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Books Review

Gae Aulenti



Margherita Petranzan
"Gae Aulenti"
Skira, Rizzoli, 2002
pp 256  €21,60


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"La vera critica non è altrettanto rara quanto l'arte?"
Mies van der Rohe, 1930

"L'artista deve essere al servizio solo di se stesso, l'architetto della società"
Adolf Loos, Parole nel vuoto




PAROLE DI PIETRA. Questo libro presenta l'opera omnia di Gae Aulenti cercando di evidenziare la sua corposa professionalità e il suo approccio rigoroso nei confronti di ogni più piccolo dettaglio che appartenga all'area della progettazione.
Credo che per esercitare la professione di architetto sia di essenziale importanza riuscire a "progettarsi", attuando cioè continuamente, nei confronti del proprio procedere, quella costruttiva autocritica che permette il rinnovamento, anzitutto di se stessi, ma che consente anche la possibilità di uscire dalla dimensione di inesattezza dell'immediatezza della visione, normalmente considerata come un dato oggettivo da cui far partire ogni progetto, perché, come dice Valéry, "osservare è quasi sempre immaginare ciò che ci si aspetta di vedere", in quanto l'uomo vive e si muove all'interno di quello che vede, ma vede solo ciò che pensa.

Partire dalla consapevolezza, dunque, che pensiero e visione portano molto spesso a fermarsi nel passato o nel futuro, tralasciando o trascurando il puro istante, momento invece essenziale e decisivo per il progetto, perché niente, forse, è più astratto della visione del presente così com'è: niente è più astratto di ciò che è. Ho voluto chiamare questo testo dedicato alle sue opere Parole di pietra perché esprime pienamente la poetica del suo fare, organizzata con caparbietà, determinazione e radicamento attorno all'"antico linguaggio dei segni" che l'architettura da sempre contiene e porta con sé, anche all'interno delle più azzardate e provocatorie innovazioni.

Questo titolo evoca da un lato Parole nel vuoto di Adolf Loos, il quale –riconoscendo alla "parola" liberata da "ornamenti" un valore di "fondamento"– affermava che solo attraverso attenta osservazione e descrizione accurata si poteva riuscire a comprendere, conoscere e identificarsi con l'oggetto architettonico, dall'altro "Figure di pietra" dell'architettura radicale (Archizoom e Superstudio) e di una certa avanguardia architettonica degli anni '60 e '70 dello scorso secolo di cui Gae Aulenti ha assunto l'atteggiamento fortemente critico e profetico che ipotizzava "civiltà estetiche" e "arti totali", pur sentendo sempre la necessità del recupero del concetto di "opera" e della sua "organicità semantica".

Il suo essere parte anche "attiva" di avanguardie artistiche, che mettono in ballo, dalle pagine di alcune riviste (Casabella-Continuità, il Menabò di Vittorini, Il Verri, Quindici) la funzionalità del linguaggio rovesciando i risultati attraverso lo strumento dello "scarto" e della trasgressione e utilizzando la tecnica del collage oppure lo happening come abituale sistema di rappresentazione, la porta a sperimentare, oltre che nuove forme di linguaggio architettonico, anche nuove e sofisticate tecniche costruttive.

La sua architettura si riconosce in una sorta di continuo esercizio autoriflessivo che abbisogna di una rigorosa composizione e di ricerca di nuove tecnologie che prendono lentamente le distanze da movimenti alla moda. Lo stile internazionale che la contraddistingue è essenzialmente legato a una fortunata serie di importanti incarichi e concorsi vinti che le permettono di realizzare all'interno di realtà ambientali e culturali differenti le sue opere, e consiste nel rovesciamento dei principi di rigida simmetria in nuovi sistemi di organizzazione, sia di spazi sia di forme, uniti alla 'condanna' di ogni decorazione arbitraria.

Questo libro, dunque, intende dare maggior respiro possibile al suo internazionalismo e a questa sua capacità di fornire risposte da un lato fortemente radicate nel linguaggio più severo e controllato della disciplina architettonica, e dall'altro sensibili alle istanze e alle stimolazioni sempre diverse date dai luoghi e dalla loro storia. "Parole di pietra" anche perché la pietra, materiale per eccellenza legato all'architettura, e straordinariamente rappresentativo della sua tettonicità, del suo preciso e necessario radicamento alla terra, che è madre e vita contemporaneamente, è forte e vivo insieme, fornendo consistenza, varietà di forme e sicurezza a ogni struttura realizzata.

