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ALBERTO IACOVONI/MA0. Bring the Noise





Public Enemy 
"Fear of a Black Planet"
Def Jam / CBS, 1990, $11.97


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Nel 1990 esce "Fear of a black planet", terzo Lp dei Public Enemy, uno dei gruppi di rap nero americano più self-conscious, politicamente e musicalmente, oltre che di enorme successo commerciale, tra il pubblico bianco come quello afroamericano. Questo Lp rappresenta nella storia dei P.E. forse il vertice di un percorso in cui più delle capacità verbali del gruppo è la sperimentazione sonora a costituire un limite che successivamente non riusciranno più ad oltrepassare.

[16dec2001]
Il rap nero black-conscious emerge alla fine degli anni Ottanta grazie al moltiplicarsi di produzioni sulla costa ovest (più gansta style come NWA), e su quella est, ed in particolare New York, la città dei P.E. Musicalmente nasce sull'onda lunga del rap che alla fine degli anni '70 con mezzi di assoluta povertà (i piatti e un microfono prima, cui si aggiungono un campionatore e un registratore multitraccia poi) inizia a tracciare un nuovo solco all'incrocio tra la discomusic, il funk e le influenze della black poetry, da cui emergono grandi successi come Rapper's Delight o Grandmaster Flash, Afrik Bambataa: è un genere che sembra in quegli anni riacquistare da un lato un rapporto diretto con il conflitto metropolitano attraverso un rap inteso come testo per comunicare la cultura urbana nera, dopo i favolosi anni '80 in cui assistiamo ad una divaricazione nella distribuzione delle ricchezze di cui ha fatto le spese l'underclass afroamericana, riducendo le metropoli americane a territori compartimentati, e dall'altro tende a reintrecciare orgogliosamente le radici musicali afroamericane.

Lo strumento di questa affermazione da un punto di vista musicale e compositivo è il campionatore, la cui invenzione risale ad anni prima ma che in questi anni diventa sempre più diffuso, performante e a buon mercato. Se dunque nelle prime esibizioni del rap la voce era accompagnata da un dj che con due copie in vinile dello stesso brano strumentale, ma anche con incursioni di altri brani della propria collezione, poteva accompagnare e fare da dialogo alla voce recitante del mc, con il passare degli anni il campionatore, grazie alla propria capacità combinatoria di frammenti sonori diversi, diventava lo strumento con cui produrre musica –e basi per la voce- "interpolando e manipolando" nello sconfinato database della musica nera –e non solo.

Il campionatore dunque: inizialmente una scatola con delle manopole, una tastiera successivamente, che permette di catturare –campionare, o sampling in inglese- frammenti sonori più o meno estesi da qualsiasi sorgente -quattro battute di assolo jazz di batteria, un giro di basso, una voce, i suoni della strada (sirene, auto, voci)- e di risuonarle anche in loop (a ciclo continuo), spesso manipolate, rallentate, effettate –eco, riverbero, distorsioni, flange etc.

E' sufficiente ad esempio campionare una frase sax e risuonarla al contrario, magari ad una velocità più bassa in modo che assomigli ad un suono industriale ciclico e ipnotico: la tecnologia a basso prezzo diventa uno strumento di produzione musicale accessibile non solo a chi non può spendere troppo (vedi: i giovani dell'underclass nera) ma anche a chi non ha studiato nessuno strumento, ma conosce a memoria tutta la discografia dei Jb's, il gruppo che suonava per e con James Brown, the godfather of soul.

La coscienza di tale potenzialità è evidente nelle parole di Hans Shocklee, uno dei membri della Bomb squad, team di produttori di Fear of a Black Planet:

Avendo a che fare con il rap, tu devi essere innocente ed ignorante sulla musica. I musicisti che hanno studiato non sono ignoranti con la musica, né possono essere ignoranti con essa… Per esempio alcune note devono andare assieme perché hai una certa educazione che ti dà un senso musicale. Noi potremmo usare una nota su un tasto nero e una su un tasto bianco insieme, perché in un certo senso funziona. Un musicista dirà: ‘No, queste sono le note sbagliate. Stonano (the notes are clashing)'. Noi non la vediamo in questo modo. (…) La musica non è nient'altro che rumore organizzato. Puoi prendere quello che vuoi –rumori della strada, noi che parliamo, tutto quello che vuoi- e farne della musica organizzandolo. Questa è ancora la nostra filosofia, mostrare alla gente che quella cosa che chiami musica è molto più ampia di quanto puoi pensare.
[cit. in Black Noise, di Tricia Rose, Wesleyan/New England 1994, p. 82. La traduzione e la sottolineatura sono mie]

