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Ignazio Gardella nell'architettura italiana



Stefano Guidarini
"Ignazio Gardella nell'architettura italiana.
Opere 1929-1999"
Skira, Biblioteca di architettura, 2002
pp261,  €18,70

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ATTUALITA' DI GARDELLA. Il testo di Guidarini si propone di rileggere il ruolo di Gardella all'interno della cultura architettonica italiana del Ventesimo secolo, attraverso le opere e il pensiero, nel tentativo di restituire il profilo e l'originalità della ricerca di un architetto che ha affrontato crisi e rigenerazioni, diremmo epocali, da assoluto protagonista. Così l'autore chiarisce che in questo libro, "l'interpretazione della sua opera e del suo pensiero è […] guidata da un'idea di contesto allargato a diverse scale di lettura, in relazione all'area di progetto, alla città, al territorio e al dibattito culturale. Rispetto ad un orizzonte culturale di riferimento che richiama i temi con i quali si è misurata la cultura architettonica italiana, le principali opere di Gardella vengono qui rilette, con un rinnovato approfondimento filologico, non come singoli episodi o eventi isolati ma come frammenti di una vicenda più ampia".

Il testo procede quindi con una suddivisione per sezioni temporali tematiche che tratterebbero delle stagioni dell'opera di Gardella a disvelarne ambiti poetici, assonanze espressive e atteggiamenti culturali, che nella continuità dell'esperienza del progetto trovano volta a volta elementi rapportabili alle istanze congiunturali.


Dispensario Antitubercolare, Alessandria.

Testo necessariamente articolato vista l'estrema complessità e problematicità dei temi coi quali è costretto a confrontarsi in cui, come è noto, la figura di Gardella riveste sempre un ruolo di primissimo piano; ma proprio per l'incalzante sovrapposizione dei problemi, per la stratificazione dei piani di lettura, per la molteplicità dei riferimenti e l'autorevolezza delle testimonianze, per l'attendibilità filologica nel ricostruire le vicende progettuali, il testo offre uno stimolante diorama di punti di vista e di ipotesi interpretative a veicolare, se non ripensamenti, riflessioni ed approfondimenti, magari anche in contrizione tra loro.

L'attualità e, diremmo, l'urgenza del confronto con l'opera di Gardella riteniamo consista tuttora nella necessità di porre a fondamento dell'iter di formazione di un architetto la conoscenza della sua opera, prassi peraltro all'oggi ancora ampiamente auspicata e condivisa, proprio per lo straordinario valore didattico dell'esperienza del progetto (propria di Gardella) che, in un processo non lineare, mostra avanzamenti per successive approssimazioni; valori trasmissibili che, pur nella complessità del suo svolgimento e nell'assoluta originalità poetica, ne legittimano il ruolo (talvolta troppo disinvoltamente attribuito ad altri) di autentico maestro.


 

Padiglione d'arte contemporanea, Milano.

Inoltre, circa l'architettura italiana, "nonostante la incapacità/impossibilità da parte dei suoi protagonisti di incidere sulle sorti del Paese, ossia di influenzare positivamente la qualità del suo patrimonio edilizio e il disegno del suo territorio" (Guidarini), occorre tuttavia rilevare, coralmente rispetto a quanto altri hanno altrove precisato, la straordinaria capacità di persuadere propria dell'opera di Gardella, in grado di sollevare, nel complesso, una sorta di unanime consenso; certo coi necessari distinguo dei quali, caso per caso, Guidarini puntualmente ci riferisce.

[22apr2003]

Ignazio Gardella.


Sovracoperta della prima monografia su Gardella, con introduzione di Giulio Carlo Argan, edita dalle Edizioni di Comunità (1959).


Casa alle zattere, Venezia.

Pochi architetti, e tra questi certamente Gardella e Ridolfi, hanno contribuito in maniera così radicata alla formazione di un gusto diffuso; e in ogni caso frammenti del proprio lavoro si sono riversati, loro malgrado, sui tavoli di lavoro dei diversi operatori dell'edilizia. Tant'è che alla fine più o meno tutte le città possiedono una propria "Casa alle Zattere". Ma se nel caso di Ridolfi, oltre all'opera costruita, decisiva appare la diffusione del Manuale dell'architetto, più difficile pare individuare le ragioni della capacità di persuasione di Gardella, al punto, si diceva, di tracimare nella prassi del professionismo diffuso.


Mensa Olivetti, Ivrea.

Per di più se si concorda che circa l'operare di Gardella vien da pensare alla prosa di Gadda, dove la trama del racconto è un contesto in cui le parole si connettono ogni volta con un significato diverso, attraverso effetti sintattici quasi onomatopeici (Canella), rigenerando figure fino alla propria trasfigurazione (si pensi alla parete–luce, ad esempio, del Dispensario di Alessandria), la capacità di pervenire ad una figurazione alla fine convincente e mai scontata, pare avere a che fare con l'immediatezza del narrare propria di certo purismo linguistico alla Calvino, realizzando così una sorta di miracoloso matrimonio impossibile.

Allora l'intricato e per nulla lineare svolgersi del progetto puntualmente restituito dall'autore nella descrizione delle vicende progettuali delle singole opere, tese tra diverse ipotesi a confronto per commisurarne l'attendibilità (attraverso variazioni, possibilità alternative, eccetera), restituisce della necessità di quel lavoro paziente dell'architetto (Gardella stesso ne riferisce testualmente) continuamente proteso alla ricerca di soluzioni convincenti (commisurandone il grado di coerenza rispetto al succedersi delle scelte), a contraddire l'assunto secondo il quale l'idea originaria sarebbe comunque, alla fine, la migliore. Soluzioni progettuali che hanno indotto certa storiografia a dipingerlo quale architetto elegante, suscitando nello stesso Gardella la necessità di operare una distinzione tra significato etimologico del termine (da eligere, cioè scegliere) all'interno del quale in certa misura riconoscersi, dalla corriva declinazione salottiera del suo uso corrente volta a designare un'impalpabile quanto intrasmissibile raffinatezza del comporre.

Il libro ha inoltre l'ulteriore merito di pubblicare due inediti di grande interesse, uno di Guido Canella del 1961, l'altro di Gardella stesso del 1985, ad integrare ulteriormente l'articolato apparato di contributi contenuti nel testo. In conclusione, anche a seguito del testo di Guidarini, ci pare di poter convenire con Guido Canella che Gardella, tra non molti della sua generazione, sarebbe stato grande architetto in ogni tempo si fosse trovato a progettare. Infatti ritengo che la sua poetica si sia giovata poco della modernità e, piuttosto, che sia stata la modernità a giovarsi della sua poetica.

Luca Boccacci
luca.boccacci@email.it
 
 

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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