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www.new-territories.com e l'architettura di R & Sie.D/B:L

Matteo Costanzo
François Roche e le diverse personalità che collaborano nel suo studio, rappresentano uno dei gruppi più attivi e radicali della nuova scena francese. Questa nuova generazione, scrive Francesco Careri, "nata nel boom economico degli anni 60 e che ha vissuto ancora imberbe la crisi degli anni 70 e lo sperpero degli anni 80, ritrovandosi a trent'anni nell'incertezza globale degli anni 90" si considera oggi, agli inizi del nuovo millennio "finalmente libera dalle ideologie che avevano imbrigliato le generazioni precedenti". (1)

[16mar2002]

 

Quello che costituisce uno degli aspetti della ricerca del gruppo R & Sie.D/B:L è la volontà di affermare l'impossibilità di pensare l'architettura ancora costituita da corpi integri, puri, identificabili: opponendosi a quelle forme architettoniche che si astraggono dal veloce mutamento della società in tutte le sue manifestazioni. Lo stesso François Roche, principale artefice della sperimentazione del gruppo, afferma più volte che "l'insieme dei mondi produttivi -medico, scientifico, artistico, naturalmente sessuale- oggi deve confrontarsi con i problemi di trasformazione, di ibridazione"; (2) ed è proprio la nozione di ibridazione, lo strumento attraverso il quale il gruppo francese elabora le sue strategie.


(Un)Plug, 2000.

Potremmo spiegare la loro ricerca attraverso due aspetti. Il primo legato alle nuove tecnologie, alla sfera del digitale, il secondo al contesto, all'iper-localismo. Questa duplicità non vuole far altro che sottolineare la loro visione, utilizzando le loro parole "il mondo è indistinto (blur), tra virtualità e realtà, tra Terminator, Matrix e mia nonna casalinga". (3)

NOTE

(1) Francesco Careri, giovani architetti francesi, in "Spazio e Società", 85, Milano 1999.
(2) François Roche, Reactive skin, in "2A+P", Landscape, Roma 2001.
(3) R&SieD/B:L, Blur Style, testo presentato per la selezione al premio Borromini www.premioborromini.it
L'architettura, come il paesaggio, diventa un corpo mutante, che rapita dalle possibili manipolazioni della materia, sottoposta ad ibridazione, a trasformazioni, nei processi di 'morphing' realizzati fondendo al computer la propria immagine con elementi naturali ed artificiali, perde la sua purezza uscendo dal suo stato di astrazione. Vere e proprie mutazioni dove non è possibile rintracciare il confine tra artificiale e naturale, virtuale e reale. L'obiettivo verso cui punta il giovane gruppo francese è, dunque, quello di "territorializzare questi nuovi strumenti e legarli a dei modi di fare, a delle situazioni, a dei localismi, in breve di 'corporalizzarli'". (4)

Ma al di là dell'interesse per i mezzi tecnici, il warp, ossia la manipolazione effettuata con software utilizzati per la creazione di effetti speciali è, soprattutto, importante per la sua funzione operativa. Il metodo applicato da R & Sie.D/B:L utilizza come punto di partenza l'analisi del contesto e la determinazione dei suoi aspetti più intimi; con questo, non intendono riferirsi ad operazioni di storicizzazione. Più che il luogo, come punto di connessione con la memoria del passato, l'atteggiamento che il gruppo si prefigge è del 'qui ed ora'.

Roche intuisce che "per elaborare le strategie base sui processi di mutazione in architettura, dobbiamo determinare una matrice, afferrare un corpo che possa assorbire 'sulla sua carne' le diverse trasformazioni successive". (5)


Scrambled Flat, 2001.

Diventa così la geografia il luogo, o meglio il corpo su cui operare, dove poter esplorare l'atto minimo, con quello che l'architetto francese chiama "fare con il fare meno" o "Making with to do less". La geografia, la cartografia, da pura rappresentazione del reale diventa l'interfaccia del reale, il mezzo della sua trasformazione. Per capire meglio queste affermazioni dobbiamo ripercorrere alcune situazioni che hanno coinvolto il gruppo e le loro posizioni teoriche.

