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Allestire.
Attraversamenti, temi, territori, ibridazioni


 


(a cura di) Lucio Altarelli

"
Allestire. Attraversamenti, temi, territori, ibridazioni"
in "Groma volumi" n° 6, Palombi editore, Roma 2005.
pp. 537
, €24,00

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Già dalle prime pagine di presentazione, questo volume mostra la complessità dell'operazione compiuta, di cui il testo è solo testimone parziale. Le esperienze di un anno (2001/02) di corso di perfezionamento in Progettazione degli allestimenti e degli spazi espositivi dell'Università degli studi di Roma "La Sapienza", di cui Altarelli è direttore, hanno costituito le premesse e la base sui cui, nel tempo, si sono innestati nuovi interventi –critici, illustrativi, legati anche al mondo dell'arte- che travalicando quell'esperienza permettono di fornire uno spaccato significativo di un aspetto della "cultura del progetto" troppo spesso messo in secondo piano, almeno dal panorama informativo strettamente legato al mondo architettonico. Si tratta di tre presentazioni che portano le firme di Antonino Terranova (direttore del Dipartimento di Architettura e Analisi della Città, DAAC, oggi DiR Dipartimento di Architettura) grande sostenitore dei valori della contemporaneità, sempre pronto ad ogni tipo di contaminazione disciplinare; Beniamino Quintieri (Presidente dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero, ICE) e Pio Baldi (Direttore Generale della DARC, Direzione Generale per l'Architettura e l'Arte Contemporanee).

Proprio la compresenza di un dipartimento universitario dedito alla ricerca, di un'istituzione pubblica come l'ICE -che si occupa di promuovere, organizzare eventi ed iniziative culturali e commerciali all'estero- e della DARC, ci fornisce un quadro d'insieme a più attori dove le interazioni reciproche hanno permesso di passare dalla "teoria" alla "pratica", dal progetto alla sua realizzazione.



Alessandro Anselmi, Modello tridimensionale per l'allestimento della mostra Piano Superficie Progetto, MAXXI, Roma, 2004.


Giovanni Bulian, Ex cappella di Sant'Isidoro: aula adiacente il Planetario. Il livello inferiore della nuova struttura con il grande "taglio" vetrato che consente la visione del piano archeologico.

Chi ha seguito il corso di Altarelli ha avuto la possibilità di confrontarsi con tutto l'iter politico, amministrativo, realizzativo, che vede il progetto, per quanto importante, solo come una tappa iniziale. I borsisti, grazie all'ICE, hanno potuto realizzare e applicare le proprie idee di allestimento in occasioni prestigiose e concrete (Salon du Livre a Parigi, Vision Expo a New York, la mostra Open Living a Tokyo, il centro servizi Arabian Stone a Dubai etc.), producendo una ricerca applicata, organica e fortemente supportata dal punto di vista teorico, ed infine ottenendo degli ottimi risultati. Una procedura e delle sinergie che dovrebbero essere all'ordine del giorno, ma che in realtà si verificano assai di rado; un atteggiamento collaborativo che porta impresse le capacità relazionali e lucidamente strategiche del curatore dell'ultimo volume di Groma, rappresentante senza dubbio di quella parte ancora sana e vitale dell'università. 

Ma Allestire, come si diceva, è molto di più del resoconto di una, seppur riuscita, esperienza. Infatti sono presenti ben 38 interventi, di cui solamente due sono dedicati al corso di perfezionamento ed ai suoi esiti. Rappresentanti di amministrazioni, autori, storici, progettisti, critici, artisti, sono stati chiamati a fornire un contributo sull'argomento che, proprio perché non prescindeva dalla specificità della loro esperienza, ha portato con sé la possibilità di vedere il soggetto da prospettive diverse, arricchendo di sfumature, di sconfinamenti, un tema complesso e "vaporizzato" come l'allestimento.


Franco Purini, progetto per una parete a Verona in occasione della mostra Superfici delle città, con L. Paglialunga, 2000.


Orazio Carpenzano, Sylvatica, Compagnia Altroteatro, 2003. Foto Massimiliano Botticelli.

Quali sono i confini tra un allestimento ed un'installazione? Allestire cosa? Un museo, una mostra, una scenografia, un evento urbano, una performance, uno stand fieristico, un padiglione per un'expo, un centro servizi, un evento ludico, una pubblicità... che peso sostiene un unico termine!  Testi di Paolo Portoghesi, Achille Bonito Oliva, Franco Purini, Fabrizio Plessi, Renato Nicolini, Ricci/Spaini, Alessandro Anselmi, Giovanni Bulian, Margherita Guccione, Marco Casamonti, solo per citarne alcuni, ci accompagnano lungo la declinazione del verbo irregolare allestire.

