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La metropoli dopo



Pippo Ciorra, Gabriele Mastrigli (a cura di)
"La metropoli dopo"
Meltemi editore, 2002
pp. 168, €14,50

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Quest'esplorazione narrativa in dodici tappe, affidata alla penna di viaggiatori –architetti, critici e giornalisti- e presentata in una selezione introdotta da Pippo Ciorra e Gabriele Mastrigli, muove dall'Europa dell'Est e dall'Africa verso le metropoli asiatiche e ci conduce fino al cuore dell'occidente, a New York, offrendoci un significativo quadro delle trasformazioni urbane in corso nelle grandi città mondiali. La raccolta di scritti, iniziata due anni fa sulle pagine culturali de "il manifesto", non intende costituire una "mappatura esaustiva" delle città contemporanee, un catalogo urbano, ma piuttosto "un viatico per ulteriori viaggi e cartografie".

Molte delle metropoli raccontate nel libro presentano realtà geografiche e culturali che, un tempo assai differenti per distanza fisica e culturale, sono oggi caratterizzate da una sorta di azzeramento di tali diversità enfatizzato dal "dilagare dei mezzi e delle tecnologie di comunicazione", come dice Gabriele Mastrigli nella sua introduzione, e riprodotto "nella dimensione virtuale della Rete". E così Taipei, capitale di quella che un tempo era nota con il romantico nome di Ihla Formosa, oggi richiama alla mente una sconfinata Los Angeles, con il suo territorio frazionato e caratterizzato da forte dispersione, intagliato da freeway a otto corsie, e appare dimentica dell'incantevole paesaggio naturale che un tempo affascinava i marinai portoghesi che approdavano alle sue coste.

Nelle pagine affidate alla penna di Franco Purini, Singapore, la cui immagine attuale è oggi "consegnata al silenzio dei flussi immateriali del denaro", si mostra in tutta la sua adulterazione da theme park, "sapiente autofalsificazione" che fa sì che essa non sia quasi più in grado di dimostrare un senso di appartenenza al suo luogo. Shangai cede al conformismo della globalizzazione culturale mostrando un'"adozione entusiastica dei grandi feticci urbani della società occidentale" e un "volto moderno e tecnologico da centro direzionale di respiro planetario". Si tratta, conclude Mastrigli, dell'"immagine della metropoli che l'Occidente ha sempre immaginato e mai completamente realizzato".

Ma ci sono anche città quali Valparaiso dove la ricerca architettonica, come ci dicono Maurizio Giufrè e Antonio Angelillo, è critica dei modelli dell'urbanistica contemporanea e "si oppone al conformismo della globalizzazione culturale attraverso una sua posizione radicale e autoctona che è specchio della complessità del suo paesaggio urbano". Esistono poi condizioni urbane particolari, quale quella di Tokyo che si mostra al viaggiatore Renato Nicolini con due immagini tra loro stridenti, opposti inconciliabili risultato l'uno di un'osservazione ravvicinata e l'altro di un'inquadratura in campo lungo: da una parte il tatami, i piccoli ristoranti per una ristretta cerchia di clienti, il gusto per il dettaglio; dall'altra la convulsa megalopoli dell'Hokkaido, con i suoi imponenti grattacieli e l'intricata rete di sopraelevate.

O Tunisi, città dalla doppia identità -araba ed europea, antichissima e moderna- che, nelle parole di Silvana Annicchiarico, mostra "i segni spesso contraddittori della storia che l'ha generata, così come le contrastanti pulsioni –a cominciare da quella fra nomadismo e sedentarietà- che animano le diverse culture che in essa si sono stratificate". E Mosca, la più grande città europea, la cui amministrazione municipale ha ben poche somiglianze con quella delle altre città occidentali; metropoli in crescita vorticosa, che cambia "senza mai voltarsi indietro" –come ci racconta Astrit Dakli- pur restando per molti versi "continuista" nel suo tentativo di mantenere una peculiare linearità "con una parte del suo passato, quella che a parole più viene rinnegata".


Hong Kong, particolare (foto: Mimmo Chianura, archivio "il manifesto").

