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Indagine su un'architettura fortemente indiziata

Sara Marini





Esther Giani
Il riscatto del progetto. Vittorino Garatti e l'Ena dell'Avana
Officina Edizioni (collana Occasioni di Architettura), Roma 2007
pp. 228, € 18,00
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  Il riscatto del progetto. Vittorino Garatti e l'Ena dell'Avana di Esther Giani è l'appassionato racconto del progetto in esame presentato in tutte le sue evoluzioni e denotazioni: da questione architettonica a simbolo della rivoluzione cubana, a utopia che sconfina in eresia, fino al recente "riscatto". Non si tratta di una narrazione lineare, non è la semplice riproposizione di un episodio: l'autrice nel ricostruire la vicenda rivela il senso della sua possibile attualità, e adotta, piuttosto che le regole di una analisi storica, quelle di un libro giallo, o, meglio, come scrive Giancarlo Carnevale nel suo Innocenti Tropici, ulteriore strato del palinsesto di letture e testimonianze offerte dal libro, quelle del "paradigma indiziario" descritto da Ginzburg.

[10 agosto 2010]

Fidel Castro (in primo piano) e Ernesto Che Guevara si improvvisano giocatori di golf al Country Club dell'Avana. Immagine tratta dal quotidiano "Granma", marzo 1960.


Il Country Club dell'Avana, locandina del Circolo del Golf, 1950.

Il rimando a un preciso genere letterario vuole sottolineare il carattere aperto dell'indagine di Giani, strutturata come riflesso della complessità delle vicende che ricostruisce e, allo stesso tempo, la sua capacità di riduzione ad una soluzione mentre l'architettura si offre ancora a nuove possibili letture. Il quadro delle testimonianze, delle letture dell'oggi, il percorso del progetto e la sua realizzazione sono esplosi come riflessi in uno specchio rotto, per riportare tutte le contraddizioni che nella progressione temporale si sono accumulate. Come in un giallo, la storia, gli eventi specifici del racconto sono intrappolati e moltiplicati da fatti e interpretazioni che si intrecciano con la Storia -il progetto dell'Escuelas Nacionales de Arte de la Habana nasce in fondo per essere simbolo della rivoluzione cubana- e con la Storia dell'architettura: la forte carica espressiva e organica dell'edificio ne decreta quasi subito la messa al bando, superato dai dettami dell'architettura razionalista.


Gli architetti dell'Ena, fotografati nel 1962 circa. Vittorio Garatti (Milano 1927). Roberto Gottardi (Venezia 1927). Ricardo Porro (Camagüey 1925).

Come in un giallo la trama è costruita sugli spazi e sulle persone. All'oggettività dei luoghi, al racconto dei modi e delle regole della costruzione fanno da controcampo le voci di chi ha intrecciato il proprio percorso con quello di quest'architettura controversa: i ricordi di Ricardo Porro, Vittorio Garatti, Roberto Gottardi che ne sono stati gli autori; le idee e i giudizi di Fidel Castro e Ernesto Guevara che ne sono stati i "committenti"; le opinioni dello storico Roberto Segre che ne fu al tempo il più feroce critico; e ancora dei molti altri che, come sottolinea lo stesso Gottardi, parteciparono a un progetto voluto, ideato e realizzato da un gruppo di trentenni.

Ancora, come in un giallo, coesistono diversi strati: il testo è costruito su un doppio livello per accogliere l'uno le voci del passato, l'altro i contributi dell'oggi; un doppio binario di letture sul quale Giani imposta anche un apparato a latere. Nelle note il racconto si moltiplica ulteriormente: qui si ritrovano l'eco e i riflessi di un'opera nelle sue premesse e nelle sue attualità. È difficile risolvere un giallo senza porre attenzione ai dettagli: in questo libro in particolare le note vanno lette con attenzione.

 
 
Ena, Scuola di Balletto, L'Avana 2004. Le aule di pratica viste dal giardino.

E infine, come in un giallo, in alcuni passaggi emerge un'ironia, un sarcasmo che distende o contrae il ritmo del racconto, e una certa dose di erotismo -"La esquela de Arte Plàsticas es la ciudad que se convierte en eros" afferma Ricardo Porro- che rivela anche una distinzione e l'intreccio tra la sensualità italica e l'eros cubano. Anche il cambio di registro e di velocità della scrittura risponde alla necessità di restituire il complesso quadro della vicenda caratterizzata da una accelerazione iniziale (progetto costruzione e inaugurazione si succedono in un breve arco di tempo), da un lungo oblio intermedio in cui l'architettura viene abbandonata e dimenticata, fino alla recente lenta riscoperta e "riabilitazione". Fondamentalmente in Giani c'è il desiderio di cogliere l'occasione di lettura dell'Ena per riflettere sul progetto, per scomporlo in errori e buoni propositi, questioni architettoniche e ideologie, contesto e contempo; con la volontà di offrire la ricomposizione di questi indizi per svelare una direzione per un nuovo senso di pro-getto nella contemporaneità.



