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gli architetti e lo spazio digitale

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Architettura e macchine astratte

di Ammar Eloueini
Per quanto "terrificante" sia, la bellezza del XX secolo è cosa già consumata. Siamo davanti al fatto compiuto di un secolo pieno di buone intenzioni, di rivoluzioni, di adempimenti. L'architettura è stata uno dei veicoli di una rivoluzione abbozzata nel XIX secolo, che è arrivata alla sua maturità all'inizio del nostro, e che dagli anni Cinquanta tenta invano di rimediare alla propria dislocazione ed al proprio superamento. Che certi architetti restino abbagliati dalla portata di ciò che ha potuto essere realizzato, non cambia il fatto che appartengano, con la loro visione, ad un secolo già trascorso.

La mutazione dovuta alle nuove tecnologie è profonda al punto da poter essere assimilata ad una rottura. Una rottura che si ripercuote sulla società` e sul suo sistema politico. Nessuna negoziazione è da auspicare. In nessun caso si tratta di negoziare la nostra magra eredità e tentare di seminarla con l'illusione che sopravviverà. Oggi solo una posizione è auspicabile: la rottura radicale, quella che ci permetterà di non mantenere di ciò che ci è stato lasciato in eredità, solo la sua appartenenza alla storia.

Gli architetti in questi ultimi anni non hanno visto, a torto, nelle nuove tecnologie che la possibilità di accelerare ed accrescere le proprie produzioni. Essere architetto oggi consiste nella capacità di comprendere le rotture implicate dalle nuove tecnologie. In nessun caso si tratta di negoziare l'entrata del progetto moderno nell'era digitale.

Le nuove tecnologie cambiano radicalmente il nostro approccio allo spazio, ci permettono di operare con una geometria vettoriale che segna la fine della dominanza della geometria euclidea. Questa rottura interessa tanto il nostro potenziale concettuale e progettuale quanto la sua messa in opera. Il nostro potenziale all'astrazione ne risulta aumentato. Un mezzo per sfuggire alla rappresentazione per prendere in considerazione dei parametri di flusso e movimento. Una possibilità` di gestire una complessità legata ad una logica d'interazione e di movimento. La definizione vettoriale di uno spazio topologico incita ad un lavoro di mediazione, di proliferazione, una negoziazione tra un processo globale ed una singolarità locale. La forma diventa informazione, l'informazione come un insieme di dati in perpetua riorganizzazione e mutazione. L'informazione induce l'introduzione del tempo come parametro spaziale. Lo spazio ed il tempo diventano inseparabili attraverso l'assunzione del movimento. Mentre l'architettura è sempre stata assimilata allo studio dell'inerte, di quanto è statico, l'avvento delle tecnologie informatiche annuncia la fine di questo assunto.

L'industria del cinema, e più in particolare quella degli effetti speciali, mette a nostra disposizione un insieme di strumenti che possono diventare un elemento attraverso il quale questo nuovo approccio spaziale può essere concepito. Il passaggio dai disegni animati agli effetti speciali attraverso l'introduzione dei software per l'animazione, segna più che un'evoluzione nei mezzi di produzione cinematografica. I disegni animati sono prodotti in un ambiente inerte al quale il movimento è aggiunto in ultima istanza, mentre le animazioni degli effetti speciali sono prodotte in uno spazio virtuale, in cui il movimento e l'interazione sono dei parametri di base intrinseci allo spazio stesso. Le tecniche d'animazione assimilano il movimento ad una forza più che ad una sequenza immagini. Si può operare un confronto tra l'uso del tempo e del movimento in architettura e quello che se ne fa nei cartoni animati. Considerare l'architettura come sottile composizione di volumi sotto la luce attraversata dal movimento è un'idea ereditata dal modernismo e dalla sua "passeggiata architettonica". Quest'uso è dovuto anche e soprattutto agli strumenti con i quali gli architetti lavorano.

In architettura il cambiamento dell'ambiente in cui la concezione si compie, modifica profondamente il modo in cui gli architetti percepiscono lo spazio. Più che una comodità nelle visualizzazione, l'animazione diviene uno strumento di concezione. Non si tratta di concepire degli edifici che per le loro sembianze fanno pensare al movimento, questo sarebbe riprendere quello che il movimento moderno ha prodotto ispirandosi alle imbarcazioni o ad altri prodotti industriali. Si tratta di far accadere la concezione in un ambiente dinamico di forze, in cui forma e materia siano sostituite dall'informazione.

La sostituzione dell'informazione alla forma, la messa in relazione di sistemi evolutivi in uno spazio topologico, definito attraverso coordinate vettoriali, sono i prodromi di un'architettura che sostituisce la sovrapposizione di calchi con una modellizzazione virtuale. In un tale approccio, un copione permette di fondare le indicazioni necessarie ad un campo privilegiato a partire dal quale le informazioni e le forze sono messe in relazione. Questo sarà successivo alla composizione dei volumi e delle superfici. Le animazioni che seguiranno permetteranno il dispiegamento e lo sviluppo delle informazioni e delle forze. Come una cronofotografia di Etienne Jules Marey, queste animazioni si giocano su una sola e stessa immagine.

Ogni rottura è sintomo di dolore e quindi genera resistenza. In architettura questo dolore è tale che, a parte i tentativi di qualche architetto che tenta di assumere questa rottura (si può citare il tentativo d Frank Gehry per il museo di Bilbao, o quello di Greg Lynn per la chiesa presbiteriana nel Queens), la resistenza resta l'atteggiamento generalmente adottato.

Non si tratta più solamente di operare in un mondo attuale, l'architettura si estende oggi al virtuale. L'architettura dell'era digitale deve essere capace anche di operare tanto nell'attuale quanto nel virtuale. Costruire nel XXI secolo non significa solamente edificare ed intervenire nelle metropoli attuali, ma costruire le città virtuali, che come le prime città, si sono fatte senza architetti.
 

 

 

["Architecture and abstract machines" è il testo introduttivo della conferenza tenuta da Ammar Eloueini a Firenze il giorno 11 dicembre 1998 nell'Aula Magna del Dipartimento PMPE della Facoltà di Architettura, in occasione della edizione 1998 del Festival Internazionale di Architettura in Video. La traduzione italiana è di Luca Marchetti]


Ammar Eloueini (1968), ha studiato architettura a Parigi dove si è diplomato con un DPLG nel 1994, ed ha conseguito un Master of Science in Advanced Architectural Design alla Columbia University di New York City nel 1996. Attualmente insegna presso la University of Illinois at Chicago. Nel 1997 è stato co-fondatore del digit-all studio. Ha partecipato ad esposizioni e tenuto lezioni in vari istituti, in Francia ed all'estero. Recentemente, ha preso parte all'Esposizione Internazionale "Transarchitectures 02", (Parigi, New York, Gratz, Firenze...) ed a "Virtual Architecture" a Lisbona.

Nel corso degli ultimi quattro anni, Ammar Eloueini ha prodotto progetti che trasformano il tradizionale processo progettuale, integrando i media digitali per investigare nuovi approcci basati su software di animazione e sull'uso del computer come strumento di progetto. Sviluppando le sue attività in ambito teorico, ha partecipato a vari concorsi di idee in cui ha potuto verificare il suo orientamento concettuale e teorico basato sull'uso di sistemi dinamici e non lineari per rispondere alle nuove complessità architettoniche ed urbane.



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