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Books Review

Alle origini della città moderna





Lorena Luccioni
“Alle origini della città moderna.
Impianti urbani medievali di città minori dell'Italia centrale”
Introduzione di Umberto Cao
Alinea, Italia, 2001 
pp 256, Euro 23,50
Come studiosi di architettura e di città siamo passati in questi anni attraverso modi diversi di recepire il valore della città e il senso della sua forma, consapevoli che queste diverse condizioni fossero in stretto rapporto con la più ampia trasformazione della società e della cultura occidentale.

Appartengo ad una generazione che ha vissuto almeno quattro passaggi: eravamo ancora studenti quando in tutta Europa si sperimentava l'insegnamento dei maestri del Novecento dopo almeno tre decenni di dibattito sulla città moderna; da giovani architetti abbiamo verificato i punti di crisi di una visione urbana che privilegiava la crescita e l'espansione alla trasformazione o al recupero; nella maturità abbiamo imparato a riconsiderare la continuità della storia e la permanenza delle forme urbane; oggi infine ci troviamo immersi in una città dispersa che mette in discussione non solo le ragioni della forma, ma anche quelle del progetto. Che succede? Cambia velocemente la città, oppure si modifica ancora più rapidamente il nostro pensiero?

La risposta ovviamente comprende entrambe le ipotesi, ma con una ulteriore considerazione: se è vero che la città vede modificarsi con il tempo i suoi connotati formali e le ragioni delle sue modalità insediative, è altrettanto vero che queste trasformazioni lasciano tracce anche nello spazio, ovvero si sedimentano conservando la loro intelleggibilità; così dobbiamo parlare non "della città" ma "delle città", non di "una" forma urbana ma delle "tante" forme che la città assume nella sua trasformazione spazio-temporale.

E se pensiamo quanto sia diventato importante in questi anni il tema del progetto di modificazione rispetto a quello del progetto del nuovo, o quanto necessario il progetto di tutela e compatibilità ambientale, o ancora quanto peso abbia oggi il tema del recupero e del restauro, ci rendiamo conto che, per quanto coinvolti dalla metropoli contemporanea senza forma, ma ricca di immagini, fatta di "nonluoghi", eppure aperta allo scambio e alla comunicazione, per quanto partecipi di un dibattito che si interroga sul significato stesso di città, il nostro territorio vive ancora nella storia.

Con queste premesse va letto il libro di Lorena Luccioni. Un libro che vuole guardare ai territori nei quali un ruolo centrale occupa la città di formazione medievale. Lontana sia da toni accademici che da pedanterie storiche, l'autrice classifica e legge la struttura urbana di molti piccoli centri storici dell'Italia centrale dal punto di vista dell'"architetto militante", scavando nel corpo della città antica per scoprirne le cartilagini più intime. La lettura della struttura e della trasformazione di queste piccole città, la documentazione iconografica come i grafici interpretativi, sono animati dall'intenzione di decifrarne i segreti, di scoprirne le relazioni, di valutare le testimonianze; dal desiderio di acquisire quella stessa certezza di forma, quella eccezionale capacità di misurare lo spazio urbano che il medioevo ci ha consegnato. 

Sino alle pagine conclusive, nelle quali viene documentata la tesi che anima il libro: al di là dello stretto rapporto con la topografia naturale e la morfologia del terreno, e al di là delle motivazioni difensive che ne determinavano l'insediamento e la forma, rimane il "sospetto dell'esistenza di un progetto nella città del medioevo che avesse guidato, secondo nuove geometrie, la nascita e la crescita dei centri abitati". E la regola prima di quest'ordine sembra essere da una parte la volontà di lavorare per parti concluse, dall'altra l'intenzione di affidare allo spazio pubblico, aperto e disegnato, il ruolo di cerniera tra queste stesse parti. Così, definendosi con principi insediativi certi e ripetuti, quasi statutari, la città medievale smentisce di essere la forma urbana più lontana da qualunque regola o statuto.

Allora il pensiero torna alla città di oggi. Una città che ha perso il suo ruolo elitario e sacrale di "polis" per assumere quello più popolare e massimalista di "metropoli". Una città che di nuovo sembra senza regole. Però negli stessi paesaggi indagati da Luccioni e segnati dalle tracce della storia, questa metropoli contemporanea ci appare lontana sia dalle periferie mediterranee frutto della speculazione edilizia post bellica, sia dalla Manhattan estranea e rarefatta celebrata nei dipinti di Edward Hopper, sia dalla cupa e sinistra città di Blade Runner anticipata nei presagi di Ridley Scott.

È una metropoli che si distende nel paesaggio e nelle valli dell'Italia centrale sino alla costa adriatica con caratteri affatto autonomi: è la città della grande dimensione, delle relazioni, delle infrastrutture, degli spazi aperti. Ma è anche città della luce, del verde e dell'acqua. Città nella quale torna un rapporto stretto tra natura e architettura, nella quale occorre fare i conti con i rilievi, i boschi, i fiumi, la costa e il mare. È città diffusa e discontinua, complessa ed ibrida, alla quale partecipano, nel loro nobile e solitario arroccamento, anche le piccole città medievali di questo libro, ma sarebbe un grave errore leggerla solo come una forma de-generata della città consolidata.

Per capire questa città dobbiamo imparare a cambiare le "regole del gioco", ovvero i criteri di analisi e di giudizio. E forse, anche qui, scopriremo nuovi "ordini".

Umberto Cao
(dall'introduzione al volume)
[23feb2002]
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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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