ARCHITETTURA. L'architettura, che poi è il corpo del reato, è sviscerata, sottolineata nelle sue componenti spaziali, costruttive e immaginative (è qui che nascono rivoluzione, o una personale interpretazione della stessa, ed eresia, creatività come atto individuale e non collettivo). Il complesso dell'Ena viene ideato e parzialmente costruito tra il 1961 e il 1965 nell'ex golf club, in un parco dall'orografia variata. "Il cubano Ricardo Porro si impegnò nel progetto per le Scuole di Arti Plastiche e Danza Moderna, Vittorio Garatti scelse di 'inventare' i luoghi per Balletto e Musica, e Roberto Gottardi progettò l'Escuela di Arte Drammatica."


Ena, Scuola di Arte Drammatica L'Avana, 1962. Ritratto di Roberto Gottardi (a destra) tra i lavoratori. Sul tavolo, il plastico del teatro di posa, mai realizzato.

Il racconto delle scelte, tecnologiche e formali, si intreccia con questioni politiche e con interpretazioni del significato e del ruolo stesso dell'architettura come possibile agente e non semplice contesto della Storia. I materiali utilizzati per la costruzione dell'edificio sono una diretta conseguenza del neonato embargo americano e non direttamente o esclusivamente una scelta stilistica. L'utilizzo del mattone, declinato in molteplici soluzioni alla ricerca di un'espressività poliedrica, e della volta catalana, elementi unificanti i cinque interventi sparsi nell'ex campo da golf, vengono riportati come caratteri della ricerca di una identità architettonica della "cubanidad rivoluzionaria" ma pure come dato tecnico, come soluzione alle possibilità limitate offerte dal contesto. Politica, sapere locale, ricerca formale e dettagli costruttivi vengono riproposti come quell'impasto che ha dato corpo a questa architettura e approfonditi come dati precisi, isolati nelle specificità del sapere.


Roberto Gottardi, L'Avana, 2002, disegni e plastici di studio per il completamento della Scuola di Arte Drammatica.


Ena, Scuola di Arte Drammatica. L'interno di un taller. L'Avana, 1965.

L'architettura assume molteplici declinazioni: da un lato viene proposta l'interpretazione degli autori -gesto autonomo, atto creativo condotto attraverso una "autogenerazione" del progetto; dall'altro si evidenzia come prodotto di dati contestuali dettati da questioni ambientali e da problematiche economiche indotte a scala internazionale; infine emerge come espressione di una attesa da parte del potere, della committenza, della ricerca di un risultato capace di raccontare il fermento politico, il cambiamento, il suo significato locale, identitario, e al tempo stesso universale.

Pur essendo collocata in un momento storico particolare questa vicenda offre e anticipa questioni con le quali il progetto è ancora chiamato a confrontarsi. Il ruolo recitato dall'architettura all'Ena è come un canovaccio triplicato, moltiplicato dalla volontà di diversi attori di essere registi, e questa è certo condizione anche e sempre più dell'oggi. L'interpretazione dell'atto progettuale, il suo doversi misurare con contingenze, ristrettezze e saperi locali e al tempo stesso la richiesta di una architettura rappresentativa del luogo e delle "idee" segnano ancora la ricerca contemporanea.


Pino Mallai (1945-2007). Affresco dei padiglioni della Scuola di Balletto nella casa milanese di Vittorio Garatti.


Ena, Scuola di Danza Moderna, L'Avana, 2004.


Roberto Gottardi, Ena, Scuola di Arte Drammatica L'Avana, 1963.

Quest'architettura, come sottolinea Giani, ricorda soprattutto la non neutralità dell'oggetto architettonico: giudicata troppo espressiva venne subito abbandonata. Il carattere comunicativo si è consolidato nell'attualità come un requisito quasi obbligatorio; se un'architettura pubblica, ma anche privata, non è estremamente comunicativa, rappresentativa, difficilmente è considerata efficace. Ancora un altro tema dalla storia dell'Ena rimbalza nella contemporaneità, sollevato dalla contraddizione insita nell'incontro tra termini come abbandono e utopia. Sembra, infatti, urgente riflettere sul ruolo che oggi può assumere un'architettura nata per segnare un cambiamento e che si è ritrovata, suo malgrado, immediatamente a raccogliere i segni della rovina, non solo di sé.



RIVOLUZIONE. "...la Rivoluzione non è solo combattere in montagna o fare la guerra. Ancora più rivoluzionario del conquistare queste fortezze in battaglia è il convertirle in scuole." (Fidel Castro, 1960) Progetto ed esecuzione corrono parallelamente per l'attivazione dei corsi della Scuola: l'Ena viene costruita come un macrotesto della simultaneità. Nel sogno castrista avrebbe dovuto accogliere 30.000 studenti-artisti di cui 3.000 borsisti provenienti dal Terzo Mondo, dall'Africa, dall'Asia e dall'America Latina, una scuola capitale del sogno di riscatto globale, un riscatto costruito attraverso la cultura. Giani ripercorre le vicende che modificano in breve tempo i presupposti di costruzione del progetto, ne evidenzia la riduzione di scala da internazionale a nazionale e riporta soprattutto il mutare di senso, di significato dell'architettura e assieme della rivoluzione, nell'arco di pochi anni. Le energie rivoluzionarie ondeggiano così come il pensiero architettonico tra la scala locale e quella globale, come uno sceneggiatore che disconosce la storia che ha scritto o che almeno diceva di voler scrivere. Ritornano ancora il contrasto tra il senso e la storia di un luogo e il desiderio che questi siano esportabili, e il confronto al quale è chiamato il progetto con contesti e motivazioni che mutano celermente.

