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tra N sito



Maria Rosa Russo
"tra N sito. Stretto di Messina: itinerario tra due coste"
Gangemi editore, 2004
pp112, €18,00

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L'INDIMENTICABILE VIAGGIO

"Come pensarsi al di fuori delle proprie immagini?"
Hector Bianciotti

Ho difficoltà a pensare che Maria Rosa Russo abbia realmente fotografato i viaggiatori che nel libro sono accostati uno dopo l'altro alle pagine di carta patinata bianca. Ormai da tanto tempo lo Stretto di Messina non viene più attraversato da viaggiatori, men che mai da pendolari o da nomadi stanchi. Lo Stretto di Messina è una frattura nel tempo, è un braccio di mare solo per caso e le navi che lo solcano digradano da nord a sud e viceversa, quelle che si orientano tra est ed ovest sono una mera illusione: l'idea che la poesia possa ancora toccare le sponde. Gli ultimi viaggiatori sono stati ricordati da Saverio Strati, mesti e inclini alla stanchezza del viaggio ancora non concluso, o da Elio Vittorini, nell'andirivieni dell'Italia postbellica in cerca di una terra da arare o, più enfaticamente, di una patria.

Ho rispetto per gli armatori che ritengono le loro attività, appunto, attive, e non mi va di deluderli dinanzi all'assordante silenzio dentro cui si muovono le loro navi, alla maniera delle figure proiettate dall'invenzione Morel, come riportata da Bioy Casares; dico solo che mi aspetto che un giorno, per caso o per volontà, un viaggiatore salga sulle chiatte e si ricominci a scrivere di viaggi e di luoghi, di terre e di sponde, di incontri e di smarrimenti. Mi aspetto che, per caso o per volontà, quel viaggiatore si porti dietro anche un poeta, un saltimbanco e un mago, un fotografo e un cantastorie, un pittore, una cuoca, un architetto, un mercante e un allegro facitore di animali di pane. Quel giorno ci saranno restituite, oltre che le sponde e le loro mutevoli stagioni, anche i viaggiatori, i nomadi e i pendolari, i commercianti e i camionisti, i turisti, i vacanzieri, le bionde patinate e i grigi commendatori ovvero, in due nomi, gli Odisseo e gli Ndrja Cambrìa.

Eppure qualcosa, se ci si mette d'impegno a guardare, tra i pontili e le tolde, dietro le sedie di rossi polimeri e attraverso gli screziati oblò, qualcosa simile a profili, fantasmasìe magari, o solo aloni, aure di figure umane, o che sono inclini a ricordare quelle dei viaggiatori, qualcosa si intravede. L'occhio attento noterà, dietro l'inchiostro simpatico che ha teso sul rullo il tipografo, che a tratti, sotto una particolare luce, meglio se declinante ad est, i riflessi delle figure che Maria Rosa Russo dice di aver fotografato con un apparecchio digitale, non accorta all'allusivo mistero che solo Morgana può averle dettato in sogno: "prova a fotografare il miraggio del viaggiatore".

[07sep2004]
 





Le navi non trasportano nulla, questo è assodato, e vanno avanti e indietro, da una sponda all'altra in un moto perpetuo ripetendo alle coste che esisteranno finché qualcuno darà ai porti un nome riconoscibile, finché i porti avranno la capacità di sentirsi chiamare approdi. Non trasportando nulla, ci viene da pensare, come avrà fatto la visionaria fotografa a salirci sopra? Sotto falso nome, mutandosi in nostromo o dicendo, essa stessa, con indicibile coraggio, di essere il viaggiatore tanto atteso? E allora, in quanto primo viaggiatore, a chi apparterranno quei volti, quelle parvenze di figure, gli sguardi ammiccanti, le dita aggrappate ai passamano, gli occhi in equilibrio sull'orizzonte, i sorrisi sul filo teso dei ricordi di altri viaggi, quei volti che si intravvedono sulle pagine del libro tra N sito?

Ha scritto Nico Orengo "È il mare che disegna le rive/d'acqua, alzando e abbassando/muschi e radici, avviluppando/di schiuma la pietra,/soffocando la terra morbida o/sferzandola perché non perda/vita". Se questo è lo spettacolo o, meglio, lo scenario dinamico che si fa spettacolo nel momento in cui avviene (e dunque, nel sempre) allora Maria Rosa Russo ha portato con sé, in un blitz, gli attesi poeti, gli architetti, i comici e i figuranti, i maghi e gli acrobati per quell'irripetibile primo viaggio dei nostri tempi, del nostro tempo, costruendo magistralmente le scene e le coreografie, pensando e orchestrando i movimenti, facendo spostare di qua e di là attori e comparse, tecnici delle luci e costumisti, fino a ricreare la scena ottimale per il sol gesto dello scatto. Il fatto che denunci che le fotografie siano avvenute in momenti differenti, in tempi differenti, con persone differenti fa parte del gioco borgesiano degli eventi: deve essere detto per evitare che altri lo dicano.

