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    Temi e figure nell'architettura romana 1944-2004

 
   

Alessandra Capuano 
"
Temi e figure nell'architettura romana 1944-2004"
Gangemi 2005
pp383, €38,00

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  Riassumere in un solo testo sessanta anni di storia dell'architettura di una città, è di per sé un impegno notevole. Difficile è in questi casi sottrarsi alla tentazione di sistematizzare le diverse tendenze in un'unica scuola, magari semplificando con una forzatura critica le questioni più controverse o trascurando filoni di ricerca più laterali e meno coerenti con la tesi espressa. Qui l'operazione è condotta con intelligenza e in maniera così chiara da sembrare semplice: le vicende architettoniche sono ripercorse nelle opere e negli scritti dei maestri romani dal dopoguerra a oggi, ma anche attraverso la ricostruzione dei principali concorsi nazionali, delle mostre e degli eventi, delle tesi dibattute sulle principali riviste e dei ciclici tentativi di stabilire se esista o meno una scuola romana. Da una tale quantità di materiale Alessandra Capuano riesce a rintracciare l'identità dell'architettura romana non tanto attraverso la descrizione di singole opere emblematiche, o individuando i maestri di una scuola, ma piuttosto estraendo i temi fondanti e le figure ricorrenti nella cultura del progetto di questa città.


Giuseppe Samonà, centro direzionale, Torino, 1962.


Sergio Musmeci, ponte sul Basento, 1967-69.


Questa "tematizzazione per figure" lascia libera l'autrice di confrontare architetture anche molto lontane tra loro nel tempo, mantenendo larghe le maglie degli esempi considerati: opere di architetti stranieri a Roma, architetture di romani all'estero, concorsi a cui hanno partecipato, con progetti importanti, gruppi di professionisti della capitale. E permette di riscoprire personaggi trascurati dalla critica ed esaminare linee di ricerca, frettolosamente abbandonate, che tornano invece ad essere centrali nella scena internazionale contemporanea. Strumento prezioso per chi pensa l'architettura italiana come un'insieme di scuole ben caratterizzate e legate ai diversi contesti culturali, ad una lettura più approfondita questo libro sostiene in realtà un'idea opposta: le figure, la plastica o la spazialità romane fanno parte di una grammatica del comporre le forme comuni all'architettura moderna e contemporanea, nei suoi aspetti locali e globali, al di là di qualsiasi tentazione di anacronistico e provinciale isolamento. 

E lo afferma la Capuano nell'introduzione con le parole di Fernando Savater, chiarendo che "il vero elemento differenziale, nel campo della cultura, è quello che distingue i cercatori dell'universalità dai santificatori dell'individualità". L'apertura interdisciplinare e la continua ricerca di ponti tra passato, presente e futuro caratterizzano infatti tutto il libro, che ha il merito di non sottrarsi mai alla complessità delle vicende architettoniche (non solo) romane. 

  [01jan2006]

Costantino Dardi, Strada Novissima, Venezia, 1980.
 
Ca
rlo Aymonino, progetto per il Campidoglio, 1993.


Francesco Cellini, ampliamento del cimitero, Baschi, 1995-97

Se, quindi, il testo volutamente non ha un taglio critico forte, né aspira ad imporre una propria tendenziosa tesi, è proprio questo rileggere la città sotto la lente della complessità, della discontinuità e della molteplicità, la chiave interpretativa dell'autrice, che allo stesso tempo affronta temi in sintonia con le ricerche contemporanee (il linguaggio internazionale, il passaggio dal concetto di luogo a quello di paesaggio), approfondisce alcuni aspetti più controversi del pensiero di personaggi-chiave come Quaroni, Muratori, Zevi, Tafuri, Moretti, Portoghesi, Purini (la composizione architettonica, il ruolo della tipologia), e non trascura, tuttavia, il confronto con le figure di minore notorietà (perlomeno nel dibattito nazionale) e con l'attività degli architetti romani dell'ultima generazione.

Nella prima parte del testo si fa un bilancio dell'eredità spaziale romana e barocca nell'interpretazione zeviana o morettiana, ma anche nel cruciale apporto degli ingegneri strutturisti (Nervi, Morandi, Musmeci): il grande vuoto, la complessità interna, il trovare il senso di un'architettura nello spazio e nell'ossatura della costruzione sono temi ricorrenti che dal Pantheon, a Piranesi, a Libera, ritroviamo oggi nel Municipio di Anselmi a Fiumicino o nella "nuvola" dell'Eur di Fuksas. E così il rapporto tra testo e contesto, tra storia e progetto è affrontato a partire dall'opposta visione di Quaroni e Muratori nel progetto per le Barene di S. Giuliano, fino ad arrivare al concorso per la Camera dei Deputati dove si avviano differenti maniere nel relazionarsi alla città storica, che costituiranno tre diversi approcci culturali nei decenni seguenti: l'allusivo-astratto del progetto del gruppo Quaroni, l'oppositivo-modernista nella proposta Samonà, il metodo analogico nella soluzione proposta dal gruppo di Dardi. La ricerca del carattere del luogo e il progettare come atto di sovrapposizione ad un palinsesto esistente, sono operazioni talmente connaturate per i progettisti romani, da essere simulate (o involontariamente riproposte) anche in contesti di nuovo insediamento o nella creazione di un tessuto urbano.

   

Carmen Andriani e altri ,centralità metropolitana, Romanina, 2005.


Il muro come oggetto cavo, in Franco Purini (1968), Alessandro Anselmi (1985), Raffaelle Panella (2000).
 
Giuseppe Pierluisi, paesaggi metropolitani, 2000.


Steven Holl, progetto di concorso per il MAXXI, Roma, 1997-99.

Questione decisiva nella comprensione di molte architetture della capitale è quella della figurazione come controllo della progettazione, strumento che diventa pian piano vera e propria pianificazione figurativa della città e del paesaggio, nella stagione del difficile passaggio dal progetto del quartiere alla dimensione metropolitana e territoriale. È un tema, quello del segno a grande scala, che Alessandra Capuano mette in relazione con il primato, nell'architettura romana, del disegno e della rappresentazione. Il controllo figurativo diventa tendenza all'iperfiguratività, la tradizione visionaria dell'architettura disegnata, che da Piranesi giunge fino ad Aymonino e Purini (ma anche a Prati, Eroli, Pierluisi e Passi), nell'affermare il carattere artistico del fare architettura, si lega curiosamente alle più recenti esperienze di sperimentazione virtuale dell'architettura digitale.

Ricco di immagini, apparati bibliografici e schede di approfondimento (contributi di Rosa De Rose, Federica Morgia e Manuela Raitano), il testo si conclude con un'interessante scelta di letture che, nell'estrema varietà delle argomentazioni, confermano l'impossibilità di comporre un discorso unitario sull'intrigante intrico romano –per usare le parole di Antonino Terranova– espressione di una realtà plurima eternamente transitoria e sedimentaria ma finalmente aperta al multiforme e conflittuale panorama internazionale. 

Luca Reale
lucareale@tiscali.it
   
       

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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