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  STOP&GO
Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia. 30 casi studio


 
 

(a cura di) 
Andrea Bondonio, Guido Callegari, Cristina Franco, Luca Gibello

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STOP&GO
Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia. 30 casi studio"
Alinea Editrice, Firenze 2005
pp. 240, €28,00

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  Il riuso delle aree industriali è un tema di estrema attualità, sul quale si scrive e si discute da almeno due decenni. La ragione di tanta attenzione legata all'argomento è facile da capire: agire sul recupero delle aree ex industriali è il principale, se non l'unico, metodo di intervento nella città contemporanea. Saturati gli spazi a disposizione, annullati talvolta i confini fisici tra i vari centri urbani fino ad attualizzare un concetto di città diffusa, la possibilità di poter ri-edificare all'interno di un tessuto urbano diviene occasione ghiotta, sia in termini urbanistici che in termini economici. Ad esser sinceri non si tratta di niente di nuovo: il metabolismo di crescita delle città è sempre stato interessato da alternanza di fasi di espansione, contrazione e trasformazione stratigrafica di parti al suo interno; gli stessi centri storici ne riportano esempi lampanti, con le tante chiese paleocristiane sorte su ex-templi o addirittura ex-basiliche, ovvero edifici romani a carattere pubblico amministrativo. A tutti gli effetti Piazza Navona è un esempio di riuso di una infrastruttura sportiva dismessa. Cos'è quindi che rende così rilevante la questione delle aree industriali? Sostanzialmente due aspetti: uno quantitativo-temporale, l'altro sociologico.


Bagnoli, planimetria generale.


Bagnoli, veduta della cava.

Il primo si spiega con la fredda lucidità dei dati numerici: dalla metà degli anni Novanta nei soli capoluoghi di provincia il fenomeno della dismissione ha interessato circa 100 milioni di metri quadrati di aree industriali (1), ed è un dato certamente approssimativo. I grandi numeri si comprendono meglio se rapportati a sottomultipli più facilmente gestibili: per fare un esempio ai limiti del paradossale potremmo immaginare un unico lotto profondo 20 metri e lungo 5.000 Km, praticamente da Roma a Nuova Dehli. Una Unitè corbuseriana su scala planetaria.

Il secondo aspetto è probabilmente meno eclatante, ma sicuramente più profondo e significativo, ed è legato alla complesse problematiche sociologiche relative alla presenza di un'area industriale all'interno di un tessuto urbano, alle dinamiche economico-produttive che ne hanno portato alla dismissione e alla successiva ipotesi di una sua riconfigurazione funzionale. La difficile convivenza tra le invasive attività produttive e l'environment abitativo si basava fondamentalmente su di un compromesso lineare in cui la presenza delle prime garantisce lavoro, quindi reddito, quindi la possibilità di abitare il secondo, in pratica la sua stessa esistenza. In questo senso, a fronte del carattere fortemente negativo assunto dalla fase di dismissione (la scomparsa di una fonte di lavoro) l'operazione mirata ad un recupero della ex area produttiva si permea di un simbolico aspetto di rivalsa, riconquista di una parte di città alla quale tanti destini e tante vite sono stati legati.


Campi, veduta del complesso.


Venezia, ex-Jungas, veduta del complesso.

STOP&GO, recentemente pubblicato da Alinea, opera di un gruppo di ricercatori legati alla Prima Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, affronta il tema della aree industriali evidenziando questi due aspetti. A dispetto di quanto evidenziato nel sottotitolo e di quanto possa apparire ad una rapida consultazione infatti il volume non è solo una analitica raccolta di casi studio, ma piuttosto un tentativo di parziale bilancio su quanto compiuto nel nostro Paese relativamente al tema in esame: come gli autori sottolineano nella loro introduzione, a fronte dei molti casi distribuiti sul territorio "l'esistenza di progetti realizzati o in corso, consente di abbozzare i primi bilanci di operazioni di trasformazione che non possono più essere considerati sporadici episodi". (2)

Il volume è composto da tre parti distinte, delle quali la seconda, quantitativamente più rilevante per numero di pagine, raccoglie i succitati casi studio, trenta per la precisione, presentati in modo da facilitare ed anzi indurre ad operazioni di raffronto. Gli esempi raccolti sono presentati in forma di scheda secondo un layout costante: sei pagine ciascuno, foto dell'area pre-dismissione, disegni o modelli del progetto e quando possibile foto dei lavori conclusi, oltre ad una foto aerea a piena pagina che rende immediata non solo la scala del singolo (impressionanti a titolo di esempio le dimensioni degli interventi relativi alle Ex raffinerie Agip e alle Ex acciaierie Falck, entrambe nell'area milanese), ma anche la vasta gamma di scale dimensionali con cui si ha a che fare, dalla porzione di città al lotto urbano di medie dimensioni. L'apparato iconografico funge da supporto a esaustivi dati che raccontano le varie esperienze in base alla cronologia, elenchi dei personaggi coinvolti nelle fasi di riqualificazione, quantità e costi, oltre a sintetici paragrafi descrittivi sul sito, sui processi attuativi che sottendono al progetto di riuso e sui progetti in quanto tali. 


