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in/arch - Istituto Nazionale di Architettura

in partnership con l'ARCA, ARCH'IT, Bentley, Centro Studi e Ricerche iGuzzini; con il patrocinio di Consiglio Nazionale Architetti, Consiglio Nazionale Ingegneri

LO SPAZIO IN-FORME
master di architettura digitale

Roma, dal 16 ottobre 2003

  FORME DI SPAZIO. DAL PRIMO AL SECONDO MASTER IN/ARCH.

Con questa nota proverò a fare il punto su un'esperienza appena conclusa e a presentarne un'altra che sta per aprirsi. L'oggetto in questione è il master di architettura digitale promosso dall'in/arch lo scorso febbraio, recentemente giunto al termine con un laboratorio progettuale guidato da Marcos Novak, che oggi ufficialmente riapre le porte con la pubblicazione del nuovo bando.


La prima cosa su cui credo sia importante riflettere è questa: se mi ritrovo qui, a scrivere di questa esperienza e a cercare di raccontarla, è per una ragione semplice, e cioè che questo master è stato e continuerà ad essere prima di tutto un luogo di incontro e di dibattito, un luogo di elaborazione e maturazione di idee. Ecco perché ancor prima di parlarvi di che cosa c'è di nuovo, voglio raccontarvi qualcosa di quello che è successo ed in particolare, naturalmente, dell'incontro con Marcos Novak.

 [02aug2003]


Innanzitutto perché Novak? Perché, al di là delle sue 'immagini' e delle sue fortunate 'formule' (architettura liquida, transarchitettura), Novak è soprattutto un instancabile pioniere della ricerca sul rapporto tra architettura e nuove tecnologie, dall'invenzione delle prime architetture generate algoritmicamente e delle prime architetture puramente virtuali espressamente disegnate per l'esperienza immersiva, sino ai recentissimi studi sulla nanotecnologia e la possibilità di sviluppare un'architettura ibrida di materia organica e inorganica che 'cresca', molecola per molecola, se non addirittura atomo per atomo. Ed è così che, ancora una volta, e credo di poterlo dire a nome di tutti, Novak è riuscito a sorprenderci, a provocare uno scatto nel nostro pensiero, una crisi nella nostre certezze.

Tre i temi di progetto proposti: progettazione per algoritmi, progettazione del molto (infinitamente) piccolo e progettazione di un'architettura da 'crescere' piuttosto che da costruire. Le tre cose sono, va da sé, profondamente legate, sono anzi addirittura passi o condizioni di uno stesso processo: infatti, se la progettazione per algoritmi (e cioè la progettazione di processi di in-formazione piuttosto che di forme) è il primo passo indispensabile per passare da una metodologia di progettazione tradizionale (e cioè per modellazione diretta della forma) ad un tipo di progettazione capace di definire le condizioni di possibile sviluppo di una forma, l'idea dell'infinitamente piccolo è in un certo senso l'idea del codice, del DNA, dell'unità minima a partire dalla quale (terzo e ultimo passo) è possibile lo sviluppo di un sistema complesso la cui crescita è appunto sviluppo, dispiegamento, in-formazione.

Ma di che parliamo? A che serve? Che architettura è un'architettura che cresce? Il discorso sarebbe ovviamente lunghissimo, ma proviamo a dargli una forma semplice utilizzando un'idea nata all'interno del laboratorio, guardando la foto di uno stabilimento balneare -mentre in un'aula a 2000 gradi, con i cervelli fumanti, la musica di Novak a tutto volume, il gruppo di Mariateresa, Rosa, Simone, Salvatore e Federico sognava le vacanze!









Allora, come ripensare il sistema stabilimento/ombrelloni/ombra, su una spiaggia in cui non solo la direzione del sole ma soprattutto l'intensità del sole e dunque la quantità d'ombra necessaria cambia continuamente? Affrontando la cosa con ragionamenti su materiali e sistemi innovativi e in particolar modo 'sensibili', in grado di rispondere alle sollecitazioni attraverso mutazioni, in grado di crescere e de-crescere e così via... La risposta alla fine è bella proprio per la sua semplicità: immaginare lo stabilimento come un sistema ramificato, arboreo, leggero e in continua trasformazione fisica, in grado di estendersi sulla spiaggia come di ritrarsene, in grado di infittirsi per produrre un'ombra più forte o di diradarsi per filtrare delicatamente la luce... (cose non soltanto in parte già possibili, ma soprattutto che richiedono uno spostamento/dislocamento reale e profondo del punto di vista progettuale, delle metodologie costruttive e dei materiali utilizzati).

E se i disegni non vi convincono (o se sono addirittura quasi inesistenti), scusateci, ma sono nati in tre giorni di lavoro in cui l'architettura liquida (o progettazione per algoritmi) ha incontrato la nano e la biotecnologia (con tutte le questioni etiche e i problemi pratici relativi: dai diritti/responsabilità dell'architetto alla necessità di continuare a pensare che l'uomo dovrà pur sempre andare al gabinetto!).

