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Books Review

Cities for a small country





Richard Rogers and Anne Power
"Cities for a small country"
Faber&Faber
London, 2000
pp310 UK 14,90
Alta tecnologia, attenzione costante del dettaglio, sfida alle leggi statiche e della gravità con strutture sempre originali, sperimentazione continua di nuovi materiali con lo sguardo all'evoluzione del vetro e dell'acciaio. Con riferimento a queste caratteristiche, non possiamo fare a meno di pensare immediatamente a Richard Rogers e, più in generale, alla scuola inglese di architettura che da oltre trenta anni ci emoziona con opere sempre innovative.

Sorprende, però, sapere che il padre del Centre Pompidou a Parigi, l'ideatore dei Lloyds e del Dome a Londra risulta essere anche attento urbanista ed acuto sociologo. Scoprire la vera etica di un architetto, che viene rappresentato soltanto dall'estetica delle opere realizzate non è facile, come, è ancor più difficile, quando si è protagonisti, convincere il pubblico che non si fa parte di un "cliché".

[03apr2002]
Richard Rogers, invece, tutto ciò lo sta dimostrando oramai da tempo; fa parte, infatti, della Urban Task Force inglese, dedicando gran parte del suo tempo allo studio di temi che non riguardano solamente l'urbanistica ma anche l'indagine delle realtà sociali esistenti e che si stanno configurando nelle città dove oggi viviamo.

Con la pubblicazione di "Cities for a Small Country", per la cui realizzazione si è avvalso della collaborazione di Anne Power (professoressa di Politica Sociale presso la London School of Economics), l'architetto britannico ripercorre la storia degli ultimi cinquanta anni di pianificazione territoriale in Inghilterra e, più in generale, nel mondo, focalizzando le problematiche delle città contemporanee ed i fattori che le hanno causate.















Barcellona e il suo straordinario rinnovamento, Copenhaghen ed Amsterdam con il nuovo modo di concepire lo spazio pedonale, Curitiba come modello di moderna pianificazione, sono solamente alcuni degli esempi da cui prendere spunto per riprogettare la città contemporanea.

Con riprogettare non si vuole intendere ricostruire. Oggi, più che mai, le nostre città hanno bisogno di essere rivitalizzate attraverso l'uso degli spazi che abbiamo perduto. Oggi, più che mai, la città deve tornare ad essere compatta, densa, mista e integrata.




E' l'idea della città che pulsa, che freme, che vive. La città in cui il lavoro, lo svago e tutte le altre attività quotidiane, interagiscono in perfetto equilibrio.

La città come territorio in cui riconoscere la propria identità. La città come luogo e spazio. Per ritrovare questi valori, perduti con l'avvento della rivoluzione industriale, bisogna in primo luogo fermare l'espansione disordinata; quella che, tradotta in termini architettonici, ha trasformato i limiti delle città in suburbia. Proprio la bassa densità di questi insediamenti, il più delle volte mal progettati o addirittura nati senza una vera e propria pianificazione, sta portando le città al collasso. 

La crescita dell'hinterland richiede la costruzione di notevoli infrastrutture nonché l'utilizzo di sempre nuova terra, che, come bene finito di immenso valore, andrebbe invece preservata con la massima attenzione. E chi paga il prezzo economico e sociale di tutto ciò è la città stessa, sempre più incapace di sostenere la pressione delle sue appendici.

Tutto questo in termini di vivibilità, si traduce in traffico, disagi sociali, ghettizzazione, delinquenza, sporcizia. Aree dismesse completamente abbandonate, centri storici invasi da macchine, trasporti inefficienti e spazi verdi sempre più piccoli hanno radicalmente cambiato la struttura delle città storiche.

Dare una nuova configurazione ai luoghi dove viviamo è, oggi, cosa ancora possibile e le città lo stanno chiedendo da troppo tempo. Non dobbiamo ricostruire le città ma riciclarle, riusarle, riadattarle. Dare un nuovo carattere agli edifici in disuso, insieme con una nuova urbanizzazione, porterebbe nuova linfa a tutte quelle aree dismesse che fanno ancora parte della città, evitando così una espansione non necessaria.



Non dobbiamo potenziare le reti stradali ma studiare i meccanismi che regolano quelle esistenti. Rendere efficienti i trasporti pubblici aiuterebbe a dissuadere i cittadini dall'uso della macchina. Pedonalizzare i centri storici delle città riporterebbe alla conquista di spazi che, per antonomasia, sono sempre stati pubblici.

Non dobbiamo fermare la costruzione di nuovi edifici che possano contribuire al miglioramento della città ma controllare, attraverso rigide regolamentazioni, gli abusi e le speculazioni. Salvaguardare il verde è un dovere per noi e per le generazioni future. Oggi le città, nonostante occupino solamente il 2% dell'intera superficie terrestre, utilizzano il 75% delle risorse energetiche mondiali, disperdendone, in maniera irreversibile, la stessa percentuale.

Il Nord America e l'Europa, avendo solo 1/10 della popolazione mondiale, consumano la metà dell'energia a disposizione. Sono questi i temi, riferiti indifferentemente alla scala microscopica dei suburbi e delle città come a quella macroscopica del pianeta, su cui Rogers invita a riflettere. Un invito rivolto a tutti. A chi vive la città, a chi la città l'ha abbandonata, agli architetti che alla stessa danno un volto, agli urbanisti che ne pianificano la crescita, ai governanti che la gestiscono. A tutti coloro che, attraverso una visione lungimirante, possono ridare il necessario equilibrio non soltanto alle singole città ma all'intero pianeta.

Questo libro vuole essere un monito, una presa di coscienza, un' idea per un futuro sostenibile. "Andiamo incontro ai bisogni delle generazioni presenti senza, però, compromettere le esigenza delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni" (R.R.)

Davide Costa
davidecosta@iol.it

Davide Costa, laureato in architettura a Roma nel 1998, è stato vincitore del concorso europeo "Miglior impianto sportivo: sezione Tesi di laurea" e terzo classificato al SAIE con lo stesso progetto. Ha collaborato con l'Università, presso il cantiere del Nuovo Auditorium di Roma (RPBW), per la realizzazione informatica di programmi per il monitoraggio e la manutenzione dell'opera. Dopo aver partecipato alla progettazione di un edificio bioclimatico da costruire all'interno del Nuovo Polo Tecnologico di Roma per conto della Tecnocons, si è trasferito a Genova dove ha fatto parte dello staff centrale del Renzo Piano Building Workshop. Qui, per un anno, ha collaborato alla realizzazione di diversi progetti fra i quali il Nuovo Complesso Residenziale e Commerciale a Lisbona ed Il Nuovo Convento dei Frati Cappuccini a Monte Rotondo. Oggi risiede a Londra e fa parte dello staff centrale del Richard Rogers and Partnership per il quale, da un anno e mezzo, si occupa della progettazione del Nuovo Aeroporto di Londra (Terminal 5) nel team del vetro strutturale e dell'acciaio.
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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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