Il campionatore, successivamente affiancato dal computer che ne può svolgere le stesse funzioni ed essere comandato da una tastiera, permette dunque di prelevare frammenti da un universo di suoni, e di sonorità e di ricomporli in contesti imprevedibili, dove dunque la ricerca empirica del suono e del ritmo, dove il caso e l'improvvisazione assumono un ruolo fondamentale, più che un progetto musicale scritto a partire dalle basi della melodia e dell'armonia.

Ancora:

Usando suoni e ritmi come blocchi di un edificio, i musicisti rap raccolgono idee nei computers, costruiscono, cancellano e rivedono temi e concetti musicali.(…) Scrivere musica nell'età della riproduzione elettronica è un processo complesso e denso in cui milioni di suoni, ritmi e melodie si rendono fantasticamente accessibili.
[Black Noise, Tricia Rose, Wesleyan/New England 1994, p. 88, traduzioni e sottolineature del sottoscritto]

(...)

Il sampling non è l'unico metodo di riformulazione e resistenza narrativa. Mixes di nuovi o antichi brani, o il fare differenti versioni di un brano (…) è nel cuore di tutta la musica Afro-Americana e Caraibica: "La versione originale prende una nuova vita e un nuovo significato in un contesto nuovo (fresh). La versione reinterpretata procede su vite alternative e nuovi significati in un contesto nuovo (fresh).
[ibid. p. 90, idem come sopra per la traduzione]

E a pagina 75:

Prior to rap music's redefinition of the role samplers play in musical creativity, samplers were used almost exclusively as time-and moneysaving devices for producers, engineers, and composers. (...) Using the machines in ways thet have not been intended, by pushing on established boundaries of music engineering, rap producers have developed an art out of recording with sound meters well in the distortion zone. When necessary, they deliberately work in the red, (...) If you're using a drum sample in a rock record, you want it to sit in the mix with everything else. In rap, you do whatever you can to make it stand out -by adding effects, EQ, bottom- and make it sound dirty.

Ora potremmo saltare ipertestualmente e forse arbitrariamente, con un processo di costruzione di un albero genealogico retroattivo assurdo ad altre cose scritte intorno alla campionatura, o qualcosa che gli assomiglia per certi versi, operando a nostro modo una campionatura testuale:

L'unico modo che ho concepito di migliorare la musica pop, in modo da poterla, ad esempio, apprezzare, è quello di averne tante insieme, tante musiche di generi diversi, nello stesso ambiente. In tal caso la situazione mi fornirebbe almeno qualcosa da fare. (…) Non si tratta tanto di una scelta, quanto del venire a capo della complessità.
[John Cage]

O ancora, con una doppia capriola:

détournement: si impiega per abbreviazione della formula: détournement di elementi estetici precostituiti. Integrazione di produzioni attuali o passate delle arti in una costruzione superiore dell'ambiente
["Internazionale Situazionista" n. 1, 1958 in Internazionale Situazionista 1958-69, Nautilus 1994]

L'appeal del détournement era su tre livelli: primo, era tecnicamente semplice e aveva un ampio raggio di applicazioni. Secondo, la sua anonimità lo rendeva uno strumento perfetto per espressioni collettive (opposte a quelle autoriali). Terzo. la sua capacità di diffondersi e diventare contagioso aveva una affinità naturale con il gioco e dunque una "tendenza a operare nella vita di tutti i giorni
[Libero Andreotti, Introduction: the urban politics of the Internazionale Situationniste, p. 28 in Situacionistas, situationists, MACBA Barcellona 1996, la traduzione dall'inglese è mia]

E infine con un salto verso l'architettura, anche se abbiamo da discutere alcune affermazioni:

Quello che emerge in definitiva è il riuso in ogni tipo di combinazioni che non contengono neanche il più sottile ricordo dei significati originari. In altre parole il vero sampling richiede un approccio alla forma che annulla completamente ogni significato più profondo. Progettare attraverso il sampling è progettare senza alcuna missione culturale di voler significare con la forma niente di più profondo che la forma in se stessa. Questo termina una tradizione vecchia di secoli. Finché l'architettura è stata vista come trasmettitrice di cultura, essa si riferiva ai principi fondamentali su cui quella cultura era basata. Ma se sei nel sampling non stai cercando un trasmettitore inerte, ma qualcosa di dinamico, in cui identità fisse diventano fluide e il significato può andare in qualsiasi direzione. (...) La vera conseguenza del sampling è l'abolizione dell'identità dell'autore. Ma se mai dovessimo raggiungere quello stadio, saremo arrivati ad una pura architettura (cyb)organica. Non una "architettura senza architetti", ma un'architettura con troppi architetti da nominare.
[Ole Bouman, in "Archis" n. 10/1998, idem come sopra per la traduzione]

Tornando alla musica:

fear of a black planet porta questo percorso, nell'ambito del rap, ad un punto limite dal quale i P.E. si ritireranno su strade più tranquille, mentre montava il gangsta rap con le sue liriche tutte incentrate sul machismo e le violenze metropolitane che si incontrava con il lato più black e funky della tradizione musicale afroamericana. 

Non è interessante in questo contesto disquisire del contributo che il rap, ed i P.E. in particolare, hanno dato all'uso del sampling –che potremmo chiamare anche campionatura, che fa parte di una famiglia di dispositivi poietici come il collage e il detournement, e che ha parentele–inconsapevoli e non riconosciute- con gli intonarumori futuristi e le sperimentazioni sul caso e la sovrapposizione sonora e ambientale di John Cage, quanto comprendere come questo sia stato possiblie grazie all'evoluzione di uno strumento e attraverso l'uso dello strumento stesso.

Un'evoluzione avviene parallelamente, e per tutt'altre ragioni, ma comunque grazie alla diffusione ed evoluzione di tecnologie a buon mercato, nel campo dell'architettura, con lo svilupparsi dei softwares per il fotoritocco (ad es. Adobe Photosohop) e con l'aumento della potenza di calcolo e della RAM dei personal computers per cui diventa sempre più facile manipolare e produrre immagini per l'architettura sempre più grandi e complesse. La vecchia tecnica del fotomontaggio, che si intrecciava da un lato con le tecniche fotografiche e quelle plastiche dall'altro, diventa tutta una procedura di CTRL+C e CTRL+V da un'immagine ad un'altra, scansionata da una rivista o da una fotografia fatta ad hoc, ridimensionamento, regolazione dei colori e della luminosità, filtri sfuocanti e deformanti, a colpi di mouse, fino a rendere a volte irriconoscibile l'immagine e il materiale sorgente.

Il processo ricalca esattamente la procedura con cui si usano i campionatori nella musica –non solo rap ormai- anche se in contesti ed obiettivi completamente diversi. Ma c'è più di un'analogia che è importante sviscerare al proposito, oltre a quella evolutiva, per cui ogni nuovo strumento di rappresentazione dalla fotografia in poi è stato dapprima utilizzato per riprodurre –come ad esempio i primi pezzi rap o la disco music in cui il campionatore non faceva altro che far suonare la stessa musica di prima ma senza i musicisti- e solo successivamente per produrre a partire dalle reali potenzialità espressive del mezzo.

_Innanzitutto la semplicità ed accessibilità del mezzo anche a chi non conoscesse le regole compositive e costruttive dell'architettura, o di quella architettura che il mezzo permetteva di produrre (e infatti i programmi di fotoritocco sono tra i primi ad essere utilizzati anche dagli studenti, a volte anche prima dei programmi cad o di modellazione e rendering).

_In secondo luogo la questione della creazione di un nuovo linguaggio e della definizione del dettaglio passava assolutamente come cosa trascurabile, rispondeva ad un rifiuto della necessità di costruire dalle fondamenta un linguaggio e allo stesso tempo ad un piacere per i clashing tones dei "territori attuali" (1).