La Beirut descritta da Ciorra, poi, oscilla schizofrenicamente tra la "tipica condizione urbana occidentale contemporanea" e una posizione più autoctona che "si aggrappa in ogni modo ai suoi simboli e alla sua memoria, al suo ruolo storico di porto franco, al suo disincanto". Ci sono anche città come Pechino che, tra le metropoli asiatiche, è probabilmente quella più "noiosa" e apatica, come osserva Richard Ingersoll; una città la cui urbanistica oscilla pesantemente "tra controllo e libertà" e dove il "totalitarismo soft" cinese -chiaramente espresso dal forte impatto della fascia di verde lunga quaranta chilometri che collega l'aeroporto con il centro città, punteggiata con controllo autoritario di alberi tutti uguali, filari ininterrotti di ginko- si alterna a una sorta di lassismo che fa sì, ad esempio, che le facciate dei ristoranti lungo le principali arterie di traffico siano liberamente decorate con un "approccio Las Vegas".

Si percepisce, leggendo i contributi scritti che si avvicendano sulle pagine del libro –piacevolmente illustrato dalle belle immagini provenienti dall'archivio de "il manifesto" e scattate da fotografi quali, tra gli altri, Mimmo Chianura, Livio Senigalliesi e Franz Gustincich- come la metropoli contemporanea, Giano bifronte, mostri le sue due facce "opposte e inseparabili". Come sottolinea Pippo Ciorra nel suo testo introduttivo: da una parte si ha "orrore ‘moderno' già dickensiano per condizioni di vita derelitte e largamente al di sotto di qualsiasi soglia accettabile", quale quello rappresentato dalla "decrepita e morente" Calcutta descritta da Marco D'Eramo o dalla capitale dell'Angola indipendente, Luanda, ritratta con realismo quasi tangibile da Giovanni Fontana Antonelli come un "concentrato di problemi sociali inimmaginabili in Europa"; dall'altra parte si assiste al "febbrile ottimismo panmetropolitano che fa dire a Koolhaas che perfino Lagos rappresenta comunque ‘il migliore dei modi possibili per stare insieme nel mondo'".


Calcutta, particolare (foto: Franz Gustincich, archivio "il manifesto").

La sezione finale del libro ("Dopo") indaga quale possa essere il futuro delle metropoli globali. L'ultima tappa del viaggio ci aveva proiettati nel cuore dell'Occidente: a New York, città descritta, nelle pagine di Donatella Saroli, quando il suo piano regolatore del 1961, "incentrato sull'estetica del tower-in-a-park", è appena stato varato. L'allora onnipresente sfida della verticalità è oggi per noi, che osserviamo il raggelante vuoto di Ground Zero, motivo di inquietudine.

E ci si chiede quale destino attenda la città-metropoli.

Il grattacielo, una delle "migliori invenzioni dell'umanità", come sostiene Rem Koolhaas nell'intervista "Dopo NYC" pubblicata a conclusione del volume, deve oggi essere rivisitato e, specie negli Stati Uniti e in Europa, occorre capire se esso sia ancora "appropriato al nostro tempo".

È Yorgos Simeoforidis che, con il suo "Territori in transizione", lascia aperta la porta per future investigazioni dei fenomeni urbani e territoriali contemporanei: sfuggenti realtà, luoghi dell'incertezza che non possono che essere descritti con termini prestati da altre discipline o neologismi (edge city, non-lieux, megalopolis, hyperville, telepolis, ville emergente) che, non consentendo una facile ed esauriente decodificazione delle trasformazioni in atto, testimoniano dell'impossibilità di "rifugiarsi nella comoda tranquillità offerta da impostazioni trite e ritrite". Un nuovo stato per la progettazione architettonica e urbanistica; una pratica più fluida e meno rigida che riconosca "una nuova situazione, una nuova condizione urbana, con tutti i paradossi compresi".

Paola Giaconia
paola.giaconia@architettura.it
[16nov2002]
Paola Giaconia si è laureata con lode in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1996. Ha proseguito i suoi studi come borsista Fulbright presso il SCI-Arc (Southern California Institute of Architecture) di Los Angeles, conseguendo nel 1999 un Master's Degree in Architecture. Dopo esperienze di lavoro presso gli studi degli architetti Michael Rotondi (RoTo) e Thom Mayne (Morphosis), ha aperto con Grégory Taousson lo studio associato A.polis. All'attività progettuale affianca quella di ricerca; è cultore della materia presso la cattedra di progettazione architettonica del Politecnico di Milano e collabora con le principali riviste italiane di architettura. Suoi articoli e saggi sono stati pubblicati su "Abitare", "L'architettura. Cronache e Storia", "Area", "Arch'it", "Domus", "Ottagono" e "Rassegna". È autore del libro Los Angeles. Città unica, pubblicato da Testo&Immagine nel dicembre 2001.  
 

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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