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Venezia. Racconto di architettura

 


Claudio Lamanna

"
Venezia. Racconto di architettura"
Gangemi Editore, Roma 2004
pp. 62, €12,00

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  "I tracciati delle opere che infrastrutturano il territorio, strade, binari e canali, navi e cantieri sono "paesaggio in attesa": nuovi edifici e manufatti, sono elementi per una diversa significazione del sito e non come opere artificiali da inserire nell'ambiente con il minor impatto possibile. L'architettura diventa un'occasione per definire nuovi paesaggi. Il progetto deriva da azioni programmate sul suolo che tendono a ridefinire contemporaneamente, edificio e paesaggio: incisioni, sollevamenti, torsioni e piegature sono alcune tra le "operazioni primitive del comporre". L'esito non è solo un manufatto architettonico ma una modellazione del terreno; un sistema di spazi integrati, interni ed esterni, disponibili al programma funzionale richiesto. L'edificio diventa forma del territorio". (Claudio Lamanna, Racconto di architettura, p. 11)

La citazione dal libro di Claudio Lamanna sintetizza due questioni di stringente attualità, e strettamente intrecciate, che vengono affrontate in Racconto di architettura prendendo a motivo la narrazione dell'approccio concettuale di un progetto dell'autore stesso per un concorso a Marghera (VE).

Prima questione. Landform Architecture ovvero dell'architettura forma del territorio. Innanzitutto, che cosa è la Landform Architecture. La Landform Architecture è un nuovo paradigma dell'architettura contemporanea e definisce una diversa disciplina del suolo e del paesaggio dove vengono decostruite le opposizioni dialettiche del movimento moderno, prima fra tutte l'opposizione figura/sfondo, (secondo la quale l'architettura non doveva raccordarsi al paesaggio, ma contrapporvisi), poi, via via, tutte le altre: naturale/artificiale, città/campagna, centro/periferia, interno/esterno, orizzontale/verticale, struttura/ornamento. Tanto per capirsi con un'immagine, l'edificio paradigmatico (1) della Landform Architecture è il terminal portuale di Yokohama dei FOA.

Nella Landform Architecture l'architettura si compone con il paesaggio e il paesaggio si «architettonicizza», in altri casi è il paesaggio che, prevalendo, «paesaggizza» l'architettura.
In generale il nuovo atteggiamento degli architetti verso il suolo può essere sintetizzato con i Morphosis: "comprendemmo che non ci saremo mai più confrontati e che avremo potuto allontanarci dalle convenzioni standard della figura-sfondo, edificio e sito. Iniziammo a considerare il sito come il centro del nostro lavoro. Ci trovammo a lavorare contemporaneamente sul sito e sull'oggetto dal momento in cui iniziammo a considerare il sito come condizione dinamica, parte di un flusso, in opposizione all'idea di un oggetto dinamico definito contro lo stabile sfondo di un sito statico" (2).

  [27nov2005]






Viste del modello.


Vista del modello.

In particolare Lamanna pare interessarsi di fusioni, metamorfosi, forse sollecitato dall'area ibrida: in parte città periferica, in parte acqua, in parte campagna, in parte area di intrecci ferroviari. Questo terrain vague è fonte di potenti suggestioni. Metamorfosi fra naturale e artificiale, ovvero quando il naturale (acqua e terreno) diventa artificiale pur mantenendo i caratteri della naturalità e viceversa. Metamorfosi di solido e fluido: quando l'acqua si trasforma in suolo che si trasforma in foglie che si trasforma in architettura. Metamorfosi di navi che diventano edifici che incontrano foglie che sono suolo che è acqua. 

L'esito dei morphing non è però fino in fondo un ibrido, ne nasce, come dice Lamanna un'architettura doppia, continuamente in bilico, una opposizione di forme che rimandano alle due condizioni: solido/fluido, artificiale/naturale. Non si tratta solamente di una operazione compositiva fatta di contrasti tra forme dissonanti o di una "opposizione di materie, ma di una vera ambiguità all'interno del procedimento progettuale che rispecchia un'opposizione, mai sopita nell'evoluzione del movimento moderno. Un'architettura in bilico che alla fine capitola: l'edificio non è solo un manufatto architettonico ma una modellazione del terreno. [...] L'edificio diventa forma del territorio". Ma se l'architettura diventa Landform Architecture, tutto ciò è reso possibile da una serie di operazioni, e qui vengo alla seconda questione che mi preme sottolineare del libro di Lamanna.

