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Il cyberspazio delle reti:
ambienti, territori, frontiere senza mappe?


Giorgio Conti
UN CONTINENTE INVISIBILE DI… PIATTAFORME: CONNESSI/DISCONNESSI. La globalizzazione nell'era della Rete sta creando The Borderless World (1990) (1), The End of Nation-State (1995) (2), in definitiva: The invisibile continent (2000). (3)

Kenichi Ohmae "che vive a Tokyo ma lavora come consulente per imprese e governi di tutto il mondo", è l'autore dei libri citati. I titoli sono significativi più per l'uso delle aggettivazioni che dei sostantivi: senza confini (1990) fine (1995), invisibile (2000). La globalizzazione viene definita come un processo che, eliminando gli Stati-nazione, sta creando un Continente invisibile (forse non solo immateriale?) e senza confini.
Ma questo modello ha una regia? Viene imposto o proposto?

Il Continente invisibile è costituito da piattaforme reali. Le piattaforme hanno sostituito i vecchi standard dell'era industriale (come, ad esempio, lo scartamento delle ferrovie o i protocolli delle telecomunicazioni) fissati da enti internazionali di regolamentazione, supportati dai governi nazionali. Nel Continente invisibile sono i consumatori a decidere il successo delle piattaforme.

[05jul2002]

 

La lingua inglese, le carte di credito, i sistemi di telecomunicazione, Microsoft/Windows sono, ad esempio, tra le più importanti piattaforme che dominano la vita e gli affari del Continente invisibile. Chi pensa che quest'ultimo abbia un "governo debole" dovrebbe riflettere sul ruolo che i pro-sumer (produttori e consumatori nello stesso tempo) hanno nel decretare il potere (4) delle strutture cibernetiche e socio-economiche delle reti.

Sembra riduttivo pensare, come sostiene Jeremy Rifkin che L'era dell'accesso (5) dipenda (politicamente ed economicamente) in prevalenza da processi di deregolamentazione: migrazione delle bande di radiofrequenza, del cablaggio o del software, dal dominio pubblico e collettivo –gestito in modo fiduciario dallo Stato, quale rappresentante degli interessi generali- a quello della proprietà privata costituita da grandi multinazionali globali.

NOTE

(1). K. Ohmae, The Borderless World, HarperCollins, New York 1990.
(2). K. Ohmae, The End of the Nation- State, The Free Press, New York, 1995.
(3). K. Ohmae, Il continente invisibile, Fazi Editore, Roma, 2001 (2000).
(4). A. Toffler, The Third Wave, William Morrow, New York, 1980.
(5). J. Rifkin, L'era dell'accesso, Mondadori, Milano, 2000.
Avere cittadinanza nel Continente invisibile dipende anche dalla conoscenza della lingua inglese: il Giappone, una grande potenza economica, è potenzialmente meno connesso dell'India, ex colonia britannica, paese emergente del Terzo mondo. Chi utilizza prevalentemente le carte di credito (più sicure) può accedere al mondo dell'e-commerce, chi possiede le piattaforme giuste (materiali e immateriali) può dirsi veramente connesso al Continente invisibile e globale.

La globalizzazione non ha eliminato -potenzialmente- i vecchi confini degli Stati nazionali, ma li ha sostituiti con nuove frontiere: tecnologiche, linguistiche, economiche, culturali.
Nelle mappe create da Antonio Scarponi (6) le reti e le connessioni del nuovo Continente virtuale (Internet users world map 2001) confermano gli ambiti di una "nuova guerra fredda", la dicotomia (antinomia?) tra egemonia ed uso intensivo delle piattaforme globali ed il peso politico reale degli Stati, che vanno ben al di là delle loro dimensioni demografiche.

All'interno del vecchio Stato-nazione statunitense, il Continente invisibile del cyberspazio -purtuttavia- non è uniformemente esteso. Anche nella nazione-mondo internettiana esistono vasti territori con hic sunt leones, come recitavano le antiche mappe degli esploratori del "Nuovo Mondo". Sono le piattaforme (materiali ed immateriali) che stanno disegnando le nuove frontiere: è ancora la corsa verso il "selvaggio West" (Los Angeles, S. Francisco, Seattle) a creare la differenza nei modelli di sviluppo dei singoli Stati anche negli USA. (7)



