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Luigi Caccia Dominioni.
Case o cose da abitare. Stile di caccia




Fulvio Irace, Marini (a cura di)
"Luigi Caccia Dominioni. Case e cose da abitare.
Stile di Caccia"
Marsilio Editore, 2002
pp244, €40,00

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Uscito come catalogo alla mostra in corso al Museo di Castelvecchio di Verona (fino al 9 marzo), il volume assume il carattere di vera e propria monografia, la prima dedicata a un indiscusso protagonista del panorama architettonico italiano dell'ultimo cinquantennio, poco studiato da parte della critica disciplinare e di rado ospitato nella pubblicistica di settore.

A fronte di una esposizione dal carattere volutamente 'intimo' e 'raccolto' (dove in un unico ambiente vengono presentate sotto forma di schizzi, modelli, disegni e fotografie alcune delle numerosissime opere di architettura e di design prodotte da Luigi Caccia Dominioni dai primi anni Quaranta fino ad oggi), il catalogo si presenta come documento esaustivo nella descrizione di un personaggio dal profilo ancora poco conosciuto, perlomeno ad una lettura che, spingendosi oltre la conoscenza di singoli episodi, tenda a ricostruire un quadro sintetico e al tempo stesso completo di un'opera tanto ricca ed eterogenea da sfuggire facilmente ad interpretazioni riduttive.

Si va così a colmare un vuoto editoriale 'imbarazzante', dovuto probabilmente alla oggettiva difficoltà di interpretare un autore che nella pratica del proprio lavoro è sempre rimasto lontano dal ricorso a supporti ideologici forti e imperanti negli anni passati, riuscendo a produrre un'opera contraddistinta dalla estrema varietà e versatilità: dall'architettura al design la vastissima produzione di Caccia Dominioni si differenzia come scala di intervento, come tipologia, come approccio al progetto.

Organizzato in cinque sezioni (Atlante di Caccia, Architetture, Forme, Figure, Testimonianze), non privo di consistenti apparati critici e informativi, il libro ci restituisce tutta la complessità dell'opera di Caccia, interprete di quel 'modernismo milanese' che nel legame con la tradizione ha trovato un motivo creativo " (…) capace di evocare nelle sue sfumate delicatezze la forma parlata di un'idealizzata lingua lombarda in cui memoria e moderno si fondano in un linguaggio dalle cadenze generalizzabili, ma d'autore", come ben scrive Fulvio Irace nel saggio di apertura al catalogo.

[28feb2003]

Edificio residenziale di via Ippolito Nievo 28 a Milano, 1955 (foto Rosselli).


Poltrona Catilina grande, 1958 Azucena (foto Xerra).


Luigi Caccia Dominioni.

  "Non si può essere moderni senza partire dal passato", sembra volerci dire Luigi Caccia Dominioni insieme a quel gruppo di colleghi (come Zanuso, Gardella, Magistretti e Morassutti, solo per citarne alcuni), che con lui e come lui hanno contribuito a costruire quella parte della Milano postbellica dalle forme eleganti e dal carattere misurato e discreto, espressione di un pensiero moderno e razionale che, per primo, non ha rinunciato al confronto con le peculiarità fisiche e storiche del contesto in cui operava.

Siamo distanti dalla spasmodica ricerca di originalità della forma così tipica del fare di oggi: le architetture di Caccia Dominioni, nella loro totale assenza di soluzioni formali o strutturali appariscenti o quantomeno emergenti, sottendono una complessità sottile e silenziosa, evidenziata attraverso la lenta scomposizione di un ordine e di un rigore solo apparentemente statico.

E lo 'Stile di Caccia' sta proprio in questo: nell'incessante ricerca di una qualità architettonica che diventi propria di ogni parte del progetto, dalla composizione di insieme alla soluzione di dettaglio; capace di generare suggestioni progettuali a diversi stadi e a diverse scale di lettura. Dalle pagine del catalogo emerge come la casa in piazza S. Ambrogio, l'edificio residenziale di via Ippolito Nievo o il Banco Popolare di Verona, così come la celeberrima radio Phonola e la poltrona Catilina per Azucena non sono che gli esempi più conosciuti di una produzione che non è mai caduta o scaduta in atteggiamenti stereotipati o 'di maniera', e che va letta come il susseguirsi di opere singolari e uniche. Le diverse esperienze progettuali diventano di volta in volta terreno fertile per nuove sperimentazioni piuttosto che occasione per verificare ipotesi già consolidate.

E la 'mano dell'autore' si riconosce più in una unitarietà di metodo che nella somiglianza dei risultati: la composizione planimetrica come generatrice del volume architettonico, un uso dei materiali capace di sfruttarne le caratteristiche espressive oltre che quelle tecnologiche, la frammentazione dello spazio col ricorso a tracciati sinuosi, non sono che diversi 'tasselli lessicali' che permettono infinite combinazioni e continue invenzioni.

 
   
Sintomo, questo, di un sapere articolato e curioso che trova appagamento negli aspetti più pratici e concreti del nostro mestiere, con la maestria di chi, poco incline a facili teorizzazioni, non riesce a scindere il pensare dal fare, come il progettare dal costruire.

Cecilia Bione
cecilia.bione@fastwebnet.it
 

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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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