Nel 1999 si tiene a Parigi la IX edizione degli incontri ANY, questa volta il tema è 'Anymore'. L'intervento di François Roche, decodificando alcuni videotapes, presentati come sequenza di immagini, chiarisce i punti fondamentali della sua ricerca. Partendo dal video di Charles e Ray Eames "Power of Ten", "costituito da uno zoom continuo, dal cosmo intergalattico fino alle cellule del corpo umano, fermandosi in un picnic lungo la strada in un parco di Chicago" (6) e, poi riferendosi al videoclip di Bjork "The Hunter", realizzato da Paul White dove "l'avvolgimento zoomorfo su un volto secondo un'animazione tridimensionale associa e intreccia virtualità e reale in una combinazione ambigua" (7), egli mostra come l'architettura non possa non tener conto di tale nuova realtà.

Ciò spiega il suo interesse per indagini rivolte a discipline apparentemente distanti dal contesto architettoniche, che porta avanti con un atteggiamento di tipo 'inclusivo', stabilendo correlazioni con arti visive, cinema, fantascienza, etica ed in fine genetica. Il video degli Eames che mostra come la complessità delle galassie stellari sia in continuità con quella del corpo, spingerà Roche a spostare l'obiettivo delle sue riflessioni. Questo lo porterà a non prendere più in esame la contrapposizione tra locale e globale, ma, piuttosto, a porsi un nuovo interrogativo, l'etica e la genetica.

(4) Marieke van Rooji, Un'intervista via e-mail con François Roche, in "Cross", 3, Cremona 1999.
(5) François Roche, Reactive skin, in "2A+P" Landscape, Roma 2001.
(6) François Roche, catalogo della IX edizione degli incontri ANY, Anymore, Parigi 1999.
(7) ibidem.
Nikola Jankovic nel catalogo della mostra 'Mutations@morphes' tenutasi nel 1998 al FRAC (Fonds Régional d'art Contemporain du Centre) di Orléans propone un testo dal titolo 'Predator, the Chamaeleon's New Shadow?'. L'articolo scorre accanto ad una banda di immagini estratte dal film 'Predator', questo suggerisce immediatamente un paragone tra la mostruosa creatura invisibile del film ed il gruppo francese. Il mostro movendosi nella giungla non lascia traccia di se, si mimetizza, la sua presenza viene descritta da una semplice vibrazione dell'immagine, da una sfocatura. Anche Roche sembra usare la stessa strategia per manifestare il suo pensiero, la sua architettura come un camaleonte si nasconde nell'ambiente in cui è stato generato.

I contatti con le arti visive sono molte, non è difficile intuire che queste architetture camaleontiche non sono distanti dalle opere dell'artista olandese Inez Van Lamsweerde, dove, attraverso elaborazioni fotografiche, si sostituisce alla protesi tecnologica del Ciber-Robot una protesi fatta di carne stessa. "Il concetto di corpo non è negato, pertanto, ma esacerbato, ipertrofizzato, e la pelle non deve più essere percepita come elemento di protezione di copertura, ma come superficie reattiva al contesto". (8)


(Un)Plug, 2000.

Molto del dibattito sulle implicazioni dell'architettura con i mezzi digitali è stato introdotto, gia da qualche anno, da Marcos Novak. Nel testo 'Transarchitectures and Hypersurfaces' spiega che le "Transarchitetture sono le architettura della transmodernità. Ho coniato io stesso i termini 'transarchitecture' e 'transmodernity' in modo da fornire un mezzo per discutere sulla situazione culturale globale in cui ci troviamo e su tutte le possibilità dell'architettura che abbiamo di fronte". (9) La Transarchitettura diventa così un tema di dibattito che verrà discusso in seminari, mostre, simposi e tavole rotonde.