Oltre al saggio introduttivo (La città in allestimento) dello stesso Altarelli, il libro è stato diviso in quattro sezioni tematiche, se di tematismo possiamo parlare in questo caso specifico: Attraversamenti, Tematizzazioni, Territori, Ibridazioni. Così, dopo essere stati intelligentemente allertati sulla vastità dell'argomento e delle sue possibili implicazioni e derive dal curatore, troviamo in Attraversamenti una serie di articoli tesi a ripercorrere la storia, con la S maiuscola, dell'allestimento. Fino ad arrivare alla fine degli anni '70, quando sembrava che la città di Roma fosse pronta non solo a reinterpretarsi attraverso eventi temporanei, ma anche ad accogliere qualche cosa di più duraturo che la potesse reinventare attraverso un diverso uso degli spazi pubblici (l'estate romana).


Mosè Ricci e Filippo Spaini (con R. Lamanna), musealizzazione e messa in sicurezza del terrazzo di copertura del Vittoriano, concorso, primo premio. Committente: Soprintendenza Beni Architettonici, Roma, 2002.


Marco Casamonti, La stanza dell'immunodeficenza per la mostra laboratorio Habitat&Identità, Studio Archea: L. Andreini, M. Casamonti, S. Fabi, G. Parisse, G. Polazzi, Arezzo, 1992.

In Tematizzazioni, oltre ad un illuminante testo critico-eretico di Terranova e agli spazi dedicati alle attività di ICE e DARC, scoviamo il tragitto progettuale di tre veterani dell'architettura -Portoghesi, Purini, Anselmi- narrato in prima persona. Progetti in cui prevale, oltre ad un raffinato apparato critico, un tentativo di "nobilitare" l'allestimento attraverso gli archetipi dell'immaginario collettivo legato all'architettura, almeno per i primi due; Anselmi appare in questo caso un po' spaesato ma ancora capace di autoironia. Portoghesi e Purini mettono in scena l'architettura o la sua mimesi, a dire il vero non proprio ibridata da altre discipline, un po' autoreferenziale, in alcuni casi autistica. In Territori questo punto di vista è completamente ribaltato; il presupposto del cambiamento è così enunciato: "ho attraversato, (...) il passaggio e l'evoluzione del concepire uno spazio come scenario per esporre e uno spazio come scenario per comunicare. La modalità interattiva della comunicazione ha, infatti, la capacità di muovere attorno a sé una tale molteplicità di significanti e significati, lingue, flussi d'energia, da rappresentare (...) una vera metafora della società contemporanea (...) e della città contemporanea". Questo è il vero campo d'esistenza dell'allestimento oggi, luogo di sperimentazioni e ibridazioni disciplinari dove tutto è in definitiva lecito. Purché, non solo si riesca a veicolare il messaggio (culturale o commerciale; un metaconsumo o se si preferisce iperconsumo), ma si possa anche interagire ed adattarsi ai fruitori, oggi posti al centro del quadro e in grado di modificarlo. Si tratta di un nuovo linguaggio, una piega tra Design, Pubblicità, Informatica, Nonsenso e Decontestualizzazione artistica, mirato alla reinterpretazione di oggetti esposti così come di contenitori che hanno perso il loro significante. 


Fabrizio Plessi, La flotta di Berlino, Berlino, 2003/2004. Foto Gunter Lepkowski.


Jenny Holzer, Gateshead, 2000.

In Ibridazioni, l'ultima sezione del libro, soprattutto negli interventi di Bonito Oliva e Prestinenza Puglisi, si capisce che allestire non è semplicemente un settore dell'architettura in forte espansione, ma qualche cosa di più. Uno stato mentale pervasivo di ogni disciplina legata alla comunicazione. In questo senso si può rispondere alla domanda che nelle prime pagine si pone Pio Baldi: "L'allestimento divora l'architettura?" Senz'altro sì! È un dato di fatto che l'architettura "maggiore" tende sempre più ad assomigliare ad un allestimento o ad un'installazione; da queste prende a piene mani nel delineare la sua rinnovata struttura linguistica. La famosa definizione di Paul Virilio, mediabuilding, risale ormai a diversi anni fa. Nell'allestire, l'architetto o l'artista ritrovano un ambiente favorevole allo sviluppo delle loro ricerche; si potrebbe quasi affermare che si è tornati ad una sorta di unità di intenti tra cultura, mondo economico e bisogni della società contemporanea che da tempo latitava.


Gert Hof, Installazione, Berlino, 2000.


Stefanos Lazaridis, Bend and fold: Nabucco, Bregenz, 1993/1994.

Eppure, dopo questo excursus non si può fare a meno di notare, forse indotti dallo stesso curatore, che l'allestimento è una nicchia, dilatata e potenzialmente felice. Tuttavia proprio la sua ipertrofia, evidenzia lo scollamento tra questo possibile/reale mondo e quello dell'edilizia vera e propria (quella della Lamaro, dei Caltagirone, dei Mezzaroma, tanto per restare nella capitale) che ormai ha scelto come unico compagno di viaggio la politica. Compagno forte, capace di continuare a riprodurre modelli redditizi per chi sa quanti anni ancora, anche se ormai superati da "quasi" tutti.

Alessandro d'Onofrio
donofrio@STALKagency.com
  [15jan2006]
       

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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