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Architettura della mente



Eugenio Tescione
"Architettura della mente.
Brani scelti di letteratura psicanalitica"
Testo&Immagine, 2003
Universale di Architettura
Varia a cura di Antonino Saggio
pp93, €12,39

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“L'uomo sollevò lo sguardo al cielo, cominciò a formulare ipotesi e credenze sulla natura umana. Creò un mondo parallelo, abitato da divinità simili a lui o incarnanti le forze della natura... Poi, cominciò a vedere ciò che guardava. E vide uno spazio nero pieno di punti chiari e luminosi. Lo sguardo li unì, creando linee, forme chiuse, segni. Li fece propri e li trasferì sulla terra: si dice che la prima lettera, il primo segno scritto, sia stato l'asterisco, la rappresentazione grafica di una stella (aster) che esplode. La sete di trascendenza fu soddisfatta (allora come adesso) dall'avvicinare il trascendente a sé, essendo impossibile il contrario se non al prezzo della morte, o della santità... Così, i punti del cielo furono trasferiti sulla terra e qui produssero effetti concreti: fare sulla terra ciò che facevano gli occhi fissi nel cielo, aiutò gli uomini a misurare, a costruire”.


Le Corbusier, La Fin d’un monde… déliverance.

E’ davvero emozionante immergersi, ora, nel libro/fluido di Eugenio Tescione dopo aver discusso, per lungo tempo, con lui e con Beniamino Servino, di Architettura e delle immagini che avrebbero dovuto accompagnare il testo. Necessarie per poterne rendere visibile, all’occhio, il pensiero e ritrovate, poi, tra quelle che rimandano all’Origine, all’Essenza, alla Sintesi della costruzione dell’Idea. Mancanti della Figura e, semplicemente, impregnate di Astrazione: colori e superfici, sensazioni, percezioni e scoramento, calma, tremore o turbolenza, stratificazioni, impronte e rugosità, profondità dello sguardo e profezie, kaos.
[18mag2003]

J. Koudelka, California, 1991, particolare (Caos, Federico Motta Editore, Milano 1999).


J. Koudelka, Libano, Beirut, 1991, particolare (Caos, op. cit.).


B. Servino, Superfici: ruggine, 2001.


J. Koudelka, Francia, Nord-Pas de Calais, 1987, particolare (Caos, op. cit.).


U. Boccioni, Gli stati d’animo I - Quelli che vanno, particolare.
Uno scritto, quello di Tescione, apparentemente inusuale per una collana di architettura perché la sua “aspirazione non era quella di saturare lo spazio, cosa del resto impossibile. Piuttosto, quella di rendere visibili le aree insature, affinché vi si inserisse il pensiero: non si può dare il pensato, è meglio creare spazi per pensare”.

Io ne ho tratto grande benessere interiore e, condizionato pur sempre dal mestiere, ne ho cercato, a tutti i costi, una relazione diretta con la architettura; anche in contrasto con quanto scrive, in chiusura, lo stesso Tescione: “e l’architettura, che ha fornito con tanta abbondanza metafore e analogie per concretizzare l’astrazione del pensiero psicanalitico, non può essere un contenuto della psicanalisi, poiché questa non è un contenitore, ma una sonda che amplia il campo che esplora”.

Benessere, dunque, perché è uno scritto scevro dai condizionamenti della nostra disciplina, lontano da riferimenti pragmatici o semantici, distaccato dal costruito o dal disegno visionario prodotto dalle macchine dei bits. Fondamentale, invece, per tentare una ri-costruzione del pensiero di Architettura. Perché ne coglie l’anima. Attraverso la psicanalisi, partendo da uno “spazio interiore comune”, lo scrittore sembra averne smascherato la krìsis, lasciandone identificare, così, la forza distintiva del suo riscatto.
Determinandone la scelta finale.

Tescione, lo fa ab initio.

Ci invita velatamente ad una riflessione profonda.
Ci invita, garbatamente, ad una indispensabile calma piatta per poter riprendere, poi, purificati dalla sostanza scorrevole del pensiero originario, un nuovo cammino.

Rialimentati da linfa vitale.


J. Koudelka, Grecia, 1994, particolare (Caos, op. cit.).

“Ma bisogna anche sperare che la memoria si disturbi, perché non costituisca una saturazione inibente del desiderio. Ovvero bisogna sperare di stupirsi della propria memoria e della sua fallacia, per reperire in essa e al di là di essa la ricchezza necessaria da investire e trasportare trasformata nel nuovo. Infine bisogna sperare di opacizzarla, perché la sua ombra troppo netta, scura e ampia non impedisca la capacità di sperare nel nuovo”.

