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David Raponi/HOV. L'albero della conoscenza





Humberto Maturana, Francisco Varela
"L'albero della conoscenza"
Gli elefanti. Saggi. Garzanti, 1999
216 pp., Euro 11,36


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"Noi tendiamo a vivere in un mondo di certezza, di solidità percettiva priva di dubbi ove le nostre convinzioni ci portano a credere che le cose sono solo come noi le vediamo, e che ciò in cui crediamo non può avere alcuna alternativa. E' la situazione in cui ci troviamo quotidianamente, la nostra condizione culturale, il nostro modo di essere uomini. Questo libro può essere visto come un invito a interrompere l'abitudine a cadere nella tentazione della certezza". Così scrivevano nella primavera del 1984 Humberto Maturana e Francisco Varela.

[23feb2002]
Dieci anni dopo la pubblicazione incontravo per la prima volta "L'albero della conoscenza" e così, improvvisamente, dopo alcune letture indirizzate in ambito fisico, cosmologico e biologico, iniziava una ricerca personale, intima, cui da tempo sentivo necessità, ma che non riuscivo a definire in alcun aspetto, se non in quello sensazionale e la cui traduzione operativa si era manifestata in precedenza in alcuni modelli di edifici/scultura, ancora al margine del mio lavoro. Il testo che segue non può essere una recensione o un testo critico, è semplicemente un invito alla lettura. Molti concetti sono, infatti, ripresi direttamente dal libro o riformulati con spirito illustrativo.

Questo ormai famoso, e bellissimo libro, introduce una serie di sostanze che davvero rispettano il programma iniziale degli autori, ma - come spesso accade - nacque in circostanze particolari e fortuite. Nel 1980 l'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) era attivamente impegnata a dirimere le molte difficoltà che incontrava in fatto di comunicazione sociale e trasmissione del sapere.

Rolf Behncke, allora collaboratore del ministero della programmazione cileno, ritenne importante informare i membri dell'OAS circa gli studi svolti da Maturana e Varela nell'ambito della comunicazione come esistenza biologica dell'uomo. Si stipulò così un contratto con i futuri autori ed il progetto prese il via con una serie di relazioni che furono tenute ad operatori sociali e manager pubblici. Queste lezioni, trascritte, rivedute ed ampliate, furono pubblicate in un'edizione privata dell'OAS per informare i propri membri. Tale pubblicazione, ulteriormente riveduta, fu infine edita con il titolo di "El àrbol del conoscimento" nel 1984.

La storia delle idee inizia ben prima, nel 1960, quando Humberto Maturana comincia a divergere dall'abituale tradizione biologica. Maturana, medico e biologo, cercava di concepire i sistemi viventi come il processo che li realizza, e non di spiegarli attraverso il rapporto che hanno con il loro ambiente. Per un decennio a seguire, tale approccio lo impegnò nella ricerca fino alla prima enunciazione organica del 1969 nell'articolo "The Neurophysiology of cognition". A metà degli anni sessanta il diciannovenne Francisco Varela inizia a frequentare i corsi di Maturana e dagli anni settanta in poi, lavorano insieme all'Università di Santiago. La prima interruzione del sodalizio avviene nel '73, per i gravi fatti cileni. Riuniti di nuovo nel 1980, quando le circostanze lo resero possibile, proseguirono le loro ricerche confluite ne "L'albero della conoscenza" ed in altri scritti. Un sodalizio straordinario purtroppo concluso recentemente con la scomparsa a Parigi di Francisco Varela, a soli 54 anni.
                                  