 
 
Ena, Scuola di Arte Drammatica (Roberto Gottardi).

Uno degli ultimi episodi architettonici che ha preso corpo nell'isola -The Havana Project- permette di misurare ulteriormente la distanza tra le vicende dell'Ena, la storia breve di un progetto che voleva e doveva essere rivoluzionario e invece viene rifiutato perché borghese e iperespressivo, e quelle dell'oggi. L'evento, datato 1995 (dunque sempre sotto la "direzione" di Castro) e che ha visto la partecipazione di Coop Himmelb(l)au, Morphosis/Tom Mayne, Eric Owen Moss, Carmen Piños, Lebbeus Woods e C.P.P.N. (Carl Pruscha e Peter Noever), con i suoi esiti progettuali particolarmente "intensi", è una testimonianza di come le posizioni del potere locale verso il carattere espressivo dell'architettura siano nel tempo evolute ("The projects [...] talk about the city, its history, its people and invite us to undertake a new and daring venture: to continue to reshape and determine Cuba in an open and global world", chiosa Fidel Castro nella propria introduzione al libro omonimo edito da Noever per Prestel).



UTOPIA. "Ma quando la comunicazione si stabilisce attraverso la figurazione diretta, quando l'espressione della pretesa sensualità passa da una fondazione metodologica alla figurazione antropomorfica, allora l'architettura smette di essere tale per diventare scultura, pittura o letteratura." (Roberto Segre, 1977) Le scuole giudicate come "appartenenti a quell'istante di esaltazione, misto di fervore e confusione" che caratterizza l'inizio della rivoluzione vengono associate a un istante concluso. Il delitto commesso da Porro, Garatti e Gottardi è l'aver costruito un'architettura borghese per la rivoluzione cubana. Nel suo Las Escuelas Nacionales de Arte del 1965 Roberto Segre elenca i capi d'imputazione: l'aristocraticità del gesto, la mancanza di flessibilità delle architetture, la scala magniloquente del progetto, il suo proporsi come architettura d'élite.


Ena, Scuola di Musica (disegni di Vittorio Garatti, 1964).


Vittorio Garatti e Sergio Baroni. Concorso per il monumento della vittoria di Playa Giron, 1962.

Ma l'indagine di Esther Giani non si ferma a un tempo solo e ricerca e restituisce i ripensamenti, le revisioni di questi giudizi, gli alibi dei protagonisti. Per esempio l'accusa di errori nella scelta (libera) ad opera degli architetti del luogo dove erigere gli edifici sollevata negli anni '90 in seguito all'esondazione del fiume Quibù che causa l'allagamento delle scuole viene riportata insieme al dato che ricorda come negli anni Ottanta fosse stato modificato il corso del fiume ed estirpata molta vegetazione.

Fondamentalmente il todos es posible che ritorna nelle testimonianze, che ricorda la tensione di quest'architettura verso la rivoluzione, un certo senso della rivoluzione, ne riporta la volontaria o involontaria vicinanza verso il concetto di utopia. L'assonanza tra i due termini "rivoluzione" e "utopia", che restituisce una tensione verso la trasformazione ha come risvolto in questa vicenda, ma non solo, la semplificazione e il superamento di sfumature a favore dell'entrata in campo di un ulteriore vocabolo: eresia. Bisogna attendere una distanza, un tempo lento che faccia da traduttore di quelle istanze. Il tempo forse più che la storia funge da coprotagonista in questo testo, il tempo però come assente, come elemento di tensione e mancata realizzazione e il tempo come strumento lento di comprensione e come inesorabile esortatore di nostalgie. "Forse non è possibile sostenerlo con certezza, però l'impressione è quella di un corto circuito tra causa ed effetto. In ogni caso è in questo contesto che si pone il rilancio del pensiero utopico, come anticipazione fantasmagorica di un mondo non ancora reale ma già capace di alimentare nostalgie." Come per un giallo, il finale, aperto, di questa storia non si può raccontare: va scoperto progressivamente. Il libro, comunque, come chiarisce il titolo, riabilita quel personaggio sfuggente che è il progetto, soggetto a mille interpretazioni, che chiede di essere contestualizzato prima di tutto in termini temporali: nella storia e nella Storia. Rivoluzionario, utopico o eretico, colpevole o innocente, il progetto resta il protagonista.

Sara Marini
marini@iuav.it
 
       

La sezione Books di ARCH'IT
è curata da Elisa Poli


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