"Parole di pietra" infine perché il linguaggio dell'architettura, che è simile al linguaggio parlato, fornisce, attraverso le sue "parole di pietra", che sono gli edifici e tutte le cose edificate, la costruzione della frase architettonica e del conseguente complesso discorso compiuto che è la città. Le "parole di pietra" di Gae Aulenti hanno con metodicità e fermezza lasciato il segno nel mondo del suo operare fortemente eclettico e disincantato, slegato da stilemi formali e caparbiamente "realistico", convinta com'è che bisogna esercitare senza tregua solo chi in noi "sceglie", chi in noi "mette in opera".

Il libro si divide sostanzialmente in tre parti: la prima pre-testuosa, in quanto intende iniziare –con tutte le difficoltà che comporta ogni cominciamento– una presentazione di un fare complesso e di una personalità "autorevole" rispetto alla quale ogni affrettata enunciazione di merito risulta a dir poco riduttiva e inconsistente. Posso comunque affermare che ho potuto e voluto avvicinarmi all'opera di Gae Aulenti unicamente perché anch'io progetto e costruisco. Credo che solo chi ha conosciuto l'entusiasmo bruciante e l'immensa tensione di ogni momento appartenente all'ideazione, solo chi ha concepito il progetto di un'impresa che è in suo potere abbandonare, solo chi è soggiaciuto allo scrupolo delle obiezioni interiori, alla lotta dei pensieri alternativi che si presentano in continuo antagonismo per avere la supremazia, con il bisogno di far trionfare sempre il più forte e universale anche sul più nuovo, solo chi si è visto costretto a scegliere tra migliaia di segni che ha dovuto abbandonare, solo chi è riuscito a vedere, realizzato nell'aria limpida, un edificio inesistente, solo chi è stato "abitato" dalla vertigine dell'allontanamento da uno scopo, dallo scoraggiamento per il mancato o lento progresso delle fasi della costruzione, solo chi ha conosciuto la ricchezza, la risorsa e lo spazio spirituale illuminato dal fatto cosciente del costruire, solo chi, infine, sa rappresentarsi un tutto costellato di mutamenti, di qualità multiple, di infinite possibilità combinatorie, di alternanze di materiali e mezzi, solo costui potrà tentare di comprendere ciò che un'opera di architettura rappresenta.

Questa è, ad ogni modo, una partenza discreta, un preludio che anticipa la partitura sinfonica successiva, che deve avere il necessario spazio per esprimersi nella sua articolata composizione. È una partenza fatta di parole, che tentano di collegare le tracce visibili, sotto forma di immagini, alle cose costruite, e come tali assenti, come un fragile ponte di fortuna gettato sul vuoto. Ma "anche le parole sono azioni" disse Ludwig Wittgenstein nel 1945, azioni che costruiscono percorsi e strutture, creano collegamenti ed evocano assenze; azioni che permettono "relazioni".

La seconda parte, centrale, consistente, mostra le opere, realizzate e non, attraverso immagini fotografiche e disegni, suddivise in quattro capitoli:
1. Erranza e radicamento;
2. Evocazioni;
3. Regola e trasgressione;
4. Cose analoghe.

La terza parte, di chiusura, che ho chiamato COMMENTARI-EPISTOLARIO, è composta da scritti brevi, del genere aforistico, organizzati attorno a grandi tematiche sui problemi dell'architettura contemporanea, alternati a osservazioni su lavori specifici di Gae Aulenti in forma epistolare:
- Architettura e storia;
- Architettura e politica;
- Architettura e tecnica;
- Architettura e arte.

I Commentari partono dal presupposto e dalla convinzione che un'operazione critica su opere di architettura è straordinariamente onerosa, se non impossibile, in quanto l'opera vera non consiste nella sua forma definitiva, ma nella serie di approssimazioni per raggiungerla, che sono contenute in un processo, più che in una forma "formata".

Sono inoltre convinta che non potendosi separare il prodotto architettonico dall'epoca che l'ha voluto e ne ha permesso la costruzione, sia necessario, o meglio, indispensabile fornire le coordinate di quest'epoca attraverso l'analisi delle "dominanti" che la caratterizzano e che maggiormente condizionano l'identità delle cose costruite.

Margherita Petranzan
elodia@protec.it
[07dec2002]
 

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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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