentativo di risolvere la metropoli contemporanea. La caduta di ogni interesse verso l'architettura della città. La presa di coscienza della sconfitta di certi ideali (e in particolare dell'architettura urbana) di riuscire a modificare o controllare le espansioni casuali della città, di mettere ordine in un caos dove ogni regola è assente. Pensare al progetto in termini svincolati da ogni eroica assegnazione di strumento destinato a introdurre cambiamenti migliorativi rispetto al precedente stato di fatto.

L'inutilità dell'architettura si manifesta alla luce dei problemi delle città attuali e come le opere d'arte o i film rimane un puro e semplice svago. Si capisce così l'universo isolato del progetto per il Parc della Villette, l'evento e l'avvento delle Folies, microcosmi per un nuovo paesaggio. Si comprendono le complesse tecniche di rappresentazione di Tschumi, i disegni fotorealistici del computer, le prospettive aggressive per denotare situazioni spaziali diverse, più complesse e per questo anche autonome rispetto a quelle tradizionali della città, i grafici come morfemi generatori del piano. Come fotogrammi, l'elenco delle viste più significative corrispondono per lo spettatore a sequenze da osservare. 

L'accentuazione ai temi trattati data da Tschumi all'inizio di ogni capitolo, con riferimenti ai film fondativi della storia del cinema o alle immagini di situazioni urbane, non è quindi casuale. Paradossalmente l'uomo vive oggi i suoi ambienti come se fosse il personaggio di un film. La svolta è ormai imminente, il passaggio è già in atto, l'inizio di un periodo storico, delle sue certezze e incomprensioni, non può che darsi in modi nuovi e diversi, nella ridefinizione di codici, nella separazione ("disjunction") dell'architettura da se stessa e dalla realtà. È il grado zero dell'architettura, sperimentata da Tschumi nei progetti per il FRAC Centre di Nantes o per la Scuola di Architettura di Marne-la-Vallée a proiettarci negli eventi del paradosso della vita, a ricreare contesti dove sia permesso di agire al di fuori di consolidate e superate esperienze. E questo nuovo compito deve essere indagato anche dall'architettura. A prescindere da ogni linguaggio e da ogni stile: siamo innanzi a un'ulteriore teorizzazione sulla fine della città.

Matteo Agnoletto
agnoletto@architettura.it
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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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