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Books Review

livingstreet



lands studio (Simone Zoia, Luca Valeri),
t-a (Gaetano De Napoli, Adriano Venudo)
"livingstreet"
presentazione di Luigi Prestinenza Puglisi
e scritti di Roberta Albiero, Giovanni Corbellini, Paola Di Biagi
grafica Hstudio, Venezia
Gruppo editoriale Faenza, 2004
pp. 132, €16,00

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Sulla strada, di nuovo...
"I've travelled each and every highway..."
Frank Sinatra, My way




UNA PLURALITÀ DI SGUARDI, FINALMENTE. Un nuovo interesse si aggira per l'Europa, l'interesse per la forma dell'infrastruttura. Non più relegato nel dorato ghetto degli specialismi tecnici, questo potentissimo motore del cambiamento planetario riesce, ed era ora, a catturare l'attenzione non solo degli addetti ai lavori in un campo di applicazioni che, se esaminato da vicino, può diventare onnicomprensivo. Dai geografi agli amministratori, dai filosofi agli imprenditori l'interesse per la qualità di quel patrimonio collettivo costituito dai paesaggi, dalle infrastrutture e dal movimento antropico all'interno di entrambi, sembra essere divenuto un tema ineludibile per qualsiasi programma o riflessione a breve, medio e lungo termine. Sempre più spesso il percorso, lo spostamento, viene usato dalle discipline più disparate come metafora della conoscenza, della complessità e delle opportunità di scelta, e lo scenario in cui si svolge è sinonimo, di volta in volta, di degrado, di benessere, di meraviglia, di difficoltà, etc. Ed infatti nessun tema di progetto è stato sviscerato, negli ultimi dieci anni, come quello del rapporto tra architettura e infrastruttura per numero di pubblicazioni, di convegni, riflessioni teoriche etc.

[17jan2005]
 







Il tentativo manifesto, da parte degli architetti, di erodere lo strapotere della progettazione dell'ingegneria nella configurazione del paesaggio primario, ha per anni segnato il passo in nome di urgenze, di funzionalità e di economie di scala che, alla prova dei fatti, si sono rivelate prive di ogni fondamento. È anche vero che, per almeno due decenni gli architetti (italiani), persi all'interno di un tentativo di rifondazione disciplinare (e nel generoso sforzo di rendere collettivo l'accesso e l'uso ad un'architettura di alta qualità sociale), si sono simmetricamente tagliati fuori da temi pubblici urgenti e necessari per una società affluente surmoderna.

O, in altre parole, tentando di guardare la città con lo sguardo di Icaro hanno perso l'attitudine di Minosse alla visione ad altezza d'uomo. Ma negli ultimi anni, grazie anche alla lungimirante eccentricità (interessata) di alcuni imprenditori privati, seguiti a ruota da amministratori pubblici un po' meno timidi, più curiosi e attenti alla qualità dello spazio costruito (molti architetti sono diventati amministratori pubblici, e lo spazio pubblico "costa poco" ed è molto apprezzato e richiesto dai potenziali elettori...), le occasioni di reale sperimentazione si sono moltiplicate in maniera esponenziale, sino ad arrivare, con un crescendo parossistico, a rischiare la banalità del buonsensismo, dell'edulcorato, del già visto, del troppo.

 
 







Perché, allora, provarci di nuovo? Perché proprio non se ne può fare a meno, perché è necessario, sempre più necessario, e non si possono scansare, in nome della purezza disciplinare, i temi e le occasioni che la professione (la vita?) ti mette davanti. Si deve dare il buon esempio (come avrebbero detto gli educatori di un tempo antico), mettersi in gioco, misurarsi (che mille fiori fioriscano, diceva il presidente Mao, uno che predicava meglio di come agisse, ma come agit-prop non aveva nulla da imparare...).

Perché bisogna avere disciplina ed impeto, scaltrezza e passione. E saper usare gli strumenti del mestiere, precisi come chirurghi, furbi come viet-cong. E in livingstreet gli strumenti ci sono quasi tutti.









Uno: l'empirismo teorico, esigenza oggi quanto mai necessaria di una "architettura territoriale", cioè capace di avere nel suo farsi lo sguardo rivolto alla doppia scala (schizofrenica solo in apparenza) del sistema sul territorio, esportabile nei suoi assunti principali con variazioni anche significative che non ne inficiano però il suo significato modellistico esportabile in condizioni simili, e soluzioni di progetto che risolvono puntualmente, in maniera meticolosa e quasi pignola, il numero (quasi sconfortante) dei problemi architettonici posti dalle aree attraversate da via Francesco Baracca.

Due: la prassi della chiarezza e della permanenza della rappresentazione, con il potenziale (enorme) del mezzo elettronico usato non tanto per stupire, ma per tentare di misurarsi ancora con il disegno scientifico: sono ancora le vecchie (obsolete?), amate piante, prospetti e sezioni a guidarci attraverso il progetto, la pre-visione di livingstreet, con disegni che si confrontano, con la stessa attenzione maniacale, non più con elementi architettonici, stili, sequenze d'ambienti e composizioni di volumi, ma con pezzi d'arredo urbano, reti, flussi, spazi. E quel pizzico di modaiolo che può essere riscontrato soprattutto nella parte dei grafici dell'analisi di approccio al tema, è sempre venato da un tentativo di specificità italiota che lo rende domestico, cordiale, abbordabile.