Con l'immagine della "Incoronazione di spine" di Hieronymus Bosch, che apre il testo, Maturana, cogliendo il simbolismo del dipinto, mette in guardia il lettore da ogni tentazione di certezza. Il personaggio in basso a destra, che tiene fermo Gesù per il manto e lo blocca al suolo, sembra, infatti, che gli stia dicendo: "Se io so, già conosco". Tale semplice avvertimento è di per sé un grande stimolo alla ricerca, in tutti i campi. Se non altro perché, pur se la nuova idea si rivela errata, il fatto che non siamo stati capaci di concepirla prima, dimostra che il futuro può rivelarsi estremamente diverso da quel che ci aspettiamo. Il concetto fondante del pensiero di Maturana e Varela, come emerge nel testo, è l'autopoiesi. Il termine "autopoiesi" deriva dal greco "auto" (sé) e "poiesis" (creazione) ed è stato utilizzato da Maturana e Varela per indicare quella che per loro è la caratteristica fondamentale di sistemi viventi e cioè il fatto di possedere una struttura organizzata capace di mantenere e rigenerare nel tempo la propria unità e la propria autonomia rispetto alle continue variazioni dell'ambiente circostante, tramite la creazione delle proprie parti costituenti, che a loro volta contribuiscono alla generazione dell'intero sistema. Ciò è estremamente evidente negli insetti sociali come formiche, le termiti, le vespe o le api.



Per esempio nella figura si vedono vari tipi di individui che si possono trovare fra le formiche Myrmicinae, una specie comune e molto studiata. La loro morfologia diversificata è in accordo con le differenti attività che svolgono normalmente. Il loro meccanismo di collegamento è quello dello scambio di sostanze chimiche, chiamato trofallassi. Questo continuo contatto, che possiamo osservare direttamente in una fila di formiche, governa la distribuzione, in tutta la popolazione, di una serie di elementi, fra cui ormoni, responsabili della stessa diversificazione della specie. Per esempio, la regina è regina solo per il fatto che viene nutrita in un certo modo, e non certo per motivi ereditari. Moltissime ricerche sono state condotte in questo campo, non ultime quelle relative alla teoria delle biforcazioni. Gli individui in un formicaio, quindi, sono tutti strettamente accoppiati nella sua dinamica strutturale fisiologica. In questi casi, l'ontogenesi - cioè la storia delle trasformazioni di un unità come risultato della storia delle interazioni, a partire da una sua struttura iniziale - è sempre legata al divenire di continue interazioni che, in modo dinamico, indirizzano, mantengono o cambiano il suo particolare sviluppo.

HOV è un ufficio di progettazione e ricerca fondato da David Raponi nel 1998, con sede ad Ancona. Nato nel 1965, ha studiato e poi svolto attività didattica all'Università di Firenze fino al 1993. Partecipa con una borsa di studio nel 1994, al 6° Seminario Internazionale di Progettazione "Napoli, architettura e città", tenuto all'Università di Napoli. Ha collaborato con vari studi fra i quali lo studio Baroni di Firenze e lo studio Noebel di Berlino.

HOV_2001
Collaboratori:
Michele Gabbanelli, Raul Raponi, Eleonora Moscardi






 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







"I sistemi viventi mantengono se stessi grazie alla produzione dei propri "sottosistemi" che producono a loro volta l'organizzazione strutturale globale necessaria per mantenerli e produrli" (Maturana/Varela)

Famosa è, inoltre, la frase di Varela: "le conseguenze delle operazioni del sistema sono le operazioni del sistema" che bene presenta il concetto di chiusura operazionale. Che non vuol dire per nulla isolamento, ma è legato a un autocomportamento in cui le operazioni di un sistema complesso, costituito da elementi interconnessi, hanno come risultato un'operazione che cade ancora entro i confini del sistema stesso e della propria dinamica interna. 



                           Disegno di M. Maturana

Punto di vista, detto dei "sistemi autonomi", che si contrappone - anche se non totalmente e con la ferma intenzione di conciliarsi - a quello classico dei "sistemi eteronomi" in cui la logica di relazione fra le parti è di corrispondenza (mentre quella di Maturana/Varela è di coerenza), in cui il tipo di organizzazione è di input/output (al contrario degli autocomportamenti della chiusura operazionale) e in cui soprattutto il modo di interazione è di tipo istruttivo e rappresentazionale, mentre quello di Maturana/Varela implica la produzione di un mondo, la creazione di un senso.