Come gli scrittori più intriganti che sanno anticipare di un soffio l’emozione che avverte ogni lettore trasferendogli, attraverso la costruzione logica del pensiero, l’esattezza delle sue sensazioni (già, d’altronde, permanentemente in incubazione), così questa lettura psicanalitica della Architettura della Mente, può rimandare alla Architettura del Costruito, avendone ri-delineato l’Ordine del processo progettuale.

Ed esplicitarne l’Essenza.

I temi affrontati dall’autore per ricostruire il pensiero (Memoria, Stratificazione, Indistruttibilità, Linguaggio, Corpo, Omogeneità, Simmetria, Asimmetria, Euclide e non-Euclide, Spazio, Contenitore-contenuto, Vuoto…) sono, per certi versi, analoghi a quelli coi quali familiarizziamo quotidianamente. Tanto che, Tescione, scrive nella prefazione:
“Questo lavoro si rivolge, forse, agli architetti. Forse, perché sembra difficile dire prima chi si rivolgerà ad esso. È stato pensato, ad ogni buon conto, come un tentativo di tracciare una linea di congiunzione tra discipline, aree teoriche e “pratiche”, certamente dotate di ambiti, estensioni e spazi propri. La linea intendeva trascinare con sé un ambito verso l’altro, non perché così uno potesse spiegare (interpretare?, concretizzare?, descrivere?) l’altro, ma solo perché si potesse, dall’avvicinarli, creare un vertice che, almeno in parte, li comprendesse. Chi si abbandona al tracciato d’una linea può sentire quanto questo segno, facilmente immaginabile come esile e filiforme disegno tracciato in punta di matita, possa avere la capacità di trascinare l’emozione”.


B. Servino, Superfici: stratificazioni, 2001.

Ad esempio, con il concetto di stratificazione, la analogia è assolutamente affascinante:
“La stratificazione è un processo contiguo, determinato da un procedimento di trasformazione del materiale che costituisce gli strati. Quand’anche lo strato nuovo che si sovrappone sembri estraneo, non tarderà ad essere assimilato, assorbito dalla materia sulla quale si poggia; con essa si salderà dando vita ad una qualità insieme nuova e stabile di tutta la stratificazione. Connessioni segnate da separazione: la cesura è apparentemente uno spazio vuoto e di questa apparenza, come sempre, non c’è da fidarsi. Tutt’altro: essa contiene un alto grado di potenzialità conoscitiva della struttura nel suo insieme, e quante maggiori emergono cesure, tanto maggiori risultano le potenzialità di conoscenza. Dunque, non resta che immergersi nelle cesure, come un tuffatore che, senza paura, si tuffi dall’Eretteo nelle profondità del mare lì contenuto”.

E, più avanti:
“Il processo della crescita è conservativo. Volendo fare un paragone con la crescita di una città, ad esempio, si potrebbe dire che il suo sviluppo parte dalle fogne; mi è capitato di sentire anche che le città sono costruite prima dal tempo, poi dagli uomini ed infine dagli architetti. Gli architetti, in questo modo di raffigurazione astratta dello sviluppo di un organismo urbano complesso, sarebbero dunque gli ultimi artefici, quelli che si collocano sullo strato superficiale di esso. Vi appongono, in molti casi, la firma, ma la riconoscibilità del loro lavoro e la possibilità che venga attribuito in maniera concreta un valore all’opera realizzata, probabilmente sta nel riconoscere da parte loro gli strati precedenti e nel mantenere viva nella coscienza il postulato che altri strati si sovrapporranno. Ma se così stanno le cose sul piano della realtà esterna, sottoposta alle leggi della durata e della caducità, alle leggi della natura, non allo stesso modo si può dire che avvenga lo sviluppo nella realtà interna, laddove sembra che la natura umana proceda attraverso modalità non conciliabili con la logica di qualunque altro processo evolutivo”.


Panneau des Mains négatives (30.000 a.C.), grotta di Chauvet-Pont-d’Arc, Ardéche, Francia, particolare.

