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Del paesaggio si
potrebbero dire molte cose, dalla contrapposizione tra il quotidiano Constable
ed il sublime Turner, alle preziose osservazioni di Rilke. Questo è paesaggio.
48 definizioni di Franco Zagari per le edizioni Mancosu riesce
però ad aggiungere qualcosa di nuovo a ciò che
tutti già sappiamo. Merito dell'introduzione di Zagari
e del bell'atlante iconografico di Annalisa Metta, che ci fa
letteralmente vedere come la concezione moderna –cioè a
partire dalle avanguardie storiche del '900- del paesaggio sia
stata tutt'altro che naturalistica, passiva nei confronti dell'ambiente
naturale assunto come totalità. Al contrario, futurismo,
cubismo, costruttivismo, come hanno modificato la nostra concezione
del vedere, così hanno modificato il modo con cui percepiamo
e rappresentiamo la natura. Come Magritte scriveva questa
non è una pipa sotto la rappresentazione della
pipa, così il paesaggio non può essere identificato
con la propria rappresentazione. Questa presunzione sfocerebbe
nell'ingenua immobilità del panorama. D'altra parte,
possiamo descrivere il paesaggio, comunicarlo agli altri, solo
rappresentandolo.
Bruno
Taut, paesaggio lungo un fiume, 1920.
Frank Lloyd Wright, Broadacre City, 2003.
Il
paesaggio non si tutela pensandolo come qualcosa di statico, destinato
a durare in eterno, ma progettando il difficile equilibrio,
perennemente in movimento, tra la natura e la sua antropizzazione. Paesaggio deriva
da paese, non esisterebbe senza un osservatore umano. Nel paesaggio
l'uomo entra in rapporto con l'altro da sé, dunque non
più nel senso di chi pensa di dominare, signoreggiare, riplasmare
la natura a propria immagine e somiglianza. Fino ad intimare all'attimo
fuggente, di fronte allo spettacolo delle proprie opere, fermati,
sei bello!, come il Faust di Goethe.
Le 48 definizioni (ci sarà o no un rimando ad un libro cult della
generazione di Franco –e mia– I 49 racconti di Hemingway?), secondo
un movimento complementare alla stringente analisi del testo di Zagari, che –in
47 punti– si assume tutte le responsabilità dell'analisi storica e della
sistemazione teorica, rivelano un ampio e differenziato arco di sensibilità.
Riccardo Priore pone al centro le implicazioni politiche della Convenzione Europea
del 2000, che ha scelto di tutelare il paesaggio oltre il giudizio di
qualità estetica; Renato Bocchi e Vanna Fraticelli insistono sulla relazione
tra paesaggio e progetto; per Massimo Giovannini il paesaggio è l'epifania
dell'uomo che lo abita; Luigi Prestinenza Puglisi osserva che, "abbattute le
barriere tra naturale e artificiale", non si può più distinguere
tra paesaggi verdi e paesaggi metropolitani...
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[27jun2007] |
Roberto Burle Marx, parco de l'Este, Caracas, 1961.
West
8, Schouwburgplein, Rotterdam, 1990.
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OMA, Parco La Villette, Parigi, 1982.
OMA, Petra Blaisse, Bruce Mau, Downsview Park, Toronto, 2000.
Questo
libro mi è particolarmente caro, perché doveva costituire
lo scheletro del primo numero della nuova serie di "Controspazio",
di cui sono stato nominato direttore. Ma "Controspazio" si è (spero
provvisoriamente) arenata nelle complicazioni burocratiche. Così è diventato
autonomo, è voluto uscire per esprimere tutto il suo spirito
ludico, come le variazioni musicali di John Cage.
È rimasta però fuori
dal libro la mia definizione, che non avevo formulato e non voglio
esporre qui (la sento ancora al di sopra delle mie forze). Indicherò invece
altre variazioni possibili: gli scritti di Robert Walser, a partire
da La passeggiata (Spaziergang), dove il pensiero nasce
dalla fisicità del passeggiare; il loro antecedente logico,
la scuola peripatetica; il detto (platonico?) che "la verità abita
sulle soglie"; i sentieri interrotti di Heidegger; l'essere on
the road di Jack Kerouac e Neal Cassidy; il depensare come
condizione del pensiero, nell'accezione di Carmelo Bene, sviluppo della
meditazione Zen in forme lontane da ogni accezione mistica...
Renato
Nicolini
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