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Books Review

    La pratica cosciente della varietà



   
   

Pietro Valle
Mecanoo. Opere e progetti 1984-2006
Skira 2006
pp. 212, € 28,00

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Un vecchio professore usava dire che fare un libro è come cucinare un piatto speciale. Non è sufficiente saper scegliere gli ingredienti migliori. Bisogna valutare adeguatamente le dosi da impiegare e sapere costruire la giusta sequenza della preparazione. Soltanto così si creano le migliori pietanze, quelle che non fanno erompere un singolo sapore ma aprono, al palato disposto a riceverli, le delizie e le piacevolezze degli intrecci di gusti diversi.

La prima monografia italiana dedicata al lavoro dei Mecanoo a cura di Pietro Valle è un buon piatto. Sia perché gli ingredienti sono quelli giusti sia, e forse soprattutto, per il modo con il quale sono stati imbastiti. Sfogliando il libro, pubblicato recentemente per la Skira, non si ha mai la sensazione di trovarsi davanti ad una sola storia, che si esaurisce una volta apprezzato il suo principale ingrediente: l'architettura. Conquistata l'architettura, il libro inizia a incuriosire –all'occhio disponibile allo stimolo– e a porre domande alle quali l'apparato iconografico da solo non sempre riesce a rispondere.

Non ci si può non stupire del numero di buone architetture realizzate dai Mecanoo. E sebbene la loro opera risulti sufficientemente nota al pubblico internazionale, e solo in parte anche a quello italiano, non altrettanto si può dire delle loro specificità. Il loro lavoro, come probabilmente quello di altri studi dello stesso contesto, è stato decisamente appannato dall'euforica stagione dell'architettura contemporanea olandese. Velocemente, e senza molti dubbi, i Mecanoo sono stati identificati come semplici corollari, rappresentanti secondari di un fenomeno, cresciuti in qualche modo all'ombra dei più prorompenti OMA, MVRDV, UNStudio. A dire il vero i Mecanoo sono decisamente "olandesi", ma in maniera –e qui inizia il lavoro di Valle– alquanto diversa da quanto ci hanno abituato i protagonisti del successo professionale e mediatico di questo paese.

  [24 febbraio 2008]


Torre Montevideo, Rotterdam. Foto di Christian Richters.



Centro Commerciale Westermaat, Hengelo. Foto di Christian Richters.

 

 


Oeverped, Amsterdam. Foto di Christian Richters.

In tal senso, ciò che è curioso è che nel libro non si trovano programmi visionari, previsioni progettuali proiettate nell'ipotetico futuro sovraffollato; scarseggiano diagrammanie e tirannie del concept; è praticamente inesistente l'urgenza di raccontare il progetto attraverso la rappresentazione delle sue elaborazioni ideologiche. Al contrario c'è solo architettura, costruita, immersa nella realtà dei propri contesti e delle proprie funzioni, con complessità volumetriche ed eterogeneità linguistiche eloquenti.

Da questa raccolta di progetti si evince che i Mecanoo sono dei costruttori e che il loro campo di interesse è la ricerca del linguaggio architettonico attraverso la pratica reale della costruzione. Non sembra esistere per lo studio di Delft un bagaglio teorico precostituito che conduce, in un percorso lineare e letterale, alla definizione finale dei loro edifici. Le loro architetture sono condizionate da un coacervo di problematiche pratiche che vengono a formarsi nei diversi stadi dell'evoluzione dell'attività progettuale. L'originalità sta nel trasformare queste condizioni in stimoli, tecniche e occasioni per mettere in discussione continuamente la propria architettura e gli elementi che la compongono.