O, ancora, con quello della memoria e della sua indistruttibilità:
“La memoria inconscia, la più profonda e indistruttibile, quella che coincide con l’idea dell’oblio, vale a dire la vera forma della memoria, sembra funzionare come un contenitore, per così dire, entro cui vengono riversati gli oggetti della rimozione; e, come tutte le funzioni mentali ricoperte della qualità inconscia, essa non è sottoposta all’azione del tempo, che dunque non ha nessuna parte nel meccanismo della dimenticanza. Nulla è più vivo nelle memoria di ciò che è stato dimenticato”.

O, infine, con il concetto di linguaggio:
“Freud ordinò secondo un senso la babele del sogno. Ne trasse la sua costruzione linguistica e la modalità di trasformazione dei pensieri operata dal lavoro onirico, che procede secondo quattro fattori di formazione, o di costruzione, e cioè: la condensazione, lo spostamento, la raffigurabilità e l’elaborazione secondaria. Da questa visione deriva l’ipotesi per cui l’operazione linguistica del costruire (teorie o edifici: in genere, della creatività), procede mediante l’utilizzo della peculiare miscellanea di processi inconsci e consci: i primi sotto l’influsso onnipresente e indistruttibile del desiderio e della spinta libidica; i secondi sotto quello flessibile del riconoscimento della realtà. L’inconscio, dunque, informa i processi del pensiero creativo e si infiltra instancabile all’interno dell’area mentale impegnata a riconoscere e a fare i conti con il reale. La possibilità che un senso venga costruito sta nel concepire un’architettura mentale in cui elementi contrapposti trovino uno spazio di coabitazione: la costruzione (di un senso, di un edificio) passa attraverso la turbolenza determinata dal premere del desiderio”.

Leggendo i capitoli del libro ed attraverso le continue cesure (pause) e gli inevitabili riannodamenti (connessioni) del filo che sottende l’intero testo, si fa sempre più incalzante, il Dubbio. Spiazzante. Generato dal riconoscimento della vacuità dell’illusorio controllo sulla propria Esperienza (fino a poco prima consolidata e certa) e della esattezza del processo mentale che, invece, autonomo, ha condotto al progetto, attraverso lo stato di rêverie.

“Un architetto guarda nel vuoto, nello spazio vuoto che sarà occupato dall’edificio da costruire, e nello sguardo sogna la costruzione. Riceve e sente gli elementi strutturali e semantici presenti nel panorama (contesto) reale esterno quanto in quello mentale interiore, quest’ultimo costituito dai riferimenti ai suoi piani alti (cultura, teorie, organizzazione e conoscenza secondo lo spazio euclideo), così come ai suoi piani bassi (desiderio, tracce mestiche, stratificazione, organizzazione non-euclidea o multidimensionale dello spazio). Lo stato di rêverie contiene già la restituzione in una rappresentazione condensata, ovvero in un’immaginare che è un insieme parziale al cui interno risiede un tutto”.

Vi riporto una riflessione sulla creatività:
“Per vedere dove ha luogo la creatività è necessario […] separare l’idea di creazione dai lavori artistici. E’ vero che una creazione può essere un quadro o una casa o un giardino o un costume o un modo di pettinarsi o una sinfonia o una scultura; qualunque cosa, a cominciare da un pranzo cucinato in casa. Sarebbe forse meglio dire che queste cose potrebbero essere creazioni. La creatività di cui mi occupo io qui, è universale. Appartiene al fatto di essere vivi […] appartiene alla maniera che ha l’individuo di incontrarsi con la realtà esterna […] di diventare una persona che vive e che partecipa alla vita della comunità”.

E sulla assenza e vuoto:
Assenza di pensiero, vuoto mentale, sono astrazioni che richiamano le formulazioni che nel campo della fisica sono state utilizzate per la concettualizzazione dello spazio, cioè il luogo degli oggetti dove essi sono, erano o saranno. Il contenitore vuoto nello spazio psichico è però un’astrazione di diversa portata: esso indica il luogo dove l’assenza, la sparizione dell’oggetto lascia posto ad un affetto, ad un’emozione, dunque ad un oggetto mentale.

E sullo spazio, contenitore-contenuto:
“Costruire lo spazio: cioè avere contenuti per un contenitore. Non viceversa. Ovvero: trasformare le emozioni nei contenuti (pensieri) che determineranno il contenitore”.

Assolutamente densi ed inevitabilmente intrigranti le riflessioni dell’autore. Ri-costruire il pensiero sulla/della architettura?

Raffaele Cutillo
cutillo@ofca.net

 
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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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