Rho, veduta dell'area prima dell'intervento di recupero.

Una siffatta standardizzazione della presentazione stimola forme di lettura non lineare, si è portati a saltare da un progetto all'altro in continue operazioni di paragone. Volendo esser critici si sente forse la mancanza di un supporto grafico che sintetizzi lo studio: un raffronto delle localizzazioni evidenzierebbe ad esempio la stragrande concentrazione di operazioni di recupero condotte nel nord-ovest della penisola rispetto alle altre aree geografiche, o faciliterebbe confronti in termini di investimenti e di tempi di realizzazione. Ma come gli autori sottolineano la scelta dei 30 casi inseriti è gia di per sé frutto di una accurata operazione selettiva, relativamente sia alle preesistenze (solo ex aree produttive) sia ai processi di riuso (solo unità fondiarie non parcellizzate e cronologicamente relative agli ultimi 15 anni); le varie letture trasversali possibili sono pertanto lasciate al lettore. Ma, allora, quale è il bilancio che si estrapola da questo accurato campionario?



Macerata, planimetria generale prina dell'intervento.


Macerata, planivolumetrico di progetto.

Innanzitutto che dimensions matter: le operazioni migliori sono sicuramente quelle legate a lotti di piccole dimensioni (tra le quali spicca un inaspettato frutto di Europan, l'ex mobilificio Lenzi a Quarrata, Pistoia), mentre le ricostruzioni di parti di città frequentemente si perdono in soluzioni urbanistiche non proprio azzeccate, discutibili scelte di destinazioni d'uso spesso frutto di mere operazioni fondiarie e semplicistico uso del verde pubblico come sorta di "risarcimento alla collettività". (3)

La cosa non deve sorprendere, le città sono il risultato di un uso storicizzato dei loro spazi, non si possono inventare dal nulla. Oltre alla questione urbanistica anche dal punto di vista architettonico non spiccano operazioni entusiasmanti: talvolta la dark city industriale può risultare paradossalmente più affascinante delle anonime e banali composizioni di cubetti che ad essa si sono sostituite. Chissà, magari è un metodo sicuro per evitare di esser poi tacciati come emuli dell'effetto Bilbao.

Nelle due sezioni che completano il testo l'interesse degli autori si sposta su tematiche generali connesse all'argomento, con particolare attenzione nei confronti dei programmi attuativi che sottendono alle operazioni di recupero, oltre ad interessanti riflessioni sulle possibili logiche operative volte a garantire la sostenibilità ambientale degli interventi. A conclusione del volume è posta una sorta di tavola rotonda diacronica, nella quale attraverso l'uso della intervista si tenta di ricucire le varie riflessioni ponendo domande direttamente ad una selezione di personaggi coinvolti con vari ruoli nei processi precedentemente illustrati: progettisti, urbanisti, politici, ed investitori.

La questione del riuso è nel complesso un tema vastissimo, che non si esaurisce nelle tematiche urbanistiche ed architettoniche, ma coinvolge argomentazioni di natura politica, economica e sociologica; non ci si può quindi aspettare che un solo libro possa fungere da quadro riassuntivo della materia in esame. Più semplicemente l'intenzione degli autori è quella di evidenziare l'importanza della fase di transizione, di metamorfosi dello spazio urbano, da un qualcosa che ha cessato di esistere (STOP), verso qualcosa di altro, una nuova condizione di esistenza (GO), con tutte le complesse dinamiche che questa "&" sottende: è cercando di afferrare meglio la "&" che si può giungere a dei "GO" più soddisfacenti per le nostre città.

Maurizio Meossi
meossi@spinplus.co.uk

  [29mar2006]
   
NOTE:

1.
Dato riportato nel testo, p. 13.
2. Ididem, p. 9.
3. Ididem, p. 20.
   
       

la pagina books review è curata da
Matteo Agnoletto. per proporre
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