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La crisi nel tempo dei grandi eventi: incertezza e trasformazioni urbane

Margot Pellegrino






Lucia Tozzi, a cura di
I grandi eventi al tempo della crisi
"Abitare Special", GRANDI EVENTI
febbraio 2010



 
Fondata nel 1961 da Piera Peroni, la rivista "Abitare" è stata diretta dal 1976 da Franca Santi Gualtieri, dal 1991 da Italo Lupi (già art director del mensile dal 1975 al 1985). Dal 2007 è diretta da Stefano Boeri.

L'urbanistica e la progettazione legate ai grandi eventi, modello di trasformazione preponderante soprattutto negli ultimi tre decenni, continuano la loro marcia inarrestabile, e non stupisce che la crisi globale si sia verificata all'interno di un contesto economico e politico che rappresenta la matrice di base della concezione concorrenziale soggiacente alla logica del grande evento. L'interrelazione "concorrenza, grande evento, crisi" è forte e innegabile; per questo motivo si vuole qui parlare, rileggendo in chiave politica un articolo dal titolo I grandi eventi ai tempi della crisi (a cura di Silvia Tozzi, in "Abitare Special", febbraio 2010), di "crisi al tempo dei grandi eventi".

Saskia Sassen nel sopracitato articolo si augura che "le amministrazioni cittadine colgano l'occasione della crisi per liberarsi di questo modello", istituendo un parallelismo evidente tra i meccanismi di concorrenza spietata a livello economico, di mancanza di regolamentazione e di omologazione che hanno portato alla crisi e i principi altrettanto concorrenziali, sregolati e speculativi alla base di molti progetti legati ai grandi eventi, incapaci di generare ricadute positive per il territorio e portatori addirittura di indebitamento.

Ma, altrettanto chiaramente, emerge un secondo, possibile parallelismo: la mancata reazione forte alla crisi nell'ottica di trasformare radicalmente la struttura competitiva economica si rifletterà in tutta probabilità, come sostiene Brian Zhang Li, in un potenziamento "del dogma dello sviluppo urbano attraverso i grandi eventi. Quando calano sia i consumi sia le esportazioni, non restano che gli investimenti per far crescere il PIL. E quando servono investimenti veloci, quale scusa migliore dei grandi eventi? Ha ancora senso puntare sulla competizione globale tra città?".

In questo momento la televisione sta trasmettendo una partita del Mondiale Sudafrica 2010. Se in una città consolidata e densa, come potrebbero essere Londra, Torino, Barcellona, l'inserimento delle macro-strutture destinate ad accogliere i grandi eventi sportivi e culturali sovente cammina sul filo del rasoio, in quanto a compatibilità e capacità di assorbimento da parte del contesto, si può facilmente intuire quale delicato e pericoloso gioco di equilibri rappresenti un'occasione di questo tipo per un paese dalle caratteristiche insediative completamente differenti, e quali possano essere i risultati a lungo termine, al di là della qualità architettonica specifica.


Johannesburg, Mondiali di calcio 2010. Il progetto di ristrutturazione del Soccer City Stadium è di Boogertman Urban Edge and Partners in partnership con Populous.

Il paradosso di questa situazione risiede nel fatto che da almeno trent'anni pressoché la totalità dei ricercatori e degli studiosi ha individuato nel partenariato, nella condivisione degli obiettivi, nella diversificazione delle offerte, nella realizzazione di reti, nell'importanza delle relazioni oggetto-contesto, nell'approccio interdisciplinare a 360 gradi, gli strumenti fondamentali per la realizzazione di un progetto. Al giorno d'oggi questa logica viene idolatrata, ma soltanto fino alla sua applicazione alla scala locale. Ogni singolo progetto deve essere svolto in questi termini, ma non appena si prova a passare a una scala più ampia, la fermezza del discorso impallidisce e muore, poiché ne viene negato il principio alla base, ovvero la necessità di applicare lo stesso meccanismo simultaneamente a tutte le scale.

Evidentemente, ma si tiene a sottolinearlo comunque, la critica viene mossa nei confronti del "sistema grande evento", e prescinde dalla possibile e in molti casi reale buona riuscita di certi interventi specifici. Per la rivitalizzazione di centri urbani e settori cittadini in ristagno, l'investimento cospicuo di finanziamenti, la visibilità mediatica e la possibilità di dotarsi di nuovi servizi (infrastrutturazione, tecnologia) hanno rappresentato e rappresentano una grande potenzialità, anche se gli scandali riguardanti la gestione finanziaria delle opere sono ricorrenti, e un esempio è quello che si può leggere in questi giorni sulle pagine di tutti i giornali italiani.




Malmö, Salone internazionale dell'abitare 2001. Grazie anche al ponte di collegamento tra la città e Copenhagen, Malmö si trasforma con un progetto di alta qualità e validità, diventato un modello per molte città, e capace di aggiornarsi e di assumere respiro più ampio attraverso continue integrazioni (Progetto Vision 2015, concepito nel 1996).

La riflessione preferisce concentrarsi invece sulla necessità, condivisa da molti studiosi, di rivedere l'intero modello d'intervento, a maggior ragione in un periodo in cui una nuova categoria, quella dell'incertezza, sembra dominare ogni contesto sociale e personale. All'interno di un modello di pianificazione a breve termine come quello legato ai grandi eventi, vincolato da una data finale obbligatoria e pressato da ogni lato da urgenze, problematiche e scadenze, il ruolo giocato dall'incertezza -quindi dalla mancanza di prevedibilità e dall'aleatorietà degli scenari di prefigurazione, è preponderante. Esso può portare ricadute negative, ma anche positive e inaspettate, come ricorda Ricky Burdett per il caso delle Olimpiadi di Londra, dove l'inimmaginabile defezione dei privati nella collaborazione per costruire il Villaggio Olimpico e il Media Center, che poteva portare un grosso problema per i bilanci e gli stanziamenti, è stata compensata da un'altrettanto inattesa riduzione di costi del progetto, proprio a causa del deprezzamento di alcuni materiali in seguito alla crisi.

La pianificazione e la progettazione, specialmente nel "modello grandi eventi", non possono più prescindere dal considerare l'incertezza alla stregua di una categoria progettuale, iniziando a elaborare strategie in risposta, come alcuni progetti di trasformazione, specialmente in area francese, hanno cominciato a fare. Il tentativo di gestire l'incertezza e di intervenire all'interno di scenari sempre più complessi potrebbe rappresentare infine uno degli elementi propulsori per un ripensamento delle logiche al di fuori del regime concorrenziale.

Margot Pellegrino
margot.pellegrino@polito.it

[19 luglio 2010]
       
       

La sezione Clippings di ARCH'IT
è curata da Matteo Sintini


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