Entrez
Lentement Pietro Valle |
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"Entrate
Lentamente", ovvero rallentate il ritmo del consumo e soffermatevi
a meditare: è questo il monito che Pierluigi Nicolin ha proposto
al pubblico del Salone del Mobile in una mostra che, mutuando la scritta
dipinta da Le Corbusier sulla E-1027 di Eileen Gray, presenta le interpretazioni
di otto celebri dimore moderne da parte di altrettanti progettisti contemporanei. |
[10jun2005] | |||
In
una Milano narcotizzata dal glamour del design, la sfida di
una rassegna che analizza architetture con molteplici rappresentazioni
non deve essere stata facile. All'immediatezza della singola icona sono
state opposte diverse tracce interpretative, al luogo riconoscibile
dello stand la binarietà dell'allestimento
con i documenti delle case originali (curato da Pierluigi Cerri) e delle
installazioni dei progettisti invitati, al semplice catalogo
un libro ragionato ricco di saggi di autori diversi. Il luogo è
l'ex spazio industriale di via Stendhal, che diventerà a breve
la sede della Fondazione Pomodoro. Le case sono la suddetta E-1027 di
Eileen Gray e Jean Badovici a Cap Martin del 1926-28, il Cabanon di
Le Corbusier costruito nello stesso luogo nel 1952, l'Upper Lawn Pavilion
a Fonthill di Alison e Peter Smithson del 1958-62, la casa a King's
Road di Rudolph M. Schindler a West Hollywood del 1922, l'abitazione
di Luis Barragan a Città del Messico del 1947-48, la Casa das
Canoas a Rio di Oscar Niemeyer del 1950-53, la casa di vacanze ad Arzachena
di Marco Zanuso del 1962-64 e la Villa Mairea a Noormakku di Alvar Aalto
del 1938-39. I progettisti invitati sono, rispettivamente, Kengo Kuma,
lo stesso Nicolin, Tony Fretton, Michael Maltzan, Juan Navarro Baldeweg,
Alvaro Siza Vieira, Pierluigi Cerri e Steven Holl. Questa rassegna è di particolare interesse per il suo declinare il tema dell'architettura in mostra con diverse modalità. Troviamo infatti nello stesso luogo: |
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1.
Un'architettura esposta (le case originali) presentata attraverso molteplici
rappresentazioni, quasi fossero delle tracce sparse: vi sono snapshot
che documentano il quotidiano, lettere dei proprietari, microstorie
di testimoni, schizzi dell'architetto, ecc..., il tutto presentato senza
far prevalere un formato sull'altro. Questa modalità vuole rompere
con la monoliticità dell'icona modernista e presentare dei casi
di vita vissuta, di una domesticità tenuta finora nascosta la
quale, tuttavia, legittima la ricerca sulla casa di questi progettisti
moderni quanto la riduzione a cui è stata finora sottoposta la
loro architettura. Questa lettura disseminativa è presentata
tuttavia con un allestimento di tipo modernista classico, una serie
di stanze fatte di pannelli di medium density progettati da
Cerri che fanno da sfondo neutrale ai documenti e creano quindi un voluto
stacco tra supporto e oggetto in mostra. L'allestimento
è qui funzionale alla molteplicità dell'esposizione: divide
gli ambienti secondo le diverse case e tratta quello che espone come
rappresentazione separata dall'ambiente spaziale, riportandola anzi
ad un formato prevalentemente grafico.![]() Cerri- Zanuso. |
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2.
Un'architettura interpretata (le installazioni dei progettisti contemporanei)
che seleziona un aspetto specifico delle case storiche e lo traspone
in un formato spaziale che non vede separazione tra supporto, oggetto
in mostra e messaggio ma che sintetizza il tutto in un'unica esperienza
ambientale. I progettisti hanno dato qui una lettura deliberatamente
parziale delle case storiche e hanno raggiunto risultati molto diversi
dagli originali, situazioni che non cercano analogie ma si confrontano
con le fonti in termini quasi allegorici, raccontandole mentre parlano
di qualcos'altro. |
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Il
risultato della compresenza delle due forme espositive, nell'impossibilità
di un confronto diretto con le architetture originali (tutte costruite),
è interessante perché crea un territorio ricco di rimandi,
devianze e collegamenti trasversali che rinuncia a priori ad una sintesi
e cerca invece di mostrare in quanti modi si può parlare
di un'assenza. La lettura critica contemporanea si configura quindi
come un campo di interpretazioni parziali e che si confrontano con i
manufatti originali e con l'idea unitaria che avevamo di essi (la lettura
classica della storiografia del moderno). Entrez Lentement
fa esplodere le case del moderno in mille episodi di vita vissuta, in
concetti parziali, in interpretazioni distanti tra loro. I progettisti
invitati a confrontarsi con il tema dell'installazione che parla di
un'architettura altra, hanno proposto soluzioni diversissime tra loro
ma riducibili ad alcuni filoni: |
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1.