E' un significato che non esisteva prima dell'attività del sistema e che si manifesta come un "effetto collaterale", che emerge imprevedibile e inseparabile dall'attività sistemica stessa. Sistemi autonomi sono, oltre agli organismi pluricellulari, anche il sistema nervoso e quello immunitario (la "teoria della rete autonoma" di Varela considera l'io del sistema immunitario come definito dalla dinamica della rete immunitaria stessa, che ignora tutto ciò che non rientra nel proprio dominio cognitivo e che ha una propria attività autonoma) e non ultime la cognizione, l'amore e la coscienza, studiate da Maturana/Varela come veri e propri fenomeni biologici. Molto interessanti, ancorché complesse, le definizioni di questi domini. Il linguaggio stesso dell'autopoiesi è un linguaggio che rimanda alla propria autoreferenzialità e gli argomenti, davvero multidisciplinari, sono trattati con tale forma, il che fa apparire lo scritto, a volte, pesante. Ma, in ogni caso, il libro si presta anche a letture disordinate.

Anche il dualismo fra mente e corpo è nella teoria dell'autopoiesi superato dall'ottica che considera le relazioni. 
"La nostra identità - dichiarava Varela nel gennaio 2001 - in quanto individui, è di una natura del tutto peculiare. Da un lato si può dire che esiste. Mi dicono: "Buongiorno, Francesco" ed io sono capace di rispondere, di avere delle relazioni con gli altri. Dunque c'è una specie di interfaccia, di collegamento [couplage] col mondo, che dà l'impressione di un certo livello di identità e di esistenza. Ma al tempo stesso questo processo è di natura tale che appunto, come in tutti i processi emergenti, io non posso localizzare questa identità, non posso dire che si trovi qui piuttosto che là, la sua esistenza non ha un locus, non ha una collocazione spazio-temporale.

È difficile capire che si tratta di un'identità puramente relazionale e così nasce la tendenza a cercare i correlati neuronali della coscienza, per trovarli nel neurone 25 o nel circuito 27. Ma non è possibile, perché si tratta di un'identità relazionale, che esiste solo come pattern relazionale, ma è priva di esistenza sostanziale e materiale. Il pensiero che tutto quello che esiste deve avere esistenza sostanziale e materiale è il modo di pensare più antico della tradizione occidentale ed è molto difficile cambiarlo". Tutto ciò è estremamente vicino al Paradigma Olografico di David Bohm o alla teorie quantistiche delle Superstringhe, in una convergenza scientifica sempre più acuta e sorprendente.

NESSUNA CONCLUSIONE. Come questi elementi di riflessione, o di acquisizione di consapevolezza, siano operativi nel mio lavoro è un intreccio formato da profili generatori in gran parte sconosciuti a me stesso. Se, in effetti, una sorta di atteggiamento emozionale, sensazionale, è riconoscibile nei progetti di HOV, lo è soprattutto per un osservatore, e, per dirlo con Maturana, ogni azione è conoscenza e ogni conoscenza è azione.

Ho, per l'occasione, tentato di visualizzare le bellissime parole di Maturana e Varela, con alcune immagini; esse derivano dallo studio di una geometria non orientabile, che riportano alla condizione di indeterminazione dentro/fuori e la conferma del fattore relazionale come unico dato possibile all'interno del quale operare.

Una tra le più semplici è una superficie nota come bottiglia di Klein, dal matematico austriaco che la definì matematicamente nel 1886. Non è possibile costruire una superficie cosi caratterizzata nello spazio tridimensionale senza una auto-intersezione della superficie. In un modello effettivamente costruito, ad esempio in vetro o metallo, dovrebbe esserci un foro.

Ma se immaginiamo la superficie immersa in un quadrispazio, l'auto-intersezione è completamente eliminata: la bottiglia è ad una faccia, senza bordi, ha numero di Betti uguale a 2 e un numero cromatico uguale a 6.


Dalla rappresentazione in due materiali, utilizzata per rendere visibile l'interno, si trae una curiosa osservazione.
Sapreste dirmi quale?
E questo tentativo è una divagazione o no?



Concludevano gli autori: "Non cerchi il lettore delle indicazioni per il suo comportamento concreto. Lo scopo di questo libro era quello di invitarlo alla riflessione che lo portasse a conoscere la sua conoscenza. La responsabilità di rendere questa conoscenza materia per le sue azioni resta nelle sue mani".


HOV
info@hov.it


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la pagina collection è curata da
Matteo Agnoletto

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