L'operazione critica di Valle, vista attraverso i recenti dibattiti e le considerazioni critiche sul fenomeno superdutch (ma non solo), diventa doppiamente interessante. Da una parte per la scelta dell'architettura costruita come protagonista per il racconto di un contesto, come quello olandese, così restio recentemente al discorso sulla qualità dell'architettura stessa; dall'altra, per lo sforzo di sviluppare gli adeguati parametri critici per spiegare le specificità del lavoro analizzato. Radicalizzando, si tratta di un osservazione analitica da un punto di vista antitetico a quello a cui ci siamo abituati, poiché spoglia l'oggetto dalle scorie della speculazione teorica dentro le quali è stato inglobato, e lo esamina sulla base di strumenti di lettura che presuppongono un'analisi "fisica", e non diagrammatica, delle ragioni delle forme.

   
   
Nieuw Terbregge, Rotterdam. Foto di Christian Richters.


Per fare questo l'autore si avvale di due tipi di espedienti: l'analisi critica, definita nel saggio introduttivo, di alcuni aspetti della tradizione architettonica olandese, spingendosi in alcuni passi in limitate ma acute ricostruzioni storiche; l'analisi architettonica, che costituisce con il materiale iconografico il corpo principale del libro, nel quale vengono definiti nei particolari gli strumenti analitici attraverso i quali leggere specificità e continuità dell'opera dei Mecanoo.

"Il nome Mecanoo –spiega Pietro Valle nell'introduzione– sintetizza tre diverse parole, il gioco inglese Mecanoo che invita a costruire con dei componenti, il pamphlet neoplasticista Mecanoo redatto da Theo van Doesburg nel 1922 e il motto Ozoo, adottato nel 1984 da un gruppo di studenti di Delft per il loro progetto di concorso per un complesso residenziale nella zona dell'ex zoo di Rotterdam. Assemblaggio di parti eterogenee, esplorazione del linguaggio del moderno e interesse per gli insediamenti urbani, tre temi fondamentali del lavoro di Mecanoo sono già contenuti nel nome dello studio."

L'eterogeneità dei linguaggi è, secondo l'autore, l'aspetto più interessante dei Mecanoo e allo stesso tempo nodo fondamentale da sciogliere per comprendere la singolarità della loro opera, il "sapore" chiave attraverso il quale ricostruire i suoi ingredienti. Ma, e questo è il punto, non si tratta di una varietà semplicemente linguistica, costruita a priori su un cliché di modelli. Prontamente, Valle dimostra l'inefficacia critica di autori che si sono cimentati nell'analisi dello studio di Delft, etichettato da questi come eclettico, o ancora, genuinamente postmoderno.

L'eterogeneità è invece il risultato di meccanismi e metodologie, frutto di una pratica cosciente e determinata. Come dimostra Valle, oltre ad essere suggestionata dalla lettura dei contesti nei quali operano i Mecanoo, è "ottenuta" nel lungo e complesso processo della progettazione e della costruzione. Per quanto i Mecanoo abbiano decisamente un piede radicato nel ricchissimo bagaglio dell'architettura olandese del Novecento, il loro lavoro è allo stesso tempo caratterizzato da un'attività di smontaggio e assemblaggio di tipologie, modelli di insediamento, componenti linguistiche e tecnologiche dell'architettura "evocata", in un operazione che ne ridefinisce di volta in volta i significati ultimi.

