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    Light City. 
La città in allestimento

   
   

Lucio Altarelli
"Light City. La città in allestimento"
Meltemi, Roma 2006
pp. 260, € 20,50 

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La Light City evocata da Altarelli è una sorta di sontuosa tovaglia doppiamente light, cioè leggera, quasi trasparente e talvolta luminosa, che pervade la città esistente. È il luogo dove l'immutabilità della città storica viene messa a contatto con l'espressività dei linguaggi della contemporaneità ma è anche e soprattutto il punto di convergenza tra l'estetica sottrattiva della modernità (less is more) e quell'estetica della sparizione (Virilio) che sostanzia l'immaterialità degli attuali territori del digitale. La tesi di fondo del libro è che la città in allestimento, cioè quella investita dalle modificazioni instabili, ambigue, impermanenti degli allestimenti che più di ogni altro modificano con le loro incessanti sperimentazioni il paesaggio metropolitano, sia il più fertile terreno di confronto tra il Moderno e il Contemporaneo.

Altarelli suggerisce una lettura a dissolvenza incrociata del libro: al testo, organizzato in sette distretti tematici (allestimento come lightness, allestimento come trasparenza, allestimento come trasversalità, allestimento come modificazione, allestimento come linguaggio, allestimento come sistema di oggetti, allestimento come smaterializzazione) si affianca una cospicua serie di immagini e riferimenti che come fotogrammi di un film viaggia avanti e indietro nella storia dell'architettura e della cultura creativa del presente e del recente passato.


Rebecca Horn, Little Blue Spirits, Luci d'artista, Torino 2005.


Fabrizio Plessi, http://www.plessi.it.


Dan Flavin, Installation, Dan Flavin Art Institute, New York http://www.diacenter.org.

Cogliamo l'invito, trascriviamo le osservazioni che abbiamo annotato a margine del testo e vi restituiamo la nostra mappa concettuale suggerita da una collezione di immagini estrapolata a piacere...

1. L'allestimento prefigura paesaggi d'uso ed estetiche che anticipano nuove spazialità urbane. Nel 1911, i ponteggi dell'edificio in secondo piano de La città che sale di Umberto Boccioni identificano la tensione dinamica della città del futuro: è la città degli scheletri costruttivi dei grattacieli miesiani, delle strallature dei ponti a campata unica, del reticolo strutturale della Torre Eiffel, del monumento a Tatlin, delle torri per le telecomunicazioni di Schukov... Ottanta anni dopo, la città del futuro è quella che mette in scena lo scorrere immateriale dei bits. La trasfigurazione la propone Ito che declama: "Infine, c'è una rivoluzione rispetto alla storica immutabilità alla quale l'architettura legava la sua identità. Questa immutabilità era lo specchio di una società ferma, mentre oggi noi sappiamo che la società si muove molto velocemente. L'architettura deve rappresentarla, e dunque pensare se stessa diversamente. E la sua nuova scorrevolezza va percepita da chi guarda e da chi la progetta" [Toyo Ito, Vicenza, 27 ottobre 2001].


Umberto Boccioni, La città che sale, 1911.


Toyo Ito, Vision Of Japan, Victoria and Albert Museum, Londra 1991.

2. Il flaneur del postorganico trasforma in consumo il suo stupore.
Lo still frame proiettato sull'Egg of Winds di Ito è quello dell'androide (?) Rachel (Sean Young) in Blade Runner (Ridley Scott, 1982): l'intero volume dell'edificio veicola immagini in movimento. Venti anni dopo, l'androide scansiona la retina di mr Anderson, lo riconosce e mette in atto una strategia di seduzione personalizzata che trasforma l'uomo in consumatore: dalla serra di Paxton alle Galeries des Machines, dai boulevards ai passages la seduzione del prodotto conforma lo spazio urbano.


Toyo Ito, Egg of Winds, Ingresso a Okawabata Rivercity 21, Chuo-ku, Tokyo 1990 - 1991.

Still frame di Minority Report, Steven Spielberg 2002.

3. L'allestimento è una ambigua maschera.
Teste inquietanti, Geishe sensuali, corpi sensienti... l'edificio si riveste di pelle sensibile, nasconde la sua vera natura e coinvolge lo spettatore in una fitta selva di riferimenti narrativi.


Jean Nouvel, Boutique Hotel, Lucerna, Svizzera 2002.


Studio Azzurro, Tavoli: peche' queste mani mi toccano?, 1995 http://www.studioazzurro.com/


4. L'allestimento è sperimentazione di spazio, materiali e tecnologie affrancata dalle categorie vitruviane della utilitas e della firmitas a vantaggio della sola venustas. La griglia di Superstudio raffigura la tabula rasa tecnologica a cui la società contemporanea è assoggettata: nel trasferimento da un settore all'altro della griglia, l'uomo nomade porta con se solo lo stretto necessario, a tutto il resto provvederà l'infrastruttura. Albini esplora molteplici modalità di occupazione dello spazio: l'allestimento serve per radicare, sospendere, isolare, disperdere, evidenziare, nascondere... l'allestimento dà ordine e gerarchizza. L'estetica del telaio spaziale di Persico e Nizzoli si riduce ad un tappeto luminoso colorato sospeso in cielo...


Superstudio, Viaggio da A a B, 1971.


Franco Albini, Negozio Olivetti, Parigi 1958-1960.

5. La smaterializzazione, la trasparenza... "una parte del moderno si inserise all'interno di una comune volontà di affrancamento dal peso della materia come ricerca di vuoto, astrazione, leggerezza, approssimazione al quasi nulla" [Altarelli pag. 216].


Herzog & De Meroun, Prada Store, Omotesando, Tokyo 2005.

6. L'allestimento è pura luce...


Jean Nouvel, Agbar Tower, Barcellona 2004.

... che frammenta le superfici...


Jenny Holzer.

... che avvolge i volumi...


Luigi Mainolfi, Lui e l'arte di andare nei boschi, Luci d'artista, Torino 1999.

... che fa parlare le strade...


Tatsuo Miyajima, http://www.tatsuomiyajima.com.

... che dà i numeri!

7. L'allestimento si confronta con i territori del sensibile e dell'invisibile. "Come è noto il passaggio dal Moderno alla surmodernità della rivoluzione informatica sancisce un graduale spostamento dalle categorie del visibile, della materialità, della permanenza e della previsione a quelle della trasparenza, della leggerezza, della sottrazione e della virtualità, date in un contesto di provvisoria fluidità. Le nuove tecnologie informatiche tendono ad affermare l'emergenza dell'acorporale, della smaterializzazione, dell'apparenza come epifania di quella Estetica della Sparizione teorizzata da Paul Virilio" [Altarelli, p. 216].


Olafur Eliasson, The Weather Project, Tate Modern, Turbine Hall, London 2003.

8. L'allestimento è un puzzle immaginario tra ciò che è e quello che potrebbe essere. Il Teatro del Mondo, galleggiando nella laguna , interpreta i collage immaginari dei Capricci del Canaletto e stimola perpetue associazioni tra ciò che è in primo piano (il teatrino) e quello che sta sullo sfondo (gli edifici della laguna); tra il presente e il passato; tra il sogno e la realtà.


Aldo Rossi, Il Teatro del Mondo, Venezia 1979.

Daniele Mancini e Irene Rinaldi
d.mancini@galactica.it

  [15jan2007]
       

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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