Fatto sta che adesso, data la magia di quel primo viaggio a noi contemporaneo, qualcuno dei figuranti s'è mischiato agli equipaggi, fuori busta paga, e chiama dal telefono di bordo, ogni tanto, altri ospiti, per debellare il morbo del silenzio già una volta allontanato; qualche comparsa, estasiata dai passaggi da una sponda all'altra, è rimasta sul ponte, col bello e col brutto tempo, passeggiando sopra e sotto, a colorire le schermaglie, a partecipare al gioco del caso; uno degli architetti, come Stanislao Moulinsky, cambia d'abito ogni giorno e una volta aiuta il mozzo a levare a bordo le gomene, e un'altra offre gelati al pistacchio a prezzi di costo. Insomma, il circo felliniano è rimasto a bordo: da quel primo viaggio è sbarcata solo Maria Rosa, giusto per raccontare, fingendo, che le immagini del suo libro appartengono ad eventi casuali e costanti, mentre sa che ogni gesto, delle sue foto, è stato progettato e realizzato alla perfezione.

Da questo se ne rileva l'imponderabile tempo trascorso per realizzarlo e l'idea che tra le cose "realmente" appaiano figure. Noi sappiamo che non è così, la magia è un'altra. Adesso i viaggi sono viaggiati e altri saltimbanchi, ogni giorno, salgono e discendono dalle chiatte per partecipare, almeno un attimo, con guizzi o con silenzi, al gran teatro imponderabile dell'andirivieni in cui può accadere di tutto e in cui ognuno può essere protagonista di una storia da raccontare. Se qualcuno, come Maria Rosa, dovesse fotografare i gesti, le mestizie, i sonni, i saluti, gli accadimenti fortuiti, sappia che ogni movimento è perfettamente diretto da uno degli invisibili registi, una volta poeti e altre volte costumisti, che nel tempo, stando a bordo, hanno affinato la costruzione e il ciak delle scene per gli avventori armati di reflex o di digitale, ed è difficile che ci si accorga chi è che dirige e chi recita in questo straordinario gioco delle parti.

Ne sono andati e venuti tanti, saliti e scesi, trovati e perduti, che nemmeno Maria Rosa, la sfido in questo, sarebbe in grado di ritrovare uno di quelli del primo indimenticabile viaggio. Per questo andrebbe tenuto appresso il libro sui tra N siti, per verificare se tra il colore e la scolorina di stampa qualche volto cambi aspetto, i gesti che indicano la costa appartengano sempre alla stessa pagina, gli uomini non diventino donne e viceversa e i riflessi non mutino in panneggi. La copia in mio possesso, ad esempio, e da questo deriva la mia lettura, ha figure che appaiono e scompaiono; via via che sfoglio le pagine trovo sempre di più ponti e saloni vuoti, finestre ed oblò in cui si riflettono luci oppure onde, in alcune pagine addirittura il colore del cielo sembra tramutarsi nel rosso dello scafo e il biancore dei fianchi delle navi nel pullulare di pixels delle coste. Eppure intravvedo talvolta una figura che fugge da un foglio per campeggiare, apparentemente immobile, dieci pagine avanti e altri "miraggi" traguardare sedie, parapetti, scale o pararsi innanzi ad alberi, pareti, porte.

Ho aperto, a questo punto, una seconda copia del libro e le cose che io ho intravisto non accadono: le immagini hanno quel quid intrinseco alle immagini, stanno lì dove si ritiene debbano stare, immobili, asettiche. Da qui la duplice lettura. Il viaggio appartiene innanzitutto alla memoria del viaggio, e in seconda istanza alla memoria di quel viaggio compiuto da Maria Rosa Russo e dalla sua improbabile compagnia di attori. Il libro ha due edizioni, una delle quali, contrariamente ad una tradizionale (da come ho rilevato), propone pagine di stanze e sponde vuote in cui, d'improvviso, può essere notata una figura apparire, o scivolare, o guizzare via come dai ricordi o solo da un non curato astigmatismo. Grazie a questa copia difettosa ho potuto scoprire l'imbroglio e, con questa lettera, lo denuncio perché, da un lato, si mettano al bando i fotografi digitali che ritengono di poter utilizzare la realtà senza ulteriori filtri e dall'altro si dia merito a Maria Rosa di avere "inventato", più che riprodotto, il viaggio sulle chiatte che attraversano lo Stretto di Messina. E come dice un maestro: "tutto ricordare e tutto dimenticare".


Domenico Cogliandro
cogliandro@virgilio.it

 

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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