Seconda questione. Il generatore primario; le operazioni elementari del comporre della Landform Architecture: parole chiave e oper-azione. Piegare, sollevare, estrudere, incidere, tagliare, agglutinare, metamorfizzare, increspare, incistare, innestare, stratificare, sovrapporre, impilare, accatastare, fondere, ibridare, sciogliere, pixellare, tappezzare, incavare, scavare, fratturare, fendere, solcare, striare, corrugare, comprimere...



Rendering di progetto.

L'architettura si situa nell'ambito del problem solving, perché è una disciplina che deve risolvere dei problemi: disciplinari (funzionali, distributivi, formali, figurativi, di dettaglio) o extradisciplinari (esigenze del cliente, contenimento dei costi e dei consumi, normativi). Nell'ambito del problem solving si possono distinguere due tipi di problemi: i "problemi ben definiti" e i "problemi mal definiti". Sono ben definiti i problemi enigmistici, di aritmetica, di geometria. Sono mal definiti i problemi che non forniscono tutta l'informazione necessaria alla loro soluzione e non esiste uno strumento per decidere se e quando il problema è risolto; il progetto di architettura è un esempio di problema mal definito.

A questa distinzione, ne segue un'altra, strettamente collegata alla prima; è la distinzione fra algoritmo ed euristica. L'algoritmo è una procedura di calcolo che dopo un certo numero di passaggi assicura il raggiungimento del risultato cercato e certo: il concetto di algoritmo, che attiene alla matematica, è usato nel cognitivismo (3) per indicare piani e procedure in cui si applica uno schema noto di operazioni per trovare una soluzione (4). L'euristica, diversamente dall'algoritmo, non è sistematica, è una procedura rischiosa che può portare all'insuccesso, ovviamente viene applicata quando non c'è un algoritmo a disposizione.

In sintesi. "Ben definiti" sono i problemi chiaramente formulati, per i quali è noto l'obiettivo e l'algoritmo per raggiungerlo (per es. calcolare l'area del quadrato). "Mal definiti" sono i problemi che non hanno né chiara formulazione, né criteri per valutare la correttezza della soluzione, né, tantomeno, procedure che garantiscano una soluzione corretta (5)


Rendering di progetto.

L'architetto è quindi costretto a usare euristiche (la sua scelta è un atto sempre pressoché arbitrario, difficile da spiegare, se non a posteriori) ossia strumenti incerti, "deboli", attraverso cui sondare lo spazio del problema che si presenta nella progettazione. L'architetto non solo sonda lo spazio del problema, ma attraverso le eristiche lo circoscrive, lo riduce, esse sono operazioni fondamentali per minimizzare lo spettro delle scelte possibili in modo tale da consentire di dare avvio al processo progettuale con una linea guida.

Dotarsi di euristiche significa discriminare, preventivamente, fra gli infiniti possibili che se non venissero ridotti porterebbero alla paralisi dell'innesco del processo progettuale. L'euristica deve possedere, almeno in architettura, delle caratteristiche apparentemente contraddittorie: deve essere orientata ma sufficientemente vaga. Al principio opera selettivamente, per delimitare il campo del problema, poi possiede un effetto moltiplicatore all'interno, però, del dominio (spazio del problema) ormai circoscritto. La sua azione sembra incoerente, nel senso che al principio riduce, riuscendo a organizzare o facendo emergere dal magmatico magazzino della memoria del progettista alcuni materiali appena predisposti, dopo di che diventa un catalizzatore/moltiplicatore capace di suscitare questioni nuove (ovviamente all'interno del percorso vagamente predisposto e strutturato nella prima fase) attirare nuove strutturate relazioni fra pezzi di conoscenze che giacciono ancora immerse nel magma della memoria del progettista e di tutte le persone che direttamente o indirettamente partecipano alla progettazione, e quindi infine guidare il progetto alla sua conclusione.

   




Rendering di progetto.

L'euristica, in architettura, potrebbe corrispondere al "generatore primario". Secondo quanto riporta Emanuele Arielli (6), Jane Dark (7), intervistando diversi architetti, ha constatato che tutti tendono a scegliere un'idea semplice e generale già nelle fasi iniziali della progettazione, vincolando le scelte successive a questa decisione iniziale. Essi partono da uno spunto, un'immagine o un principio che permette loro di generare un ventaglio molto ristretto di soluzioni possibili che poi vengono messe al vaglio. In altri termini non è vero che il designer inizia facendosi una panoramica di tutti i fattori e vincoli, cercando di affrontarli in modo comprensivo. Spesso si fa ricorso a uno schema soggettivo, autoimposto: queste decisioni non sono il prodotto dell'analisi del problema, bensì precedono l'analisi stessa. Darke ha chiamato «generatore primario» questa tendenza a usare un principio organizzatore o un'idea dominante di partenza, come un dettaglio che viene sviluppato in uno stile, oppure un concetto astratto o un'immagine (8).

