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Richard Meier. Opere recenti



Silvio Cassarà (a cura di)
"Richard Meier. Opere recenti"
Skira 2004
pp176, €26,00

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Il libro curato da Silvio Cassarà -certamente uno dei più acuti e preparati osservatori della cultura progettuale americana contemporanea- documenta le opere mature di Richard Meier; quelle opere che forse corrispondono alla definitiva consacrazione internazionale dell'architetto newyorkese. La pubblicazione, corredata peraltro da splendide immagini, costituisce un'utile occasione per verificare la stupefacente continuità di un linguaggio architettonico che ritrova attualità radicandosi alle matrici del modernismo; ad un'età storica che non cessa di trasmettere utopie, ambizioni, entusiasmi. Il rigore geometrico sottolineato dall'assenza del colore costituisce, oggi come allora, il primo atto di un coinvolgimento fra processo artistico ed astrazione che rimanda appunto a quelle radici. Le opere presentate -il libro è anche il catalogo della mostra tenutasi a Modena nel mese di marzo e curata dallo stesso Cassarà- accreditano l'immagine dell'architetto nord americano come raffinato e virtuoso "manierista" della modernità.

I canoni espressivi sono tutti facilmente riconoscibili e rimandano al purismo geometrico dell'idioma razionalista, qui magicamente calato in una perfezione ideologica e concettuale che ammette, tuttavia, scardinamenti, fibrillazioni e contrapposizioni fra linee curve e rette. La memoria si fa invenzione. Lo dimostrano l'incredibile contaminazione di etimi, le cosiddette "memorie colte" (dalla gabbia lecorbuseriana al gusto miesiano del particolare, dalla scomposizione neoplastica alle eleganti ondulazioni di matrice aaltiana) con cui riesce a stabilire un dialogo apparentemente impercettibile ma profondamente intenso con il paesaggio circostante.

[17oct2004]

High Museum, Atlanta.


Getty Center, Los Angeles.

The Atheneum, New Harmony.


Getty Center, Los Angeles.

Architettura astratta, aristocraticamente indifferente al contesto, fatta -come scrive Cassarà- "di oggetti spaesati nel proprio ambito, quale sia la scala e l'esterno". Eppure, nonostante l'evidente sradicamento (emblematico il progetto per Ulm), Meier riesce a trovare, attraverso la compenetrazione fra spazi interni ed esterni, una sincera consonanza col luogo, come dimostra il grande squarcio della sede di Canal Plus, enorme finestra sul cielo parigino che sottolinea, attraverso un accorgimento di rara efficacia, la mediazione tra costruzione e città. Di qualsiasi scala esso sia, l'oggetto guarda il paesaggio (non importa se naturale od urbano) che, a sua volta, guarda l'oggetto, inducendo una spazialità "acustica" di reciproci rimandi. Dalla Smith House alla Douglas ad Harbor Springs, e sino ai progetti europei in cui è più forte (e dissonante) il rapporto con la città costruita, i presupposti progettuali rimangono fondamentalmente fedeli a se stessi, anche quando assumono valenze totalizzanti come nel Getty Center. Si tratta solo di architetture più grandi e più rappresentative! Ciò che realmente cambia tra il prima ed il dopo è piuttosto la messa a punto di un sistema di rivestimento (pannellature metalliche a maglia quadrata) in grado di influire sia sui modi di organizzazione dei progetti che, fatto ancor più rilevante, sulla loro percezione.

L'occasione di misurarsi con l'urbano gli viene offerta dalle possibilità di partecipare a concorsi ad invito (che lo vedranno spesso vincitore) in diverse città europee. Così nel Museo d'Arte Contemporanea a Barcellona Meier ha modo di continuare l'esplorazione dei rapporti fra antico e moderno già iniziata a Ulm e proseguita all'Aja, a Francoforte, a Monaco e in molti altri progetti, sino a quello discutibile e controverso per l'Ara Pacis a Roma.

Tuttavia i principi fondamentali su cui si fondavano i linguaggi visivi dell'arte americana del dopoguerra, dall'ossessione del primato del piano alla convinzione del valore ritmico che è chiave di contenuto delle immagini, permangono nel tempo. Il che induce a riflettere sul rapporto fra arte e architettura e la conoscenza delle realizzazioni presentate diventa una occasione per riaffermare il profondo legame del progettista con una architettura che è, essa stessa, espressione artistica.

A partire dall'High Museum di Atlanta, importante momento di saldatura fra le sperimentazioni sulle arti visive ed il programma costruttivo, le complessità del tema dell'abitazione passano al pubblico. Tra i due estremi tipologici della casa privata e del museo si precisano, attraverso un personale inventario stilistico, i criteri della sua concezione architettonica. Molteplici, al di là delle ovvie divergenze di scala, i riscontri, le contaminazioni reciproche al punto che le case (ne è esempio la Rachofsky House a Dallas) finiscono per assomigliare a piccoli musei (ideali spazi per l'esposizione di opere d'arte oltre che opere d'arte esse stesse) e, viceversa, i musei figurano come grandi case in cui la dialettica fra spazi pubblici da una parte e gallerie espositive dall'altra traduce –ampliandolo– il medesimo rapporto esistente nella sfera domestica fra i vetrati soggiorni multipiano ed i settori più chiusi ed appartati delle camere private.

 

Progetto per Ground Zero, con Peter Eisenman, Steven Holl, Charles Gwathemey.

Chiesa Dives in Misericordia, Roma.

Il controllo progettuale rimanda a schemi didattici che rappresentano, attraverso il segno deciso, la padronanza di un discorso concettuale da concretizzare –presto– in immagine costruita. Attraverso una ricerca paziente l'architetto ne definisce i percorsi, organizzando i movimenti nello spazio, i tragitti, le visuali. Il risultato, allo stesso tempo sobrio e solare, consente al visitatore di cogliere squarci di emozioni e di cielo lungo rampe, piani, percorsi che fluidificano tra interni ed esterni. È un assemblaggio di sequenze architettoniche, quasi si trattasse di un procedimento filmico, indice di una temporalità spaziale. Le caratterizzazioni antinomiche, il gioco delle contrapposizioni (il semplice ed il complesso, il trasparente ed il solido), le messe in tensione, le visuali sempre diverse, si ricompongono in un equilibrio d'insieme. Realizzata l'intelaiatura, che ha anche valenza formale, interviene poi la composizione sulla luce, di cui la chiesa Dives in Misericordia ne è chiaro esempio.

Dunque un percorso progettuale a tutto campo che, nelle opere della maturità, privilegia soluzioni stabili e riconoscibili, come ad esempio il bisogno di simbolico che non significa affatto monumentale. Ebbene, la chiesa di Tor Tre Teste costruita per il Giubileo del 2000 rappresenta, con le sue caratteristiche "vele", un potente gesto scultoreo di grande effetto emozionale. La relazione che essa genera con l'intorno è forte poiché riesce pienamente a creare spazio urbano, forma progredita dello spazio: luce e materia determinano qui un evento che già appartiene di diritto alla memoria collettiva della società.

Alberto Pedrazzini
albertopedrazzini@libero.it

 

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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