_In terzo luogo esprimeva la necessità di introdurre nel progetto la complessità del reale, delle sue imperfezioni, dei suoi dati materici (e in questo senso non siamo d'accordo sull'inesistenza di significati più profondi di cui scrive Bouman), così come nel rap il sampling è spesso sampling urbano, la strada che entra nella musica, qualcosa che fa rumore: "everybody in the house make some motherfucking noise!

NOTE

(1) Riprendo forse impropriamente questa definizione dal laboratorio di arte urbana Stalker, vedi www.stalkerlab.it o "Stalker attraverso i Territori Attuali", Jean Michel Place, 2000.
(2) "Strategie di intervento in aree pianificate ai sensi della legge 167/62: proposta per il Piano di zona n. 38 / Laurentino a Roma", tesi di laurea di Massimo Ciuffini e Alberto Iacovoni, premio INU/DEI per le tesi di laurea, Bollettino della Biblioteca della Facoltà di Architettura della Sapienza, n. 54/55 1996, pp. 102-105.
(3) S.N.A.P.! strategiexnuoveautoproduzioni, ma0 1997 (Massimo Ciuffini, Vincenzo Fava, Alberto Iacovoni, Luca La Torre).
(4) Diaproiezioni per il Capodanno del 2000 a Cosenza, ma0 1999 (Alberto Iacovoni).
(5) Sarajevo Concert Hall Competition, ma0 1999 (Tommaso Avellino, Alberto Iacovoni, Luca La Torre, Paolo Pineschi).
(6) Dj Mixmaster Morris, citato in Black Noise, op. cit., p. 94; nell'originale, ovviamente, al posto di architettura c'è scritto musica, la traduzione è mia.
Con questo invito esplicito a produrre rumore –noise in inglese, da noi impropriamente e riduttivamente tradotto come "casino" da qualche rapper nostrano- Flavor Flav dei Public Enemy come molti altri mcs della scena rap invitavano, anzi forse più esplicitamente provocavano chi assisteva alle loro esibizioni a interagire con lo show. Questa interazione, per quanto elementare, provocava una sorta di esibizione in cui il succedersi dei brani, gli interventi vocali che lo modificavano e ricontestualizzavano continuamente, le deformazioni delle basi stesse utilizzate per la serata erano frutto di una improvvisazione altamente collettiva. E' il rovescio complementare di una performance basata tutta su la manipolazione e ricontestualizzazione di materiali sonori. E' insieme a dirty –sporco- e shit –letteralmente merda, più frequentemente "cosa"- e funky uno dei termini più utilizzati.

E così dall'altro lato gli architetti del Groupe K, che usano il sampling nella progettazione, a proposito delle banlieues francesi:

Zone B come Banlieue, come serie B, è una proposta perché la banlieue sopravviva alla sofisticazione fredda della tecno-città. Zone di non stile e d'indicibile, le zone "B" non hanno un limite preciso –esse non sono separazione, coltivano i frutti e i parassiti –non hanno nessuna pretesa né speculativa, né estetica– non cercano nobiltà urbanistica più di quanto rivendichino una identità architettonica precisa. (…) Zone "B" non è l'elogio del volgare, è l'amore del luogo.
["Fisuras" n. 4, p. 106, la traduzione dal francese è mia]




_E ancora: l'uso strumentale del fraintendimento, della sfocatura del significato delle immagini come nei suoni, per lasciare un margine di indefinitezza all'architettura, così come il campione sonoro manipolato ed effettato ricontestualizza e destabilizza il potere evocativo di un suono.



_E ancora potremmo proseguire lungo le ragioni che hanno spinto a utilizzare il collage nell'arte, la vaghezza dei termini nella poesia e nella letteratura, il détournement nelle pratiche situazioniste, il cut-up nel cinema etc…



Nell'architettura la campionatura si dimostra di essere allo stesso tempo potente strumento evocativo ma ancora non metodo dalle chiare intenzioni progettuali.