(6). A. Scarponi, Internet Users Worldmap 2001 e Political Population World Map, GlobaLab, Venezia, 2001-2002.
(7). Cfr.:
www.cybergeography.org.
(8). A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Mulino, Bologna, 1994 (1990).
CITTADINANZA E CITTADINI DEL CONTINENTE INVISIBILE: CHI GOVERNA L'AMBIENTE GLOBALE? Se sono i pro-sumer a decretare il successo ed il conseguente sviluppo e l'espandersi degli ambiti globali delle piattaforme che costituiscono il Continente invisibile, chi ha realmente cittadinanza? Chi governa? Chi ne definisce gli aspetti sistemici e gli impatti strutturali? I processi di globalizzazione, come sostiene Antony Giddens (8) non sono il prodotto della Postmodernità ma della Modernità estrema, radicalizzata.
Sono il risultato, il portato:
1. della separazione del tempo e dello spazio;
2. della disaggregazione dei sistemi sociali;
3. dell'ordinamento e del ri-ordinamento riflessivo dei rapporti sociali.

La misura del tempo, nelle società pre-moderne, era strettamente correlata ai cicli stagionali ed alla quotidianità della vita, strettamente connessa con i luoghi di insediamento; pertanto era locale, imprecisa e variabile.
Con la Modernità prevale la separazione del tempo e dello spazio ed il loro sradicamento dai luoghi. Sono gli orologi (una piattaforma universale per definire un tempo globale) e la nuova cartografia, legata alla scoperta di nuovi territori, a diffondere a livello globale la moderna standardizzazione relativa allo spazio e al tempo.

Il tempo della Modernità sostituisce i cicli naturali, lo spazio della Modernità relativizza le specificità dei luoghi, delle culture e delle identità locali. La separazione di tempo e spazio (anche attraverso la loro standardizzazione e trasformazione in piattaforme globali), per Giddens: "ha reciso i legami tra l'attività sociale e la sua ‘aggregazione' nella particolarità dei contesti di presenza".

La Rete globale ha portato a compimento il progetto della Modernità. Il Continente invisibile è un continente virtuale, frutto di una fiducia nei Sistemi astratti, prodotti dai Sistemi esperti delle più avanzate ideologie/tecnologie occidentali. Gli spazi della Rete sono senza luoghi? Chi ha cittadinanza in essa vive in un perenne stato di dislocazione (integrazione in comunità globalizzate, create in base a valori condivisi) e di riaggregazione (spostamento dei rapporti sociali e scambio di informazioni/conoscenze dai reali contesti locali).

Il cittadino della Rete è glo-cal, contemporaneamente globale e locale. Ma nella globalizzazione si fa strada un nuovo rapporto tra universalismo e particolarismo, secondo Roland Robertson, va messa in dubbio la massima "pensa globalmente, agisci localmente", sovvertendone il senso: "è sempre più necessario agire (e pensare) globalmente per rendere possibile lo stesso concetto di localismo. Semplificando, la specificità locale è istituzionalizzata su scala globale (…)" (9).

Per non correre il pericolo di essere dominati da un'élite finanziaria e/o di tecnocrati supportati da Stati-nazione forti ed egemoni, è necessario costituire nuovi soggetti politici transnazionali capaci di incidere sulle decisioni internazionali.

Per il sociologo tedesco Ulrich Beck (10) è quanto mai improcrastinabile inventare e negoziare un nuovo governo della globalizzazione, che sta diventando sempre più un focolaio di conflitti non solo in campo politico ed economico mondiale, ma anche nella vita quotidiana dei cittadini.
Occorre coltivare un approccio cosmopolita, una politica trasnazionale come strumento per perseguire anche interessi nazionali e locali. Ri-scoprire il senso democratico delle scelte relativo alle decisioni strategiche, dando un nuovo significato anche ai Parlamenti nazionali, che sono il perno della democrazia elettiva.

"Cosmopoliti di tutto il mondo unitevi" (11), soprattutto per combattere contro gli effetti ambientali globali prodotti dall'attuale sistema di "governo invisibile" della biosfera e degli ecosistemi terrestri.

Vincerà il neo-comunismo delle idee dei cosmopoliti delle reti, basato su nuove forme di socialità e cooperazione, sul libero scambio di informazioni e di beni (reti peer to peer) o il "neo-liberalismo" delle grandi Corporation, insensibili agli effetti/impatti globali del loro modello di sviluppo? (12)

Visto sotto quest'ottica, confrontando le mappe della rete Internet con quella dell'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) (13) o con quella dello State of the World 2002 (14), si rileva un paradosso: gli Stati Uniti sono il Paese più disconnesso in riferimento all'intervento finanziario e politico nei confronti delle grandi strategie riferite alla democratizzazione e alla gestione internazionale delle problematiche ambientali globali.