Le oper-azioni elencate al principio del paragrafo, a cui corrispondono delle parole chiave (ossia i sostantivi derivati dai verbi), sono "generatori primari", ovvero euristiche, soggettive e autoimposte, scelte per innescare e per guidare il problema ("mal posto") del progetto di architettura.

Le oper-azioni differiscono dallo schizzo perché, mentre quest'ultimo introduce delle valenze figurative in alcuni casi rischiosamente vincolanti, esse posseggono quel grado di "vaghezza" (figurativa) che consente di scartare, almeno al principio, immagini troppo forti e caratterizzate, per sollecitare piuttosto diverse dimensioni semantiche, fenomenologiche, sociali, ma anche possibilità figurative più pregnanti e coerenti. Le oper-azioni permettono di introiettare nell'architettura di più di quanto un'istanza figurativa, solo figurativa, è in grado di trascinare. Comunque è bene ricordare che ogni oper-azione può possedere o rimandare a una componente figurativa in fieri, ossia non completamente determinata e svelata come invece in uno schizzo. La forza delle oper-azioni è quindi di delimitare il campo del problema di architettura specifico e una volta circoscritto di prefigurare relazioni fra contenuti e/o fra contenuti e forme, da cui poi nascerà il progetto, agendo come meccanismi proliferatori all'interno del processo ideativo.

L'attuale tendenza all'uso di oper-azioni e/o parole chiave può nascondere un altro risvolto, quello classificatorio. Esse possono essere usate a posteriori dall'architetto stesso o dal critico con intento tassonomico, ossia per spiegare, senza dimenticare che quegli stessi strumenti, usati per chiarezza in un processo induttivo a posteriori, possono essere usati, ribaltandoli, in un processo deduttivo all'inizio del processo progettuale (9)

La Landform Architecture si sta arricchendo di un elenco di "azioni elementari/primitive del comporre" con il terreno e con il paesaggio. Come ben evidenzia Lamanna nel suo libro: il progetto deriva da azioni programmate sul suolo che tendono a ridefinire, contemporaneamente, edificio e paesaggio: incisioni, sollevamenti, torsioni e piegature, sono alcune tra le "operazioni primitive del comporre". In Racconto di architettura sono narrate (10) alcune parole chiave o azioni specifiche del comporre e quindi risolutive del progetto: tagliare, piegare, curvare, corrugare, svergolare. Ne do solo un brevissimo cenno rimandando alla lettura del libro: Il suolo è come una membrana elastica da sottoporre a tagli e tensioni, incidere, piegare, inflettere, stirare, torcere per ottenere nuove conformazioni; una sorta di geometria dei fogli di gomma. L'architettura è soggetta ai campi di forza che la conformano e la modificano assieme al sito. Si lavora con il suolo e non contro di esso, vanno ripensate le consuete categorie e si mettono a punto nuovi strumenti per il controllo della forma. L'edificio non è appoggiato al terreno ma è generato dalla dinamica del suolo; il suolo è parte del progetto non distinta dall'edificio.

Il libro di Claudio Lamanna fa parte di una collana dal titolo Spazio Paesaggio Architettura, diretta da Renato Bocchi, edita dalle edizioni Gangemi di Roma. La collana, come dice il suo direttore, accoglie testi che tendono a definire strategie intese a "fondare" un progetto in un luogo, tenendo conto primariamente degli aspetti relazionali tra architettura e luogo, e più specificamente tra architettura e paesaggio, che possono informare di sé il progetto stesso e diventare quindi fattori decisivi nel processo ideativo. All'interno della collana è stato pubblicato un altro libro dal titolo Geometrie del paesaggio, curato da Sara Marini e con un introduzione di Renato Bocchi, che affronta tematiche simili a quelle di Racconto di architettura ad una scala diversa, quella paesaggistica. Il libro contiene sette tesi di laurea (11) unite dal filo rosso del paesaggio e dalle oper-azioni su di esso applicate, ognuna dà il titolo ad un capitolo. 