Tre giorni in cui i software di modellazione avanzata oggetto del master hanno dialogato con Amorphium (un curioso spregiudicato giocattolo per la modellazione) e con Xfrogs (altro interessante strumento per l'assemblaggio di organismi vegetali) con Mathematica (software un pochino più serio, niente male per lavorare su spazi multidimensionali) e con MAX/MSP (il software sviluppato all'IRCAM per gestire installazioni interattive), tre giorni insomma che sarebbero dovuti durare tre mesi o tre anni!

Non posso, purtroppo, raccontarvi tutto quello che è successo né tutte le idee sviluppate dai vari gruppi progettuali (ma chi ne avrà voglia potrà comunque dare un'occhiata alla mostra online). Ma mi auguro che quel poco che vi ho raccontato possa servire per farvi un'idea. Perché è importante parlarsi, è importante capire che qui (nel master di architettura digitale dell'in/arch) non sono in vendita verità, titoli più o meno riconosciuti o stage presso strutture più o meno prestigiose. Niente di tutto questo.

Qui è semplicemente in gioco la possibilità di imparare delle cose (come lavorare con software per l'elaborazione delle immagini e la modellazione, per elaborare e comunicare un progetto o per realizzare un sito web –e a questo proposito saranno quest'anno con noi i 2a+p) e di accostarsi ad altre (come la programmazione, in quanto backstage del digitale, e come la 'composizione' di architetture o paesaggi sonori in ambiente digitale –in cui ci guiderà da ottobre Michelangelo Lupone), ma, soprattutto, qui è in gioco la voglia di mettersi in gioco, di mettere in discussione in primo luogo proprio la tecnologia e il suo rapporto con l'architettura e più in generale con il mondo e con il nostro stare al mondo.

Ed ecco perché, per la nuova edizione, sperando comunque di poter presto rivedere e riospitare Novak, abbiamo pensato di cercare di far crescere il dialogo e i punti di vista organizzando, anziché uno, quattro diversi laboratori progettuali, ognuno introdotto da una conferenza che aprirà il dibattito sulla tematica specifica da affrontare nel laboratorio attraverso un confronto tra lo studio responsabile del laboratorio ed un interlocutore esterno, in grado di portare un contributo diverso e autonomo sul tema. Per entrare un po' più nello specifico: IaN+ discuterà con Manuel Gausa (Actar Architettura) di "interferenze col reale", a partire da una riflessione sull'utilizzo dei diagrammi e/o del concetto di interferenza; Stefano Mirti e Walter Aprile racconteranno la loro idea di "simple tech" nonché le difficoltà e l'interesse di lavorare ad installazioni multimediali e interattive (cosa che caratterizzerà il loro laboratorio); Ma0 e Michelangelo Lupone affronteranno la questione del "disordine" in un parallelo tra architettura e musica; Antonella Mari, Alicia Imperiale e Furio Barzon discuteranno dell'utilizzo di ambienti digitali avanzati e in particolare dell'uso dell'animazione nella pratica progettuale. Sempre nell'ottica di allargare le occasioni di incontro e di discussione, il master organizzerà quest'anno anche altri quattro seminari aperti, in parte orientati verso il confronto con affermati studi di progettazione italiani, ed in parte tesi a costruire (e a ribadire l'importanza e la volontà di portare avanti) un confronto transdisciplinare, in questo caso con il mondo del cinema e quello letterario del romanzo.Testo


Ritornando dunque a ciò che è stato e speriamo sarà questo master -e penso alle interminabili discussioni con Marco Maria Colucci, Emanuela Grossi, Enrico Di Munno, Pier Paolo Barone e tutti gli altri studenti che hanno dato vita a questa esperienza, ma anche ovviamente alle discussioni con tutte le persone, architetti, grafici, musicisti, pubblicitari, programmatori, persone dello staff ma anche persone che sono passate a trovarci, che hanno partecipato alle nostre conferenze, che ci hanno scritto e così via- ritornando dunque a ciò che è stato e sarà questo master, ribadisco che il tentativo già in atto, e che cercheremo di portar avanti e far crescere, è quello che al di là dei corsi e dei programmi questo master funzioni come uno spazio di aggregazione e di discussione a partire dal problema 'caldo' del rapporto tra architettura e tecnologia con tutto ciò che questo oggi comporta. Uno spazio che oltre ad aprirsi nelle occasioni dei seminari pubblici è e sarà uno spazio sempre aperto se, magari mandandoci prima una semplice email, qualcuno avrà voglia di venirci a trovare, di venire a vedere che succede, o di venire a proporci delle cose, delle idee, dei contributi.
Noi, intanto, stiamo già lavorando per scoprire e aprire nuove forme di spazio.

Marialuisa Palumbo
malupa@libero.it

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