Tre: è un libro didattico. Per due motivi. Il primo è la chiarezza quasi didascalica del percorso progettuale –la sequenza concatenata tra dati di analisi generale, osservazione in situ, conclusioni e progetto rende perfettamente chiaro il metodo di lavoro su un tema così complesso e apparentemente minore, poco riconducibile (almeno in Italia) a modelli e ad una trattatistica consolidati. Il secondo (ed è una festa, soprattutto vista dalla parte degli studenti, ma non solo...) è che dentro ci trovi un sacco di roba che si può copiare: l'uso spregiudicato ed amichevole del mezzo elettronico al quale facevo cenno sopra lo fa diventare un piccolo ed affettuoso manuale dal quale attingere informalmente soluzioni grafiche, sequenze, soluzioni ed idee senza timore di diventare prigionieri di una griffe o di una scuola di pensiero.

Non è cosa da poco: queste, dalle mie parti, sono considerate le basi di partenza di una buona cultura laica. Onore a chi non ha paura di mettersi in gioco.

Aldo Aymonino
aldoaym@tiscali.it

 

  Livingstreet è un progetto di lands studio e t-a, con la consulenza per il paesaggio di Giovanni Abrami. Il progetto si fonda su un ampio studio del territorio del litorale del Cavallino a Venezia, partendo dall'ipotesi che via Francesco Baracca possa diventare un importante fattore di sviluppo per tutto l'ambiente circostante. L'obiettivo principale è stato quello di definire una nuova identità, a partire da due elementi fondamentali: il paesaggio e gli usi. Il paesaggio che pur essendo fortemente antropizzato e particolarmente discontinuo, possiede a oggi, ancora delle notevoli qualità naturalistiche con presenze di grande pregio ambientale: la spiaggia con il sistema di dune e la pineta retrostante, la campagna, e l'importantissimo ecosistema lagunare. Gli usi caratterizzati da andamenti e densità di attività estremamente variabili, se visti nell'ottica delle stagioni turistiche, ma che proprio per la vocazione di questi luoghi a città delle vacanze, del divertimento, del tempo libero, diventano un potente motore per tutto il territorio, segnato da una forte presenza di campeggi, che nel bene e nel male ne hanno disegnato l'assetto e le attività umane. Cominciato in modo spontaneo e solidificatosi poi nel tempo, si è verificato un fenomeno per cui le strade, i bordi di queste, le piazzole, le aree di servizio, gli incroci e i parcheggi, insomma tutta quella serie di luoghi nati per altri usi, sono diventati nel tempo, per necessità o per caso, nuovi particolari spazi collettivi, in alcuni casi veri luoghi pubblici, non organizzati e attrezzati, in contrapposizione a quelli più strutturati dei piccoli centri urbani di Cavallino, Ca' Savio... o delle enclaves "della città effimera" dei campeggi. Livingstreet vuole essere prima che strada, una proposta di riflessione su queste tematiche, che hanno in questi ultimi anni così radicalmente modificato questo paesaggio e i modi di viverlo. Strada come flusso anche di attività umane e quindi spazio per muoversi e per stare.

lands studio è fondato a Cavallino-Treporti da Luca Valeri (Torino 1969) e Simone Zoia (San Donà di Piave 1971). Svolge attività di progettazione in proprio e in collaborazione con altri professionisti. Partecipano a numerosi concorsi di idee e di progettazione. Nel marzo 2002 riceve una segnalazione per il progetto di concorso per il "Nuovo Fabbricato per piazza Bertati a Martellago". Nel luglio 2003, con M. Liliu, vincono il consulto di idee a inviti di progettazione urbana NET_WALK a Sant'Egidio alla Vibrata.

t-a è fondato da Gaetano De Napoli (Bari 1972) e Adriano Venudo (Bujumbura 1972). Gaetano De Napoli si laurea presso lo IUAV di Venezia, nel corso della sua formazione partecipa a numerosi seminari, workshops e concorsi. Presso lo IUAV collabora all'attività didattica ed è dottorando con il primo ciclo del "dottorato internazionale di ricerca in architettura Villard d'Honnecourt". Adriano Venudo si laurea presso lo IUAV. Trascorre un periodo di formazione presso lo studio Zordan di Venezia, dove collabora a diversi piani e per l'architetto Boris Podrecca. Svolge attività professionale con lands studio e con il gruppo ALTR_a. È dottorando di ricerca in Progettazione Urbana e Architettonica, e collaboratore all'attività didattica presso la facoltà di Architettura di Trieste. Gaetano De Napoli e Adriano Venudo dal 1998 hanno preso parte alle attività dello studio ALTR_a di Venezia, partecipando a progetti di ricerca e di concorso, esposti e pubblicati in mostre, cataloghi e riviste. Nel 2004, con Stefano Alonzi e Daniele Levi, fondano A4plus, studio di architettura, grafica e design, con sede a Venezia.
   
       

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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