Ne "La quadratura del cerchio" il progetto si costruisce attraverso di segni del paesaggio contrastanti, tale scontro è assimilabile alle dialettica: ortogonale vs informale; nella "Presenza di un'assenza" il progetto si incentra sul tema della cava e del progetto del vuoto; in "Dissodare la città" è il solcare, il sollevare le zolle con la zappa, l'azione guida del progetto; in "Slittamenti spaziali" sono una serie di lame a "L" traslate e ruotate a disegnare il territorio all'interno del quale si inscrive il progetto; in "Land-architecture" il progetto cerca una risposta in un'architettura in stretto dialogo con la terra: con le sue linee, i suoi solchi, le sue porosità; in "Staffe nel paesaggio" il progetto si gioca tutto sul dialogo di strati: quello archeologico, quello delle griglie di bonifica, quello della ragnatela d'acqua, quello degli argini.


Matteo Zambelli
zambelli.matteo@libero.it
   
   
NOTE:

1. Definiamo paradigmatica un'opera che, dotata di alto valore espressivo o comunque artisticamente rinnovatrice ed emergente, trasforma violentemente le norme linguistiche in uso e pone in crisi il precedente codice fino ad instaurare con la sua influenza, con il suo imporsi come paradigma o modello, un nuovo stile. Renato De Fusco, Segni, storia e progetto dell'architettura, Laterza, Roma-Bari 1973, p. 195.
2. In Morphosis Buildings and Projects 1993-1997, Rizzoli, New York 1999, Appendix II.3.
3. "Le scienze cognitive hanno come oggetto di studio la cognizione, e cioè la capacità di un qualsiasi sistema, naturale o artificiale, di conoscere e di comunicare a se stesso e agli altri ciò che conosce. [...] L'obiettivo delle scienza cognitiva, al singolare, è quello di capire come funziona un qualsiasi sistema, naturale o artificiale, che sia in grado di ricevere e filtrare informazioni dall'ambiente circostante (percezione e selezione delle informazioni), di rielaborarne creandone di nuove (pensiero), di archiviarle e cancellarle (ricordo e oblio), di comunicarle ad altri sistemi naturali o artificiali e, infine, di prendere decisioni e di agire nel mondo adattandosi ai suoi cambiamenti (decisione e azione) adattando il mondo alla creazione di artefatti. Questo obiettivo è simile a quello della psicologia cognitiva, ma quest'ultima si occupa esclusivamente degli esseri naturali: l'uomo e gli animali. L'orizzonte delle scienze cognitive è assai più ampio. Oltre alla psicologia, alla linguistica, alle neuroscienze (cioè allo studio delle basi neurofisiologiche dei processi cognitivi) e all'intelligenza computazionale (cioè all'intelligenza riprodotta in sistemi artificiali), si vanno ad esplorare territori di confine con la filosofia, l'antropologia, la genetica, l'etologia (lo studio del comportamento animale), l'economia (teoria dei giochi), l'arte e, più in generale, la creazione di artefatti. In questa prospettiva allargata, le scienze cognitive diventano il campo di studio di tutto ciò che ha a che fare con la capacità creativa dell'uomo e con gli artefatti da lui creati. Ciò che definisce le scienze cognitive è proprio un approccio integrato". Paolo Legrenzi, Prima lezione di scienze cognitive, Laterza, Roma-Bari 2002, pp. V-VI.
4. Piero Boscolo, Psicologia dell'apprendimento scolastico, UTET, Torino 1997, p. 339.
5. Ibidem, p. 340.
6. Emanuele Arielli, Pensiero e progettazione. La psicologia cognitiva applicata al design e all'architettura, Mondadori, Milano 2003, p. 120.
7. Jane Dark, The primary generator and the design process, in "Design Studies", 1, 1, pp. 36-44.
8. Arielli, op. cit., p. 120.
9. In Zaha Hadid. Projects Documentation, uno dei quattro libri contenuti nel cofanetto della Thames & Hudson (2004) dedicato all'opera della Hadid, tutti i progetti sono classificati con parole chiave che sono proposte, credo, sia come strumento critico che come strumento (euristiche) per progettare. Lo stesso dicasi per quanto hanno fatto i FOA in occasione della mostra Species- FOA's Phylogenesis' Exhibition inaugurata alla TN Probe Gallery di Tokyo nel febbraio 2003: tutti i progetti sono classificati per oper-azioni e/o parole chiave.
10. Sul tema del racconto dell'architettura o dal racconto all'architettura il saggio di Sara Marini, contenuto nel libro, ne tratteggia una breve storia.
11. Renato Bocchi è il relatore di tutte le tesi discusse fra gli anni 2002 e 2004.
   
       

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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