Abbiamo pensato spesso di smuovere l'uso della campionatura dal rango di evocatore progettuale a quello di strumento progettuale vero e proprio, che intervenisse non solo nella composizione degli spazi, nella ricerca delle qualità dei materiali e nella prefigurazione di un uso, ma anche all'interno delle procedure di strutturazione stessa del progetto. E' avvenuto in modi diversi, nel senso di declinazione di relazioni tipo per quanto riguarda un progetto di densificazione di un quartiere di edilizia residenziale pubblica, il Laurentino 38 (2), o nel senso di intercambiabilità degli usi e delle forme degli oggetti e dei loro componenti, nel progetto di una linea di lampade vendute come libretto delle istruzioni per l'assemblaggio di componenti di comune reperibilità commerciale pensati per altri usi (3), o ancora producendo infinite stratificazioni e modificazioni di immagini per costruire paesaggi in trasformazione (4), o naturalmente è avvenuto tutte quelle volte che la campionatura è stata utilizzata per rappresentare un progetto, per i fini di cui abbiamo parlato sopra.



Questo che presentiamo per la prima volta è forse il progetto in cui ci siamo avvicinati di più ad una architettura campionata, si tratta del concorso per una nuova Concert Hall a Sarajevo (5), dove ci sembrava impossibile, anche per il pochissimo tempo a disposizione, intervenire in una ferita ancora aperta di una città martoriata con un cannocchiale a rovescio, con una visione lontana e schematizzante del territorio, per cui il progetto si sarebbe ridotto a fornire un nuovo ordine –l'architettura, il progetto urbano- per un luogo in cui diversità in conflitto avevano distrutto violentemente l'ordine precedente.



E dunque, proprio in virtù di quanto dice Bouman a proposito dell'identità dell'autore –l'architetto-, del suo potere autoriale che volevamo mettere in discussione, ci sembrava che lavorare per frammenti, spingendo al massimo in una direzione e nell'altra l'idea di dis-ordine, potesse essere la strategia giusta per rifiutarsi di fare un progetto, utilizzando frammenti di altre architetture (min mix > max entropy) e di altri territori (max mix > max entropy). E così è in qualche modo avvenuto, dato che l'architettura che ne è risultata non è un progetto –quantomeno non è un progetto presentabile, d'altronde lo strumento era stato scelto avventatamente considerando il poco tempo a disposizione, senza rendersi conto che accordare frammenti di progetti diversi era molto complicato, e richiedeva infiniti interventi di raffinazione.

Quello che rimane è la relazione –dove non arriva l'architettura arriva la verdura!- : l'idea di un progetto come una ricetta, che nasca dal mescolarsi di ingredienti antitetici, e un percorso di ricerca aperto su cui avventurarsi, come sempre, consapevoli di camminare su un limite tra l'aria fritta e l'ideologia –così diffusa tra gli architetti-, tra il piacere del gioco e l'esaltazione dello strumento tecnologico.

Alberto Iacovoni (1966) è tra i fondatori dello studio di architettura ma0/emmeazero, attivo a Roma dal 1996, nonché parte del gruppo Stalker. Lavora anche a tempo perso (troppo) come dj e manipolatore di paesaggi sonori.

ma0: Si costituisce nel 1996 intorno ad un progetto di densificazione per i quartieri di edilizia residenziale pubblica dell'area romana avviando una riflessione sull'uso sostenibile del territorio attraverso scelte programmatiche non ortodosse ampliatasi successivamente verso il concetto di architettura come sistema relazionale ambientale. L'attività professionale attraversa tutti gli aspetti di tali sistemi ambientali, dalla progettazione urbana (progetto esecutivo per una piazza e parcheggio a Macomer, Giardino pubblico a Bari) alla progettazione integrata di allestimenti multimediali (spazio interattivo per Fendi a Bangok, diaproiezioni urbane per il Capodanno 2000 a Cosenza). Strumento centrale di riflessione e ricerca è la partecipazione ai concorsi internazionali, per la quale lo studio ottiene nel 2001 alcuni importanti riconoscimenti, come l'invito ad Archilab 2001 ad Orléans, il primo premio per un Laboratorio Multimediale per l'Accademia di Arti Grafiche di Lipsia, un terzo premio ad Europan6 e un premio speciale per la creatività digitale al FEIDAD 2001.
Forse dovremmo partire dall'assunto che è gia stata fatta abbastanza architettura nel XX secolo… (6)

P.S. L'accostamento di certi testi e riferimenti può essere dissonante, opinabile. È uno degli effetti dell'operare per campionature.

Alberto Iacovoni
ma0@libero.it
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la pagina collection è curata da
Matteo Agnoletto

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