In tal senso, nel dare fondamento a questa analisi, è di particolare interesse la ricostruzione offerta da Valle della formazione dei membri del gruppo Mecanoo. La rivalutazione del linguaggio moderno, la sua lettura de-ideologizzata, il "gioco" del sovvertimento dei suoi significati: tutte queste caratteristiche conducono Valle ad ipotizzare una continuità del pensiero dei Mecanoo con la figura di Max Riselaada, ed in particolare con i suoi studi comparativi svolti nel corso degli anni Settanta presso il Politecnico di Delft. L'analisi del Novecento, lo smontaggio delle sue parti costitutive, il suo successivo rimontaggio in contesti insediativi diversi per cercare di comprendere i margini delle modificazioni dei modelli porta a quello che Pietro Valle chiama la "pratica di dissezione dell'architettura". Una prassi abbastanza diffusa nei diversi ambienti europei tra gli anni Sessanta e Settanta (si pensi, ad esempio, al lavoro di Ungers, di Aymonino o di Rossi). Ma più che lavorare sulle forme primarie, sugli archetipi architettonici, costruendo una tassonomia fissa, sostanzialmente chiusa, dei loro significati, la particolarità delle ricerche olandese di quegli anni –identificate da Valle proprio nell'insegnamento di Riselaada a Delft– è quella di esperire, attraverso uno studio comparativo, le potenzialità relazionali delle forme. Una pratica che permette di giungere a forme aperte che siano in grado di dialogare con i diversi problemi e i diversi contesti, tenendo sempre dinamico, "in progress", il discorso architettonico.

Tuttavia, per i Mecanoo l'esercizio non si limita allo stadio delle morfologie geometriche e volumetriche, ma si espande, come attitudine generalizzata, sulle altre componenti del progetto, ed in particolare sull'espressione materiale e linguistica delle strutture e dei rivestimenti, queste ultime lette da Valle come vero "interfaccia materiale" delle manipolazioni. I più interessanti capitoli che descrivono le specificità di questa continua pratica di "dissezione" dello stesso motivo progettuale ("Edifici-paesaggio e edifici nel paesaggio", "Materialità e Tettonica", "Territorio in movimento") affrontano, attraverso casi concreti, i temi spaziali e materiali degli edifici dei Mecanoo. È proprio l'individuazione e la spiegazione da parte di Valle di queste componenti che rende la lettura dei Mecanoo stratificata. Una volta afferrate le ragioni dei volumi, si scoprono valori tattili e spaziali degli edifici, con proprie leggi e proprie regole.

La "pratica critica" e la "dissezione linguistica" stratificata sui diversi piani di lavoro dei Mecanoo ha per Valle un ulteriore risultato: la messa in discussione del linguaggio plastico-volumetrico come immagine esclusiva dell'architettura e la "esaltazione" delle componenti tattili, materiali e spaziali dell'architettura come elementi di comunicazione del suo contenuto. In questo senso l'assenza del diagramma come espressione della metodologia del proprio lavoro non va letta come una scelta da parte dello studio olandese per discostarsi dalla voga comunicativa corrente, quanto manifesta una coscienza dell'inadeguatezza di questo strumento per trasmettere i diversi piani del proprio lavoro, del tutto fuorviante e insufficiente per esprimere le complessità e le qualità dei propri edifici. "La continuità nella diversità che caratterizza i Mecanoo –scrive Valle– offre infatti una delle proposte più interessanti di resistenza al consumo mediatico che caratterizza l'architettura contemporanea, proponendo una ricerca critica che apre continuamente a nuove problematiche invece di chiudersi in formule certe".

Più che celebrare i risultati di una carriera professionale, il saggio di Valle apre problemi. Per quanto si tratti di una pubblicazione monografica, essa non nasce con uno spirito elogiativo, e non ha l'obiettivo di istituzionalizzare lo studio olandese, quanto riflettere attraverso un esempio paradigmatico, e in qualche modo isolato, su fondamentali questioni pratiche e reali del fare architettura oggi. Se negli ultimi temi ci siamo abituati troppo a parlare male della critica dell'architettura, senza avere mai tra le mani gli strumenti adeguati per proporre una via per criticare l'architettura, sarebbe giusto riconoscere i meriti di questo volume, che dal punto di vista di un'esperienza mediaticamente pacata ma eloquente, propone di rileggere un mondo che raramente abbiamo letto in maniera sufficientemente completa.

Luka Skansi
 

Casa Houben, Rotterdam. Foto di Christian Richters.



Emergis, centro di salute mentale, Goes. Foto di Christian Richters.


       

La sezione Books di ARCH'IT
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