C'è chi ha estrapolato un tema teorico e lo ha tradotto in forma
spaziale con esiti del tutto personali: Michael Maltzan ha, per esempio,
scelto il rapporto maschio-femmina nello spazio domestico mutuandolo
dalla concezione della casa Schindler (originariamente pensata con due
appartamenti per due coppie con cucina in comune) e dal suo successivo
fallimento (Schindler e consorte, dopo il divorzio spartirono le due
ali dello stabile vivendo letteralmente separati in casa). L'idea è
stata formalizzata in un muro-diaframma che divide due aree ma è
deformato da una spinta asimmetrica con un risultato lontanissimo da
qualsiasi assonanza con la natura spaziale-tettonica della casa di King's
Road. Nicolin ha trasposto l'idea di spazio minimo del Cabanon di Le
Corbusier in una meditazione sulle condizioni estreme dell'abitare costruendo
una cardboard home per gli homeless da localizzare in una situazione
di frangia della metropoli contemporanea.![]() Maltzan - Schindler. ![]() Nicolin- Le Corbusier. |
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2.
C'è chi ha implementato la disseminazione di tracce domestiche
già presente nella documentazione sulle case originali: Tony
Fretton ha rinunciato a qualsiasi spazializzazione del suo ambiente
sull'Upper Lawn Pavilion a Fonthill e ha sparso sul pavimento frammenti
di fotografie degli Smithson che immortalano la vita di vacanza nell'edificio
attraverso gli oggetti quotidiani (una pratica documentaria questa che
i due all'epoca perseguivano e che condividevano con personaggi come
gli Eames). Il suo intervento è probabilmente il più riuscito
della mostra perché non ambisce ad alcuna ambientazione delle
case e misura la distanza tra lo spazio reale e quello delle rappresentazioni.
In maniera più dogmatica e riduttiva, Cerri propone un abaco
dei materiali della casa di Arzachena disponendo sabbia, acqua, stuoie
e coppi su un reticolo a pavimento. Un confronto tra i due interventi
misura tutta la distanza che c'è tra il vissuto e la riduzione
dell'architettura a un ordine astratto.![]() Fretton-Smithson. |
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3.
Sul versante più eminentemente allegorico, Juan Navarro Baldeweg
ha cercato di costruire un analogo della misteriosa aura della Casa
Barragan, fatta di silenzi meditativi e di effetti cromatici. Un'aureola
sospesa fatta di fili metallici colorati proietta riflessi sull'ambiente
sottostante, mentre un seggio solitario posto al centro rimanda ad un
recinto claustrale. Con piglio più ironico, Kengo Kuma ha invece
trasposto l'adattabilità degli arredi dell'E-1027 di Eileen Gray
in una macchina da palestra azionata da un meccanismo a pedali che muove
un tapis roulant il quale ha la forma della poltrona Transat,
disegnata dalla Gray per questa casa. Il mito salutista del moderno
diventa così azione performativa impensabile senza un attore-spettatore
che aziona il meccanismo.![]() Baldeweg- Barragan. ![]() Kuma- Gray. 4. Ci sono infine meditazioni sulla morphosis architettonica e, in particolare, su quel concetto di organico cosi diffuso nel secondo dopoguerra e che vedeva la trasposizione diretta dell'informe naturale in architettura. Alvaro Siza si confronta con la sensualità delle curve di Niemeyer a Canoas e con il paesaggio circostante costruendo un dialogo tra due astratti Pan di Zucchero e una morbida chaise longue gialla. Steven Holl medita sul confine dilatato tra natura e artificio nell'architettura di Aalto affrontando il concetto di porosità con una serie di totem-diaframmi traforati con il taglio a laser che, con i loro pattern disordinati, alludono alla casualità del processo naturale. ![]() Siza - Niemeyer. ![]() Holl -Aalto. |
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Dalla
suddetta tassonomia delle forme espositive presenti a Entrez Lentement
sembra esserci un ricco panorama di proposte. Vi sono, tuttavia, dei
punti di conflitto che emergono dalla loro compresenza nello stesso
luogo. Il confronto tra allestimento e ambienti degli architetti li
rende ancora più stimolanti in quanto essi proiettano, seppur
involontariamente, un campo interpretativo sul loro intorno e non possono
essere quindi visti come semplicemente alternativi. La spazialità
