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Books Review

Pet Architecture Guide Book



Atelier Bow-wow
with Tokyo Institute of Technology Tsukamoto Architectural Lab
"Pet Architecture Guide Book"
Living Spheres Vol. 2
World Photo Press, 2002
pp 171 €35,00



ORLI DI CITTA' COLONIZZATI. Cosa hanno in comune a Tokyo un negozio di biciclette lungo dieci metri e largo quaranta centimetri, un microscopico pub incastonato tra due grattacieli o un'agenzia immobiliare edificata nello spazio di uno spartitraffico? Riescono a raccontare la città nei suoi piccoli e grandi eventi di crescita. E forniscono una valida alternativa per uno sviluppo urbano intelligente ed economico.

Ha l’aspetto di un manga, il nome di un gioco in scatola, ed invece si tratta di una seria, originalissima, e, scopriremo (sic) persino utile, ricerca universitaria finanziata dal Tokyo Institute of Technology. Loro, gli autori, sono Yoshiharu Tsukamoto e Momoyo Kaijima, due giovani e brillanti docenti del medesimo istituto nipponico, che dal 1992 sono associati nell’ “Atelier Bow-Wow” (che in italiano, per intenderci, potrebbe suonare “Studio Bau-Bau”). Si legge nel testo introduttivo “Gli animali da compagnia sono di solito piccoli, divertenti e affascinanti. Noi riteniamo di poter chiamare Pet Architecture le architetture che hanno queste caratteristiche…”. Tsukamoto spiega che se si paragona la società degli uomini al sistema degli edifici “decorosi” che stanno negli spazi “decorosi” di una città, le pet architecture sono invece quelle costruzioni poco più grandi di una conigliera, bizzarre, sorprendenti, spontanee, che occupano spazi di risulta, intercapedini, incongruenze di geometrie urbane frutto di logiche stratificate o di cui si è persa la ratio, andando a formare una sorta di sottosistema urbano indipendente. Al pari degli animali domestici dunque, queste costruzioni vivono gli spazi marginali, sono informali, simpatiche ed attraenti.


Scuola di tuffi PADI

E di questi minuscoli edifici i nostri, ed altri sei loro studenti dell’Architecture Lab, ne hanno rintracciati ben settantatre qua e là per le strade di Tokyo, non limitandosi a ricavarne una rassegna di curiosità, ma procedendo “scientificamente” a misurarli, fotografarli, catalogarli (con tanto di numerazione e quadri sinottici) e commentarli. La maggior parte di essi ospitano esercizi commerciali: piccoli negozi di fiori, di chiavi, di biciclette; ma più frequenti sono i pub, le caffetterie, i sushi-bar, persino i ristoranti, e non mancano addirittura piccole residenze magari con annessa tavola calda a conduzione familiare. Per intenderci: la superficie spesso non supera i dieci metri quadri! Le dimensioni sembrerebbero veramente impossibili, tanto più che sovente si trovano su aree triangolari o trapezoidali, magari ritagliate da strade carrabili, oppure sono vicoli poco più larghi di una camera d'aria; hanno volumi improbabili, difficili, la cui profondità si ferma talvolta ai quaranta centimetri, per altezze, di contro, che toccano i quattro o cinque metri. Insomma, graziosi bugigattoli che vanno a colmare interstizi, riempiono minuscoli vuoti urbani, colonizzano orli.


Fiorista Kirishima


Ristorante Kadokko

Ed è evidentemente la scala ridotta il loro fascino e la chiave di tutto. E se vi capiterà di acquistare dei fiori in un chiosco rosso compresso tra due grigi grattacieli ed un enorme cartellone pubblicitario che lo sovrasta o di sorseggiare un tè in un pub appena più grande della propria insegna, farete fatica ad una prima occhiata a distinguere il limite, quando c’è, tra il negozio stesso e la scritta al neon che vi ha attratto; o tra l’agenzia immobiliare che andate cercando e i distributori automatici dello snack-bar accanto. Ma l’insegna pubblicitaria è solo uno di quegli elementi accessori che, come osserva Tsukamoto, tutti gli edifici posseggono e che personalizzano l’edificio stesso, ma che nelle pet architecture, a causa delle loro ridottissime dimensioni, diventano prevalenti e preponderanti nell’esito formale, riducendo l’architettura alla “…costruzione stessa della personalizzazione”.

La compressione delle dimensioni, inoltre, fa detonare aspetti a volte dormienti nelle architetture di “taglia consueta”, magari perché oramai usati come luoghi comuni o al pari di vocaboli logori, o perché diluiti in discorsi più complessi; come ad esempio la spazialità delle soglie, quei noikishita (letteralmente gli “spazi sotto la grondaia”) da sempre luogo privilegiato della socialità nipponica, o i valori linguistici spontanei dell’assemblaggio di elementi eterogenei tipica dei sobborghi della Tokyo postbellica.

Ma le pet architecture, per i nostri autori, sono anche dei veri e propri testimoni parlanti della storia della città: dalla loro ubicazione e dalla loro forma si traggono indicazioni uniche e preziose dei mutamenti, dei traumi, e di ogni altra vicenda urbanistica di Tokyo; e soprattutto sono esempi di un modo di costruire economico e oltretutto possibile in ogni angolo della città, e per questo dei veri e propri “…strumenti per indirizzare l’uso degli spazi urbani e il riciclo di vuoti urbani inutilizzati, nel prossimo futuro”.


Negozio di biciclette Ooki


Ristorante take-away Gohan-chan

E’ per questa ragione che le ultime otto schede non sono altro che progetti dell’Atelier Bow-Wow stesso, otto idee nuove di zecca di pet architecture a perfetta chiusa di un lavoro umile, serio e non serioso, propositivo, condotto con l’ironia che li caratterizza, e che, tra gli altri, ha il merito di aver spostato per una volta il punto di vista sulla città ad altezza d’uomo.

Roberto Sommatino
robertosommatino@libero.it
[09nov2002]

                                  Questa recensione è stata realizzata in collaborazione con Food for Minds

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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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