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Books Review

Imparando da Adam





Robert Adam
"Ruins of the Palace of the Emperor Diocletian at Spalatro in Dalmatia"
Biblioteca del Cenide
Italia 2001
pp 264  Euro 75
Formato 30X24 - cartonato


E' stato edito recentemente, da Biblioteca del Cenide, il libro che Robert Adam fece pubblicare nel lontano 1764, e adesso, dopo quasi duecentocinquant'anni riaffiora come un miraggio, dal tempo che lo ha custodito sino a noi. Ovviamente parlerò di questo libro da molto vicino, quasi in veste di archeologo. Non ho strumenti per orientarmi tra le pagine trascritte (e nella trascrizione, riscritte) che ha avuto Marco Navarra, che ne ha curato la riedizione, né l'attenta e sintetica capacità di Howard Burns di disegnare uno scenario, come egli ha fatto per l'introduzione al libro. Sono piuttosto una specie di omerico Strabone che recepisce dati, li collega, li ordina, e li rimanda al mittente, al viaggiatore che non è Adam né Clerisseau, ma il lettore. 

Questo libro è proprio rivolto ad un lettore. Ad un solo lettore, dovremmo dire. Alcune volte gli indizi di cose a cui siamo legati ci perseguitano per tutta la vita, ci inseguono alcune immagini che abbiamo vissuto già una volta e sappiamo che ricapiterà quel momento, mai sorpresi di una circolarità a cui, nonostante ciò, tentiamo di fuggire. Ci sono momenti topici che sappiamo accadrà qualcosa, non sappiamo cosa ma accadrà, e sarà
una cosa talmente unica da riuscire a cambiare il corso della nostra vita. Subito ci diciamo che è solo apparenza, ma quando arriva il momento di fare una verifica ci accorgiamo che qualcosa di radicale è cambiato in noi, e il momento che ci ha cambiato non si può più recuperare. Questo libro insegue
quel lettore. E io sono certo che quel lettore esiste.

"Quando il giovane e determinato Robert Adam (1728-1792) si preparò a diventare uno degli architetti più importanti del suo tempo, scelse il familiare viaggio in Italia. A differenza della maggior parte di coloro che si avventuravano nel Grand Tour architettonico Adam decise di scrivere un'importante pubblicazione come esito dei suoi viaggi e dei suoi studi. 
Lo straordinario Ruins of the Palace of the Emperor Diocletian at Spalatro in Dalmatia, pubblicato a Londra nel 1764, fu di particolare importanza nel trasformare le idee sul carattere dell'architettura antica, e nell'introdurre nuove possibilità per la moderna architettura". Questo scrive Howard Burns.


Tra le parole scorre un suono lieve, che leggo così: Adam viaggia e trova una cosa che è se stesso. E' il suo tempo, è il suo presente che sta cambiando e lui vuole arrivare a possedere questo brandello di futuro prima degli altri. Lo facciamo tutti i giorni, tutti. Adam trova qualcosa tra i
resti del Palazzo di Diocleziano che sta alla base del suo saper essere architetto, trova cioè i brandelli di una scrittura che con fatica, con perizia, con sagacia, rimette insieme. Una scrittura non geroglifica, cioè propriamente e doppiamente scrittura; ma una scrittura basilare, l'architettura che dice se stessa con i suoi elementi. Parole che a nominarle non significano nulla (capitello, torre, vestibolo, per fare
alcuni esempi) ma che è possibile dirle ancora attraverso il disegno.

Il testo ripubblicato riporta alla luce quei disegni, riporta alla luce tra i disegni le note di Adam. Annotazioni e riflessioni. Quel che è e quel che penso possa ancora essere. E' da dire, ovviamente, che le sue riflessioni si spingono molto più in là della realtà, verso un'ermeneusi sfrontata, eppure ereditata dalla scuola e dal mestiere. La sua ricostruzione, sua e del
grande disegnatore Clerisseau, è inesatta: non è come gli strumenti e i rilievi contemporanei hanno restituito il Palazzo originario. Ma nemmeno la Roma di Piranesi è esattamente come la Roma archeologica realmente ritrovata. Questo vuol dir poco. Piuttosto cela la speranza in una sorta di collimazione tra presente e futuro, o l'intenzionalità perversa di un futuro
possibile. Scrive lo stesso Adam che "lo stato in cui versa questa grande struttura può essere meglio illustrato da una planimetria piuttosto che da una qualsiasi descrizione. La visione di questo edificio nel suo attuale stato di rovina non soddisferà la curiosità del lettore ma può solo
provocargli il desiderio di conoscerne l'impianto e la disposizione originaria nel suo stato ottimale. Per fortuna i suoi resti sono, in molti punti, così integri da rendere possibile, con estrema esattezza, la ricostruzione della forma e della dimensione dei principali appartamenti. La loro conoscenza guida alla scoperta delle corrispondenti parti". Bisogna
immaginarsi Dedalo, essere Dedalo, perché Teseo ha troppi problemi da risolvere nell'attraversare questo suo personalissimo labirinto, e non è facile descrivere qualcosa che è una continua sorpresa. Lo sguardo disincantato di Dedalo costruttore, può favorire una migliore lettura anche
per Teseo.


Il testo di Adam è così. Testo che è anche disegno, anzi quest'ultimo è più propriamente testo anziché quello che s'inerpica tra le parole. Attraverso il disegno è possibile seguire il percorso che Adam ha fatto, perché la maniera di proporre la sequenza dei disegni ha un che di filmico, è una
rappresentazione a due facce: disegno e teatro. Adam mostra quel che ha visto e mostra la sequenza del viaggio, dice e racconta. Come dice e racconta Navarra, il curatore della traduzione e del libro, nel saggio che accompagna al testo originale. La sua lettura sta dentro la descrizione del
viaggio di Adam, che è, come fece Adam stesso, interpretazione di alcuni dati, e poi racconta in che maniera è possibile seguire le tracce di una architettura per proporre, attraverso questo dipanarsi lento delle riflessioni, altra architettura. Non a caso appaiono riferimenti a Le
Corbusier, Kahn, Baldeweg. Per cui non è un libro che sulla riscoperta si adagia, la usa piuttosto per riaffermare una ipotesi di luogo imparando da Adam.

Sicché non è un libro casuale, e non è casuale che sia ancora un libro. Il nostro presente ci propone letture di sé attraverso gli occhi di una bizzarra molteplicità, una sorta di strabismo convenzionale e senza cura. Chi si sente senza maestri, un po' come me, si rifugia nell'archeologia di un sapere smarrito, in maniera sfrontata piuttosto che radente. Chi studia
architettura oggi, quasi disconosce Palladio, Vitruvio per sentito dire, e Ippodamo, si sa, è un urbanista ante litteram, ma solo perché lo dice il professore. La sfida di questa generazione, a cui molto dobbiamo per la irriverenza con cui affronta determinati problemi, sta proprio qui, nell'impalpabilità delle cose che intende dire: tutto è virtuale, anche il pensiero. Attenzione alle parole, allora. Attenzione ai linguaggi, ancora. E al tempo lento, la cui imperdibilità versa proprio a favore di un Adam, che in maniera impetuosa, assecondando uno stillicidio descrittivo, traccia un'idea di architettura che non deve essere smarrita. Non più.

Domenico Cogliandro
cenide@citiesonline.it
[21may2002]
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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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