della mostra è dominata dall'allestimento di Cerri e non dalle
installazioni. I pannelli che supportano i documenti sulle case originali
definiscono delle stanze o semplicemente uno sfondo continuo
dell'intero ambiente. Al centro dei settori, le installazioni sono isolate
come singoli episodi che, irrimediabilmente, si fanno oggettivizzare
e guardare solo dall'esterno come un tutto compiuto. Se anch'esse hanno
scala e valenze spaziali, non riescono a trasmetterle alla mostra. Paradossalmente
si rinuncia alla qualità ambientale dell'installazione, al suo
possibile proiettarsi sul proprio intorno in quanto questo è
già dato e ricalca il white cube neutrale che l'arte
ambientale aveva cercato di criticare. Le installazioni, animali esotici
ingabbiati, assumono il significato di trasposizioni simboliche, di
sculture-oggetto, di scenografie, di stand dimostrativi e questo
forse non faceva parte delle intenzioni dei progettisti invitati. In
un contesto come il Salone tutto ciò può poi avvicinarsi
pericolosamente al clima fieristico. Le stanze diventano allora simili
ai padiglioni e le installazioni ad oggetti di arredo. C'è una
strana ironia nel vedere la chaise longue di Siza e i cabinet
traforati di Holl. Che siano anche dei rimandi a Milano e al mondo del
design? Forse, anche. Rimane il fatto che siamo lontani dalla libertà
che hanno raggiunto alcune esperienze ambientali dell'arte contemporanea. |
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Se
la spazialità può qui esistere solo in un ambiente preordinato,
essa supporta la cornice del museo tradizionale o la selezione
spettacolare del gabinetto delle curiosità e non può essere
abitata liberamente da un pubblico che la esplora per scoprire qualcosa.
In una mostra che parla della domesticità (o almeno di una domesticità
liberata dai canoni) questa sembra la più grossa contraddizione.
Se la casa (anche la più normativa) può essere abitata
dall'immaginazione, perché non si può fare altrettanto
con una mostra? Perché il territorio dell'installazione può
avere luogo solo se circondato dalla documentazione storica? Paradossalmente
quest'ultima diviene qui più aperta e flessibile delle performance
dei progettisti contemporanei le quali appaiono spesso forzate. L'emozione
di scoprire una narrazione presente all'interno delle icone del moderno
stimola la curiosità: chi ci viveva? Cosa vi accadeva? Di che
colore erano i muri? Com'è cambiata la casa nel tempo? Walter Benjamin diceva che i segni effimeri del passato recente ci parlano della nostra condizione culturale più dei messaggi ufficiali. I documenti raccolti qui in mostra rivelano forse il livello di feticismo a cui ci ha portato la società della comunicazione, ci parlano di come l'ossessione documentaria si è trasferita anche in architettura, nell'analisi di quella attuale come nella rivalutazione critica del passato recente. Più che al museo, le narrazioni di Entrez Lentement potrebbero essere paragonate a scoop giornalistici, a quelle continue storie ad effetto che formano il rumore di fondo mediatico della nostra quotidianità. La comunicazione ufficiale del Moderno nascondeva la ricchezza domestica dietro all'astrazione e alla riduzione funzionalista. Ora esplodono le microstorie ma dov'è la loro confrontabilità? Dov'è la tensione dialettica tra forma assoluta e vissuto? Sembra che oggi possiamo accedere a un moderno il quale è ricco di appunti ma non ha riferimenti generali. È questo il risultato dell'adozione del pensiero debole alla critica architettonica? Queste e altre domande irrisolte ci accompagnano all'uscita di Entrez Lentement. Speriamo vivamente che il Salone del Mobile promuova altre iniziative di questo tipo perché solo la commistione tra commercio e cultura fa emergere i veri problemi. Pietro Valle pietrovalle@hotmail.com |
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Entrez Lentement è un'iniziativa di Cosmit spa realizzata da Fondazione Cosmit Eventi in occasione dei saloni 2005 sotto l'egida di Federlegno-Arredo. La mostra si è svolta tra il 13 aprile e il 7 maggio 2005 a Milano in via Stendhal 36. L'ideazione è di Pierluigi Nicolin. Le foto sono di Manolo Verga, Editoriale Lotus. Si ringrazia Lorenzo Gaetani della Segreteria Scientifica della mostra per il materiale iconografico. | ||||