Forse anche per queste ragioni nel cyberspazio, soprattutto negli USA, si sviluppano in modo crescente piattaforme software note come MUD (Multi-User-Dungeons). Il Continente invisibile non ha mappe certe, perché è costellato di sotterranei multi-utente, che hanno sostituito le antiche e locali unità di vicinato. (15)

Nella Mudville, si può cambiare l'identità personale creando in ogni momento una propria ed originale auto-rappresentazione. Lo sradicamento dallo spazio-tempo locale, analizzato da Giddens, ha coinvolto anche la psiche di molti utenti della Rete. Il pro-sumer e il suo doppio (Mud) può avere anche una vita virtuale, ma non potrà sfuggire alle responsabilità e agli impatti (in senso lato: ecologici, sociali, economici, culturali, ecc.) dello spazio-tempo nel quale dimora localmente e abitualmente e a quelli della globalizzazione.

(9). R. Robertson, Globalizzazione, Asterios Editore, Trieste, 1999 (1992).
(10). U. Beck, Che cos'è la globalizzazione, Carocci Ed., Roma, 1999.
(11). U. Beck, Cosmopoliti di tutto il mondo: unitevi!, in "Lettera Internazionale", 62, 2000.
(12). C. Formenti, Mercanti di futuro, Einaudi, Torino, 2002.
(13). Cfr.
www.ICLEI.org.
(14). Worldwach Institute, C.Flavin, H.French, G.Gardner, State of the World, Ediz. Ambiente, Milano, 2002.
(15). W. J. Mitchell, La città dei bits, Electa, Milano, 1997 (1995).
Il cybernauta- Mud sembra ignorare il pensiero di Heidegger del "prendersi cura ed essere preso in cura" quali fondamenti esistenziali: l'uomo ha bisogno di costruire relazioni con la Natura, anche attraverso l'organizzazione reale di contesti di esperienza-educazione, che consentano la partecipazione a pratiche effettuali riferite al proprio ambiente locale, sempre più implicato in processi di globalizzazione. (16)

Chi persegue una separatezza reale tra singolo individuo e cosmo è condannato –secondo gli insegnamenti del Buddismo Theravada- al Vipassana (17): un vero e proprio inquinamento psico-genetico della personalità etica ed emotiva dell'essere umano.

L'arma principale per combattere l'inquinamento psico-genetico consiste nel raggiungere la consapevolezza individuale e globale che porta al passaggio da uno stile di vita imperniato sul "possedere la Natura" ad un nuovo stile di vita inerente ad "essere la Natura", essere con la Natura significa sostanzialmente che ogni oggetto e ogni ambiente intorno a noi detiene energia. (18)

La Rete sarà in grado di sviluppare nuove energie cosmiche e terrene? Come si governeranno? Siamo così sicuri che la Rete sia realmente "An unruly world"? (19)
E' possibile riscoprire nella riprogettazione e nel governo del cyberspazio le valenze di una nuova razionalità universale che non sia di ostacolo alle potenzialità, alle pratiche e alle visioni individuali? (20)

Come mappare gli aspetti e gli impatti del nuovo Continente invisibile? Le nuove mappe saranno invisibili? Saranno ingannevoli? (21)

Giorgio Conti
gioco@iuav.it
(16). L. Mortari, Per una pedagogia ecologica, La Nuova Italia, Roma, 2001.
(17). Cfr.
www.buddhismtoday.com.
(18). M. Batchelor, K.Brown, Ecologia buddhista, Neri Pozza Ed., Vicenza, 2000 (1992).
(19). A. Herod, G. O Tuathail, S. M. Roberts, An unruly world?, Routledge, London-New York, 2001.
(20). R. Boudon, Il senso dei valori, Mulino, Bologna, 2000 (1999).
(21). M. Monmonier, How to lie with maps, University of Chicago Press, 1991.
Questo intervento è pubblicato nel catalogo della mostra Polis: urban[e]motion, allestita a Bologna, presso la Ex Chiesa di S. Mattia, dal 8 luglio al 31 agosto 2002. Per gentile concessione dell'autore e dei curatori della mostra.

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