In alcune di queste iniziative anche R & Sie.D/B:L è presente, e nella mostra 'The art of the accident', organizzata dal NAI (Netherland Architecture Institute) ed dal V2_Lab di Rotterdam, spiega che "l'architettura è un processo in cui le capacità di calcolo, di integrazione di dati, risoluzione nello spazio, può finalmente permettere agli architetti di 'fare con il fare meno'. Identificando cosa caratterizza un luogo con nuovi parametri come l'intensità dei flussi, i legami, il clima, le cose in prossimità, la territorialità in tutta la sua complessità, l'evoluzione sociale, noi siamo capaci di connettere lo strumento di visualizzazione e trasformazione al territorio". (10)

Se il corpo sottoposto alla mutazione è la cartografia, è il territorio, il contesto di azione, allora è l'immagine; ed è proprio questa a giocare un ruolo fondamentale, attraverso la manipolazione fotografica, infatti, è possibile lavorare nel luogo stesso. Tutte le componenti naturali, la materia, il suolo, diventano plasmabili, liquide. "La pelle dell'immagine fotografica, cartografica, cambia, si modifica in una stessa superficie per aspirazione, in una stessa materia per estrusione, subisce le manipolazioni come per esempio il piegamento attraverso il gonfiamento. I Pixels, frammenti frattali del reale, si ricompongono in una serie di mutazioni genetiche". (11)

(8) François Roche, Reactive skin, in "2A+P" Landscape, Roma 2001.
(9) Marcos Novak, Transarchitectures and Hypersurfaces, in "Il Progetto".
(10) Roche, DSV & Sie., Making with to do less, catalogo "The art of the accident", NAI Publisher/V2_organisation, Rotterdam.
(11) François Roche, Reactive skin, in "2A+P" Landscape, Roma 2001.
(12) ibidem.

Overflow, 1999.

Nella mostra 'Mutations@morphes 2.0', tenutasi nel 1999 negli spazi dell'Espace Croisé (Centre d'Art et d'Architecture) nel centro commerciale di Euralille, il gruppo presenta una serie di progetti molto interessanti. Ognuno di questi viene descritto attraverso dei morphings, svelando così alcuni dei processi di deformazione usati nella loro ricerca progettuale. Nel progetto per l'espansione dell'università di architettura di Venezia, l'animazione si basa su un processo di 'aspirazione' dell'acqua lagunare. Per il progetto del Memorial Museum di Soweto a Johannesburg lo stumento utilizzato è la 'piegatura', mentre per la risistemazione di un'area, destinata a residenze per artisti e spazi espositivi, nell'Isle de la Reunion nell'Oceano Indiano, è la 'contrazione'. Il 'gonfiamento' invece viene sperimentato per la stazione della metro di Belleville a Parigi ed infine in un particolare progetto per il web si utilizza lo 'scavo'.

La possibilità di poter agire direttamente sul luogo, sul reale, permette di superare o sfuggire dalla condizione di proiezione astratta, attuando semplicemente una distorsione del reale. "Più il movimento di morfosi sembra 'deludente', 'inerte' nel suo processo di trasformazione, più il progetto urbano o architettonico sembra lasciarsi dominare dalla situazione precedente. Al contrario, più il morphing fa leggere il suo artificio più la proiezione sembra di conseguenza uscire fuori dal contesto". (12)

Il progetto, a questo punto, non fa che svilupparsi in un continuo intreccio tra reale e virtuale, locale e globale, contestualizzazione e de-contestualizzazione. Il sito internet 'www.new-territories.com' si lega, così, a nuovi-territori, a nuove realtà e, per contrasto, il gruppo, come mostra la sua sigla 'R & Sie.D/B:L', che non rappresenta altro che un codice componente le lettere dei nomi dei giovani francesi, è sottoposto a continue alchimie; François Roche in una sua email scrive:" lo studio è un ectoplasma che si muove ad ogni ingresso di un nuovo componente", e poi conclude "il prossimo anno si muoverà un'altra volta e poi un'altra volta ancora…".

Matteo Costanzo
neomatteo@hotmail.com
Questo intervento è stato pubblicato originariamente sulla rivista Il Progetto, 11, gennaio 2002.

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